VENTOTTESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò nella torre e vedendo Masoud il sorriso tornò sulle sue
labbra. Egli lo prese con dolcezza, poi, dopo aver cenato, si stesero insieme
e quando giunse il mattino Masoud riprese a narrare. Dahih disse a Sahir: - Sahir. Io vorrei
che tu rimanessi al mio fianco. - Non chiedo di meglio che
essere al tuo servizio, Dahih. - No, Sahir. Io non voglio
che tu sia al mio servizio. Voglio che tu sia il mio compagno. Sahir sorrise. - Tu possiedi il mio
cuore, Dahih. - E tu il mio. Sahir rimase con Dahih,
ospite nel palazzo reale. Poco tempo dopo il padre
di Sahir morì. I visir consigliarono Dahih di far strangolare il fratello
nella sua cella, ma Dahih era generoso, per cui egli chiamò Kalil e gli
disse: - Kalil, poiché un giorno
fummo fratelli e tu avevi un posto nel mio cuore, non ti darò la morte che
meriti, ma ti manderò in esilio. Mai più potrai tornare nel regno che fu di
nostro padre e che ora è mio. Ma non ti lascerò partire come un mendicante.
Porterai con te le ricchezze che ti permetteranno di vivere in modo consono
al tuo rango. Kalil fu contento di aver
salva la vita e non gli spiacque lasciare per sempre il regno, dove tutti
conoscevano la sua vergogna. Al fratello disse: - Dahih, so di aver
sbagliato. Ti ringrazio per la tua generosità. - Addio, Kalil. Kalil se ne andò e Dahih e
Sahir vissero a lungo felici, finché non venne colei che mette fine a ogni
gioia. Masoud
si interruppe. Poi aggiunse: -
Ma forse re, tu vorresti sapere che successe di Fuad. -
Volentieri ascolterò la fine della sua storia, Masoud. Masoud
allora riprese a narrare. (fine) Fuad rimase al servizio
del padre delle principesse Leila e Miriam. Il re era contento di lui e
spesso lo mandava in qualche missione presso altri sovrani. Un giorno, al
ritorno da una di queste missioni, Fuad si fermò a dormire in un bosco. Nella
notte si scatenò una tempesta. I tuoni e i fulmini spaventarono il cavallo.
Invano Fuad cercò di calmarlo: l’animale ruppe la corda e fuggì via. Fuad lo
inseguì per un tratto, ma il cavallo galoppava veloce e Fuad non poteva certo
raggiungerlo. Quando rinunciò all’inseguimento e cercò di tornare indietro,
Fuad si rese conto di essersi perso. Egli non sapeva dove dirigersi. Camminò
a lungo e infine, incontrato un torrente, decise di seguirne il corso, nella
speranza di uscire dal bosco. Dopo un’ora di cammino
vide che gli alberi si diradavano e scorse un ampio prato. Dai suoi margini
si vedeva in lontananza un castello. Fuad decise di raggiungere l’edificio,
sperando che qualcuno potesse dirgli dove si trovava e come avrebbe potuto
fare per tornare a casa. Stava per avviarsi quando,
guardando verso il torrente, scorse un folto gruppo di giovani che si
bagnavano, non lontano dal castello. Fuad si disse: “Ecco, posso chiedere a
loro, di certo mi sapranno dire dove mi trovo e come potrò tornare dal mio
signore.” In quel momento però si
sentì un fischio lontano. Fuad scorse allora tra i giovani un cigno, poi una
quaglia, un avvoltoio: solo quando vide un ragazzo le cui braccia diventano
ali e le gambe zampe d’uccello, Fuad si rese conto che i giovani si stavano
trasformando in uccelli. Paralizzato dallo stupore,
Fuad osservò la metamorfosi di tutti i giovani: in pochi minuti non era
rimasta una sola figura umana, ma vi erano molti uccelli che, a un secondo
fischio, si alzarono in volo e si diressero verso il castello. Fuad allora si
riscosse e si nascose dietro un albero: non sapeva bene che cosa fosse
successo, ma preferiva essere prudente e non farsi vedere. Gli uccelli si posarono in
cima alle mura del castello, dove Fuad scorse un uomo. Poi essi scomparvero
all’interno del castello e anche l’uomo entrò in una torre. Fuad non sapeva bene che
fare: andare al castello e chiedere la strada gli sembrava poco prudente,
visto che l’uomo che aveva osservato sulla torre di certo aveva poteri
magici; tornare indietro non aveva senso, perché Fuad non sapeva come
ritrovare la strada di casa. Avrebbe potuto proseguire senza fermarsi al
castello, sperando di trovare la strada: per farlo però era più prudente
aspettare la notte, perché di giorno lo avrebbero visto passare. Fuad perciò
decise di rimanere nascosto. Mangiò ciò che aveva con sé e bevve al torrente,
restando in un posto dove non potevano vederlo dal castello. Era quasi il tramonto
quando dalle mura del castello scese uno splendido pavone. Appena toccò terra
si trasformò in un giovane, di una bellezza tale, che Fuad rimase abbagliato:
mai, in tutta la sua vita, aveva visto un corpo così perfetto, un viso così
armonioso. Ma su quel viso Fuad leggeva una profonda tristezza. Il giovane si bagnò nel
torrente, poi uscì dall’acqua e si stese ai piedi di un albero. Fuad avrebbe
voluto avvicinarsi, ma sugli spalti del castello vide l’uomo che prima aveva
accolto gli altri ragazzi-uccelli e che ora sorvegliava i movimenti del
giovane. Fuad perciò ritenne più prudente non farsi vedere. Non passò molto
tempo, che si sentì un fischio. Allora il giovane si trasformò nuovamente in
pavone e volò sul castello, dove l’uomo lo fece entrare nella torre. Mentre attendeva che
scendesse la notte, Fuad continuava a pensare a ciò che aveva visto. Era
molto curioso di capire chi erano questi giovani e perché si trasformavano in
uccelli. Decise che si sarebbe fermato e che il giorno dopo avrebbe provato a
parlare con loro, se fossero tornati a bagnarsi. Perciò si stese a dormire ai
margini del bosco. L’indomani mattina Fuad si
lavò al torrente, in un punto non visibile dal castello, e attese. La
nuova storia aveva incantato il re, ma il gong diede il segnale della
separazione. Il re perciò se ne andò, apponendo il sigillo. |
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