SESTA NOTTE Verso
sera, il re raggiunse Masoud. Ormai ogni pomeriggio attendeva con impazienza
l’ora in cui si sarebbe recato dal capo delle guardie. Il desiderio lo
prendeva, violento, e anche quella notte il re possedette Masoud, provando
grande piacere. Poi mangiarono e bevvero e si misero a dormire. Quando si
svegliarono, il re chiese a Masoud di riprendere la storia ed egli narrò: Ismail sciolse dal collo
del giovane la cintura e la nascose tra la paglia. Poi coprì il corpo con
altra paglia. Si allontanò in fretta e fece un giro sulle mura del palazzo,
come se volesse controllare che tutti gli uomini di guardia fossero al loro
posto, nonostante il gran calore del giorno. Quando scese, gli venne incontro
un servitore, che gli chiese se sapeva dove fosse il giovane Talal: il padre
lo cercava. Ismail disse che poco prima di salire sulle mura lo aveva visto
entrare nella scuderia. Ismail sapeva che Ahmad, dopo il sonno pomeridiano,
si recava sempre a controllare i suoi cavalli. Così Ismail e il servitore
arrivano nella scuderia proprio mentre Ahmad ne usciva. - Capitano, il giovane
Talal era qui nella scuderia con te? Ahmad si stupì della
domanda. - No, perché mai me lo
chiedi? Ismail sorrise e disse: - Dalle mura lo vidi
entrare. Probabilmente venne a vedere i cavalli: sai che sono la sua
passione. - Non l’ho visto. Di certo
non è dentro la scuderia. Il servitore continuò a
cercare il giovane. Con il passare del tempo, Rami incominciò a preoccuparsi
e presto ordinò a tutti gli uomini di mettersi alla ricerca del giovane.
Poiché Ismail aveva detto di averlo visto entrare nella scuderia, due soldati
vi si recarono e, guardando con attenzione, videro che sotto la paglia
spuntava un piede. Tolsero la paglia e videro con orrore il corpo senza vita
del giovane Talal. Quando il padre li vide
arrivare, lanciò un alto grido. Fu chiamato il medico, ma ormai non c’era
nulla da fare. Rami mandò altri soldati a
frugare tra la paglia ed essi trovarono, ben nascosta, la cintura di Ahmad,
che Ismail aveva usato per uccidere il giovane. Rami convocò Ahmad e gli
ingiunse di inginocchiarsi. - Ahmad, mio figlio è
stato ucciso nella scuderia dove tieni i tuoi cavalli. - Mio signore, la morte di
tuo figlio mi addolora profondamente. - Ahmad, mio figlio è
stato ucciso con la cintura che io stesso ti ho donato e che tu indossavi
questa mattina. - Mio signore… Rami non lo lasciò finire: - Ahmad, mio figlio è
stato visto entrare nella scuderia, dove di certo tu l’hai chiamato. Ahmad,
sei un assassino e per questo orrendo delitto riceverai la punizione che
meriti. Invano Ahmad protestò la
sua innocenza: fu trascinato in una cella. Tutti dicevano che di certo Ahmad
aveva ucciso Talal perché contava di potere un giorno ereditare il dominio di
Rami, grazie al matrimonio con la giovane Faiza. Intanto il lavatore di
cadaveri aveva preparato il corpo. Durante la pulizia egli si accorse che
dall’apertura nascosta usciva del seme: di certo il giovane aveva subito
violenza. Quando Rami re lo seppe, la sua furia non conobbe più limiti. Egli
diede ordine che Ahmad venisse violentato nella cella da tutti i soldati
della guarnigione. Il primo fu Ismail, che di
Ahmad era stato il braccio destro e che ora per ordine del signore aveva
preso il suo posto. Egli fece legare Ahmad saldamente su un tavolo, in modo
da poterlo penetrare. - Obbedisco a un ordine
del mio signore, Ahmad. Guardò i fianchi del
comandante, pensando con piacere che sarebbe stato il primo uomo a penetrare
questo maschio vigoroso. Spinse a fondo il membro possente e Ahmad trattenne
a fatica un grido. A lungo Ismail arò il campo, poiché era uomo valoroso. Dopo Ismail tutti gli
altri soldati presero colui che era stato il loro comandante. Il giorno seguente Ahmad
fu condotto nel cortile principale del palazzo. Sangue e seme gli scorrevano
lungo l’interno delle cosce. Prima che lo forzassero a stendersi a terra,
egli disse: - Iddio mi è testimone che
io sono innocente. A lui chiedo vendetta: che l’assassino subisca la mia
stessa sorte. Ismail non fu contento di
queste parole, ma le cancellò dalla sua mente. Ahmad venne steso a terra e il
boia spinse il palo nel suo corpo. Ahmad si contorse, ma non poteva sfuggire alla
morte che ora lo ghermiva. Poi il palo venne issato e il boia recise i
genitali del guerriero, che agonizzò alcune ore, prima di morire. Il suo
corpo non venne sepolto, ma gettato in un dirupo, perché gli animali
selvatici se ne nutrissero. Per un anno Rami rimase in
lutto. Quando l’anno fu
trascorso, egli chiamò Ismail e gli disse: - Io sono vecchio e devo
pensare a sposare mia figlia Faiza, prima che Iddio mi chiami a sé. Ella era
promessa a un infame, che ha avuto ciò che si meritava. Ora io te la dono in
sposa. Ismail gioì, perché era
ciò che desiderava in cuor suo, ma rispose: - Mio signore, per me è un
grande onore, ma io non ne sono degno. - Tu sei il mio sostegno,
il mio suddito più leale, il capitano più coraggioso. Sarai tu il signore di
queste terre, dopo la mia morte. Rami non sapeva che dando
in sposa sua figlia a Ismail affrettava la fine dei suoi giorni. Infatti un
mese dopo il matrimonio, Ismail versò nella coppa del suocero un veleno a
lento effetto. Rami si sentì male nella notte. Ismail lo assisté come un
figlio premuroso, finché egli non si spense. Egli ottenne dal re di Wayiha di
prendere il posto di Rami. L’ambizione di Ismail però
non si poteva accontentare di questa provincia sui monti. Un anno dopo il
matrimonio, quando Faiza stava per generare il primo figlio, egli invitò il
giovane Abdel Rahim, signore di un territorio vicino. Gli chiese in moglie la
sorella, la bella Naima, e gli offrì in cambio la propria sorella, Selma. Abdel Rahim era ben
contento di stabilire un’alleanza con il potente Ismail e accettò il patto.
Poco dopo la nascita del figlio di Ismail, venne celebrato il doppio
matrimonio. Il dominio di Abdel Rahim
si trovava ai confini del regno e Ismail più volte accompagnò il cognato in
spedizioni che contribuirono ad allargare i loro domini. Abdel Rahim aveva
piena fiducia in Ismail, che considerava il migliore e il più fidato dei suoi
amici. Essi cacciavano spesso insieme. Un giorno andarono a
caccia di leoni e Abdel Rahim ne colpì uno con una freccia. Il leone,
gravemente ferito, ruggiva, ma non riusciva più ad alzarsi per avventarsi sui
cacciatori. Ismail e Abdel Rahim scesero da cavallo e osservarono la preda,
rimanendo a una certa distanza, perché certamente se si fossero avvicinati il
leone, che ancora muoveva furiosamente le zampe anteriori, li avrebbe uccisi.
In
quel momento risuonò il gong. Il re, intento ad ascoltare la storia, non si
era neppure accorto che il cielo era ormai chiaro e che per lui era giunta
l’ora di allontanarsi. Si alzò, si preparò e disse: -
Anche oggi sfuggirai alla morte, Masoud. Il
re pensò che Masoud era astuto e lo stava forzando a rinviare l’esecuzione,
perciò aggiunse: -
Ma non è lontano il giorno in cui la spada del boia reciderà il tuo collo e
il tuo corpo giacerà sul tavolo del lavatore di cadaveri. Non
appena ebbe finito di pronunciare queste parole, il re si pentì di averle
dette, perché non erano ciò che egli desiderava nel suo cuore. Masoud
si inchinò: -
Questo è il mio destino e sono pronto ad affrontarlo, quando tu lo deciderai. Fatto
portare l’occorrente, il re appose il sigillo e rinviò il boia. |
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