QUARANTASETTESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò alla torre e a lungo si dedicò insieme a Masoud
ai giochi del giaciglio. Solo molto tardi cenarono e poi si coricarono. Il
mattino dopo Masoud riprese la narrazione. L’autunno si avvicinava e
Nadir era ansioso di tornare sui Monti delle nebbie. Egli si dedicava spesso
alla lotta, misurandosi con gli schiavi che gareggiavano per il piacere del
re e della corte e con quei guerrieri che amavano la lotta. Presto egli
divenne il più forte e tutti si stupivano che quest’uomo così giovane
superasse lottatori ben più esperti. Nella palestra spesso alcuni
gli facevano capire che ben volentieri avrebbero diviso il giaciglio con lui,
ma Nadir ignorava le loro allusioni.
Il suo pensiero andava solo a Hamza. Quando infine giunse
l’autunno, Nadir ritornò sui monti dove aveva incontrato Hamza.
Il suo cuore era oppresso da un peso, rivedendo le cime e le valli dove era
stato felice e aveva visto morire l’uomo che amava. Intorno a sé vedeva
gazzelle correre leggere e feroci leopardi apparire tra le rocce, uccelli di
ogni specie cantavano sugli alberi e cervi brucavano nelle radure del bosco.
Ma Nadir non provava desiderio di cacciare. Soffiava un dolce vento, che
portava il profumo dei fiori, ma Nadir cavalcava tra valli e cime senza
badare a ciò che aveva intorno a sé. E la sera si coricò con
una tristezza mortale nel cuore. Il secondo giorno, mentre
cavalcava da solo in una valle ridente, vide venirgli incontro un guerriero
su un cavallo azzurro come il cielo sereno. Gli parve che il cuore gli si
fermasse, perché riconobbe l’uomo che aveva conosciuto e amato. Colui che
aveva visto morire dilaniato da un leone ora veniva verso di lui,
sorridendogli. - Hamza,
tu qui? Non è possibile. Io ti vidi morire. Hamza gli tese la mano e Nadir la strinse,
mentre le lacrime salivano ai suoi occhi. - Ti spiegherò tutto,
Nadir. Tu mi sei stato fedele e ci siamo ritrovati. E se mi rimarrai fedele,
ogni autunno ci ritroveremo. Hamza condusse Nadir al suo accampamento. Lo
portò direttamente nella sua tenda, poiché in entrambi il desiderio era
troppo forte. Si spogliarono e Nadir
contemplò il corpo magnifico del guerriero. Hamza
lasciò che Nadir si inginocchiasse davanti a lui e, trascinato dal desiderio,
avvolgesse con la bocca il membro vigoroso. A lungo Nadir accarezzò con le
labbra la virilità di Hamza, sentendola crescere e
inturgidirsi nella sua bocca. E infine sentì il gusto del seme dell’uomo che
amava. Per tutto il pomeriggio si
amarono sul giaciglio e Nadir fu felice come non era mai stato. Poi si sedettero fuori
dalla tenda e i servitori prepararono un banchetto per il guerriero e il
principe. Dopo che ebbero mangiato e
bevuto, Nadir chiese. - Hamza,
mi hai promesso di spiegarmi. Vuoi dirmi che cosa è successo? - Nadir, una maledizione
grava su di me. È scritto che io debba dieci volte morire, ma ritornerò in
vita. E solo per sette giorni dopo il primo plenilunio d’autunno mi è dato di
amare. Se colui che amo si manterrà fedele a me per dieci anni, vedendomi
solo per sette giorni ogni anno, allora sarò libero dalla maledizione. - Io ti sarò fedele, Hamza. Te lo giuro. - No, Nadir, non voglio
che tu giuri. La tua deve essere una libera scelta. Se un giorno ti prenderà
il desiderio di un altro corpo o amerai un altro uomo o una donna, sei libero
di seguire ciò che la tua anima brama. Non deve essere un giuramento a
vincolarti. Nadir annuì. - Hamza,
non giurerò, poiché tu non lo vuoi, ma… Hamza non lo lasciò finire. - Non dire più nulla.
Parole o promesse sono inutili. Quando ti ho visto, in me si è accesa una
fiamma. Non so se sarai tu a cancellare la maledizione che grava su di me, ma
non importa. Sappi che altre nove volte dovrò morire e se mi rimarrai fedele,
dovrai ogni volta assistere allo strazio che faranno del mio corpo. Nadir annuì, turbato. Ma
la gioia di aver ritrovato Hamza era più forte di
tutto. Per una settimana Hamza e Nadir si amarono ogni notte. Di giorno passavano
lunghe ore dormendo e poi quando si destavano cavalcavano per le valli.
Spesso si bagnavano nei torrenti e i loro corpi conoscevano il piacere. Il settimo giorno sul
cuore di Nadir gravava un peso, perché egli sapeva che si sarebbe dovuto
separare da Hamza. Nel pomeriggio Hamza disse: - È ora che tu provi
nuovamente il mio cavallo, Nadir. Nadir annuì, ma dai suoi
occhi scorrevano le lacrime, perché sapeva che era giunto il momento
dell’addio. Hamza lo baciò appassionatamente, poi
Nadir salì su Cielo sereno e il cavallo lo portò nuovamente lungo una parete
ripidissima fino a uno spuntone roccioso. Nadir vide Hamza rientrare nel padiglione e i servitori smontare le
altre tende e allontanarsi tutti con i cavalli. Quando
sentì il suono del gong il re ebbe un movimento di impazienza, ma i suoi doveri
lo chiamavano, per cui abbracciò Masoud e lo baciò,
poi si alzò e si allontanò, apponendo sulla porta il suo sigillo. |
||||||||||||||||