TRENTADUESIMA NOTTE

 

Verso sera il re tornò, curioso di conoscere il seguito della storia, ma vedendo Masoud il desiderio lo prese e, come le altre notti, si amarono a lungo, prima di mangiare e poi coricarsi insieme. E quando giunse il mattino, Masoud riprese a narrare.

 

Shihab si sfilò la tunica, fece due passi avanti, uscendo dall’ombra, e disse:

- Haarith, hai conosciuto il piacere, ma ora la tua ora è giunta. Prendi la spada e affrontiamoci in leale duello.

Haarith guardò l’uomo che lo sfidava, avvolto nell’ombra.  

- Chi sei tu, che sei riuscito a giungere qui e osi sfidarmi?

- Io sono Shihab ibn Tariq.

Haarith annuì.

- Tu sei un grande guerriero. Ma la mia spada ti trapasserà il fegato e prima di reciderti il capo, ti prenderò, come Yasir ha preso me.

Con queste parole Haarith prese la sua arma e, nudo com’era, si scagliò contro Shihab.

Questi parò l’attacco e replicò:

- Bene hai detto. Ciò che ho visto ha acceso anche il mio desiderio e quando ti avrò colpito, ti prenderò.

Il desiderio infatti ardeva dentro di lui.

Entrambi i contendenti erano forti e a lungo lottarono, mentre i loro corpi si coprivano di sudore. Si minacciarono ancora, ma poi le parole si spensero e lottarono in silenzio, nella tenda debolmente illuminata dalla lanterna. Haarith riuscì a prendere la mano di Shihab che stringeva l’arma e la bloccò in una morsa di ferro, ma non riuscì a colpirlo. Shihab si avventò su di lui e caddero a terra, lottando avvinghiati. La stretta accese in entrambi il desiderio. Si staccarono e si guardarono. Il capo dei briganti aveva il grande membro eretto, che batteva contro il ventre, e anche Shihab era eccitato e la fascia che portava ai fianchi era tesa. Si avventarono ancora l’uno contro l’altro e questa volta, mentre scansava un colpo vibrato da Haarith, Shihab riuscì a immergere la spada nel ventre dell’avversario. Haarith emise un gemito sordo. Shihab gli passò un mano dietro la schiena, per impedirgli di ritrarsi, e spinse più a fondo la lama, fino a che essa attraversò il corpo e uscì dalla schiena del brigante.

Haarith barcollò e sarebbe caduto, se Shihab non lo avesse sostenuto. Il capo dei briganti guardò Shihab e disse:

- Hai vinto, Shihab, in un leale duello. Puoi fare di me ciò che desideri.

Il desiderio bruciava in Shihab, che estrasse la spada e spinse Haarith sul giaciglio. Si sciolse la fascia, si stese su di lui e lo possedette con violenza. Sentì che il membro penetrava senza fatica nella carne. Spinse a fondo e a lungo cavalcò l’uomo agonizzante, finché il piacere lo avvolse ed egli sparse il suo seme. Allora si alzò.

A fatica Haarith si voltò sulla schiena, poiché voleva vedere la sua morte. Shibab vide il grande membro eretto del bandito e ne fu turbato. Mai era stato posseduto, ma in quel momento desiderò sentire dentro di sé la verga vigorosa del bandito morente. Non c’era tempo: per altro era venuto Shihab. Gli parve che il bandito sorridesse, mentre gli calava la spada sul collo, recidendolo di netto.

Shihab pulì il proprio corpo dal sangue del brigante, poi si rivestì e, prese le armi, cercò la tenda dove era tenuto prigioniero il giovane principe Munthir. Non fu difficile trovarla: era l’unica di fronte a cui stazionavano due guardie. Shihab lanciò una pietra dietro la tenda. Una delle sentinelle, insospettita, andò a vedere. Shihab assalì l’altra guardia e la uccise. Quando la prima fu di ritorno, Shihab uccise anche lei e poi entrò nella tenda.

Munthir riposava alla luce di una lanterna e Shihab si disse che mai aveva visto niente di più bello.

- Destati, Munthir. Dobbiamo fuggire.

Munthir si svegliò e guardò stupito Shihab.

- Chi sei? Perché mi parli di fuggire?

- Sono Shihab ibn Tariq e sono venuto a salvarti. Ho ucciso Haarith. Vestiti, presto.

Munthir conosceva il nome di Shihab e sapeva che era un grande guerriero. Si vestì rapidamente e nel buio della notte lasciarono l’accampamento. Shihab rubò un cavallo per Munthir e poi si allontanarono. Sapendo che i briganti li avrebbero inseguiti, non si diressero verso il castello dove li attendevano gli uomini di Munthir, ma più a nord.

Il mattino li sorprese in riva al fiume.

- Qui ci fermeremo per qualche ora: non è prudente attraversare la pianura in pieno giorno, poiché di certo i banditi ci cercheranno.

Bevvero e fecero abbeverare i cavalli, poi Munthir disse:

- Volentieri mi bagnerei.

Il giovane si tolse le vesti ed entrò in acqua. Shihab ne ammirò il corpo armonioso e snello e il desiderio si accese in lui.

Munthir vide che Shihab non si spogliava e gli chiese:

- Perché non vieni anche tu?

Shihab allora si tolse gli abiti ed entrò nel fiume. Egli era un uomo vigoroso e il suo membro attirò lo sguardo del principe Munthir. Questi fu preso dal desiderio e si avvicinò a Shihab il valoroso, lo baciò sulla bocca e gli disse:

- Prendimi. Lo desidero.

Shihab non avrebbe voluto possedere il principe, per rispetto nei confronti del re, ma il desiderio lo travolse e nell’acqua del fiume egli spinse il suo forte membro a fondo tra i fianchi del giovane, che provò grande piacere.

Nessuno dei due si accorse che un uomo del re era giunto in riva al fiume e li osservava.

 

 

 

Quando sentì il suono del gong, il re baciò Masoud sulla bocca e ne strinse nella mano il membro possente. Il desiderio bruciava in lui ed egli guidò Masoud a stendersi su un fianco e spinse la sua arma nel corpo del comandante, mentre la sua mano ne accarezzava la virilità. E quando infine il re venne, spargendo il suo seme nel corpo di Masoud, anche il comandante venne. A malincuore il re si alzò, si lavò e appose il suo sigillo sulla porta. Il boia attendeva, come ogni mattina. Il re lo guardò a lungo, perso nei suoi pensieri, e l’uomo temette per la propria vita. Ma il re lo congedò e raggiunse la sala delle udienze.

 

 

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