UNDICESIMA NOTTE

Al tramonto il re tornò da Masoud. Gli ordinò di spogliarsi e ne contemplò il corpo. Ogni giorno che passava, si sentiva più legato a quest’uomo e l’idea di metterlo a morte lo turbava. Scacciò ogni pensiero e si fece spogliare. Poi godé a lungo del corpo del comandante delle guardie. Gli sembrava di non aver mai conosciuto un maschio più vigoroso e di non aver mai desiderato un altro uomo quanto desiderava Masoud. I giorni passavano e il suo desiderio non si saziava, ma sembrava crescere.

Il mattino Masoud riprese la sua storia:

 

Al mercato degli schiavi c’era un grande fermento. Molti avevano assistito alla lotta tra Ramzi e Idrees e quando si diffuse la notizia che Ramzi avrebbe combattuto contro uno dei lottatori del re, la gente si assembrò per assistere. Le contrattazioni furono sospese, perché tutti volevano vedere lo scontro.

Lo schiavo del re era un uomo molto forte e diede filo da torcere a Ramzi. Gli spettatori erano entusiasti dello spettacolo, che proseguì a lungo. Quando infine Ramzi abbatté il suo avversario e lo bloccò a terra, si levarono grida da tutta la folla.

I due servitori del re che si occupavano dei lottatori pagarono la somma richiesta e Ramzi li seguì.

Quella sera stessa, il re volle assistere a un incontro di lotta e Ramzi vinse nuovamente. Hisham era ben contento di questo nuovo schiavo.

Nei giorni seguenti Ramzi fece amicizia con gli altri lottatori e si aggirò per il palazzo reale, per conoscerlo meglio e capire come fosse possibile avvicinarsi al re. Parlò a lungo anche con gli altri schiavi.

- Immenso è questo palazzo e ben potente il nostro re.

- Sì, egli non teme nemici.

- Di certo domina su tutto il regno e nessuno osa ribellarsi.

- Sì. Chi è stato tanto temerario da sfidarlo, ha pagato con la vita.

- Davvero qualcuno ha osato tanto?

- Sì, un brigante di nome Ismail. Ora giace in una segreta del palazzo, in attesa di essere impalato, nei prossimi giorni. E ogni giorno venti soldati lo prendono a forza. Così imparerà quanto costa ribellarsi al proprio signore.

Ramzi fremeva, ma celò il suo turbamento.

Quel giorno stesso egli aveva appuntamento con i fratelli nel primo cortile del palazzo, quello esterno, a cui era permesso accedere.

- Quali novità hai, Ramzi? Sei riuscito a scoprire qualche cosa?

- Sì, anche se avrei preferito non saperlo. Nostro padre è in una cella, nella prigione del palazzo, a cui è impossibile arrivare. Subisce ogni giorno violenza e verrà presto impalato.

Haarith e Zaafir rimasero senza parole. Non potevano mostrare il loro dolore in questo luogo, dove molti andavano e venivano, per cui si finsero impassibili.

- Come possiamo liberarlo?

- Fratelli, ci vorrebbe un esercito. E anche avvicinarsi al re è impossibile. Fingendo di essere artigiani o mercanti o fornitori non è difficile entrare nel secondo cortile, ma accedere alle camere interne, dove risiede il re, o alla prigione, è vietato.

Prima di congedarsi, Ramzi spiegò ai fratelli quali controlli impedivano di avvicinarsi alle camere interne.

 

Il giorno seguente Ramzi affrontò un altro avversario. Fu una lotta lunga, perché erano entrambi molto forti. I loro corpi erano coperti di sudore e luccicavano al sole. Anche questa volta Ramzi riuscì a gettare a terra l’avversario e premette su di lui. Il contatto dei corpi destò il suo desiderio. Infine l’arbitro decretò la fine dell’incontro e la vittoria di Ramzi.

 

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Questi si alzò, ma il suo membro era eretto e troppo grande perché i pantaloncini che indossava potessero nasconderlo. Vedendo la grande virilità dello schiavo nero, Hisham rise e disse a uno dei suoi uomini:

- Conducete il lottatore nella cella del ribelle: Ismail il traditore proverà questo spiedo formidabile.

L’uomo si inchinò e scese per parlare ai soldati. Due guardie condussero perciò Ramzi nella cella dove era tenuto prigioniero Ismail.

Ramzi vide il padre seduto a terra, in una pozza di sangue e seme, pallido in volto, le mani legate dietro la schiena. Uno dei soldati gli afferrò i capelli e lo forzò a sollevarsi, poi lo appoggiò a un tavolo, in modo che i suoi fianchi fossero esposti.

- Il re ti ordina di prendere quest’uomo, come prima di te hanno fatto tanti altri. È la punizione per i suoi delitti.

Ma Ramzi si ritrasse inorridito. Come avrebbe potuto possedere colui che l’aveva generato?

- Non posso fare ciò che mi chiedete.

- Bada, se non lo farai, il re ti punirà.

- Il re è il mio signore e io gli devo obbedienza, ma non posso fare questo.

Ramzi fu ricondotto nelle camere dei lottatori e una guardia andò a riferire al consigliere del re. Questi ne parlò a Hisham, che si corrucciò e voleva far fustigare lo schiavo.

Ma un altro consigliere disse:

- Sovrano, ascoltami. Il comportamento di questo schiavo mi insospettisce. So che il brigante Ismail aveva una moglie etiope, che gli aveva dato un figlio. La donna è stata portata qui come schiava. Questo Ramzi, il lottatore, non sarà il figlio di Ismail, che vuole liberare il padre?

Il re si turbò.

- Lo metteremo alla tortura e sarà costretto a confessare.

- Forse, mio sovrano, possiamo ottenere più facilmente lo stesso risultato.

Il consigliere aveva in testa un inganno. Dopo aver parlato al re, mandò un uomo dalla madre di Ramzi e le disse:

- Tuo figlio è venuto a trovarti.

La donna non sospettò l’inganno. Quando due guardie fecero entrare Ramzi, la madre gli corse incontro, dicendo:

- Figlio mio, che gioia rivederti!

Ramzi la guardò, addolorato. Aveva capito di essere caduto in trappola. Mentre le guardie lo prendevano, disse:

- Madre, tu mi hai perduto.

 

Il gong risuonò, ma il re non voleva staccarsi da Masoud. Lo strinse ancora a sé, lo baciò ardentemente e lo prese ancora una volta. Poi si lavò e si vestì rapidamente, ma prima di andarsene e di apporre il sigillo, lo baciò ancora.

 

 

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