9

 

Ogni estate Kralj ritorna a Nord. Prima si reca a Nocigranica, per assistere ai tornei che si tengono alla fine della stagione e per prendere ancora qualche lezione di lotta e di uso dell’arco e della lancia. Fa anche esperienza con il bastone, benché sia un’arma usata solo dalla gente del popolo. Scopre di essere ormai imbattibile nella lotta e fa continui progressi nell’uso dell’arco e della lancia, armi che padroneggia di meno della spada e dell’ascia.

Poi si spinge nelle terre selvagge del Nord, oltre la catena di forti che segnano i confini del regno. Qui rimane tutto l’autunno, per la stagione della caccia. Trascorre parte del tempo da solo, ma visita volentieri diverse tribù, tra cui soprattutto quelle del Lupo e dell’Orso, che sono le più vicine ai confini, e quella del Cinghiale, che già conosce. Ogni anno passa a trovare lo zio, Vareni, nella tribù del Leone di Montagna, se questi è nell’accampamento autunnale. Kralj si trova bene con questi uomini valorosi, che ama sfidare e che hanno molta stima di lui.

Kralj ama il modo di vivere degli uomini delle tribù, che non hanno paura di nulla, nemmeno delle forze oscure che si celano in quelle terre inospitali. Apprezza la loro indifferenza di fronte alla morte, la loro esistenza in cui seguono liberamente i propri desideri, senza formalità, senza pudore, il loro linguaggio franco e diretto, la loro brutalità. Vorrebbe vivere e morire tra di loro, perché li sente come fratelli, mentre a corte a volte gli pare di soffocare. Se non fosse l’unico figlio maschio, avrebbe già chiesto al padre l’autorizzazione a lasciare definitivamente il regno, ma avverte la propria responsabilità. È l’erede e non può lasciare il padre da solo.

 

Kralj ha ormai trent’anni. Ha imparato a conoscere molto bene le terre del Nord, non ha rivali nell’uso della spada e dell’ascia e nella lotta, è molto bravo con la lancia, l’arco e il bastone, è un guerriero formidabile, stimato da tutti coloro che lo conoscono. Ha posseduto moltissimi maschi, dopo averli affrontati e vinti: negli scontri ha sempre la meglio. I guerrieri lo sfidano ugualmente, per il gusto di affrontare un avversario molto forte, per riceverne il seme che trasmette forza, per il piacere che provano sentendo la sua arma poderosa trafiggerli. Quelli che godono quando Kralj li prende, non nascondono il loro piacere. Kralj non si stupisce: anche lui godeva quando Majstor lo prendeva, ma nessuno lo ha più posseduto dopo il maestro di lotta.

Da qualche tempo però Kralj si sente irrequieto. Non saprebbe definire i motivi dell’insoddisfazione che prova. La vita libera delle Terre del Nord lo ha sempre appagato, ma ora gli sembra che gli manchi qualche cosa.

Kralj si spinge nel Grande Nord, oltre le terre dove vivono le tribù. Gli sembra che una forza lo attiri. Non sa dove sta andando, ma procede sicuro.

Solo quando, dopo diversi giorni di marcia, giunge su un colle da cui può vedere la Terra degli Otto Laghi, capisce che la conca che si stende davanti a lui era la sua meta. Sa che altri della sua stirpe l’hanno raggiunta. Suo zio Vareni gli ha detto che immergersi in uno dei laghi significa accettare il proprio destino, ma che questo comporta molta sofferenza. Kralj non intende sottrarsi alla forza lo ha guidato a questa terra.

Scende fino al sentiero che gira intorno ai laghi e lo percorre. Si ferma al lago verde, perché verde è il colore dei due segni che porta sul corpo.

Si spoglia e si tuffa nelle acque del lago, attratto da un richiamo a cui sceglie di non resistere. Scende in profondità, fino a che raggiunge il fondo del lago. Non si stupisce di poter respirare sott’acqua: tutto è assurdo e tutto gli sembra naturale.

Ai suoi piedi vede un’arma. Kralj la raccoglie e vede che è la sua spada, che ha lasciato accanto ai vestiti. Neppure questo lo sorprende.

L’ha appena impugnata quando compare un orso. L’animale balza immediatamente su di lui. Kralj si difende e gli immerge la spada nel cuore. L’animale crolla, ma riesce ancora a dargli una zampata sul petto L’orso giace al fondo del lago, ma il suo corpo si trasforma. Rimpicciolisce e diventa un lupo, che si scuote e con un balzo si avventa su Kralj. I denti del lupo affondano nella sua spalla, ma la spada si immerge nel ventre dell’animale, che cade a terra.

Tutto svanisce.

Kralj si desta accanto ai suoi abiti e alla sua spada. Le due cicatrici, sul petto e alla spalla, gli dicono che non è stato un sogno. Non sa spiegarsi il significato di questo incontro. Ci sono orsi e lupi in abbondanza nelle terre del Nord. Talvolta, soprattutto in inverno, branchi di lupi assalgono qualche cacciatore solitario o si spingono fino a un villaggio. Gli orsi di solito non aggrediscono gli umani, a meno che non si sentano minacciati. L’orso e il lupo che Kralj ha visto in fondo al lago sono davvero animali? Gli uomini delle tribù dicono che nelle loro terre si aggira anche un Orso-Lupo, che ha un aspetto umano, ma può assumere la forma di entrambi gli animali.

Kralj non sa che cosa pensare. Lascia la Terra degli Otto Laghi e scende verso i territori di caccia dei figli di Lilith.

 

Da tre giorni Kralj sta con la tribù del Lupo. Caccia con loro o da solo e ogni sera un guerriero lo sfida. Spesso Kralj trascorre la notte con uno di questi maschi vigorosi, che accendono il suo desiderio. Lo possiede due o tre volte, perché il suo vigore sessuale è pari alla sua abilità nell’uso delle armi e nella lotta.

Il mattino del quarto giorno Kralj possiede ancora una volta Ozhrab, il guerriero che ha battuto la sera prima, poi si alzano entrambi.

- Cazzo, Kralj! Quando mi fotti è una meraviglia, ma poi quando mi alzo, ho il culo in fiamme.

Kralj ride.

- Dovresti dirmi di no. Averti battuto mi dà diritto a prenderti una volta sola.

- Scherzi? Ogni volta che mi fotti è fantastico.

In quel momento si sente il richiamo del corno, che chiama a raccolta gli uomini della tribù. Kralj e Ozhrab escono e si uniscono agli altri. Sono nudi, come molti dei guerrieri che si sono destati da poco: di certo nessuno prova vergogna a mostrarsi senza gli abiti.

Il re della tribù, Hrast, è in piedi accanto al suonatore di corno, che lancia ancora il suo richiamo. Al suo fianco c’è un uomo che Kralj non conosce.

I guerrieri parlano tra di loro, chiedendosi per quale motivo sono stati convocati, ma nessuno sa nulla. L’uomo accanto al re fa parte della tribù del Leone di Montagna, una stirpe indomita che vive ancora più a Nord, quella da cui proveniva Musum il Grande e di cui fa parte Vareni, lo zio di Kralj: probabilmente è un messaggero che ha portato una notizia importante. A un gesto del re, scende il silenzio. Hrast si rivolge brevemente agli uomini della tribù:

- Una grave minaccia è apparsa dai Monti Oscuri. La tribù dei Leoni di montagna ha mandato un messaggero ad avvisarci.

Con un cenno Hrast dà la parola all’uomo.

- Pochi giorni fa è comparso un gigante.

C’è un mormorio tra gli uomini. Tutti hanno sentito parlare dei giganti, ma nessuno ne ha mai visti: i giganti abitano nel lontano Ovest e non si spingono mai nelle terre delle tribù. Nel grande Nord si possono incontrare i nani, anche se essi vivono nascosti ed evitano i contatti con gli umani, se non per vendere gli smeraldi; talvolta si spinge in queste terre un vatra, come quello che uccise Djed e fu da lui ucciso; di recente è apparso l’Orso-Lupo; sono presenti diverse altre creature, ma non i giganti.

Qualcuno osserva:

- I giganti si possono uccidere. Qual è il problema?

Il messaggero annuisce:

- Quello è il problema: è invulnerabile.

C’è un mormorio di stupore tra gli uomini.

- Un gigante e per di più invulnerabile! Cazzo!

- Come fermarlo?

Il messaggero riprende:

- Non c’è modo di ucciderlo, perché le nostre armi non possono ferirlo e neppure il fuoco può fermarlo: un’unica spada e un’unica lancia possono colpirlo. Il veggente della Grotta nera ha detto che qui tra voi c’è un uomo della stirpe reale di Sjevekral, che possiede la spada capace di abbattere questo gigante. I guerrieri del Leone di Montagna chiedono a colui che la possiede di darci quest’arma o di venire ad aiutarci.

Diversi uomini si sono voltati a guardare Kralj: sanno che è il figlio del re di Sjevekral.

Prima che Kralj abbia il tempo di dire qualche cosa, un altro guerriero chiede:

- Come si può riconoscere la spada di cui parli?

- È un’arma che sull’impugnatura reca tre antichi caratteri, di una scrittura a noi sconosciuta.

Kralj si fa avanti.

- Io sono Kralj, della stirpe regale di Sjevekral, e quella di cui parli è la mia spada, che viene trasmessa di padre in figlio nella mia famiglia. Vado a prenderla.

Kralj torna alla tenda, prende la spada e la mostra al messaggero. Questi la guarda e dice:

- Non conosco il significato dei tre caratteri, ma questa è certamente la spada. Principe, vuoi darci quest’arma o venire con noi?

- Non intendo separarmi da quest’arma. Se solo essa può uccidere il gigante e sventare la minaccia che pesa su di voi, verrò con te.

Gli uomini approvano le parole di Kralj, che lascia la tribù e parte con il messaggero, dirigendosi verso Nord. Camminano a tappe forzate e infine raggiungono l’accampamento autunnale della tribù del Leone di Montagna. Kralj si chiede se lo zio è tra gli altri guerrieri, ma Vareni si è allontanato alla fine dell’inverno.

I guerrieri sono riuniti intorno al loro re, Veliklev. L’arrivo di Kralj con la spada riaccende la speranza: senza la spada e la lancia non c’è modo di fermare il gigante.

- Io posseggo la spada, ma non so nulla della lancia, che mi dite essere necessaria per uccidere il gigante.

Il re scuote la testa.

- Questo gigante può essere ferito dalla spada e dalla lancia. Non sappiamo se una sola delle due armi sia sufficiente, su questo il responso del sacerdote è stato ambiguo, ma non abbiamo indicazioni su come trovare la lancia. In qualche modo essa comparirà “ad affiancare la spada”, così ci è stato annunciato. In ogni caso non possiamo aspettare oltre: il gigante si sta avvicinando e uccide tutti coloro che incontra lungo il suo cammino.

Veliklev indica con la mano verso nord-ovest, la direzione da cui il gigante sta arrivando. Poi prosegue:

- Kralj, della stirpe di Musum, vuoi darci la tua spada, affinché io possa affrontare il gigante che ci minaccia?

- Non posso cedere a nessuno questa spada, ma affronterò il gigante con essa.

- Bada, ben poche sono le possibilità di scampare. Preferirei essere io a battermi con il gigante, poiché è la mia tribù la prima a essere minacciata.

- No, è la mia arma e sarà il mio braccio a brandirla.

- Grande è il tuo coraggio, Kralj, ma nessuno di noi si stupisce: abbiamo avuto modo di conoscerti e la tua stirpe è ben nota per il suo valore. Ti accompagneremo: sappiamo che le nostre armi non possono nulla contro il gigante, ma faremo ciò che potremo.

Veliklev guida Kralj verso il luogo dove si trova il gigante. Li accompagnano otto guerrieri.

Kralj non ha mai visto un gigante e ignora come combattano. Non potrà colpirlo al petto, perché è al di fuori della sua portata, ma cercherà di tranciargli una gamba, facendolo cadere. Una volta che sia a terra, potrà trafiggergli il cuore. Sa che alcuni giganti sono molto lenti, ma altri invece si muovono con la stessa rapidità di un uomo: in questo secondo caso, sarà ancora più difficile riuscire nell’impresa.

Il compito che lo attende non è facile, ma non può abbandonare al loro destino gli uomini della tribù.

Giungono infine al punto in cui il fiume descrive un’ampia ansa. Sopra le cime degli alberi possono vedere il gigante, che si guarda intorno.

Veliklev gli dice:

- Kralj, se tu ti nascondi dietro quella quercia, noi possiamo scagliare le nostre lance. Il gigante si precipiterà su di noi e forse potrai colpirlo.

Kralj esita un momento: non gli piace l’idea di prendere di sorpresa il gigante, ma la lotta tra loro non è certo ad armi pari e probabilmente non c’è altro modo per riuscire a colpirlo.

- Va bene.

Kralj si mette dietro il maestoso albero. Gli uomini della tribù scagliano le loro lance. Kralj le vede colpire il gigante e cadere a terra come se il colosso fosse di ferro e non di carne.

Il gigante lancia un grido di rabbia e corre verso gli uomini. Quando raggiunge la quercia, Kralj gli si para davanti e vibra un colpo con la spada, che recide il polpaccio del gigante fino all’osso. Ma la ferita non gli impedisce di rimanere in piedi.

Con un urlo selvaggio il gigante si china su Kralj, che recide la mano destra protesa ad afferrarlo. Un nuovo urlo di dolore risuona per miglia e miglia, ma il gigante afferra il principe con la sinistra. La morsa stritola Kralj, che sente un dolore atroce nel petto.

In quel momento però una lancia colpisce il mostro al ventre. Questi grida ancora, lascia la presa, barcolla e cade a terra, travolgendo nella caduta diversi alberi. Kralj, per quanto ancora intontito dal dolore, si rialza, balza in avanti e gli immerge la spada nel cuore. Poi barcolla e cade privo di sensi tra le braccia di un uomo che è arrivato in tempo per sorreggerlo.

Quando si ridesta, gli uomini del Leone di Montagna sono tutt’intorno a lui. Lo sguardo di Kralj è attratto da un uomo con i capelli di un rosso scuro e gli occhi azzurri, che tiene in mano una lancia. Sulla fronte ha un cerchio verde. Non è tra quelli che sono giunti con lui e il re.

- Sei tu che mi hai salvato?

- Sono io che ho scagliato la lancia. Se fossi stato più rapido, non avrebbe fatto in tempo a stringerti, ma non potevo scagliare la lancia prima che la spada non avesse colpito due volte.

- Senza di te, sarei morto. Chi sei?

- Il mio nome è Vukmedje.

Vukmedje non indica la sua tribù o la sua stirpe, come normalmente si fa nelle terre del Nord quando ci si presenta. Il principe non chiede.

Veliklev interviene:

- Puoi alzarti, Kralj?

- Credo di sì.

Kralj riesce a tirarsi su. È tutto dolorante e se respira a fondo sente fitte acute al petto, ma può muoversi. Sa che può ritenersi fortunato a essere ancora vivo.

Gli uomini raccolgono legna per bruciare il corpo del gigante, per evitare che attiri i mangiatori di carogne come i truplar. Il re, Kralj e Vukmedje si dirigono verso l’accampamento.

Kralj ringrazia ancora Vukmedje, poi gli dice:

- Così tu sei in possesso dell’unica lancia che poteva uccidere il gigante.

- Sì. È un dono di Vodjanoj. Come la spada che tu porti.

Kralj guarda Vukmedje.

- Discendi anche tu dal Terribile, allora?

- Sì, i miei genitori erano entrambi figli di Vodjanoj.

Quando raggiungono l’accampamento è ormai sera. Kralj e Vukmedje sono festeggiati da tutti. Il guaritore della tribù spalma sul corpo del principe un unguento che riduce il dolore.

Per la notte il re cede a Kralj e Vukmedje la sua tenda: è la più grande, ma non è molto ampia, perché si tratta solo di un accampamento stagionale. Veliklev si stabilisce nella tenda del fratello.

È molto tardi quando tutti si coricano, dopo una sera di festa.

Kralj si spoglia e si stende sulla stuoia. Anche Vukmedje si spoglia, ma rimane in piedi, davanti al giaciglio di Kralj. Il principe ne guarda il corpo forte ed elegante, i lunghi capelli rossi, la fitta barba, le spalle larghe, le braccia possenti. Lo sguardo scende al ventre, contro cui svetta il cazzo, grande e rigido.

Kralj ha l’impressione che il mondo intorno a lui stia ruotando. Si solleva e si mette in ginocchio. Ora ha davanti a sé il cazzo di questo magnifico maschio. Non ha mai preso in bocca il membro di un uomo, ma il desiderio lo guida. Poggia le mani sul culo di Vukmedje e apre la bocca. Prima fa scorrere la lingua sull’asta, dai coglioni alla cappella, due volte, poi avvolge la cappella con le labbra. Lavora a lungo, fino a che il seme inonda la sua bocca. Beve ogni goccia. È la prima volta che gusta il seme di un uomo.

Kralj si stacca e guarda Vukmedje. Gli sembra di vedersi dall’esterno, di essere un altro Kralj, che guarda senza capire ciò che succede.

Vukmedje dice:

- Stenditi, Kralj. Adesso ti prenderò.

Il principe chiude gli occhi e si gira sulla pancia, allargando le gambe. Non sa perché si offre a questo sconosciuto, non sa perché gli ha succhiato il cazzo. Una parte della sua mente registra che non prova più dolore al petto.

Vukmedje si stende su di lui. Sparge un po’ di saliva, poi entra. Il dolore è violento, il piacere è tanto intenso da essere intollerabile. Ogni spinta accresce il dolore e il piacere. Vukmedje fotte a lungo. Kralj viene con un gemito, ma poco dopo il cazzo gli si tende nuovamente e quando Vukmedje viene dentro di lui, nuovamente Kralj sente il piacere esplodere.

L’intera notte trascorre nei giochi dell’amore. Il dolore al petto è completamente scomparso e quando Vukmedje lo stringe tra le sue braccia possenti, Kralj prova solo piacere.

Vukmedje gli si offre e prendendolo Kralj gode come non gli è mai successo. Lo possiede più volte.

La realtà sembra scomparire. A tratti Kralj si chiede se non sta sognando. Forse è morto e ora è nel mondo dei morti. Come è possibile che entrambi siano venuti così tante volte?

Ogni limite viene superato, in una notte in cui solo il desiderio guida entrambi.

È l’alba quando Kralj si addormenta, steso su Vukmedje, stretto tra le sue braccia.

L’accampamento si desta tardi. Coloro che si svegliano presto, nonostante si siano coricati dopo mezzanotte, non fanno rumore, per non disturbare chi ancora riposa. Qualcuno si allontana in silenzio per la caccia, qualcun altro chiacchiera sottovoce. Solo a metà mattina si incominciano a sentire voci e rumori. Kralj si desta. È tra le braccia di Vukmedje, che, vedendolo sveglio, gli accarezza il capo.

- Non ho sognato, vero, Vukmedje?

- Non so se hai sognato. Posso dirti che l’uccisione del gigante, i festeggiamenti e la nostra notte d’amore non sono stati sogni.

- A quello mi riferivo. Ma come è possibile?  Sarò venuto dieci, dodici volte. Nessun uomo può… E anche il dolore. Non sentivo più dolore, non ne sento neanche adesso, a parte il culo…

- Il mio seme ti ha curato e ti ha dato forza. E il tuo ha dato forza a me.

- Non avevo… non avevo mai…

Kralj non completa la frase. Le idee si confondono nella sua mente.

Vukmedje gli bacia i capelli, poi dice:

- Io conto di andarmene oggi. Vieni con me, Kralj?

- Certamente.

Kralj non vuole separarsi da quest’uomo che ha conosciuto ieri, ma a cui si sente legato. Come per altri della sua stirpe, l’amore si accende improvviso e violento, perché è scritto nel destino.

Si alzano e lasciano la tenda. Al torrente si lavano, cancellando i segni di una notte di passione. Poi prendono congedo dalla tribù e si allontanano.

Kralj cammina a fianco di Vukmedje e a tratti prova nuovamente un senso di irrealtà. Sta seguendo un uomo di cui ieri non conosceva neppure l’esistenza e sa che non vuole più separarsi da lui.

Vukmedje intuisce i pensieri di Kralj.

- Non ti porre tante domande, Kralj. Tu ed io, come altri discendenti di Vodjanoj, abbiamo un destino tracciato, che possiamo rifiutare. Tu hai accettato il tuo nella Terra degli Otto Laghi. E io sono nel tuo destino, come tu sei nel mio.

- Anche tu sei stato nella Terra degli Otto Laghi?

- Sì, ma non nella forma in cui mi vedi. Ci siamo incontrati là.

- Ma io non ho incontrato nessuno…

Kralj si interrompe. Riprende:

- Ma tu… io ho ucciso un orso e un lupo.

- Sì, Kralj. Mi hai ucciso due volte. Io sono l’Orso-Lupo. Mio padre nacque dall’unione di Vodjanoj con un’orsa e mia madre dalla sua unione con una lupa. Unendosi mi hanno generato.

Kralj lo guarda, incredulo. Vukmedje sorride e sotto i suoi occhi si trasforma in un grande lupo, che mostra le zanne. Poi diventa un orso altissimo, che si avvicina a Kralj e lo abbraccia. Kralj affonda la testa nella fitta pelliccia dell’animale, ma questa scompare e il principe di ritrova tra le braccia di Vukmedje. Si baciano.

Nei giorni seguenti cacciano insieme. Kralj chiede e Vukmedje parla di sé, ma non risponde alle domande sul futuro: si limita a dire che Kralj lo scoprirà presto e che non è il caso di pensarci ora.

Un giorno Kralj appare pensieroso, lo sguardo perso nel vuoto.

- A che cosa pensi, Kralj?

- Al gigante. Non vivono in queste terre. Perché è giunto fin qui?

- Perché qualcuno l’ha chiamato, qualcuno che sta provando il suo potere.

- Chi è questo qualcuno?

- Non lo so. Ma so per certo che non si fermerà qui.

 

Vivono insieme, senza mai separarsi. Kralj si sente pienamente appagato, i giorni con Vukmedje sono una gioia continua.

Trascorrono insieme l’autunno. Infine la stagione volge al termine e i cacciatori, dopo l’ultimo plenilunio, lasciano i loro accampamenti e ritornano ai villaggi. La neve già copre le pendici dei monti e presto scenderà anche nelle valli.

Kralj sa che suo padre si sta preoccupando. Vorrebbe rimanere con Vukmedje, ma deve tornare nella capitale e discutere con suo padre.

Ne parla all’uomo che ama:

- Vukmedje, io devo tornare da mio padre: mi sono trattenuto già molto di più di quanto non dovessi fare. Ma non intendo separarmi da te. Non ti chiedo di venire con me: so che non desideri certo vivere in una città. Chiederò a mio padre l’autorizzazione a tornare e a fermarmi qui per sempre. So che gli peserà, ma credo che me la concederà.

Vukmedje scuote la testa. C’è tristezza nei suoi occhi.

- Kralj, noi non ci rivedremo per molto tempo. O, meglio, tu non mi rivedrai.

Kralj lo guarda, senza capire.

- Un pericolo vi sovrasta, un pericolo mortale. Non posso dirti quale minaccia grava su di voi: non mi è permesso.

Kralj lo guarda, smarrito. Vukmedje prosegue:

- Una cosa posso garantirti. Noi ci ritroveremo. E vivremo insieme, fino a che non incontreremo il Grande Cacciatore. Ma prima di questo, molte cose cambieranno nel Regno.

Kralj vorrebbe chiedere, ma è inutile, visto che Vukmedje non può raccontargli nulla. L’idea di separarsi da lui per un lungo periodo gli pesa moltissimo. Solo la speranza di ritrovarlo in futuro lo sostiene.

 

Si amano ancora. Vukmedje si offre a Kralj, che lo prende. Poi Kralj parte, con un peso nel cuore, e si dirige verso Nocigranica, ma vi si ferma solo una notte: non vuole far aspettare ulteriormente il padre.

Raggiunta la reggia, Kralj si reca subito da Osmikr, che lo accoglie con gioia.

- Bentornato, figlio. Pensavo che quest’anno avessi deciso di fermarti definitivamente tra i selvaggi del Nord. Ormai oltre il confine è giunto l’inverno e tu ancora non arrivavi.

Kralj si inchina, sorridendo. Sa che il rimprovero del padre non va preso troppo sul serio: Osmikr conosce il figlio e non gli impedisce di vivere come preferisce, entro certi limiti.

- Sai che sto bene tra quelli che tu chiami selvaggi. Ma non mi permetterei mai di fermarmi senza avere avuto la tua autorizzazione. Sono un figlio ubbidiente.

Il re scuote la testa.

- Se tu lo fossi, avresti accettato di prendere moglie.

Da tempo Osmikr insiste perché il figlio si sposi e assicuri la continuità della dinastia.

- Padre, sai bene che non mi interessano le donne.

- Sì, so che ami i piaceri dell’autunno, come tuo zio e altri della nostra dinastia. Ma tu sai che nelle case reali il matrimonio serve per generare figli legittimi, non per il piacere. Avere una moglie non ti impedirà certo di soddisfare i tuoi desideri altrove.

- È proprio necessario, padre? Krasna tra poco avrà l’età per sposarsi e potrà generare figli.

Krasna è la sorella di Kralj, nata dalla seconda moglie di Osmikr, quasi quindici anni dopo il fratello.

- Preferirei che fossero i tuoi figli a regnare.

- Ne parleremo. Se non ti spiace, ora vorrei lavarmi e cambiarmi. Il viaggio è stato lungo.

- Lo so. E come al solito quando torni dalle terre del Nord sembri anche tu un selvaggio. Va’, sei bravo a sfuggire quando cerco di metterti davanti alle tue responsabilità.

Kralj ride. Ciò che il padre dice, è vero: in autunno Kralj si lascia crescere i capelli, si veste di pelli e sembra davvero uno degli uomini delle tribù del Nord, che sono in maggioranza figli di Lilith. D’altronde nella dinastia reale il sangue dei figli di Eva si è mescolato con quello dei figli di Lilith e molti degli uomini hanno le caratteristiche fisiche tipiche di quella stirpe.

Kralj si congeda e torna nei suoi appartamenti. I servitori hanno preparato il bagno. Kralj si immerge. In autunno si bagna nei torrenti, senza temere il freddo pungente dei monti, ma ora un bel bagno caldo è piacevole.

Quando ha finito, si alza e Raslug, il giovane servitore, gli porge il telo per asciugarsi, tenendo gli occhi bassi: è in soggezione di fronte al principe. Kralj non è certo bello, ma a trent’anni è nel pieno delle forze. È alto, ha spalle larghe e braccia e gambe robuste. Raslug è attratto dal vigore di questo maschio e nello stesso tempo prova repulsione per la fitta peluria, che dà a questo corpo nudo un aspetto quasi animale. Le stesse emozioni contrastanti le suscitano il grosso cazzo e i coglioni voluminosi, anch’essi coperti di pelo nero: il servitore vorrebbe evitare di guardarli, ma invece gli occhi li cercano. Raslug distoglie lo sguardo subito, ma poi ritorna a fissarli.

Kralj ha colto l’interesse di Raslug, ma lo ignora. Non gli interessa questo ragazzo, bello ed elegante: sono altri i maschi che destano il suo desiderio. Ma ormai un solo maschio conta per lui e il principe non cerca altri corpi.

 

 

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