QUARANTUNESIMA NOTTE

 

Al tramonto il re tornò da Masoud e sotto la pioggia essi si amarono nuovamente. Poi essi cenarono e infine si stesero per dormire. Il mattino Masoud riprese a narrare.

 

Il signore della città di Omayya era anziano e non aveva figli. Aveva due nipoti, Nasim e Labib, e uno di loro avrebbe ereditato il regno: Nasim era un uomo forte, nel pieno vigore dell’età. Labib era più giovane, ma egli era bello come il sole.

Il signore della città affidò a Labib il compito di giudicare i briganti, perché voleva vedere come avrebbe svolto il compito.

Labib allora interrogò Yasir, che raccontò di essere un lottatore. Disse che, dopo un anno trascorso ad al-Hadir, aveva lasciato la città, ma lungo la strada che percorreva era stato catturato dai briganti. Yasir concluse:

- Essi volevano vendermi al mercato degli schiavi, qui a Omayya.

Zaafir però non voleva che Yasir si salvasse, perciò disse:

- Egli mente per scampare alla morte. È uno di noi e lo legammo perché aveva ucciso a tradimento un compagno.

- Sei tu a mentire e io non merito questo!

Ma Labib ordinò:

- Che egli venga squartato insieme agli altri.

Yasir chinò il capo. Sarebbe stato giustiziato senza che avesse commesso nessuna colpa, per le menzogne di un brigante.

Il sovrano però si rivolse all’altro nipote, Nasim, e gli disse:

- Nasim, tuo cugino ha giudicato i briganti.  Sei d’accordo con la sua sentenza?

Nasim rifletté, poi disse:

- I briganti meritano la morte, ma prima di condannare quest’uomo, sentiremo se egli davvero è il lottatore che veniva chiamato Ayman. Ci sono qui in città alcuni mercanti venuti da al-Hadir. Li farò chiamare e sentiremo la loro testimonianza.

Il sovrano sorrise, soddisfatto, perché le parole di Nasim dimostravano la sua saggezza.

I mercanti furono convocati. Essi vennero e riconobbero Yasir.

- Sì, costui è il grande lottatore che vinse il torneo un anno fa e che quest’anno fu vinto solo da Shihab. Nessuno di noi ha mai visto un lottatore così forte. Solo Shihab riesce a tenergli testa, ma anche lui è stato più volte sconfitto. 

Il sovrano disse:

- Hai giudicato bene, Nasim, dimostrando prudenza e saggezza. Nel formulare un giudizio, Labib, non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze e dalle false testimonianze: ogni uomo va giudicato in base ai suoi meriti e alle sue colpe.

I due cugini si inchinarono rispettosi, ma Labib fremeva, perché temeva che il sovrano designasse come erede il cugino.

Il sovrano si rivolse a Yasir:

- Quanto a te, Yasir, rimarrai qui come lottatore. Tutti esaltano la tua forza e voglio vederti lottare.

 

Il giorno dopo i briganti vennero giustiziati. Il sovrano sedeva su un palco, accanto ai suoi nipoti. Il primo a essere condotto sul luogo del supplizio fu Zaafir. Egli era stato spogliato di tutti i suoi abiti. Venne forzato a stendersi a terra e i soldati gli passarono quattro corde intorno ai polsi e alle caviglie e ogni corda fu legata a un bue. Poi gli uomini pungolarono i buoi, in modo che si muovessero in direzioni opposte. Zaafir sentì le braccia e le gambe tendersi sempre di più.

 

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Infine lanciò un grido e prima le spalle e poi l’anca sinistra cedettero. Quando solo la gamba destra era ancora attaccata al corpo, i buoi vennero fermati e il boia calò la spada sul collo di Zaafir, mettendo fine alla sua agonia. La testa fu infilata su un palo, alla porta principale della città.

Dopo di lui vennero giustiziati gli altri briganti, che furono decapitati. Le loro teste vennero anch’esse infilate su pali, come monito per tutti coloro che osavano sfidare il sovrano.

Nel pomeriggio ci furono grandi festeggiamenti, durante i quali Yasir dovette sostenere tre incontri di lotta. Egli li vinse tutti e tre, per quanto i suoi avversari fossero forti. Labib guardò il forte corpo di Yasir e il desiderio si accese in lui. Perciò chiese allo zio di donargli il lottatore. Il re non fu contento della richiesta, ma concesse a Labib di tenere Yasir presso di sé.

Giunta la notte, Labib fece chiamare l’etiope.

- Spogliati, schiavo.

Yasir obbedì all’ordine ricevuto. Quando fu nudo, Labib lo guardò, ammutolito dallo stupore: mai aveva visto maschio tanto gagliardo.

Poi Labib si spogliò e disse:

- Ora mi prenderai, schiavo.

Labib si stese sui cuscini e offrì i suoi fianchi a Yasir. Yasir sparse la sua saliva, perché l’ingresso del suo membro possente non fosse troppo doloroso, poi spinse la sua arma nella carne.

Labib amava farsi possedere da schiavi vigorosi, ma quando sentì dentro di sé l’arma formidabile di Yasir, provò un forte dolore e fu tentato di dirgli di ritirarsi. Non volle però rinunciare al piacere che il membro robusto gli trasmetteva e perciò lasciò che Yasir svolgesse la sua opera.

 

 

Molto a lungo Yasir cavalcò il principe, che infine venne. Allora intimò a Yasir di uscire, perché non riusciva più a reggere la picca che lo squassava. Yasir obbedì.

Labib osservò la grande arma, ancora protesa e la prese in bocca, poiché voleva gustarla.   

Da allora ogni sera Labib chiamava a sé Yasir, perché giacesse con lui.

Yasir eseguiva gli ordini del principe e lo possedeva ogni notte, ma in cuor suo disprezzava Labib, malgrado la sua grande bellezza. Il suo pensiero andava sempre a Shihab, che amava perdutamente. Sapeva che era vivo, ma lo aveva ucciso e questo li aveva separati per sempre.

 

Il re avrebbe voluto ascoltare il seguito della storia, ma il suono del gong interruppe la narrazione di Masoud. Dopo aver abbracciato il comandante, il re lasciò la torre, apponendo il suo sigillo sulla porta.

 

 

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