SETTIMA NOTTE

Al re sembrava che il tempo non passasse mai. Il suo pensiero andava spesso alla storia che il capo delle guardie raccontava e soprattutto a Masoud. Ripensò a quanto gli aveva detto questa mattina. Sì, sarebbe infine giunto il giorno in cui Masoud sarebbe stato decapitato. Ma il pensiero del corpo steso sul tavolo del lavatore di cadaveri turbava il re.

Nel pomeriggio egli si recò più presto del solito da Masoud, che stava allora lavandosi, perché non aspettava ancora la visita del sovrano.

Il re guardò il corpo del capo delle guardie che emergeva dall’acqua e il desiderio lo assalì e lo conquistò, come un esercito si impadronisce di una fortezza indifesa. Strinse Masoud, che gocciolava, e lo amò con ardore. Poi, dopo che ebbero mangiato e bevuto, si stesero e il re abbracciò ancora Masoud e lo prese un’altra volta. Infine si misero a dormire.

All’alba Masoud riprese la storia.

 

Abdel Rahim era contento di aver abbattuto un feroce leone. Egli non sapeva che un animale ben più feroce della belva morente gli era a fianco. Improvvisamente Ismail si lanciò su di lui e gli immerse il pugnale nel petto. Abdel Rahim gridò, ma Ismail lo colpì ancora due volte.

- Fratello, perché mi uccidi?

 

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Ismail rise. Non rispose, ma voltò Abdel Rahim e gli calò i pantaloni: Abdel Rahim era infatti un uomo forte e bello di corpo e Ismail era attratto da lui. Ismail pose le mani sui fianchi del cognato e immerse la sua arma fino in fondo nel corpo di lui. Abdel Rahim gemette. A lungo Ismail godé di lui. Quando infine venne, sollevò Abdel Rahim e se lo mise sulle spalle, poi si avvicinò al leone ferito e gettò il cognato in pasto alla belva. Il leone con una zampata colpì l’uomo ferito e poi lo morse più volte, lacerando la carne. Quando ormai il corpo di Abdel Rahim era coperto di sangue e ferite, Ismail prese la sua lancia e finì il leone. Poi caricò il cadavere del cognato sul cavallo e tornò all’accampamento. Qui raccontò che il valente Abdel Rahim era stato ucciso da un leone. Poi davanti a tutti si stracciò le vesti e si maledisse per non essere riuscito a salvare l’amato cognato dalla belva. Mandò i suoi uomini a prendere il corpo del leone e fece ritorno nella città di cui Abdel Rahim era signore.

All’annuncio della morte del marito, la sorella di Ismail, Selma, svenne e quella stessa notte partorì il bambino che aveva nel ventre. Poi, quando venne preparata la pira funebre per il marito, ella si gettò sul rogo, come fanno le donne indiane.

Ismail si fece assegnare dal consiglio della città il ruolo di reggente per il bimbo e divenne così signore di tutti i territori che erano appartenuti a Abdel Rahim.

Negli anni successivi Ismail ampliò ancora i suoi domini, conquistando territori oltre il confine, nel regno di Sahar. Qui alla morte del re il figlio minore Ayman si impadronì del trono e il figlio maggiore, Dawoud, dovette lasciare la città per sfuggire ai sicari del fratello, che lo volevano uccidere. Dawoud si rifugiò oltre il confine, pensando di raggiungere Wayiha. Giunta la sera si fermò presso il castello di Ismail e gli chiese ospitalità.

 

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- Che cosa ti conduce qui, principe?

- Mio padre è morto e mio fratello Ayman ha usurpato il trono, uccidendo gli uomini a me fedeli. A fatica sono riuscito a fuggire con questa piccola scorta: Ayman vuole uccidere anche me. 

- Qui non hai nulla da temere: tuo fratello non oserà venire a cercarti qui. Fermati qualche giorno, in attesa di notizie dal regno: forse i tuoi sudditi non accetteranno che un usurpatore sieda sul trono.

Con queste parole Ismail convinse Dawoud a rimanere presso di lui e lo ospitò con grande generosità, accompagnandolo ogni giorno a caccia e offrendogli le sue schiave come concubine. Ma intanto segretamente mandò un messaggero ad Ayman e gli promise di consegnargli la testa di Dawoud in cambio di un territorio al confine.

Ayman fu ben felice di scoprire dove si nascondeva il fratello e accettò il patto. Perciò al ritorno del messaggero Ismail offrì a Dawoud e ai suoi uomini un grande banchetto, in cui tutti si ubriacarono. Quando infine le guardie di Dawoud non furono più in grado di difendersi, Ismail le fece trucidare tutte dai suoi uomini, poi fece rinchiudere Dawoud in una cella e avvertì Ayman che il fratello era prigioniero.

Ayman si mosse con alcune truppe, ma intanto inviò un suo uomo per chiedere a Ismail di uccidere il fratello, perché preferiva non farlo direttamente: così nessuno lo avrebbe potuto accusare di fratricidio.

Quando ebbe la risposta, Ismail fece spogliare Dawoud e i servitori gli bloccarono le mani dietro la schiena, legandogli le braccia. Poi Ismail entrò nella cella.

- Ismail! Io venni a te in pace, tu mi promettesti aiuto. Ora mi trovo chiuso in questa cella e i miei uomini sono stati massacrati.

Ismail rise.

- Sì e oggi tocca a te morire: consegnerò a tuo fratello la tua testa e in cambio ne avrò un vasto territorio.

- Infame! Gli dei ti puniranno.

Ismail rise. Poi disse:

- Io stesso ti ucciderò, ma prima ti prenderò.

- Ismail, non puoi fare questo! Nessuno mi ha mai posseduto.

- Proprio per questo godrò prendendoti.

Dawoud aveva le mani saldamente legate e non poteva opporsi. Ismail lo forzò ad appoggiarsi a un tavolo, poi gli mise le mani sui fianchi, allargò le natiche e il suo membro vigoroso forzò la carne del principe.

A lungo cavalcò Ismail e quando infine ebbe goduto, prese il pugnale e lo immerse nel collo di Dawoud. Poi, senza uscire dal corpo ormai inerte, lentamente recise la testa.

Quando gli uomini di Ayman si presentarono alla porta del castello, Ismail consegnò loro la testa. Ayman gli cedette un vasto territorio al confine del suo regno, di cui era signore un uomo rimasto fedele a Dawoud. Ismail si impegnò a pagare i tributi dovuti per quella provincia.

Gli anni passarono. Ismail condusse numerose guerre e riportò sempre la vittoria. In quegli anni ebbe numerose mogli e concubine, che gli diedero molti figli. Di questi dieci maschi, vigorosi come il padre, raggiunsero l’età adulta. Tutti dicevano che Ismail era stato benedetto dagli dei per la fedeltà con cui aveva servito il suo signore, per il coraggio che mostrava in battaglia, per la lealtà nei confronti degli amici.

Il figlio maggiore di Ismail, Haarith, aveva sedici anni quando Ismail comprò una giovane schiava persiana, di grande bellezza. Haarith la vide e disse:

- Padre, bellissima è questa donna. Mi piacerebbe giacere con lei.

Ismail rise e disse:

- Va bene, Haarith. Tu la prenderai e io prenderò te.

Haarith rimase sorpreso delle parole del padre, ma era abituato a obbedirgli ciecamente e non disse nulla.

 

Il re seguiva la storia con grande interesse ed era impaziente di conoscerne il seguito, ma la luce del mattino e il gong annunciarono la fine della notte. Masoud sorrise e disse:

- Il mattino è giunto, mio re.

Il re annuì.

- Tornerò da te questa sera e mi racconterai di Ismail e di suo figlio.

Il re poi se ne andò, apponendo il suo sigillo.

 

 

 

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