TRENTACINQUESIMA NOTTE

Quando il sole calò, il re raggiunse la torre. Era curioso di conoscere il seguito della storia, ma quando vide Masoud, il desiderio si impadronì di lui ed egli lo possedette.  Poi mangiarono e si amarono ancora, finché il sonno li prese. Quando si ridestarono, il re accarezzò Masoud e poi si strinse a lui. Masoud riprese a narrare.

 

Quando udì le parole di Shihab, il volto di Yasir si oscurò come il cielo quando si prepara la tempesta.

- Giurai di vendicare il mio signore, uccidendo colui che lo aveva ucciso, castrandolo e lasciandone il corpo agli sciacalli. Ho scelto il nome di Ayman perché esso significa Fedele e io sono fedele a colui che fu il mio padrone. Oggi stesso ci affronteremo e uno di noi due non vedrà il tramonto.

A Shihab parve che il cuore gli si spezzasse in petto. Chinò il capo e disse:

- Come desideri, Yasir, anche se questo mi addolora. 

Yasir guardò Shihab e disse:

- Anch’io non affronterò certo questa lotta a cuor leggero. Mille volte preferirei trovarmi di fronte al boia e lasciare che facesse strazio del mio corpo, mille volte meglio il palo, ma non posso sottrarmi: ho giurato.

Shihab annuì.

- Capisco, Yasir. Anch’io al tuo posto farei lo stesso.

Yasir si lasciò andare sui cuscini, guardando in alto. Poi si coprì il viso con le mani.

Shihab gli disse:

- Non vuoi che ancora una volta i nostri corpi conoscano insieme il piacere, prima che uno dia la morte all’altro?

Ma Yasir scosse il capo.

- No, Shihab. Colui che ferirà a morte l’altro potrà possederlo, ma io non posso giacere con l’assassino del mio padrone.

- Lo vinsi in leale duello, non lo uccisi a tradimento.

- Non ne dubito, perché ti conosco, ma il giuramento mi vincola.

- E allora andiamo.

Yasir e Shihab si alzarono, si vestirono e si allontanarono dalla capitale, dirigendosi verso ovest. Solo a metà giornata raggiunsero le terre spopolate al confine del regno. Sul greto di un torrente i due lottatori si affrontarono, nudi, con un pugnale.

Entrambi soffrivano di dover dare la morte all’altro e si muovevano incerti. Il desiderio si destava in loro, vedendo il corpo nudo dell’amato, e la loro lotta mortale non aveva forza.

Si mossero a lungo così, gravati dalla sofferenza e dalla brama, finché Shihab disse:

- Yasir, hai giurato di darmi la morte. Ricordati il giuramento e combatti da uomo.

- Dici bene, Shihab. E tu fa’ lo stesso.

- Così sarà e il mio pugnale spegnerà la tua vita e il mio membro penetrerà tra i tuoi fianchi mentre la morte calerà su di te.

- Degne di te sono le tue parole, Shihab. Ma forse sarà il mio pugnale a lacerare la tua carne e il mio membro a possederti.

E con questa parole Yasir si lanciò su Shihab, che si sottrasse e cercò di colpirlo. La lotta divenne più aspra, ma non spense il desiderio.

Infine, quando ormai i loro corpi erano coperti di sudore, in un attacco Yasir si scoprì. Shihab avrebbe potuto colpirlo, ma non volle farlo, perché lo amava. Ben sapeva che rinunciando a ucciderlo, doveva rassegnarsi a morire, ma non volle spegnere la vita dell’amato. La lotta proseguì ancora perché nel profondo dei loro cuori, nessuno dei due voleva colpire l’altro. Shihab capì che una cosa sola restava da fare. A un attacco di Yasir, Shihab non si scansò, ma avanzò invece verso la lama, come se volesse a sua volta attaccare, cosicché il colpo vibrato con forza da Yasir gli squarciò il ventre. Il valoroso guerriero sentì la lacerazione nella carne. Ancora avrebbe potuto combattere, ma lasciò cadere la sua arma, accettando il suo destino. Yasir esitava.

- Hai vinto, Yasir. Completa la tua opera.

Yasir estrasse la lama e la immerse una seconda volta, più sotto, di fianco al membro teso. Shihab gemette e barcollò, mentre il suo sangue si spargeva. Le gambe cedettero ed egli sarebbe caduto, se Yasir non lo avesse sostenuto.

Yasir lo distese a terra, prono. Guardò i fianchi che avrebbe posseduto. Dentro di lui il desiderio ardeva, ma una disperazione profonda cresceva.

Yasir prese Shihab senza pietà, spingendo a fondo al sua arma.

 

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Cavalcò a lungo e infine venne. Estrasse la sua arma, sporca di sangue, poi guardò il valoroso guerriero, che la vita stava lasciando, e disse:

- Addio, Shihab. Mille volte avrei preferito morire che ucciderti, ma devo tener fede al mio giuramento.

E mentre lo baciava sulla bocca, immerse ancora due volte il pugnale nel ventre di Shihab, poi colpì più in basso, quasi recidendo la virilità del guerriero e infine lasciò il corpo, che ricadde inerte al suolo.

Yasir si lavò a una fonte lì vicino, poi si rivestì e si allontanò, senza voltarsi.

 

Prima che il sole tramontasse passò vicino al luogo in cui giaceva Shihab un forte guerriero, il cui nome era Kalil: egli era il fratello di Dahih, che era stato inviato in esilio e viveva lontano dalla sua terra.

Kalil vide un corpo nudo coperto di sangue sul greto del torrente e scese da cavallo. Osservò Shihab.

 

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- Di certo costui era un guerriero o un lottatore, ma ha incontrato la morte. Non posso però abbandonarlo qui, agli animali selvatici.

Quando il guerriero cercò di sollevare Shihab, questi gemette. Kalil si stupì che l’uomo fosse ancora vivo, poiché giaceva in un lago di sangue e il ventre era squarciato. Sapeva che non lontano abitava il vecchio della Montagna dalle Sette Cime, che conosceva le arti mediche.

Kalil si disse: “Forse il vecchio potrà curare quest’uomo, in cui c’è ancora vita. O altrimenti mi aiuterà a dargli una sepoltura.”

Ma mentre cavalcava verso la casa del vecchio, sostenendo Shihab tra le braccia, questi emise un gemito, il sangue uscì dalla sua bocca e la vita lo lasciò.

Ormai però Kalil era quasi giunto all’abitazione del vecchio, perciò proseguì per la sua strada, pensando che forse il saggio lo avrebbe aiutato nella sepoltura.

Il vecchio era sulla porta.

- Ti aspettavo, Kalil.

Kalil si stupì delle parole dell’uomo.

- Chi ti ha annunciato il mio arrivo? Io stesso non sapevo che sarei venuto qui.

- I corvi mi dissero che stavi arrivando, portando con te colui che deve morire tre volte.

- È questo l’uomo che deve morire tre volte?

- Sì, egli è Shihab, che il veleno uccise quattro anni fa e che oggi è stato ucciso da Yasir. Ma è scritto che egli ritorni in vita.

 

Il re aveva ascoltato turbato la storia. Avrebbe voluto conoscerne il seguito, ma era giunta per lui l’ora di andare, perciò si staccò da Masoud, lasciò la stanza e appose il suo sigillo sulla porta.

 

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