VENTISETTESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò e, dopo gli usuali giochi d’amore e il banchetto, si stese
accanto a Masoud, lo abbracciò e dormirono stretti
l’uno all’altro. Il
mattino li destò e il re penetrò nuovamente Masoud
e, tenendo il suo membro tra i fianchi del guerriero, disse: -
Prosegui la tua storia, Masoud. E
Masoud narrò. Quando il jinn tese le braccia
per dilaniare Sahir, Dahih,
che aveva assistito a tutta la scena, balzò su di lui e con un colpo del
pugnale gli recise un braccio. Fadlan fu colto di
sorpresa e si avventò su Dahih, ma questi si gettò
di lato e con un altro colpo recise una gamba di Fadlan.
Il jinn cadde a terra.
Muoveva il braccio ancora integro per colpire Dahih,
ma questi gli immerse il pugnale nel cuore. L’arma di Dahih
era il pugnale magico con cui egli aveva ucciso il re dei jinn dell’Isola
Rossa: esso poteva spegnere la vita dei jinn. Fadlan
emise un urlo terribile e morì. Dahih raggiunse Sahir
e lo liberò dalle corde che lo tenevano legato all’albero. - Grazie, Dahih, mi hai salvato la vita. Ma ti avevo chiesto di
lasciarmi andare da solo. Dahih sorrise e disse soltanto: - Tu avresti fatto lo
stesso. E con queste parole lo
baciò sulla bocca. Poi essi entrarono nel
palazzo e trovarono Fuad, che dormiva in una lussuosa
camera. - Sahir,
tu qui? - Sì, sono venuto a
liberarti, ma sarei morto senza riuscirci, se non fosse per questo principe,
che ha ucciso il jinn Fadlan. Fuad fu turbato sentendo la notizia, perché
il jinn aveva acceso nel suo corpo il desiderio. Riuscì solo a dire: - Fadlan
è morto? - Sì. Lo vedrai tu stesso. Sahir e Dahih
riempirono alcune casse di pietre preziose e gioielli, poi uscirono insieme a
Fuad. Quando questi vide il corpo del jinn, si
ritrasse con orrore e disse: - Quale mostro giace qui? - È Fadlan,
che ti teneva prigioniero. Fuad rimase sbalordito. - Io non l’ho mai visto
con questo aspetto. - I jinn possono assumere
l’aspetto che desiderano, ma quello che tu vedi ora è il suo vero corpo. Sahir e Dahih
caricarono le casse sul tappeto. Sahir disse: - Per il viaggio ci
servirà un po’ d’acqua da bere. E con queste parole si
allontanò per raggiungere un torrente. Intanto Fuad chiese a Sahir come avesse
fatto a liberarlo e Sahir raccontò la sua
meravigliosa storia. Poi si stese e il sonno lo prese. Fuad era curioso di vedere i poteri del
mantello che rendeva invisibili, perciò lo prese e lo aprì, coprendo se
stesso, Sahir e il tappeto. Poco dopo tornò Dahih, che non li vide. Il principe rimase in silenzio,
lo sguardo volto all’orizzonte, cercando di scorgere il tappeto volante, ma
il cielo era percorso solo da uccelli. Dahih chinò
la testa e mormorò: - Di tutti i tradimenti
che ho subito, senza avere mai tradito nessuno, questo è quello che più mi
pesa, perché Sahir aveva conquistato il mio cuore. Ma
un uomo forte sa come sfuggire alla mala sorte che lo perseguita. E con queste parole, prese
il pugnale e se lo puntò contro il cuore. Sahir
però si era destato sentendo la voce di Dahih e subito
sollevò il mantello. - Che fai, Dahih? Siamo qui e di certo non ti lasceremo su
quest’isola. Fuad ci ha coperti con un mantello in
attesa del tuo ritorno. Fuad allora disse: - Perdonami, Dahih. Volevo vedere la magia di questo mantello, ma non
pensavo certo di ingannarti e farti credere che noi fossimo partiti. Sahir abbracciò Dahih
ed essi salirono sul tappeto. Sahir lo fece muovere
ed esso si diresse al palazzo dove vivevano le principesse Miriam e Leila. Sahir fu accolto con grande gioia. Ci fu un banchetto e
il re avrebbe voluto organizzare molti festeggiamenti, ma Dahih
desiderava raggiungere suo padre, sperando che fosse ancora vivo. Sahir gli chiese di poterlo accompagnare. Essi perciò
partirono. Il tappeto li portò al
palazzo del padre di Dahih. Era ormai notte fonda
quando essi vi giunsero. Dahih disse a Sahir di far scendere il tappeto su una terrazza, da cui
si accedeva direttamente alla camera del padre. Dahih si mise il mantello che rende invisibili
ed entrò. Non vi era nessuno nella stanza, se non il padre di Dahih, che dormiva. Allora Dahih
si tolse il mantello e abbracciò il padre. Questi si svegliò e la sua gioia
fu immensa nel rivedere il figlio, che credeva morto. Dahih raccontò ciò che era successo. Il padre
non voleva credere al racconti di Dahih, che gli
suggerì perciò un trucco. Un fedele servitore del re andò a chiamare il
giovane Kalil, dicendogli che suo padre stava
morendo. Kalil, svegliato nel cuore della notte,
arrivò rapidamente e vide il padre immobile, steso sul letto. Pensò che fosse
morto e perciò congedò il servo. Guardando il corpo, disse: - Infine! Mio padre è
morto, mio fratello è stato gettato agli squali e io regnerò. Dahih uscì allora da dietro alla tenda dove si
era nascosto e disse: - Infame! Kalil impallidì. - Tu sei certo un
fantasma! Non puoi essere vivo. I miei uomini ti hanno ucciso. Il padre allora si mise a
sedere e disse: - Tu non meriti di vivere,
Kalil. Kalil capì di essere perduto. Il fratello lo
bloccò e il padre lo fece rinchiudere in una cella. Il giorno dopo gli uomini
che avevano cercato di uccidere Dahih furono
catturati e impiccati. I soldati li crivellarono di frecce, poi i loro corpi
vennero gettati ai cani. -
Essi ebbero la punizione che meritavano! Il
re aveva appena pronunciato queste parole, quando il gong fece sentire il suo
suono. -
Di nuovo! Odio questo suono che ci separa. Vorrei ordinare al boia di
decapitare l’uomo che lo suona. Masoud
sorrise. -
Re, egli è un tuo fedele servitore. Puoi dirgli di non suonare più, ma non puoi
sottrarti ai tuoi compiti di re. Le
parole di Masoud irritarono il re, che disse: -
So quali sono i miei doveri, Masoud. -
Perdona, mio re, se le mie parole suonarono poco rispettose. Il
re scosse il capo: già si era pentito dell’asprezza con cui aveva risposto.
Uscì e appose il suo sigillo, ma per tutto il giorno rimase irritato. |
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