QUARANTASEIESIMA NOTTE

 

Verso sera il re tornò. La pioggia scendeva fitta e il re e Masoud si amarono sulla terrazza. Poi si cibarono e si stesero a dormire sotto la tettoia. Il mattino il re abbracciò Masoud e gli chiese di proseguire il racconto.

 

Nadir guardò l’accampamento e vide Hamza che gli sorrideva. In quel momento si accorse che un grande leone si era appostato dietro la tenda e stava per gettarsi su Hamza. Nadir gridò, ma il leone saltò su Hamza e affondò le fauci nella gamba.

 

 

Il guerriero cercò di allontanare da sé l’animale con le sue forti braccia, ma non aveva armi.

 

 

Nadir spronò il cavallo, per correre in aiuto dell’amico, ma Cielo sereno non si mosse. Nadir non poteva scendere a piedi, perché la parete rocciosa non presentava appigli e sarebbe certo precipitato.

- Cielo sereno, presto, portami a valle! Il tuo padrone muore e io non posso soccorrerlo.

Il leone intanto lasciò la gamba di Hamza e con una zampa lo colpì al petto, lacerandolo. Hamza cadde e il leone fu su di lui. Affondò le fauci nel collo e il sangue sgorgò abbondante.

Nadir piangeva e invano spronava il cavallo.

 

 

Dopo aver ucciso Hamza, il leone afferrò il corpo per il collo e lo trascinò lontano.

Solo allora il cavallo scattò e scese la parete, ma non si fermò dove il leone aveva ucciso Hamza e il sangue copriva il prato: percorse invece un lungo tratto, fino a che non giunse all’accampamento di Nadir.

I suoi uomini furono contenti di rivedere il loro principe. Nadir smontò da cavallo e non appena mise piede a terra, Cielo sereno scattò e scomparve in un attimo.

Più tardi il cavallo di Nadir arrivò all’accampamento.

Nadir avrebbe voluto ritrovare ciò che rimaneva del corpo di Hamza e dargli sepoltura, ma lo cercò invano. Anche dell’accampamento del guerriero non c’era più traccia.

Nadir decise allora di tornare in città. Il padre vide subito che il figlio era profondamente turbato e gli chiese che cosa fosse successo. Nadir disse che aveva incontrato Hamza, il cui nome era noto a tutti, e che era stato suo ospite. Poi concluse il suo racconto narrando la morte del guerriero:

- E poi il mattino del settimo giorno, egli mi fece salire sul suo cavallo, un animale incantato, che mi portò in alto. Ma da lassù vidi il nobile Hamza assalito da un leone, che lo sbranò.

- Figlio mio, ciò che dici mi stupisce, perché so che sei coraggioso e non temi il pericolo. Come mai non corresti in aiuto del tuo ospite?

- Il cavallo mi aveva condotto in cima a un dirupo e non avevo modo di scendere: più volte spronai la cavalcatura, perché mi riconducesse nella valle, dove avrei salvato Hamza o avrei trovato una morte onorevole, ma non ci fu modo di indurlo a muoversi. Solo quando il leone trascinò via il corpo straziato del valoroso Hamza, il cavallo ripartì e mi riportò al mio accampamento: non mi fu neppure possibile dare sepoltura all’eroe.

- Ben strano è ciò che mi racconti, figlio.

 

Nadir pensava spesso alle ultime parole di Hamza. Lo aveva visto morire e non si sarebbero più incontrati, ma decise che gli sarebbe rimasto fedele. Le notti trascorse con Hamza avevano acceso il suo desiderio, ma egli non chiamò mai nessun uomo nella propria camera. La notte spesso Hamza veniva a trovarlo in sogno e allora i loro corpi si stringevano in abbracci che infine portavano Nadir al piacere. Ma al risveglio, quando l’illusione di avere Hamza accanto a sé scompariva, Nadir piangeva amaramente.

Qualche mese dopo il re ricevette la visita di un nipote. Durante il banchetto questi raccontò che pochi giorni prima il prode Hamza aveva aiutato un sovrano a difendere il trono da un usurpatore.

Nadir non nascose il suo stupore.

- Io stesso vidi Hamza assalito da un leone e ucciso. Come è possibile?

Il cugino non sapeva che cosa rispondere.

- Parlai con il re e con Hamza stesso, che era suo ospite.

Il padre di Nadir osservò:

- Figlio mio, forse l’uomo che hai incontrato non era Hamza.

Nadir allora disse:

- Descrivimi Hamza, cugino, te ne prego, perché io possa sapere se si tratta dell’uomo che incontrai tra i monti.

- È un uomo più alto del normale, molto forte, con spalle larghe e petto ampio. Gambe e braccia sono possenti. Ha una fitta barba nera, come neri sono i suoi capelli.

- Sulla fronte, dal lato destro, c’è forse una cicatrice a forma di stella?

- Sì, così è.

- Hai avuto modo di bagnarti con lui, di vederlo senza abiti? Perché quando ci bagnammo, vidi che aveva un’altra cicatrice, più ampia, sul ventre.

- Cugino, così è. Ci bagnammo e ne vidi il corpo possente. Egli ha sotto l’ombelico un’ampia cicatrice, di un’antica ferita. Posso ancora dire che il petto e il ventre sono ricoperti da una fitta peluria nera e che egli è l’uomo più virile che io abbia mai visto.

Nadir annuì, senza parole. La descrizione del cugino corrispondeva perfettamente a quella dell’uomo che aveva incontrato e che aveva visto morire, sbranato dal leone.

Il padre di Nadir osservò:

- Forse il leone lo ferì soltanto ed egli riuscì a sfuggire alla morte.

- Padre, non so che dire. Il suo corpo era straziato, la testa mi parve quasi staccata. Come potrebbe un uomo sopravvivere? 

Nadir rimase a lungo pensieroso. Hamza era davvero vivo? Lo avrebbe rivisto? Nadir era impaziente e avrebbe voluto che la primavera che appena incominciava lasciasse il posto all’autunno.

 

 

La nuova storia incuriosiva il re, ma il mattino era ormai giunto e il sovrano se ne andò, apponendo il suo sigillo sulla porta.

 

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