18 Drunjed e Tezhrab si
accorgono che intorno a loro non vi è più la stanza: ora si trovano in un
bosco, tra alti monti. La notte è buia, perché la luna non è visibile, ma entrambi
vedono abbastanza anche nell’oscurità, perché
nelle loro vene scorre il sangue dei figli di Lilith. Si guardano intorno. - E dove cazzo sarà Vrag? Drunjed scuote la testa. - Non lo so, ma credo che
lo scopriremo presto. E non sarà un piacere. - Direi che nulla di ciò
che ci aspetta sarà piacevole. - No, condivido la tua
opinione. - Dove cazzo andiamo? - Non so che dirti. Mentre Drunjed risponde,
sentono un rumore. Non lontano da loro, ai margini del bosco, vedono ergersi
una figura alta due volte un uomo. È un maschio, nudo, con mani che sono
zampe di leone con gli artigli, un viso in cui brillano due occhi di fuoco,
lunghe corna e un cazzo enorme. Per quanto siano molto coraggiosi, entrambi
sentono un brivido vedendolo. Vrag avanza verso di loro. Non sembra averli
visti, ma in qualche modo deve aver avvertito la loro presenza. Tezhrab alza il braccio
con la lancia e la scaglia con forza. Non sbaglia la mira: l’arma penetra nel
grande corpo, sotto lo sterno. Vrag lancia un grido
di dolore, tanto forte da assordare e far rabbrividire i due guerrieri.
Afferra la lancia e l’estrae dal petto, scagliandola lontano. Poi dai suoi
occhi escono due fiamme che convergono su Tezhrab. Il guerriero grida, mentre
il suo corpo arde: il dolore è intollerabile. Drunjed non può fare nulla
per salvarlo, ma afferra l’ascia e la scaglia con forza. Vrag emette un grido fortissimo, poi
barcolla: l’ascia gli ha aperto il ventre. Estrae l’arma e la scaglia
lontano. Nuovamente le fiamme escono dai suoi occhi, avvolgendo il corpo di
Drunjed, che urla, mentre il fuoco lo divora. La Forza Oscura si volta e
si allontana, barcollando. I corpi di Drunjed e
Tezhrab si consumano e presto di loro rimane solo cenere. Drunjed si sveglia quando
il sole sorge all’orizzonte. Accanto a lui è disteso Tezhrab, ancora
addormentato. Drunjed si mette a sedere. - Tezhrab! Tezhrab si sveglia. - Drunjed! Di nuovo vivi! - Sì, come ci aveva detto Madioni. - Merda! Non ero mai
bruciato vivo, ma è una morte orribile. - Non credo che le altre
morti che ci aspettano siano meglio. Tezhrab ride, poi dice: - Merda! Temo che tu abbia
ragione. Si alzano. Si guardano
intorno. - Dobbiamo capire dov’è
andato. - Cerchiamo di recuperare
le armi, prima. - Già. Tu hai usato la
lancia, vero? Perché non la vedo. - Esatto. Vediamo un po’…
Forse di là… Tezhrab si dirige verso un
grande masso. Non saprebbe dire perché va in quella direzione, ma non si
stupisce di vedere poco oltre la roccia la sua lancia. Intanto Drunjed è andato
nella direzione opposta, anche lui attratto dall’arma, che trova ai piedi di
un pino. – Bene, adesso possiamo
ricominciare. Dove cazzo sarà? - Guarda, ci sono tracce
di sangue. - È vero. Spero che quel
cazzo di bastardo figlio di puttana di merda crepi dissanguato. - Mi sembra difficile,
Tezhrab: è una Forza Oscura. Possiamo ferirlo, ma non ucciderlo. - Sì, lo so, Drunjed. Era
solo un desiderio. Seguono le tracce di
sangue. Lasciano la valle che hanno percorso e giungono a un altopiano
pietroso. Camminano per alcune ore, poi si infilano in una stretta gola
rocciosa dove le tracce scompaiono. - E ora? - Ora ci fermiamo. Vrag è giunto qui all’alba, probabilmente, ed è svanito,
come ha detto Madioni, o si è infilato sottoterra o
in qualche grotta che non vediamo. Riemergerà a notte. - Allora cerchiamo da
mangiare. Mentre seguivano la pista
si sono fermati più volte a bere a sorgenti o corsi d’acqua, ma ora hanno
fame. Sono due ottimi cacciatori e uccidono una lepre, che arrostiscono e
mangiano. Poi ritornano al punto dove le tracce di Vrag
scompaiono e si siedono su una grande roccia. Drunjed dice, sorridendo: - Magari Vrag è qui sotto. - Può essere. Tezhrab guarda Drunjed e
anche lui sorride. Il sangue sta affluendo al suo cazzo, che si tende. - Sei un bel maschio,
Drunjed. Drunjed ride. Sa bene di
non essere bello. Assomiglia a suo padre Niedzj: grande, massiccio, villoso,
un corpo molto forte, ma certamente non bello. Tezhrab prosegue: - Quando abbiamo
combattuto con i trog mi hai fatto venire una voglia… La notte dopo che li
abbiamo sterminati ho passato ore a fottere. E adesso… abbiamo camminato per
ore e avere il tuo culo davanti… Madioni avrebbe
dovuto darci anche dei vestiti… Drunjed sorride, poi torna
serio e dice: - Nessuno mi ha mai
posseduto, Tezhrab. - Sì, certo. Lo
sospettavo. Io lo capisco, è il mio cazzo che ha difficoltà a capire. È una
testa di cazzo. - Direi… un cazzone. Drunjed ride, ma il suo
sorriso scompare presto. Si
guardano. Tezhrab mette le mani sulle guance di Drunjed, si sporge verso di
lui e lo bacia. È la prima volta che bacia un uomo: ne ha posseduti
moltissimi, ma non ha mai baciato. Si
staccano. Drunjed lo guarda, poi mormora, piano: -
Prendimi, Tezhrab. Tezhrab
sente il cuore accelerare i battiti. Ha paura, un’emozione che non ha mai
provato, neppure davanti a Vrag. Annuisce,
due volte. Tezhrab guarda il corpo di
Drunjed, questo corpo che da tempo lo fa impazzire di desiderio. Gli basta
guardargli il culo perché gli si rizzi e adesso le parole di Drunjed hanno
avuto immediatamente lo stesso effetto. Si fissano muti, entrambi spaventati:
l’Orso, di offrirsi per la prima volta a un uomo, di cui ora può ammirare in
tutto il suo splendore la gagliarda virilità; il Cinghiale, di possedere
questo corpo che nessuno ha mai violato. Se non amassero, forse non avrebbero
paura, ma la stima, il rispetto reciproco e il desiderio si sono
improvvisamente trasformati in un sentimento a cui nessuno dei due osa dare
un nome. Intuiscono che questo amore è scritto nel loro destino. Si guardano negli occhi. Drunjed prova un violento
desiderio di sentirsi stringere dalle braccia forti di Tezhrab. Guarda l’arma
dell’amico, che gli sembra splendida e terribile. Solleva gli occhi su
Tezhrab che lo fissa, ugualmente smarrito. Infine Drunjed si alza e fa un
passo avanti. Ora è vicinissimo a Tezhrab, che lo prende tra le braccia e lo
stringe contro il proprio corpo, mentre i suoi occhi fissano quelli di
Drunjed. Il desiderio che li guida trasforma ogni gesto in una vibrazione di
piacere. È bello accarezzare la schiena dell’uomo che si ama, scendere con le
mani fino al culo, sentire il calore e la consistenza della carne tra le
proprie dita. È bello sentire sulla pelle la carezza, la stretta vigorosa
delle mani dell’amato. Drunjed sfiora il viso di Tezhrab con le dita, avvicina
la sua bocca e si baciano nuovamente. Drunjed chiude gli occhi.
Poi li riapre e fissa l’uomo che lo sta abbracciando. Sente il calore della
carne di Tezhrab, l’odore del suo corpo, il sapore della sua bocca, la
pressione delle dita che gli stringono il culo, la potenza del sesso teso
contro il suo ventre, il respiro affannoso che risuona nelle sue orecchie. Di
colpo Drunjed avverte che le forze gli mancano, gli sembra che le gambe non
lo reggano più e si abbandona completamente tra le braccia di Tezhrab. Tezhrab si rende conto che
solo le sue mani sostengono Drunjed. Lo volta e, con delicatezza, lo appoggia
sulla roccia. Lo guarda, guarda il corpo che desidera. Lo accarezza con le
punte delle dita, dal viso al sesso. Drunjed lo fissa negli occhi, poi il suo
sguardo scende lungo il corpo di Tezhrab fino al grande sesso turgido, fuori
misura come tutto il resto in lui. Allora, senza parlare, si volta sul ventre
e allarga le gambe. Ha paura, una paura
violenta e selvaggia, non del dolore che lo attende, ma di questa disfatta
completa, che accetta e desidera. Non offre solo i suoi fianchi a Tezhrab,
all’arma vigorosa che lo penetrerà. È se stesso che offre, che perde. Ma
questo ora vuole e ogni altro pensiero è bandito dalla sua mente. Le dita di Tezhrab percorrono
il solco, premono contro l’apertura, si allontanano, ritornano, umide, per
preparare il terreno. Tezhrab si china su Drunjed, fa colare un po’ di saliva
sul buco che tra poco forzerà, passa l’indice tutt’intorno all’apertura e
sente il corpo di Drunjed vibrare. Si stende su di lui, gli morde una spalla,
gli accarezza il collo, poi avvicina l’arma all’apertura e lentamente preme.
La carne si dilata e Drunjed geme. Non hanno detto una parola, non ci sono
parole che possano dire, ora. Il gemito è l’unico suono, a cui risponde una
carezza di Tezhrab. Le sue dita scorrono lungo la pelle di Drunjed, dal collo
alla spalla, fino al culo e intanto l’arma avanza, formidabile. L’Orso si
abbandona completamente al dolore che sale dal suo culo, al piacere che lo incendia,
sempre più forte. Geme di nuovo e le mani di Tezhrab scorrono tra i suoi
capelli. L’arma affonda, inesorabile, il dolore cresce e il piacere dilaga,
incontenibile. Ma l’avanzata continua e Drunjed geme di nuovo, più forte. Tezhrab spinge ancora. Ora
è dentro Drunjed, fino in fondo. I coglioni battono contro il culo dell’Orso.
Tezhrab passa le sue braccia intorno alla vita di Drunjed e stringe con
forza, quasi volesse stritolarlo. E poi ritrae l’arma
completamente, uscendo, per rientrare subito dopo. Drunjed geme di nuovo.
Ondate di dolore salgono dal suo culo e accendono dentro di lui fiamme di
piacere. L’incendio dilaga, inarrestabile. Mormora il nome dell’uomo
che pesa su di lui e lo schiaccia contro la roccia, l’uomo che lo possiede e
si è fatto signore del suo corpo, prendendo ciò che Drunjed non aveva mai
offerto a nessuno. Geme ancora, perché la sofferenza si fa sempre più forte,
ma non vorrebbe che Tezhrab uscisse da lui se non, come sta facendo ora, per
rientrare e spingersi nuovamente a fondo, martoriando il suo culo e
strappandogli altri gemiti. Implacabile il cazzo avanza, a fondo, togliendo
il fiato a Drunjed, e poi arretra. Il dolore cresce, ma Drunjed non dice
nulla. Vuole, più di ogni altra cosa al mondo, il cazzo di Tezhrab dentro il
proprio corpo e poco gli importa della sofferenza: il piacere è più forte,
molto più forte. E quando infine sente la scarica, che gli riempie il culo, e
le spinte affannose lo fanno gemere, viene anche lui con un grido. Dopo che Tezhrab è venuto
dentro di lui e il suo cazzo ha ripreso dimensioni più tollerabili, la
sensazione diventa meno dolorosa. Sì, ora è bello sentire il cazzo di Tezhrab
in culo, ancora grande e potente, ma meno ingombrante. Rimangono a lungo così.
Poi Tezhrab si ritrae, perché avverte che il desiderio sta di nuovo
tendendogli il cazzo e non vuole fare male a Drunjed: sa che il culo
dell’Orso è alquanto dolorante. Drunjed si volta. Scuote
la testa. - Non avevo mai pensato che sarei venuto
mentre qualcuno mi inculava, ma è stato splendido, Tezhrab. - Lo
è stato anche per me. Non… non ti ho fatto troppo male? - No, va bene così.
Nessuna mi aveva mai preso, te l’ho detto. Mi hai fatto male, certo, ma… lo
volevo. Non pensavo che… ma lo desideravo. - Posso dire la stessa
cosa, Drunjed. - Che cosa intendi? - Mi hai vinto, Drunjed,
dandomi la morte e risparmiandomi il rito. Non avrei voluto essere stuprato
dai guerrieri della tua tribù nel rito espiatorio, ma… mi offrirei volentieri
a te. Non ho mai desiderato di farmi fottere da un altro maschio, ma adesso…
Merda! Non so che dire. Drunjed si alza e Tezhrab
lo imita. Drunjed
gli mette le mani sui fianchi. Lo attira a sé, lo volta. I loro corpi
aderiscono. Tezhrab sente contro il culo il cazzo di Drunjed che si
irrigidisce e cresce. Chiude gli occhi. Una
mano di Drunjed passa davanti, scivola sul petto e sul ventre e scende ad
accarezzargli il cazzo e i coglioni. Tezhrab sente il desiderio dilatarsi. Drunjed
spinge Tezhrab a mettersi con il petto sulla roccia. Gli sputa sul solco e
sparge la saliva in modo da inumidire bene l’apertura, poi si inumidisce la
cappella e si appoggia su di lui. Tezhrab
sente il cazzo premere e poi entrare. Fa male: l’Orso è molto dotato, Tezhrab
non è mai stato preso. Eppure, nonostante il dolore, la sensazione di questo
cazzo che entra e prende possesso del suo culo è bellissima. Drunjed si muove
piano, spingendo lentamente. Poi si ferma. Tezhrab assapora il momento, la
presenza del cazzo dell’Orso dentro di lui, che gli dilata le viscere, che lo
riempie. Gli piace sentirsi preda di quest’uomo forte, del guerriero che lo
ha sconfitto e ucciso. Drunjed
incomincia a muoversi lentamente e intanto la sua mano gioca con il cazzo di
Tezhrab, lo stuzzica, lo accarezza, lo stringe, a tratti scende ai coglioni,
li strizza un poco. La sua bocca gli morde l’orecchio. Cazzo! È bellissimo.
Questa scopata è davvero favolosa. Drunjed
accelera il ritmo. Il dolore cresce, ma il piacere è ancora più forte. E le
mani dell’Orso, queste zampacce forti che stringono e accarezzano, sono
meravigliose. Tezhrab geme. Drunjed accelera le spinte, il dolore cresce
ancora, ma non sovrasta il piacere. Le spinte di Drunjed squassano Tezhrab,
ma quando infine Drunjed viene, anche Tezhrab è scosso da un violento
orgasmo. Il
guerriero del Cinghiale sente che il cazzo dentro il suo culo perde
consistenza e volume e la sensazione ritorna piacevole. Nonostante il dolore
al culo, Tezhrab sta bene. Rimangono
un buon momento così, poi Drunjed si stacca. Tezhrab si alza e si volta. - È
meglio che ci riposiamo. Si stendono a dormire, abbracciati. Quando si svegliano è
notte. A destarli è stato un rumore. Si alzano, prendono le
armi e si guardano intorno. Non molto distante dal punto in cui si trovano,
qualche cosa si sta addensando nell’aria. Inizialmente sembra un nuvola, che
però si condensa e si definisce. Prima appaiono due punti luminosi, poi
tutt’intorno un volto e sotto un corpo: è Vrag. Ha
una grande ferita al ventre, da cui cola sangue. Vrag si guarda intorno. I due guerrieri si
nascondono dietro una roccia. Vrag avanza, venendo
nella loro direzione: è evidentemente intenzionato a dirigersi nuovamente
verso le terre delle Dodici Tribù. Tezhrab mormora: - Rimaniamo nascosti.
Quando sarà vicino, userò la spada. Usala anche tu: è meglio che teniamo da
conto le armi che possiamo lanciare. - Va bene. Vrag è inquieto. Percepisce una presenza
ostile, anche se non vede i due guerrieri. Avanza fino a superare il punto
dove si trovano i suoi avversari. Allora Tezhrab scatta in avanti e immerge
la spada subito sopra il ginocchio sinistro di Vrag.
Il demone lancia un grido, con la mano afferra una grande roccia sulla parete
della gola, creando una frana che travolge il Cinghiale: i massi gli spezzano
le gambe e la terra lo copre. Tezhrab soffoca. Cerca invano di liberarsi, ma
non riesce più a respirare e infine muore. Drunjed, dall’altra parte
della gola, non è stato travolto dalla frana. Con un salto esce dal suo
nascondiglio e colpisce Vrag alla gamba destra. Il
demone grida nuovamente e, afferrata un’altra roccia dalla parete della gola,
la scaglia su Drunjed, uccidendolo. Poi si volta e si allontana, gridando di
dolore. Drunjed e Tezhrab si
ridestano all’alba, stesi a fianco dei massi che li hanno travolti. Drunjed guarda l’amico.
Scuote la testa e gli dice: - Questa volta almeno è
stato rapido. Ho fatto appena in tempo a vedere il sasso che mi precipitava
addosso. - Buon per te. Io ho
lottato per liberarmi dalla terra che mi soffocava, ma avevo le gambe rotte e
non ce l’ho fatta. Merda! - Cerchiamo di recuperare
le due spade. Le trovano entrambe poco
più in là. Anche questa volta c’è una traccia di sangue, che seguono a lungo,
fino a che il sole è alto in cielo. Passano a fianco di un torrente
impetuoso, che scorre in una stretta valle. L’acqua forma vortici e gorghi. - Se finiamo lì dentro,
affoghiamo, anche se sappiamo nuotare. - Probabilmente è la
nostra prossima morte. Nel fumo ti ho visto affogare. - Sì, credo che tu abbia
ragione. Le tracce si fermano
vicino al torrente. - Qui Vrag
dev’essere svanito. Tezhrab annuisce. - Sì, possiamo fermarci.
Continuare a camminare con il cazzo duro non è il massimo. Drunjed ride. Ha notato
l’eccitazione di Tezhrab, che si è trasmessa anche a lui, ma l’ha ignorata.
Ora però il desiderio preme. Si abbracciano, si baciano
e nuovamente si offrono e si prendono. Quando hanno finito,
Tezhrab dice: - Morire non è piacevole,
ma tutto sommato ne vale la pena. - Sì, è vero. In una foresta che hanno
attraversato da poco hanno visto diversi frutti commestibili. Tornano
indietro e si nutrono, poi riposano, nuovamente abbracciati, e si svegliano
quando ormai è buio. C’è uno spicchio di luna visibile in cielo. L’unico
rumore che sentono è quello dell’acqua che scorre impetuosa. Si guardano
intorno. - Non vedo traccia di Vrag. - Escludo che abbia
rinunciato. - Secondo quello che ha
detto Modiani, dobbiamo ricacciarlo noi nell’Abisso
Nero. Rimangono in attesa, ma
non succede nulla. - Non è che si è mosso
prima che noi ci svegliassimo e ora è a miglia di qui, a incendiare le
foreste delle Terre del Nord? - Non credo. Spero di no. Sono ormai convinti che Vrag non si farà vedere, quando la luna scompare oltre le
cime dei monti e il buio si fa più fitto. I due guerrieri alzano la testa e
vedono, quasi sopra di loro, Vrag, che si sta
materializzando: La ferita al ventre è ancora aperta, come pure quella alla
gamba sinistra. Non hanno il tempo di organizzarsi: il demone li ha già visti
e allunga la destra su di loro. Con l’ascia Tezhrab vibra un colpo,
trapassando la mano. Drunjed invece scaglia la lancia, che colpisce Vrag al braccio destro. Vrag urla di dolore e rabbia. Con la sinistra
afferra Tezhrab e lo scaglia in acqua, poi prende Drunjed e fa lo stesso con
lui. I gorghi trascinano al fondo i due guerrieri, che invano lottano per
emergere. Quando cercano di respirare, l’acqua riempie le loro bocche e poi i
polmoni. Presto sono solo due cadaveri con cui la corrente sembra giocare. Il giorno seguente al
risveglio Drunjed e Tezhrab riprendono l’inseguimento di Vrag.
Le tracce di sangue li portano sempre più a Nord, in terre di cui non
conoscevano neppure l’esistenza. Quando arrivano al punto in cui le tracce si
perdono, dove Vrag è svanito all’alba, si fermano e
lasciano che sia il desiderio a guidarli. Poi riposano, si procurano un po’
di cibo e da bere e attendono la notte. - Questa notte dovremo
usare i pugnali. - Il che vuol dire che
dovremo avvicinarci molto per colpirlo. - Non sarà facile. Ci
vedrà. - E ormai si aspetta di
certo di essere attaccato: deve aver capito che ritorniamo in vita. - Questa sera ci toccherà
l’aria, no? Dopo il fuoco, la terra e l’acqua… Merda! - In che modo l’aria ci
ucciderà? - Non lo so, probabilmente
saremo scagliati in alto e ricadendo ci sfracelleremo al suolo. Quando scende la notte
riposano ancora un po’, facendo i turni. Quando la luna scompare, Tezhrab chiama Drunjed. - È arrivato? - No, ma la luna è
tramontata e non credo che manchi molto. Poco dopo si alza un vento
forte, che cresce di intensità e spinge banchi di nebbia nella vallata dove
si trovano. - Merda! Non si vede più
niente. - Meglio così. Anche lui
non ci vedrà. La nebbia in cui sono
immersi sembra acquistare maggiore consistenza in un’area a poca distanza e
lentamente Vrag prende corpo. I due guerrieri
possono vedere solo le gambe. Su quella sinistra la ferita è ancora aperta. Gli occhi del demone
brillano anche attraverso la nebbia. Drunjed e Tezhrab li vedono abbassarsi: Vrag ormai ha capito che loro ritornano ogni volta in
vita e li sta cercando, sperando di ucciderli prima che possano colpirlo.
Entrambi hanno il pugnale in mano, ma prima che possano avvicinarsi alle
gambe del demone, questi afferra Drunjed con le sue grandi mani. Il guerriero
fa appena in tempo a immergergli il pugnale nella mano, prima di venire
scagliato in aria, con tanta forza che continua a salire per un tempo
interminabile, prima di precipitare al suolo, schiantandosi sulle rocce. Nell’attimo in cui Vrag ha afferrato Drunjed, Tezhrab si è gettato in
avanti. Non ha fatto in tempo a colpire la mano di Vrag,
ma gli immerge il pugnale nel polpaccio destro. Vrag
urla e l’afferra, gettandolo in aria. Dopo un lungo volo, Tezhrab si
sfracella sul terreno pietroso. La notte seguente
l’inseguimento riprende. Ogni giorno i due guerrieri seguono le tracce di Vrag, si procurano da mangiare e da bere, si fermano ad
attendere la comparsa del demone, scopano per ore, riposano e feriscono Vrag prima di essere uccisi da lui. Vrag si ritira verso Nord e i due guerrieri
continuano a inseguirlo. La notte del plenilunio è ormai vicina. - Ce la faremo, Tezhrab? - Dovremmo incalzarlo,
come ci ha detto di fare Madioni, ma ci uccide
subito. - Però si sta ritirando
verso Nord. - Non abbiamo più tempo. O
ci riusciamo questa notte, o falliamo. Il plenilunio è domani notte. Al nuovo destarsi di Vrag, Drunjed cerca di colpirlo con la lancia, ma questa
volta Vrag riesce a evitarla: l’arma non colpisce
il bersaglio e Vrag si china per afferrare il
guerriero e stritolarlo. Tezhrab si mette in mezzo e colpisce con la spada la
mano protesa del demone. Vrag urla di dolore, ma afferra Tezhrab con
l’altra mano e lo spinge contro una roccia. Il guerriero sente contro
il culo il cazzo del demone e capisce. È morto molte volte, divorato dal
fuoco, affogato, sfracellato sulle rocce, soffocato, stritolato. Ma morire
stuprato da questo mostro gli sembra davvero orribile. Tezhrab non può
sottrarsi e il cazzo di Vrag si fa strada nel suo
culo, lacerando la carne: nessun essere umano potrebbe accogliere la virilità
del demone. Il dolore è terribile e
sembra aumentare a ogni momento, mentre il cazzo mostruoso lo apre
completamente. Ogni spinta spalanca nuove voragini di dolore. Quando infine
il seme di Vrag si sparge nelle viscere di Tezhrab,
è come un fiume di lava. Il guerriero urla e quando Vrag
si ritira, crolla a terra in un lago di sangue. Vrag si alza trionfante, il grande cazzo
coperto di sangue, e lancia un grido di vittoria. In quel momento una lancia
lo trafigge alla schiena e la punta esce dal petto. Il grido di trionfo si
trasforma in un urlo di dolore. Vrag cade in
ginocchio, sul corpo senza vita del guerriero che ha ucciso stuprandolo.
Afferra la punta della lancia ed estrae l’arma dal proprio corpo, ma il
dolore lo stordisce. Grida, un urlo selvaggio
che fa tremare i monti. Scaglia la lancia che ancora tiene in mano contro
Drunjed, trapassandolo. Si alza barcollando, grida ancora e si lancia in
avanti. Sotto i suoi piedi si spalanca una voragine, l’Abisso Nero, che lo
inghiotte. Drunjed cade in ginocchio
vicino a Tezhrab, che sta morendo. - Ce l’abbiamo fatta…
Drunjed. Drunjed annuisce. Fa
fatica a parlare. - Possiamo… morire… in
pace. Si stende e abbraccia il
compagno. - È bello morire così. Poi il mondo svanisce. Ancora una volta Drunjed e Tezhrab si destano. Questa volta
sono in una radura. Accanto a loro ci sono le armi che hanno usato. Venti
uomini, nudi, formano un cerchio tutt’attorno. I due guerrieri li osservano.
Sono venti maschi forti, di età diverse, dalla pelle bianca, come i capelli,
la barba e gli occhi: solo la pupilla è nera. Devono essere figli di Selene,
una stirpe che non ha mai contatti con i figli di Eva o con i figli di
Lilith.. Un uomo, che porta un
cerchio d’oro sulla testa, dice: - Vi attendevamo. - Ci attendevate? Non
sapevamo che saremmo giunti qui. - Siete nel luogo del
sacrificio. Tezhrab ride, un ghigno
amaro sulla faccia. - Già, la ricompensa per
aver ricacciato Vrag nell’abisso. Merda! I due guerrieri si alzano.
Gli uomini raccolgono le armi e li guidano a un recinto di pali, in cima ai
quali vi sono crani di uomini, orsi, lupi e cinghiali. Un secondo recinto
unito al primo da un passaggio ha al centro due altari di legno, sulle cui
pareti sono intagliati teschi. - Qui verrete sacrificati
questa notte, al sorgere della luna: è il secondo plenilunio d’autunno. Oggi
rimarrete nella capanna. Fuori dal cerchio vi è una
capanna, in cui i due guerrieri entrano. Quando sono dentro,
Drunjed dice: - Moriremo questa notte,
Tezhrab. - Ancora una volta. Quante
volte siamo morti?! Cazzo! Non avrei mai pensato… - Ma questa volta non
ritorneremo in vita. E mentre lo dice, Drunjed
pensa a quanto gli ha detto suo padre: lui ritornerà in vita e rivedrà
Niedzj. Quando suo padre glielo aveva detto, aveva gioito, ma ora il pensiero
di tornare in vita senza Tezhrab gli sembra orribile. - Tornare in vita per poi
essere ammazzati in tutti i modi… non è proprio il massimo. Drunjed sorride: - Ne valeva la pena. - Per ricacciare Vrag? Sì, senz’altro. - Sì, per quello. Anche
per quello. Ma non è il motivo principale. Drunjed sorride. Anche sul
viso di Tezhrab è apparso un sorriso. Si sporge in avanti, bacia Drunjed
sulla bocca e dice: - No, non è il motivo
principale. Valeva la pena di morire tante volte, anche di essere stuprato da
Vrag. Valeva la pena di tutto. Mi spiace solo che stia
per finire. - Abbiamo ancora un
giorno, il nostro ultimo giorno di vita. Le ore trascorrono nei
giochi dell’amore. Quando il sole tramonta,
Drunjed dice: - Tezhrab, ti chiedo una
cosa. - Qualunque cosa sia. - Non voglio ucciderti,
Tezhrab, non posso farlo. Uccidimi tu, nel duello. Tezhrab annuisce. Se non
fossero entrambi destinati a morire, si rifiuterebbe, ma poiché nessuno dei
due vedrà l’alba del giorno seguente, accoglie volentieri la richiesta di
Drunjed: farà ciò che gli chiede l’uomo che ama, lieto di soddisfare il suo
ultimo desiderio. - Lo farò e va bene così:
in fondo tu sei stato il primo a uccidermi. Ma tu combatti. - Certamente. È giunta l’ora del duello.
Ricevono due spade, che non sono quelle che hanno usato contro Vrag. Drunjed si impegna nel
duello perché ritiene di doverlo fare, ma attende solo il colpo di spada.
Tezhrab invece lotta con ardore e infine la sua spada trafigge Drunjed. La
punta esce dalla schiena. Una smorfia di dolore appare sul viso del re degli
Orsi, poi un sorriso. - Addio, Tezhrab. Addio,
amore mio. Tezhrab estrae la spada.
Drunjed barcolla. Senza accorgersene si volta e dà le spalle a Tezhrab, che
lo trafigge una seconda volta. Quanto ritira la spada, Drunjed cade a terra
morto. Quattro sacerdoti prendono
il cadavere di Drunjed e lo portano nel recinto a fianco, stendendolo su uno
degli altari di legno. Un altro sacerdote con un
gesto indica a Tezhrab di stendersi sul secondo altare. Il grande sacerdote prende
l’ascia e la cala sul collo di Tezhrab e poi su quello di Drunjed,
decapitando i due guerrieri. Poi depone a terra l’ascia e afferra il pugnale,
con cui apre il petto ed estrae il cuore dai due cadaveri. Infine si serve
della spada per mutilare i corpi, tagliando i genitali. Le due teste vengono infisse
sulle lance. Due guerrieri le portano poco lontano, sull’orlo di una gola
profonda, e le piantano nel terreno. Saranno gli animali dell’aria a
spolparle, lasciando solo le ossa. Il Grande Sacerdote lancia
i due cuori nel fuoco che arde all’ingresso del cerchio. Un fumo nero si
alza, mentre le fiamme li consumano. Il Sacerdote prende i pugnali e li getta
nel fuoco. I genitali vengono gettati
nel fiume, per gli animali dell’acqua, che se ne ciberanno. Anche le due
spade vengono date alle acque. Infine i sacerdoti
sollevano i due corpi mutilati e li portano in una radura vicina, lasciandoli
agli animali della terra: saranno il pasto di orsi, lupi, cinghiali, leoni di
montagna e volpi. Le lame delle asce vengono conficcate nel ventre dei due
guerrieri. I corpi smembrati e le
armi sono stati lasciati agli elementi. Il rito si è concluso. Tezhrab e Drunjed saranno
considerati spiriti protettori di questa tribù di Figli di Selene. Drunjed si sveglia. Si
mette a sedere e per un attimo non capisce dove si trova. Poi tutto ritorna
nitido. Tezhrab lo ha ucciso nel duello. Ma è tornato in vita ancora una
volta. Accanto a lui è Niedzj. - Padre! - Le tue sofferenze sono
finite. Padre e figlio si
abbracciano. Una domanda brucia sulle labbra di Drunjed. La formula: - E Tezhrab? Niedzj sorride. - È anche lui qui. È morto
dopo di te e non si è ancora ridestato. Una gioia immensa si
impadronisce di Drunjed. - Abbiamo finito di morire
e tornare in vita? Niedzj scuote la testa. - No. Morremo tutti ancora
una volta. Ma non so se ritorneremo in vita. Di questo parleremo dopo. So che
c’è ancora un anno. Un anno di pace, in cui nulla potrà separarti dall’uomo
che ami. - Né da te, padre. Perché
rimarremo vicini, vero? - Sì, sarò con te. |
||||||||||