QUARANTAQUATTRESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò. Egli era ansioso di ascoltare la conclusione della storia
di Yasir e Shihab, ma
quando vide Masoud, il desiderio si accese in lui.
Solo il mattino Masoud riprese la narrazione. Il giorno dopo Yasir e Shihab si affrontarono
davanti al sovrano e alla corte. Fu un incontro lungo, in cui entrambi
diedero prova della loro forza e della loro bravura. Infine Shihab vinse Yasir. I due lottatori andarono a
lavarsi e nel bagno diedero soddisfazione al desiderio che la lotta aveva
acceso in loro. Poi si rivestirono. Rimasero ospiti del re per
una settimana, durante la quale assistettero all’esecuzione di Labib, che venne schiacciato da un elefante. Altre tre volte si affrontarono nella lotta,
con esiti alterni. Dopo una settimana essi
presero congedo dal re, che diede loro doni magnifici. Essi si stabilirono
nel palazzo di Shihab e qui vissero a lungo, finché
venne colei che mette fine a ogni gioia. La
storia di Yasir e quella di Shihab
erano concluse. Il re guardò Masoud e disse: -
Grande fu questo amore, più forte della morte stessa. -
Sì, mio re, così è l’amore, che piega anche le anime più forti. Ascolta la
storia di Nadir. E
con queste parole Masoud incominciò a narrare: C’era una volta un re, in
India, che aveva due figli maschi. Erano entrambi belli d’aspetto, ma assai
diversi per carattere. Erano tutti e due generosi e leali, ma il maggiore,
che si chiamava Nadir, amava la caccia e la lotta ed era tanto dotato di
coraggio quanto impulsivo; il minore invece era di carattere più tranquillo e
già da ragazzo dimostrava una grande saggezza. Malgrado fossero così
differenti, erano legati da un profondo affetto ed erano entrambi molto amati
dal popolo: tutti dicevano che il re loro padre era stato fortunato ad avere
due figli tanto diversi quanto degni di lode. In autunno Nadir
trascorreva spesso intere settimane a caccia per i monti. Quando compì
vent’anni, si spinse fino ai Monti delle nebbie, che erano ai confini
settentrionali del regno. Un giorno si allontanò dall’accampamento, spingendosi
in una valle sperduta. Mentre cavalcava in sella a un magnifico stallone
nero, Nadir vide, dall’altra parte della valle, un cavallo il cui manto era
azzurro. Il principe rimase molto sorpreso, perché non aveva mai visto un
destriero di un simile colore. Notò che l’animale, che aveva un portamento
fiero, aveva su di sé una sella, ma non si vedeva traccia del cavaliere. Nadir spronò la sua
cavalcatura. Scese fino al torrente, lo attraversò e risalì dall’altra parte.
Quando fu vicino al prato dove il cavallo brucava l’erba, vide un cavaliere
che dormiva tra i fiori, la testa appoggiata su uno scudo. L’uomo indossava
ricche vesti e al fianco portava una spada e un pugnale. Di certo era un
guerriero. Nadir lo osservò e si
sentì turbato. Avrebbe dovuto allontanarsi, senza disturbare il sonno
dell’uomo, ma qualche cosa lo attraeva verso di lui, per cui rimase incerto
sul da farsi. Mentre osservava l’uomo
dormire, costui si destò e lo guardò. Gli sorrise e disse: - Buongiorno, principe
Nadir. Nadir lo guardò, sorpreso. - Come conosci il mio
nome, guerriero? Non ci siamo mai visti. Il guerriero si alzò, sempre
sorridendo, e rispose: - So che in questi giorni il
principe Nadir è a caccia in queste valli. Il tuo portamento e i tuoi abiti
rivelano che sei di nobile stirpe. Nadir annuì. - Sì, sono il principe
Nadir. E tu chi sei, se posso chiedertelo? - Mi chiamano Hamza. Il nome non era ignoto a
Nadir: era quello di un grandissimo guerriero, di cui nessuno conosceva
l’origine, ma che si era più volte distinto in grandi imprese. Nadir scese da cavallo e
disse: - Sono onorato di
conoscerti, Hamza. Ho sentito lodare il tuo
coraggio e il tuo valore in battaglia, la tua lealtà e la tua generosità. Hamza sorrise. - Anch’io ho sentito
tessere le tue lodi: Nadir, per quanto tu sia ancora giovane, tutti dicono
che sei valoroso e giusto. - Ti ringrazio per le tue
parole, Hamza. Hamza raccolse lo scudo e disse: - Il mio accampamento non
è lontano. Ti prego di venire con me, Nadir. Sarò lieto di ospitarti. - Ben volentieri accolgo la
tua offerta, Hamza. Ma vorrei chiederti una cosa,
se hai voglia di rispondermi. - Dimmi. - Mai, in tutta la mia
vita, vidi un cavallo con il manto azzurro. Da dove viene? Hamza sorrise. - Non è un cavallo come
gli altri. Il suo nome è Cielo sereno. Viene dai monti del Drago ed è un
animale incantato. Non si lascia cavalcare da nessun altro. Nadir avrebbe voluto
sapere come Hamza si era procurato quella splendida
cavalcatura, ma non voleva apparire indiscreto, per cui si limitò a dire: - Davvero è una magnifica
cavalcatura, degna di un re. Hamza sorrise, senza dire nulla. Poi salì a
cavallo e Nadir lo imitò. Cavalcarono per la valle fino a un passo. Quando
furono in cima, Nadir vide molto più in basso una magnifica tenda. - Quello è il tuo
accampamento, Hamza? - Sì, lì trascorro le mie
notti, quando il tramonto non mi sorprende lontano. Talvolta invece dormo
sotto le stelle. Questa notte ho inseguito a lungo un leopardo e il mattino
mi sono steso a riposare, là dove mi hai trovato. Scesero lungo la valle e giunsero
infine all’accampamento. Il
re era contento di questa nuova storia, ma quando giunse l’ora delle udienze
dovette lasciare la stanza e se ne andò, apponendo il suo sigillo. |
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