VENTIQUATTRESIMA
NOTTE Quando
giunse la sera, il re si recò alla torre e il suo cuore fu lieto di ritrovare
Masoud. Come ogni sera si amarono e poi cenarono. Quando il mattino il re si
svegliò e vide Masoud che dormiva accanto a lui, il desiderio lo assalì
nuovamente e il re strinse il corpo dell’uomo che amava e poi lo penetrò.
Quando ebbe raggiunto il piacere, disse: -
Prosegui la tua storia, Masoud. Masoud
obbedì, mentre ancora sentiva dentro di sé l’arma del re. Dopo aver sentito le
ultime parole di Dahih, Sahir chiese: - Egli non provava amore
per te, suo fratello e sua guida? - Egli sembrava ricambiare
il mio affetto: era bravo a dissimulare i suoi veri sentimenti. Sahir chiese: - E invece egli tramava la
tua rovina? - Sì, è così. La sua vera
natura si rivelò quando ormai mio padre era anziano. Egli lo convinse a
mandarmi per mare, per raggiungere le Isole delle Perle, dove avrei dovuto
chiedere per me e per lui la mano delle due figlie del re. Non desideravo il
matrimonio e avevo sempre pensato che avrei volentieri lasciato a mio
fratello il compito di generare figli e assicurare una discendenza alla nostra
stirpe, ma non volevo certo disobbedire al volere di mio padre. Mi spiaceva
molto lasciarlo ormai indebolito dagli anni, ma pensavo di poter tornare in
una quindicina di giorni: le Isole delle Perle non sono molto lontane dal
nostro regno. - E invece non fu così. - No, certo. Mio fratello
aveva progettato ben altro. La prima notte, quando fummo in alto mare,
durante una tempesta, fui assalito da cinque uomini, che mi bloccarono. Io
chiesi loro che cosa volessero da me e uno di essi mi rispose ridendo che mio
fratello aveva promesso loro molto denaro perché mi uccidessero. Detto
questo, egli mi strinse un laccio al collo. Invano cercai di difendermi:
erano in quattro a tenermi, mentre il quinto stringeva la corda. Seppi che la
mia ora era giunta e mormorai una preghiera, poi persi i sensi. Essi
pensavano che io fossi morto e mi gettarono in mare nella notte: volevano
disfarsi in fretta del mio corpo, nel timore che arrivasse qualcuno e li
vedesse. Non si preoccupavano che potessi essere ancora vivo, sapendo che
comunque le acque avrebbero completato la loro opera. Nessuno certo li vide e
forse ancora oggi gli uomini dell’equipaggio non sanno spiegarsi la scomparsa
del loro principe. - Davvero infame fu il
tradimento. - Sì. Il contatto con
l’acqua mi risvegliò, ma non sarei certo riuscito a sopravvivere, se non
fosse stato per uno strano caso. - Quale caso, Dahih? - Mentre le onde mi
sballottavano e io spesso finivo sott’acqua, ormai rassegnato a morire,
sentii improvvisamente qualche cosa di solido sotto di me, come se i miei
piedi toccassero il fondo marino. Non era certo possibile, perché eravamo
molto lontano dalla costa. Una cosa ancora più strana successe poco dopo: mi
sembrò che il fondo del mare si sollevasse e mi ritrovai fuori dall’acqua.
Non riuscii a capire quale prodigio fosse successo, ma, senza indagare oltre,
mi distesi e lasciai che il sonno mi avvolgesse. - La tua storia è strana.
Che cosa era successo? - Lo scoprii il mattino
dopo, quando mi destai. Ero disteso sulla schiena di un’immensa balena, un
animale tanto grande da sembrare un’isola. Mi chiesi che cosa sarebbe stato
di me: ero sopravvissuto ai sicari di mio fratello, ma non avevo né acqua, né
cibo ed ero lontano da qualsiasi terra abitata. Guardai all’orizzonte e non
vidi nessuna nave. Mi sedetti disperato. Sarei morto quando la balena si
fosse immersa o sarebbero state la sete e la fame a uccidermi? Pensai che
sarebbe stato meglio se fossi affogato nella notte. - Certo la tua non era una
situazione facile. - No. Trascorsi un intero
giorno scrutando il mare, nella speranza di vedere avvicinarsi una nave, ma
la notte scese, senza che ne avessi veduta alcuna. Mi stesi per dormire,
chiedendomi se mi sarei mai svegliato. Ma dopo alcune ore di sonno, sentii
alcuni rumori, che mi destarono. Mi misi a sedere e vidi che non lontano da
me c’era una luce. Per un attimo pensai che un battello fosse giunto fino
alla balena e qualcuno fosse sceso per vedere di che cosa si trattava. Pensai
di avere qualche speranza di salvezza, ma quando mi avvicinai e vidi ciò che
stava avvenendo… Dahih si interruppe, poi,
dopo essersi passato una mano sulla fronte, riprese: - Sahir, non sono un vile,
molte volte ho affrontato la morte in battaglia, ma quella notte il sangue mi
si gelò nelle vene. - Che cosa vedesti,
dunque? - Illuminati da una luce
che non era terrena, tre mostri danzavano. Mai, in tutta la mia vita, avevo
visto creature tanto orribili. I loro corpi deformi erano molto diversi l’uno
dall’altro, ma tutti erano ugualmente terribili a vedersi, con artigli alle
mani e ai piedi e lunghe zanne. Io mi appiattii sul dorso della balena e
rimasi immobile: preferivo annegare che essere divorato da quelle creature
diaboliche. - Morire in battaglia è un
onore, essere divorato da un mostro è una fine indegna. Dahih annuì e proseguì: - La danza durò a lungo,
accompagnata dai versi emessi dai mostri. Poi essi si strinsero le mani e si
mossero in cerchio, mentre uno di loro recitava: “Lode al re dei jinn
dell’isola Rossa. Colui che doveva ucciderlo ha trovato la morte.” Gli altri
ripeterono “Lode al re dei jinn dell’Isola Rossa”. Poi il mostro disse: “In
questo mare fu gettato colui che minacciava la vita del re” e gli altri
dissero ancora “Lode al re dei jinn dell’Isola Rossa”. Io mi chiesi se
potessi essere io colui che minacciava la vita del loro re, ma non avevo mai
sentito parlare di questo jinn. Di certo non avrei potuto uccidere nessuno,
perché ero destinato a morire presto, non appena la balena si fosse immersa o
anche prima, se quei demoni orrendi mi avessero visto. Essi poi posarono sul
dorso della balena qualche cosa, avvolto in un tessuto nero. Colui che aveva
parlato disse ancora: “L’arma fatale era destinata all’eroe, Dahih ibn Falud,
ma egli fu gettato in acqua. Quando la balena si immergerà, anche l’arma che
non può essere distrutta sarà inghiottita dalle acque e scenderà là dove
giace il corpo dell’eroe, poiché è scritto che egli la stringerà nella mano.”
A questo punto il mostro rise e la sua risata mi gelò di terrore, tanto che
persi i sensi. Il
re era affascinato dalla storia, ma il gong risuonò. Il membro del re si era
nuovamente irrigidito e il re prese Masoud una terza volta, prima di
andarsene, apponendo il suo sigillo sulla porta e congedando il boia. |
||||||||||||||||