Mjesecev il Salvatore

 

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Praotac, figlio di Musum il Grande, regna su Sjevekral da quasi quarant’anni. Sotto di lui il regno ha goduto di un lungo periodo di prosperità e pace. Praotac ha mantenuto buoni rapporti sia con i regni vicini, sia con le tribù del Nord.

Praotac ha tre figli maschi e una figlia, che è sposata e vive a corte con il marito.

Il maggiore, l’erede al trono, è Previs, che ha trentacinque anni e si prepara a succedere al padre, ormai anziano. Da alcuni anni lo affianca in molte occasioni ed è impaziente di regnare. È ambizioso: Musum ha fondato un forte regno e Praotac si è limitato a difenderlo, senza cercare nuove conquiste, mentre Previs vorrebbe estendere i suoi domini. Pensa spesso al futuro che lo attende come re, quando suo padre sarà morto.

Sogna di affrontare uno dei regni ai confini di Sjevekral o di impossessarsi dei territori delle tribù del Nord, non appena sarà salito al trono. I regni vicini sono potenti e Istokrali, che gli appare la conquista meno difficile, ha un forte esercito, ma anche le bellicose tribù del Nord non sono una preda facile.

Previs non parla dei suoi progetti: sa che suo padre si opporrebbe e potrebbe persino designare come erede uno dei suoi fratelli.

 

Anche il secondo fratello, Starkrad, è molto ambizioso e vive male la sua condizione di cadetto. Vorrebbe che il padre lasciasse il trono a lui e non al fratello maggiore, ma non sa come ottenere il suo scopo. In più occasioni ha fatto notare al padre qualche manchevolezza di Previs, ma non ha ottenuto nulla. Non è intenzionato a rinunciare alle sue ambizioni. Previs è sposato, ma non ha avuto figli maschi, per quanto abbia ripudiato la prima moglie e se ne sia presa una seconda. Il fratello maggiore è perciò l’unico ostacolo che Starkrad ha sulla strada del trono.

Starkrad, che si è sposato molto giovane, ha già quattro figli maschi: due sono ragazzi e due ancora bambini.

In qualche modo Previs va eliminato, prima della morte del padre o subito dopo. Ma forse è meglio non dargli il tempo di diventare re. Starkrad aspetta solo un’occasione favorevole, perché non vuole correre rischi.

 

Il terzo fratello, Mjesecev, è del tutto diverso dagli altri due. Fisicamente assomiglia a loro: è un tipico figlio di Lilith, alto, robusto, nero di pelame, con gli occhi scuri e un sesso vigoroso. Non è bello, ma la bellezza non è una qualità della stirpe di Musum. Sul suo corpo ci sono due segni particolari, due stelle color indaco: una è sul petto, subito sotto lo sterno; l’altra è dietro i testicoli. Nessuno ne conosce il significato. Praotac ricorda che anche il fratello aveva due segni a forma di stella, ma non ha mai dato peso a questo.

Mjesecev non è interessato al potere e, come lo zio Djed, che ha visto solo due volte quand’era ancora bambino, preferisce la vita libera dei monti e delle foreste ai fasti della corte. Ha viaggiato a lungo nel montuoso regno di Brujekral, ai confini occidentali di Sjevekral, e spesso si reca a Nocigranica, la città alla frontiera settentrionale, che viene chiamata la Porta del Nord. Di lì ama spingersi oltre i forti che segnano il confine e raggiungere le terre selvagge popolate dalle dodici tribù. Dalla più settentrionale di queste tribù, quella del Leone di Montagna, discendeva Musum il Grande, suo nonno, e su di essa ha regnato Djed.

Praotac non è contento della passione di Mjesecev per le terre del Nord: suo fratello Djed, che tornò a vivervi e divenne re, morì giovane, ucciso da un vatra.

- Quelle terre sono piene di pericoli. Mostri di ogni genere. Che senso ha rischiare di morire quando puoi vivere serenamente qui?

Mjesecev scuote la testa.

- Padre, la vita di corte non fa per me, lo sai benissimo.

- Lo so, lo so. Sei come tuo zio. Non vorrei che tu finissi come lui.

- Neanch’io lo vorrei, ma preferisco gli accampamenti del Nord alla reggia, dovessi anche trovarvi la morte.

- Come vuoi, figlio. Non posso farti cambiare idea. Sei una testa dura. Ti posso però dare una cosa, che forse ti sarà utile.

- Che cosa? 

- La spada che fu di Musum e poi di Djed: spero che quest’arma possa proteggerti contro i pericoli che si celano in quelle regioni selvagge.

- Non sapevo dell’esistenza di questa spada.

- Mio padre mi disse che gliel’aveva donata Vodjanoj. Dopo la morte di Djed, gli uomini della tribù del Leone di Montagna me la fecero avere, perché essa appartiene alla nostra stirpe. Credo che ti possa essere utile se ti fermerai a lungo nel Nord.

 

Nel Nord Mjesecev si dedica alla caccia e sfida in duelli amichevoli molti guerrieri delle tribù del Nord: i figli di Lilith che vivono in queste terre amano misurarsi con avversari molto forti e non temono di rimanere feriti o, come più di rado capita, uccisi. Mjesecev batte tutti coloro che osano sfidarlo e conquista la fama di grandissimo guerriero. Alcuni vorrebbero che sfidasse il loro re e prendesse il comando della tribù, ma Mjesecev non desidera regnare: come suo nonno e suo zio, ama la vita libera delle terre del Nord e non è interessato al potere.

Ogni autunno accompagna alcuni guerrieri del Leone di Montagna nei territori di caccia più settentrionali della tribù. Muovendosi da solo o con altri, ha modo di incontrare alcuni degli esseri che popolano queste regioni e un giorno si trova anche ad affrontare un gruppo di trog, che costituiscono una minaccia ricorrente per i figli di Lilith. Un anno decide di spingersi ancora più a nord: è curioso di conoscere le regioni che si estendono oltre i territori di caccia delle tribù, quelle che vengono chiamate il Grande Nord.

Anche tra i figli di Lilith, pochi si spingono così lontano: troppi sono i pericoli di queste terre, abitate da esseri dotati di grandi poteri. I guerrieri della tribù però non si stupiscono della decisione di Mjesecev: sanno che anche il fondatore della sua stirpe, Musum, e il suo secondo figlio, Djed, visitarono le terre del Grande Nord. La stirpe di Musum non è come quella degli altri mortali. Pare che discenda da Vodjanoj il Terribile, Signore del Fiume dei Ghiacci. E dicono che sia il grande Musum, ucciso da un guerriero sconosciuto, sia Djed, divorato dalle fiamme del vatra, siano tornati a vivere: alcuni temerari che hanno osato spingersi molto oltre i confini delle terre delle tribù sostengono di averli visti, Musum in forma umana o leonina, Djed con aspetto di uomo o di tritone.

Mjesecev si separa dai suoi compagni e si dirige verso settentrione. Non sa perché continui ad avanzare, ma qualche cosa lo chiama e sembra guidare i suoi passi. Verso quale meta, Mjesecev non sa: forse solo verso la morte.

Un giorno, mentre costeggia il Fiume dei Ghiacci, dalle acque emerge Vodjanoj. Ha la forma di un magnifico tritone, ma a terra diventa un uomo vigoroso. Mjesecev si chiede se la sua vita non sia giunta al termine, perché spesso il Terribile trascina a fondo chi lo ha visto e non c’è modo di resistergli. Ma Vodjanoj si limita a guardarlo e poi torna a immergersi nella corrente del fiume. Mjesecev non può sapere che anche suo nonno e suo zio lo hanno visto, senza esserne affogati.

Il viaggio procede senza intoppi. Mjesecev uccide un truplar, un animale che si ciba di cadaveri e di uomini, ma è l’unico reale pericolo che si trova ad affrontare.

Una notte si stende ai margini di una radura. Si sveglia quando la luna è alta in cielo e sul prato tra gli alberi vede delle figure luminose. Hanno l’aspetto di uomini vigorosi, che danzano nudi, ma i loro corpi sembrano costituiti solo dalla luce della luna. Le figure sono disposte a formare un cerchio molto ampio, in cui gli uomini hanno le braccia allargate e le mani di ognuno sono strette a quelle dei suoi vicini. La danza è lenta, ma il ritmo un po’ per volta accelera e il cerchio si stringe: ora le mani afferrano le braccia, per avvicinarsi ancora, fino a che le braccia di ognuno scivolano sulle spalle dei due uomini vicini. Il cerchio è divenuto molto più stretto. Poi le mani scendono sui fianchi, ma la danza non si interrompe.

Mjesecev assiste in silenzio, timoroso di turbare i danzatori, che sembrano ignorare la sua presenza. Il cerchio si scioglie in una catena di figure, che si intrecciano, rimanendo al centro della radura. Il movimento è ininterrotto, ma si svolge tutto all’interno di un’area molto ristretta. Il cerchio si riforma, ma ora è più stretto ed è formato da coppie di figure: in ogni coppia le due figure sono disposte una di fronte all’altra e i corpi di luce aderiscono, mentre le braccia collegano ogni coppia alle altre. Il movimento diventa vorticoso e infine c’è una grande esplosione di luce: dal centro del cerchio un getto luminoso sale, molto più alto delle figure, e poi si dissolve. Anche le figure scompaiono. Nella radura rimane soltanto una miriade di piccoli fiori bianchi, che la luce lunare fa splendere nell’oscurità.

Il mattino seguente, quando Mjesecev si desta, i fiori sono ancora lì, piccoli ma tanto numerosi da aver trasformato la radura in un tappeto bianco.

Mjesecev giunge infine in cima a un colle e guardando in basso vede una grande conca in cui sette laghi di forma allungata, ognuno di un colore diverso, sembrano convergere verso un altro lago, circolare, posto al centro della vallata. Sa dov’è giunto: è la Terra degli Otto Laghi, uno dei luoghi più pericolosi del Grande Nord, dove arrivano solo coloro che sono chiamati dal proprio destino. Un destino che spesso è soltanto una morte prematura.

Mjesecev sa che quella che ha davanti è la sua meta: non lo sospettava, ma ora gli è chiaro. Vi sono giunti suo nonno e suo zio. Altri della stirpe di Musum il Grande sono destinati a immergersi nelle acque di uno dei laghi.

Mjesecev prende il sentiero che dal colle conduce al centro della vallata. È fiancheggiato da due file di alberi, i borobieli, il cui profumo inebriante trattiene chiunque passi, condannandolo a morire di sete e fame. Ma la primavera è molto lontana, il tempo della fioritura è ormai trascorso e solo gli scheletri di coloro che sono morti ai piedi degli alberi ne ricordano il potere.

Mjesecev arriva all’estremità esterna di uno dei laghi. C’è un sentiero che gira intorno ai sette laghi e Mjesecev lo prende e lo percorre fino a che raggiunge il lago color indaco. Costeggia il bacino, guardando le acque, limpide ma scure. A un certo punto si ferma, si siede e fissa la superficie. È tentato di tuffarsi, ma qualche cosa lo frena. Attende, senza sapere che cosa sta aspettando.

Le ore trascorrono, senza che succeda nulla. Scende la sera e Mjesecev si dice che dormirà sulla riva del lago. Si stende e si addormenta.

Si sveglia nel cuore della notte. La luna è alta in cielo e illumina la superficie del lago. Mjesecev si alza, guarda l’acqua. Si spoglia e si tuffa. Non sa perché lo fa.

Scende in profondità, senza preoccuparsi di rimanere senza aria. Sul fondo si intravede appena un’ombra argentata. Quando la raggiunge, Mjesecev si accorge che è una figura umana, un maschio nudo, che sembra guardarlo. È alto come lui e robusto, con due segni verticali color indaco sulla guancia destra.

L’uomo si china e prende una spada. Con un cenno del capo indica un’altra spada. Mjesecev si china e l’afferra. Non sa perché deve misurarsi con quest’uomo, che forse non è neppure un mortale, ma uno degli esseri incantati che vivono in queste terre. Non sa che suo nonno e suo zio affrontarono anch’essi in fondo a un lago l’uomo che il destino aveva assegnato loro.

Mjesecev è un grande guerriero, ma l’uomo che affronta non è da meno. Combattono a lungo e il duello accende il loro desiderio. Infine Mjesecev si scopre e il suo avversario gli infila la spada nel petto. Nel movimento però abbassa la guardia e Mjesecev, che si sente già afferrare dalla morte, lo trapassa con la sua lama.

Cadono sul fondo del lago, stretti in un abbraccio mortale. Mentre muoiono sentono entrambi il piacere esplodere.

 

Mjesecev si sveglia e guarda il cielo sopra di sé. Per un momento non capisce dove si trova, poi il ricordo del duello riemerge. Si mette a sedere di scatto. È nella Terra degli Otto Laghi, in riva al lago color indaco. Mjesecev si guarda il petto. Non c’è nessuna ferita, ma una nuova cicatrice. Non è stato un sogno? Ma la ferita era mortale. Come può essersi rimarginata?

I suoi abiti sono a terra.

- Buongiorno, Mjesecev.

La voce lo fa sussultare: non si era accorto che ci fosse qualcuno. Si volta. L’uomo è seduto, dietro di lui. È il guerriero che ha affrontato in fondo al lago, a cui ha dato e da cui ha ricevuto la morte. Ma entrambi sono vivi e anche l’uomo nudo che gli sta di fronte ha una cicatrice sul petto. Alla luce del giorno Mjesecev vede che il guerriero ha barba e capelli rossi, come il pelame che ha sul corpo, e occhi azzurri. Su una spalla ha un segno che sembra l’artiglio di un leone.

- Buongiorno a te. Tu sai il mio nome, ma io non ti conosco.

- Io sono Nepoz.

- Come fai a sapere il mio nome?

- Me lo disse mio padre, Djed.

- Djed? Il fratello di mio padre Praotac? È morto molti anni fa.

- Sì, io non lo conobbi, ma l’ho incontrato qui, pochi giorni fa.

Come può quest’uomo aver incontrato un guerriero morto da molti anni? Mjesecev non capisce. Chiede:

- Ed era tuo padre? Non sapevo avesse avuto figli. Anche gli uomini della sua tribù lo ignorano.

- Nessuno lo sa. Si saprà quando il destino si dovrà compiere.

- Strane sono le cose che tu mi racconti. Ma strano è anche il sogno che ho fatto.

- Non è stato un sogno, Mjesecev. Ci siamo davvero affrontati nel lago, come fece nostro nonno Musum e come fece mio padre. Qui, in questa terra che pochi possono raggiungere, loro hanno accettato il destino che li attendeva e anche noi lo abbiamo accettato.

- Tu sai molte cose.

- Me le trasmise mia madre. La nostra non è una stirpe come le altre. In ogni generazione uno o più uomini hanno un destino particolare. E per ognuno di noi il destino ha in serbo molto dolore.

- Quello che mi racconti è molto strano, davvero.

- Avrai modo di scoprire che è la verità. La sofferenza non ti sarà risparmiata, né lo sarà a me.

- I nostri destini sono legati?

- Sì, questo posso dirlo con sicurezza, anche se non so come.

Nepoz sorride e aggiunge:

- O, meglio, lo so solo in parte.

Di colpo Mjesecev si rende conto di desiderare il corpo che sta guardando. L’improvviso irrigidirsi del cazzo lo mette in imbarazzo: ormai è troppo tardi per coprirsi.

Nepoz sorride e dice:

- Nella nostra stirpe coloro che il destino ha segnato sono attratti da altri uomini che discendono dal Signore del fiume, Vodjanoj il Terribile. Musum e Djed amarono altri discendenti del Signore del Fiume, a cui li univa un vincolo di sangue.

- Una stirpe incestuosa…

- Sì.

C’è un momento di silenzio.

Poi Nepoz si avvicina, senza alzarsi. Prende la testa di Mjesecev tra le mani e lo bacia sulla bocca. Poi si stende sulla schiena. Mjesecev si stende su di lui.

Si baciano ancora, si stringono, si abbracciano. Il gioco delle mani, delle bocche, delle braccia, alimenta l’incendio che li brucia. 

Il desiderio preme, troppo violento ormai per accettare un rinvio. Mjesecev si solleva e, abituato a trattare con maschi che gli si offrono, con le mani guida Nepoz a stendersi a pancia in giù. Si chiede se il guerriero accetterà di essere posseduto o si rifiuterà, ma non incontra nessuna resistenza.

Nepoz allarga le gambe. Mjesecev sputa sul solco e sparge la saliva, poi inumidisce con cura la cappella. La voce è roca quando sussurra:

- Ti desidero, Nepoz.

Mjesecev gli morde una spalla e spinge. La carne cede e Mjesecev è sopraffatto dal piacere. Si muove con lentezza, lasciando che il desiderio cresca e il piacere lo avvolga completamente. A lungo cavalca, senza stancarsi. Le sue mani percorrono il corpo di Nepoz, si perdono tra i peli, le dita si infilano tra i capelli. Le labbra di Mjesecev baciano la nuca di Nepoz, i suoi denti gli mordono una spalla, il lobo dell’orecchio. E il suo cazzo si spinge a fondo e poi si ritrae, in un movimento continuo che dilata il piacere. Non ha mai goduto tanto. Infine il piacere esplode e il seme si spande nelle viscere di Nepoz. Mjesecev grida:

- Nepoz!.

Si abbandona sul corpo di Nepoz. Gli accarezza il capo, con dolcezza. È così bello rimanere distesi su Nepoz, sentirne il calore, far scivolare le dita sulla pelle. Dopo un momento gli sussurra:

- Nepoz… tu mi desideri?

- Con tutto me stesso.

Nepoz bacia Mjesecev, poi si separano. Mjesecev si mette a quattro zampe e Nepoz gli accarezza il culo, poi lo stringe, forte.

Nepoz si sputa nel palmo della mano e si inumidisce la cappella, poi sparge altra saliva sull’apertura. Morde il culo di Mjesecev, più volte, poi fa scivolare la sua lingua sul solco, una carezza umida che trasmette un brivido a Mjesecev. Ripete l’operazione, mentre le sue dita vigorose stringono il culo. Poi avvicina il cazzo all’apertura e penetra Mjesecev, prendendo possesso del suo corpo.

Mjesecev sente un po’ di dolore: nessuno l’ha mai preso e Nepoz è ben dotato. Ma il piacere è più forte ed è bellissimo sentire le sue mani che lo accarezzano, lo stringono, gli tormentano i capezzoli e i coglioni. Essere tra le braccia di Nepoz, sentire dentro di sé lo spiedo che lo trafigge, sentire le parole oscene che Nepoz gli sussurra, mescolate a parole d’amore: questo è davvero il paradiso.

Anche Nepoz è un buon cavaliere e cavalca a lungo, finché il piacere non diviene tropo forte e il seme si sparge.

Rimangono distesi uno accanto all’altro, mano nella mano. Dopo un po’ il desiderio si riaccende in entrambi. Trascorrono il mattino nei giochi del piacere, poi si rivestono e lasciano la Terra degli Otto Laghi.

Si spostano più a sud, ai confini con le terre delle tribù. Per tutto l’autunno cacciano insieme.

Sono giorni felici: la felicità è svegliarsi il mattino tra le braccia di Nepoz, cacciare con lui, bagnarsi insieme nel fiume, amarsi nei boschi o nelle caverne. Nelle terre del Nord Mjesecev si è sempre sentito sereno e in pace con se stesso. Ora, per la prima volta, conosce la felicità. Non sospetta il prezzo che dovrà pagare.

L’autunno scivola verso l’inverno. Le neve copre le cime delle montagne, poi scende a rivestirne i fianchi e infine anche i fondovalle. Molti alberi perdono le loro foglie e ad alta quota nelle piccole pozze l’acqua gela in superficie.

Mjesecev non vorrebbe separarsi da Nepoz. Non gli importa del regno e già prima di incontrare l’uomo che ama ha spesso pensato di stabilirsi nelle terre del Nord. Ora che ha Nepoz al suo fianco, tornare nel regno gli parrebbe assurdo.

- Dove trascorreremo l’inverno, Nepoz? Ci uniremo a qualche tribù?

Le parole di Nepoz dissolvono i suoi sogni in un brusco risveglio.

- I nostri giorni insieme sono giunti alla fine. Altro è il destino che ti attende. Devi tornare nel tuo regno. Prima che questo autunno giunga al termine, la tua vita cambierà completamente.

Mjesecev ha l’impressione che gli manchi la terra sotto i piedi. Chiede, smarrito:

- Ci ritroveremo?

- Sì, ma non mi chiedere come. Non posso dirtelo. Ed è meglio che tu non lo sappia.

Musum vede crollare il futuro che si era immaginato. I suoi sogni si dissolvono. Una tristezza infinita lo avvolge.

- Nepoz… non è possibile…

- Abbiamo avuto la nostra parte di felicità, Mjesecev. Altro non avremo in questa vita.

- Allora preferisco morire.

- Desidererai molte volte la morte, ma essa verrà tardi per te.

- Nepoz…

- Non dipende da me, Mjesecev. Né da te. Abbiamo accettato il nostro destino.

Quando parte per tornare a Nocigranica e di lì alla capitale, Mjesecev ha perso ogni voglia di vivere.

 

Nella capitale Previs ha deciso che vuole sapere che cosa lo aspetta se cercherà di espandere i confini del regno. Si può rivolgere a indovini o veggenti, che però non sempre sono affidabili. Esiste un solo luogo in cui è possibile avere responsi sempre veritieri: è l’Antro di Okrutan, a quattro giorni a cavallo dalla capitale, nella signoria di Vlag, che non appartiene a nessuno dei sette regni. È un luogo terribile: l’ingresso è ai piedi di un grande albero, dai cui rami pendono i cadaveri di coloro che si sono recati a consultare l’Antro e non ne hanno rispettato le regole.

Previs è coraggioso e non ha paura di morire: decide che si recherà all’Antro. Non informa nessuno della sua vera meta, perché non vuole che il padre sospetti. Non ne parla neanche al fratello Starkrad: gli racconta che si reca in incognito a Lyugrad, ai confini sud-occidentali del regno, per incontrare una donna di cui non dice il nome.

- Una donna? Dev’essere una principessa, se la incontri in segreto.

Previs ride.

- Per il momento preferisco non parlarne. Ti dirò poi. A nostro padre racconterò che vado a caccia nel Bosco delle Tre Colline.

- Potrei andarci davvero io. Così facciamo il primo pezzo di strada insieme e possiamo darci appuntamento per il ritorno. Nostro padre non sospetterà nulla.

- È una bella idea, Starkrad. Partiamo insieme, ci separiamo alla Locanda del Ponte e ci ritroviamo lì tra otto giorni, per tornare in città.

I due fratelli comunicano al padre l’intenzione di andare a caccia per alcuni giorni, poi si mettono in viaggio. Alla Locanda del Ponte si separano.

Starkrad, contrariamente a quanto ha detto al fratello, non raggiunge la casa di caccia reale nel Bosco delle Tre colline: la partenza di Previs è l’occasione che da tempo aspettava per mettere in atto i suoi piani. Negli otto giorni che mancano al ritorno del fratello, molte cose cambieranno nel regno.

Starkrad ha alcuni uomini fidati, su cui può contare: nessuno di loro di certo lo tradirà e il principe saprà ricompensarli per l’aiuto che gli daranno.

 

Dopo quattro giorni di viaggio Previs giunge alla locanda più vicina all’Antro, dove si ferma per riposare e rifocillarsi: l’Antro si può consultare solo di notte.

La sera, mentre beve prima di avviarsi, un uomo si siede accanto a lui. Ha un occhio solo e due cicatrici gli sfigurano il viso. C’è un ghigno sulla sua faccia.

- E così vai all’Antro.

Previs lo guarda. Il tono familiare dell’uomo lo irrita: non è abituato a essere trattato con confidenza da persone di rango inferiore. Ma nella locanda nessuno sa che è il principe ereditario di Sjevekral. Si chiede come faccia l’uomo a sapere qual è la sua meta, ma probabilmente ha solo tirato a indovinare. Vedendo che non è un contadino o un mercante, deve aver pensato che si è spinto fino lì per consultare l’Antro. Non ha nessuna intenzione di confermare l’affermazione dello sconosciuto: preferisce non far sapere i fatti suoi ad altri.

Ma l’uomo non si scoraggia.

- Fa’ attenzione. Ne ho visti diversi che sono partiti baldanzosi, convinti di sapere tutto, e ora marciscono nudi appesi all’albero.

Previs risponde, secco:

- Lo so.

- Anche gli altri lo sapevano, ma quando sei dentro non è facile…

- Tu ci sei stato?

- Sì, ci sono stato. Volevo sapere. E il risultato è la mia faccia. E questo.

Mentre parla l’uomo solleva il braccio sinistro, che teneva nascosto tra le pieghe del mantello: manca la mano, tagliata sopra il polso.

- L’Antro ti ha ingannato.

L’uomo ride, una risata beffarda.

- L’Antro non inganna. Dice la verità. Sta a te capirla. Quello che mi fece vedere era tutto vero, ma era solo una parte. L’altra l’ho scoperta a mie spese.

Previs è infastidito.

- In un modo o nell’altro voglio sapere.

- Bada, non puoi parlare se…

Previs lo interrompe:

- Lo so, conosco le regole. Non posso chiedere se non sento la voce. E se mi dice di tacere, devo tacere. Non finirò impiccato all’albero.

L’uomo annuisce.

- Se mi offri da bere, ti racconto alcune cose che potrebbero esserti utili.

A Previs verrebbe da rifiutare, perché questo sconosciuto invadente gli dà fastidio, ma tutto sommato sapere qualche cosa di più, da uno che c’è stato e parla per esperienza diretta, potrebbe tornare utile.

- Va bene.

Con un gesto chiama il locandiere e gli fa portare altro sidro, poi si dispone ad ascoltare l’uomo.

- Nell’antro non vedi un cazzo. È come essere in una botte piena di pece. È un corridoio che scende, ma devi fare attenzione, perché a un certo punto finisce nel vuoto. Devi procedere a piccoli passi, guidandoti con una mano a una parete.

- Questo lo sapevo.

- Può fare un caldo infernale o un freddo porco. Può soffiare un vento di tempesta o non esserci un filo d’aria.

Previs ha sentito parlare del caldo e del vento, non del freddo. Ma non è un’informazione utile: nella grotta si può entrare solo nudi.

- E poi ti appaiono immagini. Un futuro possibile, quello che accadrà se tu non lo cambi, quel fottuto futuro. Ma non è che cambiandolo sei sicuro che le cose vadano meglio. Possono andare peggio.

L’uomo ride, una risata aspra, poi aggiunge:

- Ma questo non puoi saperlo.

Previs scuote la testa. Sa che ciò che scoprirà può trarre in inganno, ma spera di riuscire a interpretarlo correttamente.

- È tutto lì quello che hai da dirmi?

- Di certo sai già che puoi parlare solo se senti la Voce.

- Tu sai chi è che parla?

Nuovamente l’uomo ride, ma questa volta sembra davvero divertito.

- Nessuno lo sa. Non si sa nemmeno se è un uomo a parlare, un demone o l’Antro stesso.

- Una grotta che parla… no, dev’essere qualcuno.

- Qualcuno in grado di creare immagini. Vedi le scene come se si stessero svolgendo davanti ai tuoi occhi. Ti vedi lì in mezzo…

Dopo un momento di silenzio Previs dice:

- Non mi sei stato di grande aiuto, ma va bene così.

Fa ancora portare del sidro, poi dice:

- Per me è ora di andare.

- Buona fortuna, amico.

Il buio è ormai fitto e Previs si avvia. Percorre l’ultimo tratto di strada. È una notte serena, senza vento. L’Antro sorge in cima a una collina e la sagoma del grande albero si staglia contro il cielo stellato. Salendo lungo la collina, Previs vede i cadaveri che penzolano dal grande albero, come frutti. Avvicinandosi l’odore di decomposizione diventa sempre più forte. Gli sembra di respirare a fatica.

Previs arriva in cima. L’Antro sembra una grande bocca spalancata, pronta a divorare chi si avvicina. Il principe si spoglia: nell’Antro si entra nudi e nudi sono i cadaveri. Previs sa quali sono le regole che deve osservare e intende rispettarle: non ci tiene a finire impiccato.

Prima di entrare, lancia un’occhiata ai corpi. Alcuni sono ormai putrefatti, altri invece sono cadaveri più recenti. Sono tutti maschi, anche se due di loro sono stati mutilati e al posto dei genitali hanno solo uno squarcio.

Previs si riscuote e si avvia. Gli sembra che l’apertura si dilati ancora per accoglierlo, come una bocca che si spalanca per inghiottire. L’aria è calda e stagnante. Previs incomincia a sudare subito.

Procede nel buio assoluto del corridoio, mettendo un piede davanti all’altro con cautela e facendo scorrere la sinistra lungo la parete, finché non si accorge di essere arrivato al punto in cui il terreno sotto di lui precipita. Allora si ferma e attende.

C’è un momento di silenzio, che a Previs pare interminabile. Poi un’immagine prende forma: è Starkrad, che parla con due guerrieri. Previs li conosce di vista: sono gli uomini più fidati di suo fratello e lo accompagnano spesso.

Starkrad sta parlando:

- In due o tre giorni il veleno farà effetto. Tutti crederanno a una malattia. Previs non verrà a sapere nulla prima di raggiungere la Locanda del Ponte.

Starkrad ride e aggiunge:

- Ma non la raggiungerà. Lo aspetterete lungo la strada. Venendo da Lyugrad percorrerà la pista che attraversa la parte meridionale del bosco. Ci sono diversi posti adatti per tendere un agguato.

Uno dei due cavalieri dice:

- Conta su di noi. Che cosa dobbiamo fare del cadavere? Vuoi che sia ritrovato?

- Non subito. Assumerò la reggenza in nome di Previs, poi faremo ricerche e troveremo i resti. Ucciso dai briganti nel Bosco delle Tre Colline, che misera fine per un re che non regnerà…

Starkrad ride di nuovo: suo fratello è allegro mentre progetta il suo assassinio. Con un gesto istintivo, Previs cerca la spada, che non ha: l’impulso di saltare addosso al fratello e ucciderlo è fortissimo.

L’immagine scompare. Previs è venuto per i suoi progetti di espansione del regno, ma se non avesse saputo che cosa trama il fratello sarebbe morto senza poter regnare.  

La voce lo fa sussultare:

- C’è altro che vuoi sapere, Previs, che tra due giorni sarai re di Sjevekral?

Previs sente i polmoni dilatarsi per la gioia: la voce gli permette di chiedere!

- Voglio estendere il regno. Che ne sarà di me se attaccherò Istokrali?

L’immagine compare immediatamente. È una battaglia, una carneficina. Previs si vede combattere a cavallo. Una freccia lo colpisce al collo. Barcolla e cade dalla sella. Due uomini con picche si avvicinano e gli trafiggono il petto. L’immagine svanisce e nella successiva Previs vede la propria testa infilzata su un palo alle porte della capitale di Istokrali.

- E se attaccassi le tribù del Nord?

- Solo un discendente di Musum il Grande può guidare le tribù del Nord.

La risposta è ambigua. Previs chiede:

- Quindi riuscirò a sottometterle?

- Chi ci proverà sarà ucciso da un discendente di Musum il Grande.

- Ma chi…

La voce lo interrompe:

- Basta! Vai!

Il vento si è levato, forte, un vento che si alza dall’abisso ai piedi di Previs e lo ricaccia indietro. Il principe vorrebbe chiedere ancora, apre la bocca per parlare, ma il ricordo delle regole gliela fa richiudere. Il vento lo sospinge verso l’uscita, quasi sollevandolo, e infine Previs si ritrova fuori, ai piedi del grande albero. A fatica riesce a non cadere a terra. Davanti al viso vede uno dei cadaveri. Previs ghigna: è uscito indenne dall’Antro.

 

Mentre si dirige alla locanda, dove trascorrerà ciò che resta della notte, Previs riflette. Suo fratello ha avvelenato il loro padre e mandato due sicari ad aspettarlo lungo la strada, per ucciderlo. Evitarli sarà facile: basterà prendere un’altra strada. Non ha motivi per ripassare dalla Locanda del Ponte. Starkrad e i suoi due sicari sono uomini morti. E grazie a quel coglione di suo fratello, lui sta per diventare re. Di suo padre non gli importa molto: ormai è anziano, ha regnato a lungo ed è ora che lasci il trono a chi è più in grado di lui di regnare.

La parte che riguarda i progetti di espansione è invece più complessa. “Solo un discendente di Musum il Grande può guidare le tribù del Nord.” Guidare significa regnare? Le tribù accetteranno di sottomettersi, conservando una certa autonomia? Potrebbe essere. Gli unici discendenti di Musum il Grande sono Praotac e i suoi tre figli, perché il fratello di Praotac, Djed, è morto senza eredi. Praotac morirà, tra due giorni, ucciso dal veleno. Starkrad non vivrà a lungo e neppure i suoi figli: i piccoli del serpente vanno schiacciati, perché non possano un giorno vendicare il padre. Rimane il terzo fratello, Mjesecev, che è un forte guerriero, ma non è ambizioso: di sicuro non mira a sottomettere le tribù del Nord. Ha sempre approvato la politica di pace del padre. Allora le parole devono riferirsi per forza a lui, Previs: sarà lui a guidare le tribù del Nord. In realtà l’Antro non ha detto che così avverrà, ma che solo un discendente di Musum, quindi Previs, può farlo.

L’ultima risposta è quella che ha difficoltà a capire. Chi proverà a sottomettere le tribù del Nord sarà ucciso da un discendente di Musum il Grande. Mjesecev potrebbe volerlo uccidere? No, è impensabile. Ma non esistono altri discendenti di Musum il Grande. C’è una contraddizione tra le due affermazioni: in quanto discendente di Musum, dovrebbe poter guidare le tribù, ma volendo sottometterle sarà ucciso da… da chi? Da Mjesecev, forse? No, lo esclude. O sarà lui a uccidere un altro, che cercherà di impadronirsi delle terre del Nord? Potrebbe essere. Le tribù potrebbero sottomettersi a lui per respingere un nemico. L’ipotesi gli sembra la più plausibile: in fondo è così che Musum ha fondato il regno. In questo caso deve aspettare che le tribù chiedano il suo aiuto.

Dovrà riflettere bene su quanto ha vaticinato l’Antro. Adesso però le priorità sono altre: sta per diventare re e deve sventare i piani del fratello. Sapeva che Starkrad è molto ambizioso, ma non aveva pensato che sarebbe arrivato a progettare un duplice omicidio per conquistare il trono.

Il mattino dopo Previs riprende la strada per la capitale. Il mattino dell’ultimo giorno di viaggio gli arriva la notizia: suo padre è morto nella notte precedente. Ora lui è re. In serata raggiunge Sjevredava. Non ha avvisato del suo arrivo e nessuno lo aspetta.

Il più sorpreso è Starkrad, che fa fatica a nascondere il suo sconcerto: attendeva i due sicari che dovevano portargli la notizia della morte del fratello, ma invece si trova di fronte Previs stesso. Merda!

Previs si mostra cordiale con il fratello, come se non sospettasse nulla. Si limita a fare molta attenzione a ciò che mangia e beve e rimane sempre in compagnia di alcuni uomini fidati. Il giorno dopo il suo ritorno arriva Mjesecev, che ha appena saputo della morte del padre. Previs è contento del suo ritorno e lo vuole al suo fianco in tutte le cerimonie: ne conosce la lealtà e sa che lo difenderebbe da qualsiasi attacco. È ben difficile che Starkrad cerchi di ucciderlo ora, ma preferisce non correre rischi.

Nei tre giorni successivi molti cittadini si recano nella capitale per il funerale del re.

Previs viene incoronato una settimana dopo la sepoltura del padre, secondo un uso diffuso nei regni vicini e che Praotac ha deciso di introdurre a Sjevekral.

Il giorno stesso, poco dopo la fine della cerimonia, Previs fa arrestare il fratello. Poi convoca i due uomini che Starkrad aveva mandato a ucciderlo, facendo credere loro che è il fratello a chiamarli, e li fa arrestare. Nessuno dei due se l’aspettava, per cui vengono bloccati senza che possano opporre resistenza. L’arresto si svolge in segreto: è probabile che ci siano altri complici, che non devono essere messi in allarme.

I due sicari vengono rinchiusi in celle separate e torturati ferocemente, finché ammettono di aver ricevuto da Starkrad l’ordine di uccidere Previs e rivelano che uno dei servitori ha versato il veleno nella coppa del re. Anche costui viene imprigionato e sotto tortura confessa di aver avvelenato Praotac su ordine di Starkrad.

Il complotto viene reso noto il giorno successivo e suscita indignazione e sgomento in tutta la città e poi nel regno.

I quattro compaiono davanti al re. I due cavalieri si reggono a fatica in piedi per le torture subite. Il servitore è in migliori condizioni, perché ha ceduto subito alla tortura, confessando la sua colpa e indicando il principe come mandante.

Starkrad cerca di difendersi, ma le sue parole non convincono nessuno. D’altronde tutti sanno bene che i due cavalieri sono i suoi uomini più fidati.

Il processo si svolge davanti ai notabili, ma il re è giudice supremo e unico per tutti i crimini contro la famiglia reale. Previs condanna a morte i quattro.

I due cavalieri e il servitore vengono caricati su carri e portati per le vie della città, mentre i carnefici con tenaglie roventi li smembrano, poi vengono squartati nella piazza principale. I loro resti vengono lasciati nella foresta, dove saranno cibo per gli animali selvatici.

A Starkrad, in quanto principe, vengono risparmiate la tortura e la vergogna di un’esecuzione pubblica. Rinchiuso in carcere, rimane tre giorni ad attendere. Infine una notte la cella si apre. Entrano cinque uomini. Il primo è il boia, che ha in mano una corda.

- Merda!

Il boia non dice nulla.

Gli altri quattro uomini portano tra le braccia ognuno un cadavere: sono i quattro figli di Starkrad, che li guarda, pietrificato, e poi grida:

- Maledetti!

Il boia fa un cenno alle guardie, che bloccano Starkrad. Questi si dibatte, ma è incatenato e non può fare nulla contro quattro uomini forti. Il boia gli passa la corda intorno al collo e incomincia a stringere. Starkrad urla, ma nessuno bada alle sue parole. Le urla si spengono. Il boia continua a stringere, finché il corpo non si affloscia.

Per ordine del re il cadavere non viene neppure pulito, come è d’uso fare con i morti, e viene affondato in una palude. Un parricida e regicida non merita sepoltura. I corpi dei suoi figli subiscono la stessa sorte.

Previs è soddisfatto. I quattro figli di Starkrad avrebbero potuto un giorno cercare di ucciderlo. E in ogni caso erano discendenti di Musum e in base alla profezia dell’Antro potevano costituire una minaccia.

 

Previs governa con mano ferrea il regno. Si occupa di rafforzare l’esercito: arruola cavalieri liberi e fanti, fa produrre e acquista dagli altri regni molte armi e fa addestrare i soldati. Vuole che le truppe siano pronte quando verrà il momento di combattere.

Si chiede se dalle tribù del Nord giungerà una richiesta d’aiuto, ma il tempo passa e nessun minaccia si profila all’orizzonte: nessun nemico attacca i territori del Nord e non sembrano esserci neppure conflitti interni che potrebbero spingere una delle tribù a rivolgersi a Previs.

Previs diventa impaziente. Vuole conquistare nuovi territori, ingrandire il regno e acquistare così fama. Non vuole essere soltanto il re di uno dei Sette Regni: vuole essere un conquistatore.

Lascia trascorrere l’inverno, poi decide di passare all’azione. Il vaticinio dell’Antro è oscuro, ma un punto era ben chiaro: colui che cercherà di sottomettere le tribù del Nord sarà ucciso da un discendente di Musum il Grande. Previs e Mjesecev sono gli unici nelle cui vene scorre il sangue di Musum. E Mjesecev è leale: di certo non sfiderebbe il fratello.

Musum convoca il Consiglio Reale, di cui fanno parte solo quattro consiglieri.

- Musum il Grande, da cui discendo, era il re della tribù del Leone di Montagna. Mio zio è stato re dopo di lui. La corona della tribù mi spetta.

Interviene uno dei consiglieri, Savjet, che è figlio di un guerriero della tribù: suo padre accompagnò Musum nella spedizione che portò alla fondazione del regno di Sjevekral.

- Sovrano, come tu sai, nelle tribù del Nord la corona non è trasmessa per via ereditaria. Dopo la morte di tuo nonno, Musum il Grande, tuo zio Djed vinse gli altri guerrieri e così ottenne di regnare sulla tribù: se non avesse sconfitto gli avversari, non sarebbe salito al trono. Ora sulla tribù del Leone di Montagna regna un forte guerriero, che, come tuo zio, ha vinto gli altri pretendenti. Intendi sfidarlo?

Previs ride, ma è chiaramente infastidito dalla domanda.

- Pensi forse che io, signore di Sjevekral per diritto di nascita, intenda sottomettermi agli usi di una tribù di selvaggi?

Qualche consigliere nasconde la perplessità che la risposta del re provoca: Previs stesso discende da quei guerrieri che ora chiama selvaggi. Savjet osserva:

- Questo allora significa che dovrai affrontare l’intera tribù in battaglia, sovrano.

- L’esercito di Sjevekral è certo più forte di una tribù dei monti. Ti sembra che quei guerrieri che vivono come animali possano resistere alla truppe del regno?

Savjet è conscio che le sue parole stanno irritando il re, ma ritiene suo dovere non nascondere il suo pensiero.

- Certamente è come tu dici, Sovrano, ma la tribù del Leone di Montagna vive molto a Nord, all’estremità settentrionale della regione popolata dai figli di Lilith. Per raggiungerla, bisogna attraversare i territori di molte altre tribù, che non accetteranno mai di veder passare un esercito nelle loro terre.

Previs scatta, ormai furente:

- Basta! Così ho deciso e così faremo.

Savjet non dice più nulla. Sa di essere caduto in disgrazia: con ogni probabilità il re non lo farà più chiamare per le riunioni del consiglio del regno. Non gli importa: suo dovere è esporre la situazione com’è, non mentire per accontentare il re.

Solo quando due guardie del re lo vengono a prendere e lo conducono nelle prigioni del palazzo Savjet coglie pienamente la gravità della situazione: accecato dall’ambizione Previs non accetta nessuna critica. Questa cecità rischia di portare l’esercito a una sconfitta e minaccia l’esistenza stessa del regno.

La cella, nei sotterranei, è buia e sporca. Gli portano da mangiare e da bere, ma non può lavarsi, né cambiarsi d’abito. Savjet incomincia a pensare che morirà nel carcere. Quando chiede di avere un abito di ricambio, preso tra quelli che possiede, lo informano che ormai non possiede più nulla, perché il re ha fatto sequestrare tutte le sue proprietà. Ora Savjet è sicuro che non sarà mai liberato.

Una notte però, poco prima dell’alba, riceve una visita del principe Mjesecev. Savjet lo giudica molto migliore del fratello e sa che molti preferirebbero che fosse lui il re: è un uomo generoso e giusto.

Savjet si vergogna: la cella è fetida, lui stesso è maleodorante, perché non ha mai potuto lavarsi, e l’abito che indossa da trenta giorni è lercio.

- Savjet, tra poco apriranno le porte della città e tu lascerai Sjevredava.

Savjet china la testa. Gli spiace dover lasciare la sua terra e ora che non possiede più nulla, non sa come potrà vivere in un altro regno. Ma se la sua vita è alla fine, preferisce morire libero.

Mjesecev prosegue, ad alta voce:

- Mi spiace per questa decisione di mio fratello, ma bisogna che tu obbedisca.

- Certamente.

Mjesecev guida Savjet fuori dalla cella, nel cortile e poi alla porta della prigione. Percorrono un breve tratto e svoltano in una via, in cui c’è un carro fermo.

Mjesecev ora sussurra:

- Mio fratello voleva farti giustiziare, per dare un esempio a tutti i consiglieri, e io non sono riuscito a farlo desistere dal suo proposito.

Savjet alza gli occhi e guarda il principe. Poi dice, parlando anche lui sottovoce:

- Questo vuol dire che tu mi stai facendo fuggire contro la sua volontà?

- Non c’era altro modo.

- Ma tu rischi…

Mjesecev lo interrompe:

- Non ti preoccupare per me. Pensa a salvarti.

- Ti ringrazio, principe, ma…

Mjesecev scuote la testa e lo interrompe.

- Non mi ringraziare. Avrei voluto fare di più per te. Tu hai fatto il tuo dovere. Ma mio fratello…

Mjesecev non completa la frase. Dopo un attimo riprende:

- Ho organizzato il trasporto a Istokrali. Là vedrai che cosa vuoi fare. Nel carro su cui viaggerai ci sono abiti e ciò che può servirti. C’è anche una borsa di denaro: non voglio che tu debba vivere in miseria per aver svolto il tuo compito.

- Sei molto generoso, principe, ma lo sapevo. È noto a tutti.

- Buona fortuna, Savjet. Spero che un giorno tu possa ritornare nel regno e che la tua casa ti venga resa.

Savjet sale sul carro. L’uomo che lo conduce lo copre con un tessuto e guida il carro alla porta del Sud, che si sta aprendo. Solo quando sono lontano dalla città, si ferma. Savjet scende e può infine lavarsi e cambiarsi d’abito. Un uomo lo attende con due cavalli a una locanda. Appena Savjet arriva, riparte con lui sui cavalli. Il carro segue la stessa strada, portando ciò che il principe ha donato: può procedere senza fretta, perché i soldati che cercheranno il fuggitivo non sospetteranno che abbia viaggiato su quel carro.

Le precauzioni sono superflue: Previs scopre solo il giorno dopo che il fratello ha fatto liberare il consigliere infedele. Quando ordina a un ufficiale di preparare tutto per la pubblica esecuzione di Savjet, l’uomo scende a parlare con le guardie. Queste lo informano che il principe Mjesecev ha liberato il prigioniero, dicendo di eseguire un ordine del re.

Previs è furibondo. Convoca Mjesecev. Nella sua voce vibra la rabbia, appena contenuta.

- Hai liberato quel traditore di Savjet, dicendo che l’avevo ordinato io.

- Sì. Non aveva nessuna colpa. Giustiziarlo sarebbe stato infame e avrebbe suscitato l’indignazione di molti.

- Credi forse che mi preoccupi di che cosa pensano i sudditi? Loro devono obbedire. So come farmi rispettare.

Mjesecev non dice nulla. Sa che sarebbe inutile.

Previs chiama due guardie e fa condurre il fratello nella stessa cella in cui Savjet è stato prigioniero per un mese.

Mjesecev non si stupisce della decisione di Previs: ne conosce l’orgoglio e la ferocia. Sapeva di correre un grosso rischio quando ha fatto liberare Savjet, ma non si pente di quanto ha fatto. Spera che la decisione di marciare contro le tribù del Nord non provochi la fine del regno fondato da suo nonno. È un guerriero valoroso, pronto a dare la vita per difendere il suo paese, ma non condivide il desiderio di potere di Previs.

Quando si viene a sapere dell’arresto del principe c’è molto malcontento: Mjesecev è popolare, perché è giusto e generoso. Nessuno però osa criticare la decisione del re, di cui tutti hanno timore.

 

 

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