DODICESIMA
NOTTE Verso
sera il re tornò da Masoud. Era giunto il monsone e pioveva, una pioggia
forte. Essi salirono sulla terrazza della torre e lasciarono che la pioggia
bagnasse i loro corpi nudi, poi si amarono. Infine scesero, si asciugarono e
mangiarono. Il
mattino dopo Masoud continuò: Ramzi venne trascinato al
cospetto del sovrano. - Infame, tu sei il figlio
del brigante Ismail. Ramzi, pur sapendo che la
sua sorte era ormai decisa, non diede segno di paura: - Mio padre non è un
brigante, ma un valente guerriero e non merita la sorte che gli è stata
riservata. - Taci, stolto. Tuo padre
ha osato ribellarsi a me. - Tu non eri il suo re, ma
un usurpatore. A queste parole, che
colpivano nel segno, Hisham impallidì di collera. - Pagherai per la tua
audacia, cane! Ramzi tacque. Non mostrava
paura. - Perché ti sei introdotto
nel mio palazzo? - Perché volevo liberare
mio padre. Hisham annuì. - Dove sono i tuoi
fratelli? - Tu li hai fatti
uccidere, a tradimento. - Non tutti sono morti, lo
so con sicurezza. Sono loro che ti hanno venduto come schiavo, vero? Loro,
che complottano con te. - No, mi rivolsi a
mercanti di un’altra città. Se mi dici che alcuni dei miei fratelli sono
vivi, ne sono contento. Essi un giorno vendicheranno nostro padre e me. Ma io
non ho più visto nessuno di loro. - Cane, tu menti. Ma il
boia saprà farti confessare. Ramzi fu portato nei
sotterranei e messo alla tortura. I carnefici passarono quattro corde intorno
ai polsi e alle caviglie e le legarono a quattro colonne, così che Ramzi si
ritrovò sospeso in aria, le braccia e le gambe allargate. Il boia prese una sbarra
di ferro e la mise su un braciere, finché non fu incandescente. L’ufficiale che aveva il
compito di interrogare Ramzi gli disse: - Questa sbarra brucerà il
tuo corpo, se non dirai ciò che sai. - Non so nulla. - Dove sono i tuoi
fratelli? - Non lo so! Il boia allora prese la
sbarra e premette l’estremità incandescente contro le ascelle e poi sul petto
del prigioniero. A fatica Ramzi trattenne un grido, ma quando il boia
l’appoggiò sui testicoli e sulla verga, Ramzi lanciò un urlo acutissimo e
svenne, mentre l’odore della carne bruciata si diffondeva nella stanza. Il boia svuotò la vescica
sul viso di Ramzi, destandolo, e riprese a torturarlo. Più volte Ramzi gridò
e perse i sensi e il suo corpo si coprì di ustioni. L’ufficiale continuò a
interrogarlo, ma Ramzi sostenne di non sapere nulla dei suoi fratelli. L’ufficiale riferì al re
che il prigioniero o non sapeva nulla o era deciso a non parlare. Hisham
decise di farlo giustiziare il giorno dopo nel primo cortile del palazzo. Una grande folla si radunò
per assistere, come sempre avveniva quando vi erano esecuzioni capitali.
Anche la madre di Ramzi fu portata in prima fila, in modo che vedesse la
sorte del figlio. Tra gli spettatori vi erano anche Haarith e Zaafir, che
avevano saputo che il loro fratello era stato scoperto e sarebbe stato
ucciso. Ramzi fu trascinato nel
cortile da due soldati, che lo tenevano per le braccia, poiché non si reggeva
in piedi. Egli venne appoggiato a terra: era nudo e tutti poterono vedere le
ustioni sul suo corpo. La folla inveì contro di lui. Un elefante guidato dal suo
cornac entrò. La folla rimase in silenzio. L’elefante sollevò Ramzi con la
proboscide, poi lo sbatté al suolo e, dopo averlo nuovamente sollevato, gli
schiacciò la testa con la zampa. La testa era completamente
schiacciata, ma venne ugualmente recisa, insieme ai genitali. Il corpo venne portato ai margini del
deserto occidentale e lì abbandonato agli animali selvatici, ma nella notte
Haarith e Zaafir lo recuperarono e gli diedero sepoltura. Intanto Hisham decise che
era giunta l’ora di giustiziare il ribelle. Pertanto stabilì che il giorno
dopo Ismail venisse condotto a morte. Quando Haarith e Zaafir
rientrarono in città dopo aver deposto il corpo di Ramzi in una tomba, videro
una folla immensa sulla spianata davanti alla collina. - Che succede? Un mercante rispose loro: - Oggi viene giustiziato
Ismail, il brigante, che il suo nome sia maledetto. Ai due fratelli mancò il
cuore, ma erano uomini forti e coraggiosi e nascosero il loro sgomento. Si
avvicinarono, facendosi largo tra la folla. Sussurrando, si consultarono. - Che facciamo, Haarith? - Nulla possiamo fare ora:
di certo non possiamo io e te liberare nostro padre. Aspetteremo di vedere se
riusciamo a dare sepoltura anche a lui. - Io fremo: devo assistere
alla sua morte senza intervenire? - Ciò che possiamo fare è
vendicarlo e io giuro che non me ne andrò finché Hisham e i suoi figli non
avranno pagato la morte di nostro padre. - Io mi unisco al tuo
giuramento. Il
suono del gong interruppe la storia. A malincuore il re si separò da Masoud.
Prima di uscire lo guardò a lungo, poi lasciò la stanza e la chiuse, mettendo
il suo sigillo. |
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