DECIMA NOTTE

 

Verso sera il re tornò da Masoud, impaziente di conoscere il seguito della storia. Ma quando vide Masoud, il desiderio si impadronì di lui, per cui si dedicò ai giochi d’amore e poi essi si cibarono. E quando, dopo aver riposato, si destarono, Masoud riprese a narrare.

 

Il re Hisham partì per Wayiha, portando con sé Ismail, le donne del palazzo e i corpi dei figli di Ismail.

Giunti nella grande foresta ai piedi del monte su cui sorgeva il castello, Hisham diede ordine di mutilare i sei cadaveri dei figli di Ismail, privandoli della loro virilità, e poi li fece appendere per i piedi agli alberi, lasciandoli agli animali selvatici.  Portò con sé a Wayiha solo le loro teste, che fece infilare su pali alla porta principale della città.

 

Dopo sette giorni di viaggio Haarith, Zaafir e Ramzi, figli di Ismail, tornarono al castello del padre, ma scoprirono che esso era stato distrutto. Essi non sapevano spiegarsi come ciò potesse essere accaduto. I villaggi vicini erano stati rasi al suolo, i campi incendiati e ovunque vi era solo distruzione.

- Chi può aver attaccato la fortezza?

- Di certo Hisham, il re di Wayiha, a cui nostro padre non volle versare il tributo.

- Che ne è di nostro padre? E dei nostri fratelli?

- Saranno morti nella distruzione del castello. O forse sono prigionieri.

Scesero nel bosco e vi trovarono appesi per i piedi i corpi dei loro fratelli, privi della testa e della virilità. Essi gridarono il loro dolore, tagliarono le corde che reggevano i corpi e provvidero a lavarli e a dare loro sepoltura.

 

 

- Dobbiamo scoprire che cosa è stato di nostro padre. Se è ancora in vita, forse possiamo aiutarlo.

I tre perciò decisero di recarsi a Wayiha. Strada facendo si fermarono in un caravanserraglio. Finsero di essere dei viaggiatori e preferirono non chiedere nulla: erano sicuri che avrebbero sentito da qualcuno degli altri viaggiatori ciò che desideravano sapere.

E infatti la sera, durante la cena, un mercante chiese loro:

- Da dove venite?

Rispose Haarith, che era il maggiore dei tre.

- Da Omayya.

- Avete attraversato i monti?

- Sì, certo.

- Allora avrete visto i resti del castello del superbo Ismail.

- Abbiamo visto un castello bruciato, sì, è vero.

- Era di un brigante che veniva chiamato Ismail il demone, per la sua ferocia. Per fortuna il nostro re ha attaccato il suo castello, lo ha distrutto e ha uccisi tutti gli uomini. Ismail e i suoi figli hanno avuto ciò che si meritavano.

I tre fratelli fremettero. Volentieri avrebbero ucciso quell’impudente che aveva chiamato brigante il loro padre, ma celarono la loro ira. Il re e non il mercante avrebbe dovuto pagare.

Haarith, senza mostrasi turbato, disse:

- Siamo stati davvero fortunati. Sei sicuro che quegli infami siano morti tutti?

- Sì, il re ha fatto uccidere sul posto tutti gli uomini catturati e ha buttato nelle fiamme i loro corpi. So che ha fatto appendere i cadaveri dei sei figli di Ismail. Ha portato in città Ismail per farlo giustiziare.

I fratelli celarono il loro dolore, ma quando furono nella camera che condividevano, piansero a lungo. Infine Haarith disse:

- Le lacrime non riporteranno in vita i nostri fratelli. Dobbiamo cercare di salvare nostro padre e, se questo non è possibile, vendicare lui e i nostri fratelli.

- Sì, Hisham deve morire.

- Ma come potremo entrare nel palazzo per salvare nostro padre e uccidere Kalil? Egli è sempre circondato di guardie e non possiamo certo presentarci armati al suo cospetto.

Parlò allora Ramzi, che era nato da una concubina nubiana ed era scuro di pelle.

- Fratelli, mi venderete al mercato come schiavo esperto nella lotta. Tutti i sovrani amano vedere forti lottatori affrontarsi e sapete che ho pochi rivali. Chiederete un prezzo molto alto, in modo che siano gli uomini del re a comprarmi. Quando sarò nel palazzo reale, vedrò se troverò il modo di salvare nostro padre e uccidere Hisham e i suoi figli, vendicando i nostri fratelli.

L’idea parve buona agli altri due fratelli. Perciò essi si recarono nella città di Wayiha e qui andarono al mercato degli schiavi. Dissero che avevano da vendere uno schiavo molto abile nella lotta e che chiedevano per lui un sacco di monete d’oro.

Il mercante di schiavi a cui si rivolsero rise e disse:

- Come pensate che qualcuno sia disposto a pagare tanto per uno schiavo? Vedo che è un uomo forte, ma credete che valga davvero ciò che chiedete?

- Mettilo alla prova e vedrai.

Il mercante fece chiamare un forte lottatore, Idrees, che abitava non lontano. Egli vide Ramzi e capì subito che quell’uomo era un avversario temibile, ma non si tirò indietro, poiché era valoroso. Molta gente intanto si era radunata per assistere allo scontro.

Idrees era un lottatore davvero capace, ma Ramzi riuscì ad avere rapidamente la meglio e a bloccarlo a terra. Idrees allora gli fece i complimenti, poiché era un uomo leale.

 

 

Il mercante disse:

- Lo proporrò agli uomini del re. Solo il nostro sovrano può pagare la cifra che voi chiedete per questo lottatore.

Quando il visir seppe che il mercante aveva un lottatore abilissimo, che aveva sconfitto Idrees, decise di mandare due dei suoi uomini esperti, insieme a uno dei migliori schiavi che nel palazzo si dedicavano alla lotta per il divertimento del re.

 

Il cielo era ormai chiaro e al suono del gong il re lasciò malvolentieri Masoud: avrebbe preferito rimanere con lui, ascoltare la sua storia e dedicarsi ai giochi d’amore. Ma doveva dare udienza, per cui se ne andò, apponendo il sigillo sulla porta.

 

 

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