NONA NOTTE Verso
sera il re tornò nella torre. Guardò il sigillo e vide che era intatto. Lo
spezzò ed entrò. Masoud era steso sul letto: il
sonno lo aveva colto. Il re si avvicinò e lo contemplò. Forza e bellezza
risplendevano nel corpo abbandonato sulle lenzuola. Il re si sedette al suo
fianco. Guardò il membro gagliardo, poi il suo sguardo corse sul ventre, sul
petto, sul collo e infine sul viso. Masoud sognava
e il re si accorse che l’asta robusta dell’uomo si tendeva. Il re posò la
mano su di essa e la strinse. Masoud gemette e
quando il re mosse la mano, egli venne, spargendo il suo seme sul ventre. Masoud si destò e vide il re. -
Mio re! Perdona se ho ceduto al sonno. Il
re si chinò su di lui e lo baciò sulla bocca, più volte. Poi gli impose di
voltarsi e lo possedette. Dopo
che ebbero mangiato e riposato, si amarono ancora e infine si misero a
dormire. Il mattino il re disse: -
Prosegui la tua storia, Masoud. E
Masoud narrò. Quella sera, quando Fuad si presentò, Ismail lo condusse nella camera da
letto, dove sulle lenzuola era distesa una bellissima schiava. - Ti offro questa donna,
affinché tu conosca i piaceri del letto. Tu prenderai lei e io prenderò te. Fuad arretrò di un passo. - Non puoi chiedermi
questo, padre. Ismail guardò il figlio,
furente: nessuno aveva mai osato resistere al suo volere. - Tu mi devi obbedienza.
Fa’ quello che ti ordino. - No, padre. - Come osi ribellarti a
tuo padre? Ismail non voleva che i
servitori sapessero, perciò chiamò Haarith, il
figlio maggiore, Zaafir, che era il più forte, e Ramzi, che era nato da una concubina nubiana ed era scuro
di pelle. - Spogliate vostro
fratello e tenetelo fermo. Essi obbedirono senza
esitare: per loro la parola del padre era legge e poco gli importava del
fratello minore, con cui non avevano nulla in comune. - Fratelli, non è giusto
ciò che fate. Ismail rise e quando Fuad fu nudo e piegato davanti a lui, spinse il suo
grande membro nella carne del giovane, ricavandone grande piacere. A lungo lo
possedette e quando infine venne, si ritrasse. - Allora, figlio, sarai
più docile in futuro. - Padre, ciò che hai fatto
è indegno di te. Ismail si irritò
fortemente a queste parole e disse: - Prendete anche voi
questo giovane, che non è più mio figlio. Perciò dopo Ismail, anche Haarith, Zaafir e Ramzi presero Fuad: due di loro
tenevano fermo il giovane, mentre il terzo lo prendeva. Quando ebbero finito,
Ismail chiese a Fuad: - Ora mi chiederai perdono
per le tue parole insolenti? - No, padre. Ismail, furente, ordinò: - Haarith,
Zaafir e Ramzi, prenderete
Fuad con voi e lo porterete al mercato degli
schiavi di Omayya, affinché sia venduto. Fuad guardò sgomento il padre, ma non chiese
pietà. Il mattino dopo Haarith, Zaafir, Ramzi e Fuad si avviarono verso
la città di Omayya, che si trovava nel regno di Salwa. Salirono sui monti e
scesero in valli profonde, attraversarono villaggi e dense foreste. Giunti a un torrente, i
fratelli decisero di bagnarsi. Si spogliarono ed entrarono nell’acqua. Fuad chiese: - Fratelli, scioglietemi da
queste corde e permettete anche a me di lavarmi. I fratelli si guardarono e
risero. Lo liberarono ed egli poté lavarsi, ma quando uscì dall’acqua, essi lo
presero nuovamente a forza: due lo tenevano fermo, mentre l’altro lo
possedeva. E questo si ripeté ogni giorno, una volta quando si bagnavano in
qualche lago o fiume, una volta quando si fermavano per la notte. Fuad non diceva nulla, perché sapeva che ogni
parola sarebbe stata vana. Ormai in cuor suo aspettava come una liberazione
il momento in cui sarebbe stato venduto come schiavo. Giunsero infine a Omayya e si recarono al mercato degli schiavi, dove i tre
fratelli misero in vendita Fuad. Mentre essi erano lontani,
giunse il principe Fares, figlio di Ayman re di Salwa. Egli si presentò a Ismail e disse: - Ismail, signore di queste
terre, sono Fares ibn
Ayman e con la mia scorta di venti uomini mi recavo a Omayya,
ma ci siamo persi in questi monti e la notte ormai si avvicina. Puoi darci
ospitalità? Ismail accordò volentieri
ospitalità al principe, poiché doveva fedeltà al padre per il territorio che
aveva avuto da lui e pensava che sarebbe potuto essere un alleato prezioso se
il nuovo re di Wayiha, Hisham,
avesse cercato di attaccarlo. Egli perciò offrì un lauto banchetto al
principe. Poi tutti si coricarono. Allora il principe si alzò
silenziosamente e diede ordine ai suoi uomini di uccidere le sentinelle e
aprire le porte della fortezza all’esercito di re Hisham,
che si era avvicinato per sentieri nascosti: Hisham
e Ayman si erano infatti accordati per eliminare questo signore troppo
potente. I soldati di Fares tagliarono la gola agli uomini di guardia e
aprirono le porte del castello alle truppe di Hisham.
Quando Ismail e i suoi uomini si accorsero del tradimento, era ormai troppo
tardi. Essi ingaggiarono una feroce battaglia, ma gli assalitori erano troppo
più numerosi e li avevano sorpresi nel sonno. Invano i figli di Ismail
cercarono di difendere il padre. Tre di loro vennero uccisi nella battaglia,
mentre gli altri e Ismail furono catturati vivi. Hisham fece uccidere tutti i maschi presenti
nel castello, compresi i bambini, e lasciò i loro corpi nel castello, che
diede alle fiamme: essi non ebbero nemmeno una sepoltura. Poi egli diede ordine di
sgozzare e decapitare i tre figli di Ismail che erano sopravvissuti. Anche i
tre morti in battaglia furono decapitati. Ismail fu costretto a
guardare i soldati che scannavano i suoi figli e ne recidevano le teste, che
poi prendevano per i capelli, ridendo. Il
re aveva ascoltato con attenzione la storia e solo al suono del gong si rese
conto che ormai era giunta l’ora di lasciare la torre. Perciò si congedò da Masoud, dicendogli che sarebbe tornato in serata, e
appose il sigillo. |
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