OTTAVA NOTTE

 

Verso sera il re tornò nella torre, ruppe il sigillo e godette del corpo di Masoud. Poi mangiarono, ripresero i loro giochi d’amore e infine si addormentarono.

Quando si svegliarono, il re disse:

- E ora raccontami ciò che avvenne.

- Certamente, mio re.

 

La sera Ismail fece stendere sui cuscini la schiava e Haarith la penetrò. Ismail osservò la scena, poi si mise dietro Haarith e spinse il suo membro vigoroso dentro il ragazzo. Haarith sussultò. Dentro di lui si mescolavano piacere e dolore, poiché per la prima volta godeva con una donna e per la prima volta veniva posseduto da un maschio. Presto venne e lasciò che il padre finisse la sua impetuosa cavalcata.

 

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Dopo di allora, Haarith ebbe una concubina e spesso suo padre si unì a lui.

Man mano che i suoi figli raggiungevano i sedici anni, Ismail offriva loro una schiava e mentre essi godevano di lei, Ismail li possedeva: egli amava le donne, ma anche gli uomini e spesso possedeva maschi vigorosi, come aveva fatto con il cognato Abdel Rahim e con il principe Dawoud, prima di ucciderli. 

 

Quando anche il decimo figlio maschio di Ismail, Fuad, stava per compiere sedici anni, Ismail era il più potente signore del regno e da anni non versava più tributi al re di Wayiha. Il re infatti era divenuto molto anziano e debole e non aveva più figli, perché i due maschi che le sue mogli gli avevano generato erano entrambi morti in guerra. L’erede era un nipote ancora bambino, che non poteva certo guidare l’esercito.

Perciò Ismail si rifiutava di pagare il tributo dovuto e si considerava ormai del tutto indipendente. Egli continuava ad allargare i suoi domini, sottomettendo i diversi signori delle regioni vicine. Chi cercava di resistergli, veniva sconfitto e ucciso, perciò su quei monti nessuno osava opporsi a questo guerriero, tanto coraggioso quanto spietato.

Quando il re di Wayiha morì, si impadronì del regno un forte guerriero, Hisham, che imprigionò l’erede legittimo e lo fece strangolare nella torre in cui era rinchiuso. Hisham riorganizzò l’esercito e costrinse tutti i signori a giurargli fedeltà e a versare un tributo. Solo Ismail, sicuro delle sue forze, rifiutò di sottomettersi, certo che il nuovo re non avrebbe mai potuto espugnare il suo castello, posto in cima a una montagna. 

Quando Hisham gli mandò un messaggero, imponendogli di sottomettersi e di pagare un tributo, Ismail si sdegnò e rispose:

- Su questi monti io regno, come Hisham regna su Wayiha. Perché mai dovrei pagargli un tributo? Egli ha conquistato il regno con il suo valore, come io ho imposto il mio dominio su questi monti.

Il messaggero si inchinò e disse:

- Ismail, il re mi ha inviato e io sono venuto a portarti il suo messaggio. Dimmi quale risposta devo portare al mio signore.

- Gli dirai che Ismail non deve tributi a nessuno. Se vuole il tributo, che venga a prenderselo.

Ismail rise.

- Questi monti hanno sempre fatto parte del regno di Wayiha, Ismail.

- Hisham non ha diritto di sedere su quel trono: è un usurpatore.

- Bada a quello che dici: egli è il re e tu sei solo un guerriero.

Ismail sentì la rabbia invaderlo:

- Forse sei tu che devi badare a quello che dici. Hai parlato troppo e sarai fustigato.

Il messaggero rispose, fremente:

- Qui mi ha inviato il re. Come oseresti farmi fustigare?

Ismail lo guardò torvo.

- Cane, l’unico re qui sono io.

E, detto questo, lo fece prendere e diede ordine che venisse frustato.

Dopo che l’inviato del re ebbe ricevuto venti frustate, Ismail gli disse:

- Di’ al tuo re che può essere contento che io non venga con i miei uomini a conquistare Wayiha e a prendere il suo posto.

Il messaggero se ne andò. Il re di Wayiha non mandò un altro messaggero e Ismail si convinse che Hisham non osasse attaccarlo.

 

Qualche tempo dopo Ismail vide il più giovane dei suoi figli, Fuad, che si bagnava. Egli era bello di corpo come nessun altro. Il desiderio si accese in Ismail, che disse:

- Fuad, questa sera verrai nei miei appartamenti.

- Come desideri, padre.

Il giovane non sospettava le intenzioni del padre, perché i fratelli non gli avevano mai raccontato ciò che era successo loro. Fuad era più giovane degli altri, che ormai avevano tutti superato i venticinque anni, e non era legato a loro. Era forte e coraggioso e nelle spedizioni militari dimostrava resistenza e valore, ma non amava il sangue come i fratelli, per cui uccidere era invece un piacere intenso. Non gli interessavano i giochi violenti della lotta a cui spesso si dedicavano gli altri figli di Ismail, che nei loro appartamenti, lontano dagli sguardi dei servitori, si affrontavano nudi e spesso prendevano l’avversario sconfitto come fosse uno schiavo. Poco gli importava della caccia, a cui i fratelli si dedicavano per giornate intere.

 

Il cielo era ormai chiaro e il suono del gong annunciò che l’ora delle udienze mattutine era ormai prossima. Il re si alzò a malincuore, perché avrebbe voluto rimanere ancora con Masoud e ascoltare la sua storia. Lo baciò, ne accarezzò il corpo, strinse tra le dita il membro vigoroso, poi si separò da lui. Appose sulla porta il suo sigillo e si allontanò.

 

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