DICIANNOVESIMA
NOTTE Verso
sera, dopo una giornata che gli era apparsa interminabile, il re raggiunse la
torre dove Masoud era rinchiuso. Lo spogliò con lentezza, la sua lingua
percorse il petto del soldato, i suoi denti morsero i capezzoli, le sue dita
accarezzarono ogni angolo del corpo amato. Poi il re fece inginocchiare
Masoud davanti a lui e lasciò che il comandante avvolgesse il suo membro con
la bocca, fino a fargli raggiungere il piacere. E dopo i giochi d’amore e il
cibo, venne il sonno. E
il mattino, stringendo il re tra le braccia, Masoud riprese la storia. Sahir chiamò più volte
Fuad, ma non ricevette nessuna risposta. Un’angoscia profonda si impadronì di
lui. Il giovane era stato assalito e ucciso da qualche animale feroce? Si era
stancato di aspettare e si era mosso, cadendo magari in un precipizio
nascosto? Sahir continuò a chiamare, dimenticando ogni prudenza. I suoi
appelli non ricevevano risposta. Sahir perciò si chiese che cosa fare. Non voleva certo
abbandonare Fuad: se il giovane era in pericolo, Sahir intendeva aiutarlo,
anche a costo della vita. Ma che senso avrebbe avuto aggirarsi cieco nei
sotterranei della montagna? Sahir si chiese se non
fosse più saggio procurarsi una torcia o una lanterna e scendere nuovamente
alla ricerca di Fuad: come avrebbe potuto trovarlo, nel buio assoluto? Decise
di agire così e rapidamente risalì. Ormai il cielo stava scurendosi e Sahir
si guardò intorno, chiedendosi dove sarebbe potuto andare per trovare ciò che
cercava. Sahir non voleva allontanarsi troppo, nel timore di non ritrovare
più l’ingresso della grotta. Per terra c’erano alcuni rami secchi, ma Sahir
non aveva niente per accendere un fuoco: indossava soltanto i pantaloni. Dopo aver camminato un
momento, vide in lontananza un uomo seduto ai piedi di un albero. Si avvicinò
a lui. L’uomo lo guardò e gli disse: - Chi sei? - Mi chiamo Sahir e sono stato
assalito dai briganti, che mi hanno depredato e ferito. Un amico che era con
me giace, anche lui ferito, al fondo di una grotta. Cerco una lanterna o una
torcia, che mi permetta di ritrovarlo. - Il mio nome è Yasud. Ti
aiuterò volentieri, Sahir. Ho con me una lanterna e te la darò. Ma di certo
hai fame e sete. Ti offrirò da mangiare e da bere, perché tu possa
rifocillarti prima di metterti alla ricerca del tuo amico. - Ti ringrazio, ma
preferisco non indugiare: ho paura che gli succeda qualche cosa. - Come vuoi, Sahir. Bevi
solo qualche cosa per calmare la sete e quando tornerai con il tuo amico,
darò a entrambi da mangiare. E intanto copriti con questo abito e mettiti
questi stivali. Così dicendo Yasud porse a
Sahir un abito che aveva nella sacca e un paio di stivali. - Sei molto generoso,
Yasud. Poi Yasud porse a Sahir un
bicchiere, in cui versò il contenuto di una fiasca, e Sahir bevve di un
fiato, poiché la sete gli bruciava la gola. Intanto Yasud fingeva di
cercare nella sacca una lanterna. Subito dopo aver bevuto,
Sahir fu assalito da un giramento di testa e non riusciva più a stare in
piedi. Yasud rise e disse: - Sei sfuggito alla morte
una volta. Non sfuggirai una seconda. Sahir riuscì solo a dire: - Traditore! Poi crollò al suolo. Quando Sahir si risvegliò,
era appeso per i piedi a un ramo dell’albero e un serpente si attorcigliava
attorno al suo corpo. Yasud lo guardò
sorridendo. - Il veleno di questo
serpente è sufficiente a uccidere cento uomini, Sahir. Tra poco ne conoscerai
l’effetto. - Perché vuoi la mia
morte? Yasud sorrise: - Il mio padrone è il jinn
Maafaz ed egli desidera la principessa Leila, che stava per sposarsi. L’ha
catturata e la tiene prigioniera. È scritto che solo tu potrai liberarla. Per
questo Maafaz mi ha mandato a uccidere tuo fratello, perché la colpa
dell’omicidio ricadesse su di te e tu venissi condannato a morte. Sei
riuscito a salvarti, ma adesso nessuno più potrà sottrarti al veleno del
serpente. - Infame! In quel momento Yasud
barcollò e cadde al suolo. Si fece allora avanti una giovane donna, che aveva
una spada in mano. Quando la vide, Sahir rimase stupefatto: il suo volto era
più splendente della luna e il suo corpo tanto perfetto da non sembrare
umano. Con un colpo ella recise la
testa del serpente e poi decapitò Yasud. Sahir la guardò,
stupefatto. La giovane disse: - Tieniti all’albero,
Sahir. Io reciderò le corde che ti legano i piedi. Sahir si aggrappò
all’albero e quando la donna tagliò i legacci, saltò a terra. - Ti ringrazio per avermi
salvato la vita, donna. Posso chiederti chi sei? - Il mio nome è Miriam e
sono la sorella di Leila. Entrambe abbiamo ereditato da nostra madre poteri
magici, ma non così forti da sconfiggere Maafaz. Sono stata io a risvegliare
i venti della Montagna dalle Cento Bocche. Sapevo che questo infame servitore
ti avrebbe atteso per cercare di ucciderti, perciò sono venuta qui, l’ho
fatto cadere in un sonno profondo con un incantesimo e ti ho liberato. - Nuovamente ti ringrazio:
due volte mi hai salvato. Che cosa posso fare per te, principessa? - Tu solo puoi liberare
mia sorella, prigioniera del jinn Maafaz. Egli si è invaghito di lei,
vedendola, e l’ha rapita, ma non può possederla, perché ella è protetta da un
incantesimo di nostra madre. Il principe a cui era destinata in sposa sarebbe
felice di dare la vita per salvarla, ma solo tu puoi riuscirci. - Io lo farò, principessa.
Ma vorrei anche salvare colui che è stato condannato con me, il giovane Fuad. - Egli è stato rapito da
un jinn, che è stato colpito dalla sua grande bellezza. Dopo che avrai
salvato Leila, ti dirò come raggiungere le isole dove il jinn lo ha portato. Sahir si limitò a dire: - Sono al tuo servizio. La principessa Miriam
diede a Sahir un pugnale e una lanterna, poi gli spiegò che cosa doveva
fare. Il
mattino era giunto. Il re si alzò a malincuore, commentando: -
Strana è questa storia. Dicono che anche la principessa Sita fosse protetta
da un incantesimo, per cui il demone Ravano non poté possederla. -
Sì, maestà. Fuad un giorno incontrò un altro giovane che era protetto da un
incantesimo simile. Ma questo te lo racconterò, se vorrai, un’altra notte. Il
re annuì e dopo essersi preparato, lasciò la stanza, apponendo il suo
sigillo. |
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