SEDICESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò. Come sempre, vedendo Masoud, il suo corpo si accese ed egli
lo abbracciò, poi lo spogliò e lo prese. Dopo aver ripreso i loro giochi
d’amore, si cibarono e dormirono. Al mattino Masoud riprese a narrare: Fuad era molto
preoccupato: non aveva amici e non poteva contare su nessuno. Temeva perciò
di essere condannato. In carcere lo misero in una cella con altri quattro
uomini: tre briganti, che avevano
ucciso un viandante, e il figlio di un guerriero, che era accusato di aver
ucciso il fratello. Quando i briganti videro
Fuad, si guardarono e si parlarono: - Non ho mai visto un
giovane più bello. - Un corpo e un viso
d’angelo. - Voglio gustare la sua
bocca. - E io i suoi fianchi. - Io lo prenderò due
volte, da davanti e da dietro. - Anch’io farò lo stesso. - E io non sarò da meno. Perciò quando venne sera,
i tre si avvicinarono a Fuad. Uno di loro disse: - Ragazzo, vogliamo farti
conoscere i piaceri del giaciglio. Egli scoppiò a ridere e
gli altri risero con lui. Fuad sapeva che non avrebbe potuto resistere a tre
uomini forti. Seduto contro il muro, disse: - Ciò che volete fare non
è giusto. L’uomo rise nuovamente e
disse: - Ma noi lo faremo lo
stesso. Un altro aggiunse: - Vedrai, ti piacerà. I tre risero e lo
afferrarono. Fuad cercò di divincolarsi e gridò. Allora si avvicinò l’altro
prigioniero, un uomo molto alto e forte, che disse: - Voi non l’avrete: se
qualcuno cerca di prenderlo con la forza, avrà a che fare con me. I tre guardarono l’uomo
che aveva parlato, poi uno disse: - Sahir, perché vuoi
impedirci di godere? Tutti noi, come te, incontreremo presto la morte. Sahir scosse il capo: - Abbiamo commesso abbastanza
peccati. Non aggiungiamone altri. Gli uomini avrebbero
voluto prendere lo stesso Fuad, ma Sahir era più forte di loro e il ragazzo
si sarebbe difeso. Perciò a malincuore lasciarono stare Fuad. Questi si rivolse a Sahir: - Ti ringrazio, Sahir, per
la protezione che mi accordi. - Finché sarò vivo,
nessuno potrà usarti violenza, Fuad. Ma i miei giorni sono contati. - Perché, Sahir, dici
questo? - Su di me grava una
condanna a morte, che sarà presto eseguita. Fuad sentì una stretta al cuore
al pensiero che avrebbe perso il suo protettore. - Di quale colpa ti sei
macchiato, Sahir? Sembri avere un animo nobile. - Se vuoi ti racconterò la
mia storia. - Dimmi, Sahir. - Io e mio fratello Alì
eravamo gli unici due figli di un potente guerriero di Mahor. Eravamo
entrambi forti e coraggiosi e molto legati l’uno all’altro. Andavamo a caccia
insieme e spesso cercavamo anche il piacere insieme, godendo di qualche serva
o di una prostituta. Mi piaceva vedere mio fratello impegnato nei giochi d’amore
e a lui piaceva guardarmi mentre godevo di una fanciulla. Eravamo attratti
uno dall’altro, anche se ancora esitavamo a dircelo. Io ammiravo il suo corpo
forte, il membro vigoroso, le mani possenti e quando prendevo una donna,
sentivo su di me il suo sguardo e il mio desiderio si accendeva ancora di più Fuad annuì, senza dire
niente. Si rendeva conto che Sahir era eccitato e temeva che colui che lo
aveva protetto a sua volta volesse prenderlo, ma Sahir proseguì con la sua
storia: - Un anno fa trascorremmo
un lungo periodo a caccia tra i monti, lontano da ogni paese. Le due serve
che avevamo portato con noi per i piaceri del giaciglio si ammalarono e noi
le rimandammo in città, perché potessero essere curate. Eravamo abituati a
godere spesso e ritrovandoci senza una donna, il desiderio ardeva dentro di
noi. La sera ci spogliavamo in silenzio e i nostri corpi tradivano ciò che
provavamo. Infine una di quelle sere mio fratello si inginocchiò davanti a me
e prese il mio membro in bocca. Mai avevo provato un piacere più intenso; con
nessuna donna, neanche con quelle delle case di piacere, avevo mai goduto
tanto. Io poi feci lo stesso con lui e provai non meno piacere. E da allora
ogni notte ci dedicavamo ai nostri giochi amorosi e godevamo intensamente.
Egli prese la verginità dei miei fianchi e io la sua. Fuad era stupito dalla
franchezza con cui l’uomo raccontava la storia. Sahir se ne accorse. - Fuad, la morte per me è
vicina e ormai non ha senso mentire. Il legame che mi univa a Alì è sempre
stato molto forte e non provo vergogna di questo. Per tre anni i nostri corpi
si incontrarono ogni notte. Ci amavamo liberamente e nessuno dei due mai si
impose all’altro. - Capisco, Sahir. - Venne però il giorno in
cui nostro padre invitò Alì, che aveva tre anni in più di me, a sposarsi. Alì
non si sottrasse, poiché era suo dovere assicurare una discendenza alla
nostra famiglia. Egli scelse una donna, molto bella, e mio padre la chiese in
sposa per lui. Io non ne fui contento, ma Alì era l’erede e doveva sposarsi,
perciò non dissi nulla. Il matrimonio venne celebrato con una grande festa.
Ma la notte non fu notte di gioia, ma di orrore. Sahir chiuse gli occhi,
poi continuò. Il
re avrebbe voluto sentire il seguito di questa storia, ma il suono del gong
interruppe la narrazione. A malincuore il re si rivestì e prese congedo da
Masoud, apponendo il suo sigillo sulla porta. Ogni mattina gli sembrava di
fare più fatica ad andarsene: sarebbe voluto rimanere con Masoud o almeno
averlo al suo fianco durante il giorno. Gli capitava spesso di pensare a lui
e il desiderio lo assaliva, violento. Allora gli sembrava che il sole non
volesse mai tramontare. |
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