Mjesecev il Salvatore 5 Praotac, figlio di Musum il
Grande, regna su Sjevekral da quasi quarant’anni. Sotto di lui il regno ha goduto
di un lungo periodo di prosperità e pace. Praotac ha mantenuto buoni rapporti
sia con i regni vicini, sia con le tribù del Nord. Praotac ha tre figli
maschi e una figlia, che è sposata e vive a corte con il marito. Il maggiore, l’erede al
trono, è Previs, che ha trentacinque anni e si
prepara a succedere al padre, ormai anziano. Da alcuni anni lo affianca in
molte occasioni ed è impaziente di regnare. È ambizioso: Musum ha fondato un
forte regno e Praotac si è limitato a difenderlo, senza cercare nuove
conquiste, mentre Previs vorrebbe estendere i suoi
domini. Pensa spesso al futuro che lo attende come re, quando suo padre sarà
morto. Sogna di affrontare uno
dei regni ai confini di Sjevekral o di impossessarsi dei territori delle
tribù del Nord, non appena sarà salito al trono. I regni vicini sono potenti
e Istokrali, che gli appare la conquista meno
difficile, ha un forte esercito, ma anche le bellicose tribù del Nord non
sono una preda facile. Previs non parla dei suoi progetti: sa che suo
padre si opporrebbe e potrebbe persino designare come erede uno dei suoi
fratelli. Anche il secondo fratello,
Starkrad, è molto ambizioso e vive male la sua
condizione di cadetto. Vorrebbe che il padre lasciasse il trono a lui e non
al fratello maggiore, ma non sa come ottenere il suo scopo. In più occasioni
ha fatto notare al padre qualche manchevolezza di Previs,
ma non ha ottenuto nulla. Non è intenzionato a rinunciare alle sue ambizioni.
Previs è sposato, ma non ha avuto figli maschi, per
quanto abbia ripudiato la prima moglie e se ne sia presa una seconda. Il
fratello maggiore è perciò l’unico ostacolo che Starkrad
ha sulla strada del trono. Starkrad, che si è sposato molto giovane, ha già
quattro figli maschi: due sono ragazzi e due ancora bambini. In qualche modo Previs va eliminato, prima della morte del padre o subito
dopo. Ma forse è meglio non dargli il tempo di diventare re. Starkrad aspetta solo un’occasione favorevole, perché non
vuole correre rischi. Il terzo fratello,
Mjesecev, è del tutto diverso dagli altri due. Fisicamente assomiglia a loro:
è un tipico figlio di Lilith, alto, robusto, nero di pelame, con gli occhi
scuri e un sesso vigoroso. Non è bello, ma la bellezza non è una qualità
della stirpe di Musum. Sul suo corpo ci sono due segni particolari, due
stelle color indaco: una è sul petto, subito sotto lo sterno; l’altra è
dietro i testicoli. Nessuno ne conosce il significato. Praotac ricorda che
anche il fratello aveva due segni a forma di stella, ma non ha mai dato peso
a questo. Mjesecev non è interessato
al potere e, come lo zio Djed, che ha visto solo due volte quand’era ancora
bambino, preferisce la vita libera dei monti e delle foreste ai fasti della
corte. Ha viaggiato a lungo nel montuoso regno di Brujekral,
ai confini occidentali di Sjevekral, e spesso si reca a Nocigranica,
la città alla frontiera settentrionale, che viene chiamata la Porta del Nord.
Di lì ama spingersi oltre i forti che segnano il confine e raggiungere le
terre selvagge popolate dalle dodici tribù. Dalla più settentrionale di
queste tribù, quella del Leone di Montagna, discendeva Musum il Grande, suo
nonno, e su di essa ha regnato Djed. Praotac non è contento
della passione di Mjesecev per le terre del Nord: suo fratello Djed, che
tornò a vivervi e divenne re, morì giovane, ucciso da un vatra. - Quelle terre sono piene
di pericoli. Mostri di ogni genere. Che senso ha rischiare di morire quando
puoi vivere serenamente qui? Mjesecev scuote la testa. - Padre, la vita di corte
non fa per me, lo sai benissimo. - Lo so, lo so. Sei come
tuo zio. Non vorrei che tu finissi come lui. - Neanch’io lo vorrei, ma
preferisco gli accampamenti del Nord alla reggia, dovessi anche trovarvi la
morte. - Come vuoi, figlio. Non
posso farti cambiare idea. Sei una testa dura. Ti posso però dare una cosa,
che forse ti sarà utile. - Che cosa? - La spada che fu di Musum
e poi di Djed: spero che quest’arma possa proteggerti contro i pericoli che
si celano in quelle regioni selvagge. - Non sapevo
dell’esistenza di questa spada. - Mio padre mi disse che
gliel’aveva donata Vodjanoj. Dopo la morte di Djed, gli uomini della tribù
del Leone di Montagna me la fecero avere, perché essa appartiene alla nostra
stirpe. Credo che ti possa essere utile se ti fermerai a lungo nel Nord. Nel Nord Mjesecev si
dedica alla caccia e sfida in duelli amichevoli molti guerrieri delle tribù
del Nord: i figli di Lilith che vivono in queste terre amano misurarsi con
avversari molto forti e non temono di rimanere feriti o, come più di rado
capita, uccisi. Mjesecev batte tutti coloro che osano sfidarlo e conquista la
fama di grandissimo guerriero. Alcuni vorrebbero che sfidasse il loro re e
prendesse il comando della tribù, ma Mjesecev non desidera regnare: come suo
nonno e suo zio, ama la vita libera delle terre del Nord e non è interessato
al potere. Ogni autunno accompagna
alcuni guerrieri del Leone di Montagna nei territori di caccia più
settentrionali della tribù. Muovendosi da solo o con altri, ha modo di
incontrare alcuni degli esseri che popolano queste regioni e un giorno si
trova anche ad affrontare un gruppo di trog, che costituiscono una minaccia
ricorrente per i figli di Lilith. Un anno decide di spingersi ancora più a
nord: è curioso di conoscere le regioni che si estendono oltre i territori di
caccia delle tribù, quelle che vengono chiamate il Grande Nord. Anche tra i figli di
Lilith, pochi si spingono così lontano: troppi sono i pericoli di queste
terre, abitate da esseri dotati di grandi poteri. I guerrieri della tribù
però non si stupiscono della decisione di Mjesecev: sanno che anche il
fondatore della sua stirpe, Musum, e il suo secondo figlio, Djed, visitarono
le terre del Grande Nord. La stirpe di Musum non è come quella degli altri
mortali. Pare che discenda da Vodjanoj il Terribile, Signore del Fiume dei
Ghiacci. E dicono che sia il grande Musum, ucciso da un guerriero
sconosciuto, sia Djed, divorato dalle fiamme del vatra, siano tornati a
vivere: alcuni temerari che hanno osato spingersi molto oltre i confini delle
terre delle tribù sostengono di averli visti, Musum in forma umana o leonina,
Djed con aspetto di uomo o di tritone. Mjesecev si separa dai
suoi compagni e si dirige verso settentrione. Non sa perché continui ad
avanzare, ma qualche cosa lo chiama e sembra guidare i suoi passi. Verso
quale meta, Mjesecev non sa: forse solo verso la morte. Un giorno, mentre
costeggia il Fiume dei Ghiacci, dalle acque emerge Vodjanoj. Ha la forma di
un magnifico tritone, ma a terra diventa un uomo vigoroso. Mjesecev si chiede
se la sua vita non sia giunta al termine, perché spesso il Terribile trascina
a fondo chi lo ha visto e non c’è modo di resistergli. Ma Vodjanoj si limita
a guardarlo e poi torna a immergersi nella corrente del fiume. Mjesecev non
può sapere che anche suo nonno e suo zio lo hanno visto, senza esserne
affogati. Il viaggio procede senza
intoppi. Mjesecev uccide un truplar, un animale che
si ciba di cadaveri e di uomini, ma è l’unico reale pericolo che si trova ad
affrontare. Una notte si stende ai
margini di una radura. Si sveglia quando la luna è alta in cielo e sul prato
tra gli alberi vede delle figure luminose. Hanno l’aspetto di uomini
vigorosi, che danzano nudi, ma i loro corpi sembrano costituiti solo dalla
luce della luna. Le figure sono disposte a formare un cerchio molto ampio, in
cui gli uomini hanno le braccia allargate e le mani di ognuno sono strette a
quelle dei suoi vicini. La danza è lenta, ma il ritmo un po’ per volta
accelera e il cerchio si stringe: ora le mani afferrano le braccia, per
avvicinarsi ancora, fino a che le braccia di ognuno scivolano sulle spalle
dei due uomini vicini. Il cerchio è divenuto molto più stretto. Poi le mani
scendono sui fianchi, ma la danza non si interrompe. Mjesecev assiste in
silenzio, timoroso di turbare i danzatori, che sembrano ignorare la sua
presenza. Il cerchio si scioglie in una catena di figure, che si intrecciano,
rimanendo al centro della radura. Il movimento è ininterrotto, ma si svolge
tutto all’interno di un’area molto ristretta. Il cerchio si riforma, ma ora è
più stretto ed è formato da coppie di figure: in ogni coppia le due figure
sono disposte una di fronte all’altra e i corpi di luce aderiscono, mentre le
braccia collegano ogni coppia alle altre. Il movimento diventa vorticoso e
infine c’è una grande esplosione di luce: dal centro del cerchio un getto
luminoso sale, molto più alto delle figure, e poi si dissolve. Anche le
figure scompaiono. Nella radura rimane soltanto una miriade di piccoli fiori
bianchi, che la luce lunare fa splendere nell’oscurità. Il mattino seguente,
quando Mjesecev si desta, i fiori sono ancora lì, piccoli ma tanto numerosi
da aver trasformato la radura in un tappeto bianco. Mjesecev giunge infine in
cima a un colle e guardando in basso vede una grande conca in cui sette laghi
di forma allungata, ognuno di un colore diverso, sembrano convergere verso un
altro lago, circolare, posto al centro della vallata. Sa dov’è giunto: è la
Terra degli Otto Laghi, uno dei luoghi più pericolosi del Grande Nord, dove
arrivano solo coloro che sono chiamati dal proprio destino. Un destino che spesso
è soltanto una morte prematura. Mjesecev sa che quella che
ha davanti è la sua meta: non lo sospettava, ma ora gli è chiaro. Vi sono
giunti suo nonno e suo zio. Altri della stirpe di Musum il Grande sono destinati
a immergersi nelle acque di uno dei laghi. Mjesecev prende il
sentiero che dal colle conduce al centro della vallata. È fiancheggiato da
due file di alberi, i borobieli, il cui profumo inebriante trattiene chiunque
passi, condannandolo a morire di sete e fame. Ma la primavera è molto
lontana, il tempo della fioritura è ormai trascorso e solo gli scheletri di
coloro che sono morti ai piedi degli alberi ne ricordano il potere. Mjesecev arriva
all’estremità esterna di uno dei laghi. C’è un sentiero che gira intorno ai
sette laghi e Mjesecev lo prende e lo percorre fino a che raggiunge il lago
color indaco. Costeggia il bacino, guardando le acque, limpide ma scure. A un
certo punto si ferma, si siede e fissa la superficie. È tentato di tuffarsi,
ma qualche cosa lo frena. Attende, senza sapere che cosa sta aspettando. Le ore trascorrono, senza
che succeda nulla. Scende la sera e Mjesecev si dice che dormirà sulla riva
del lago. Si stende e si addormenta. Si sveglia nel cuore della
notte. La luna è alta in cielo e illumina la superficie del lago. Mjesecev si
alza, guarda l’acqua. Si spoglia e si tuffa. Non sa perché lo fa. Scende in profondità,
senza preoccuparsi di rimanere senza aria. Sul fondo si intravede appena
un’ombra argentata. Quando la raggiunge, Mjesecev si accorge che è una figura
umana, un maschio nudo, che sembra guardarlo. È alto come lui e robusto, con
due segni verticali color indaco sulla guancia destra. L’uomo si china e prende
una spada. Con un cenno del capo indica un’altra spada. Mjesecev si china e
l’afferra. Non sa perché deve misurarsi con quest’uomo, che forse non è
neppure un mortale, ma uno degli esseri incantati che vivono in queste terre.
Non sa che suo nonno e suo zio affrontarono anch’essi in fondo a un lago
l’uomo che il destino aveva assegnato loro. Mjesecev è un grande
guerriero, ma l’uomo che affronta non è da meno. Combattono a lungo e il
duello accende il loro desiderio. Infine Mjesecev si scopre e il suo
avversario gli infila la spada nel petto. Nel movimento però abbassa la
guardia e Mjesecev, che si sente già afferrare dalla morte, lo trapassa con
la sua lama. Cadono sul fondo del lago,
stretti in un abbraccio mortale. Mentre muoiono sentono entrambi il piacere
esplodere. Mjesecev si sveglia e
guarda il cielo sopra di sé. Per un momento non capisce dove si trova, poi il
ricordo del duello riemerge. Si mette a sedere di scatto. È nella Terra degli
Otto Laghi, in riva al lago color indaco. Mjesecev si guarda il petto. Non
c’è nessuna ferita, ma una nuova cicatrice. Non è stato un sogno? Ma la
ferita era mortale. Come può essersi rimarginata? I suoi abiti sono a terra. - Buongiorno, Mjesecev. La voce lo fa sussultare:
non si era accorto che ci fosse qualcuno. Si volta. L’uomo è seduto, dietro
di lui. È il guerriero che ha affrontato in fondo al lago, a cui ha dato e da
cui ha ricevuto la morte. Ma entrambi sono vivi e anche l’uomo nudo che gli
sta di fronte ha una cicatrice sul petto. Alla luce del giorno Mjesecev vede
che il guerriero ha barba e capelli rossi, come il pelame che ha sul corpo, e
occhi azzurri. Su una spalla ha un segno che sembra l’artiglio di un leone. - Buongiorno a te. Tu sai
il mio nome, ma io non ti conosco. - Io sono Nepoz. - Come fai a sapere il mio
nome? - Me lo disse mio padre,
Djed. - Djed? Il fratello di mio
padre Praotac? È morto molti anni fa. - Sì, io non lo conobbi,
ma l’ho incontrato qui, pochi giorni fa. Come può quest’uomo aver
incontrato un guerriero morto da molti anni? Mjesecev non capisce. Chiede: - Ed era tuo padre? Non
sapevo avesse avuto figli. Anche gli uomini della sua tribù lo ignorano. - Nessuno lo sa. Si saprà
quando il destino si dovrà compiere. - Strane sono le cose che
tu mi racconti. Ma strano è anche il sogno che ho fatto. - Non è stato un sogno,
Mjesecev. Ci siamo davvero affrontati nel lago, come fece nostro nonno Musum
e come fece mio padre. Qui, in questa terra che pochi possono raggiungere,
loro hanno accettato il destino che li attendeva e anche noi lo abbiamo
accettato. - Tu sai molte cose. - Me le trasmise mia madre.
La nostra non è una stirpe come le altre. In ogni generazione uno o più
uomini hanno un destino particolare. E per ognuno di noi il destino ha in
serbo molto dolore. - Quello che mi racconti è
molto strano, davvero. - Avrai modo di scoprire che
è la verità. La sofferenza non ti sarà risparmiata, né lo sarà a me. - I nostri destini sono
legati? - Sì, questo posso dirlo
con sicurezza, anche se non so come. Nepoz sorride e aggiunge: - O, meglio, lo so solo in
parte. Di colpo Mjesecev si rende
conto di desiderare il corpo che sta guardando. L’improvviso irrigidirsi del
cazzo lo mette in imbarazzo: ormai è troppo tardi per coprirsi. Nepoz sorride e dice: - Nella nostra stirpe
coloro che il destino ha segnato sono attratti da altri uomini che discendono
dal Signore del fiume, Vodjanoj il Terribile. Musum e Djed amarono altri
discendenti del Signore del Fiume, a cui li univa un vincolo di sangue. - Una stirpe incestuosa… - Sì. C’è un momento di
silenzio. Poi Nepoz si avvicina,
senza alzarsi. Prende la testa di Mjesecev tra le mani e lo bacia sulla
bocca. Poi si stende sulla schiena. Mjesecev si stende su di lui. Si baciano ancora, si
stringono, si abbracciano. Il gioco delle mani, delle bocche, delle braccia,
alimenta l’incendio che li brucia. Il desiderio preme, troppo
violento ormai per accettare un rinvio. Mjesecev si solleva e, abituato a
trattare con maschi che gli si offrono, con le mani guida Nepoz a stendersi a
pancia in giù. Si chiede se il guerriero accetterà di essere posseduto o si
rifiuterà, ma non incontra nessuna resistenza. Nepoz allarga le gambe.
Mjesecev sputa sul solco e sparge la saliva, poi inumidisce con cura la
cappella. La voce è roca quando sussurra: - Ti desidero, Nepoz. Mjesecev gli morde una
spalla e spinge. La carne cede e Mjesecev è sopraffatto dal piacere. Si muove
con lentezza, lasciando che il desiderio cresca e il piacere lo avvolga
completamente. A lungo cavalca, senza stancarsi. Le sue mani percorrono il
corpo di Nepoz, si perdono tra i peli, le dita si infilano tra i capelli. Le
labbra di Mjesecev baciano la nuca di Nepoz, i suoi denti gli mordono una
spalla, il lobo dell’orecchio. E il suo cazzo si spinge a fondo e poi si
ritrae, in un movimento continuo che dilata il piacere. Non ha mai goduto
tanto. Infine il piacere esplode e il seme si spande nelle viscere di Nepoz.
Mjesecev grida: - Nepoz!. Si abbandona sul corpo di
Nepoz. Gli accarezza il capo, con dolcezza. È così bello rimanere distesi su
Nepoz, sentirne il calore, far scivolare le dita sulla pelle. Dopo un momento
gli sussurra: - Nepoz… tu mi desideri? - Con tutto me stesso. Nepoz bacia Mjesecev, poi
si separano. Mjesecev si mette a quattro zampe e Nepoz gli accarezza il culo,
poi lo stringe, forte. Nepoz si sputa nel palmo
della mano e si inumidisce la cappella, poi sparge altra saliva
sull’apertura. Morde il culo di Mjesecev, più volte, poi fa scivolare la sua
lingua sul solco, una carezza umida che trasmette un brivido a Mjesecev.
Ripete l’operazione, mentre le sue dita vigorose stringono il culo. Poi avvicina
il cazzo all’apertura e penetra Mjesecev, prendendo possesso del suo corpo. Mjesecev sente un po’ di
dolore: nessuno l’ha mai preso e Nepoz è ben dotato. Ma il piacere è più
forte ed è bellissimo sentire le sue mani che lo accarezzano, lo stringono,
gli tormentano i capezzoli e i coglioni. Essere tra le braccia di Nepoz,
sentire dentro di sé lo spiedo che lo trafigge, sentire le parole oscene che
Nepoz gli sussurra, mescolate a parole d’amore: questo è davvero il paradiso.
Anche Nepoz è un buon cavaliere
e cavalca a lungo, finché il piacere non diviene tropo forte e il seme si
sparge. Rimangono distesi uno
accanto all’altro, mano nella mano. Dopo un po’ il desiderio si riaccende in
entrambi. Trascorrono il mattino nei giochi del piacere, poi si rivestono e
lasciano la Terra degli Otto Laghi. Si spostano più a sud, ai
confini con le terre delle tribù. Per tutto l’autunno cacciano insieme. Sono giorni felici: la
felicità è svegliarsi il mattino tra le braccia di Nepoz, cacciare con lui, bagnarsi
insieme nel fiume, amarsi nei boschi o nelle caverne. Nelle terre del Nord
Mjesecev si è sempre sentito sereno e in pace con se stesso. Ora, per la
prima volta, conosce la felicità. Non sospetta il prezzo che dovrà pagare. L’autunno scivola verso l’inverno.
Le neve copre le cime delle montagne, poi scende a rivestirne i fianchi e
infine anche i fondovalle. Molti alberi perdono le loro foglie e ad alta
quota nelle piccole pozze l’acqua gela in superficie. Mjesecev non vorrebbe
separarsi da Nepoz. Non gli importa del regno e già prima di incontrare
l’uomo che ama ha spesso pensato di stabilirsi nelle terre del Nord. Ora che
ha Nepoz al suo fianco, tornare nel regno gli parrebbe assurdo. - Dove trascorreremo
l’inverno, Nepoz? Ci uniremo a qualche tribù? Le parole di Nepoz
dissolvono i suoi sogni in un brusco risveglio. - I nostri giorni insieme
sono giunti alla fine. Altro è il destino che ti attende. Devi tornare nel
tuo regno. Prima che questo autunno giunga al termine, la tua vita cambierà
completamente. Mjesecev ha l’impressione
che gli manchi la terra sotto i piedi. Chiede, smarrito: - Ci ritroveremo? - Sì, ma non mi chiedere
come. Non posso dirtelo. Ed è meglio che tu non lo sappia. Musum vede crollare il
futuro che si era immaginato. I suoi sogni si dissolvono. Una tristezza
infinita lo avvolge. - Nepoz… non è possibile… - Abbiamo avuto la nostra
parte di felicità, Mjesecev. Altro non avremo in questa vita. - Allora preferisco
morire. - Desidererai molte volte
la morte, ma essa verrà tardi per te. - Nepoz… - Non dipende da me,
Mjesecev. Né da te. Abbiamo accettato il nostro destino. Quando parte per tornare a
Nocigranica e di lì alla capitale, Mjesecev ha
perso ogni voglia di vivere. Nella capitale Previs ha deciso che vuole sapere che cosa lo aspetta se
cercherà di espandere i confini del regno. Si può rivolgere a indovini o
veggenti, che però non sempre sono affidabili. Esiste un solo luogo in cui è
possibile avere responsi sempre veritieri: è l’Antro di Okrutan,
a quattro giorni a cavallo dalla capitale, nella signoria di Vlag, che non appartiene a nessuno dei sette regni. È un
luogo terribile: l’ingresso è ai piedi di un grande albero, dai cui rami
pendono i cadaveri di coloro che si sono recati a consultare l’Antro e non ne
hanno rispettato le regole. Previs è coraggioso e non ha paura di morire:
decide che si recherà all’Antro. Non informa nessuno della sua vera meta,
perché non vuole che il padre sospetti. Non ne parla neanche al fratello Starkrad: gli racconta che si reca in incognito a Lyugrad, ai confini sud-occidentali del regno, per
incontrare una donna di cui non dice il nome. - Una donna? Dev’essere
una principessa, se la incontri in segreto. Previs ride. - Per il momento
preferisco non parlarne. Ti dirò poi. A nostro padre racconterò che vado a
caccia nel Bosco delle Tre Colline. - Potrei andarci davvero
io. Così facciamo il primo pezzo di strada insieme e possiamo darci
appuntamento per il ritorno. Nostro padre non sospetterà nulla. - È una bella idea, Starkrad. Partiamo insieme, ci separiamo alla Locanda del
Ponte e ci ritroviamo lì tra otto giorni, per tornare in città. I due fratelli comunicano
al padre l’intenzione di andare a caccia per alcuni giorni, poi si mettono in
viaggio. Alla Locanda del Ponte si separano. Starkrad, contrariamente a quanto ha detto al
fratello, non raggiunge la casa di caccia reale nel Bosco delle Tre colline:
la partenza di Previs è l’occasione che da tempo
aspettava per mettere in atto i suoi piani. Negli otto giorni che mancano al
ritorno del fratello, molte cose cambieranno nel regno. Starkrad ha alcuni uomini fidati, su cui può
contare: nessuno di loro di certo lo tradirà e il principe saprà
ricompensarli per l’aiuto che gli daranno. Dopo quattro giorni di
viaggio Previs giunge alla locanda più vicina
all’Antro, dove si ferma per riposare e rifocillarsi: l’Antro si può
consultare solo di notte. La sera, mentre beve prima
di avviarsi, un uomo si siede accanto a lui. Ha un occhio solo e due
cicatrici gli sfigurano il viso. C’è un ghigno sulla sua faccia. - E così vai all’Antro. Previs lo guarda. Il tono familiare dell’uomo
lo irrita: non è abituato a essere trattato con confidenza da persone di
rango inferiore. Ma nella locanda nessuno sa che è il principe ereditario di
Sjevekral. Si chiede come faccia l’uomo a sapere qual è la sua meta, ma
probabilmente ha solo tirato a indovinare. Vedendo che non è un contadino o
un mercante, deve aver pensato che si è spinto fino lì per consultare
l’Antro. Non ha nessuna intenzione di confermare l’affermazione dello
sconosciuto: preferisce non far sapere i fatti suoi ad altri. Ma l’uomo non si
scoraggia. - Fa’ attenzione. Ne ho
visti diversi che sono partiti baldanzosi, convinti di sapere tutto, e ora
marciscono nudi appesi all’albero. Previs risponde, secco: - Lo so. - Anche gli altri lo
sapevano, ma quando sei dentro non è facile… - Tu ci sei stato? - Sì, ci sono stato.
Volevo sapere. E il risultato è la mia faccia. E questo. Mentre parla l’uomo
solleva il braccio sinistro, che teneva nascosto tra le pieghe del mantello:
manca la mano, tagliata sopra il polso. - L’Antro ti ha ingannato. L’uomo ride, una risata
beffarda. - L’Antro non inganna.
Dice la verità. Sta a te capirla. Quello che mi fece vedere era tutto vero,
ma era solo una parte. L’altra l’ho scoperta a mie spese. Previs è infastidito. - In un modo o nell’altro
voglio sapere. - Bada, non puoi parlare
se… Previs lo interrompe: - Lo so, conosco le
regole. Non posso chiedere se non sento la voce. E se mi dice di tacere, devo
tacere. Non finirò impiccato all’albero. L’uomo annuisce. - Se mi offri da bere, ti
racconto alcune cose che potrebbero esserti utili. A Previs
verrebbe da rifiutare, perché questo sconosciuto invadente gli dà fastidio,
ma tutto sommato sapere qualche cosa di più, da uno che c’è stato e parla per
esperienza diretta, potrebbe tornare utile. - Va bene. Con un gesto chiama il
locandiere e gli fa portare altro sidro, poi si dispone ad ascoltare l’uomo. - Nell’antro non vedi un
cazzo. È come essere in una botte piena di pece. È un corridoio che scende,
ma devi fare attenzione, perché a un certo punto finisce nel vuoto. Devi
procedere a piccoli passi, guidandoti con una mano a una parete. - Questo lo sapevo. - Può fare un caldo
infernale o un freddo porco. Può soffiare un vento di tempesta o non esserci un
filo d’aria. Previs ha sentito parlare del caldo e del
vento, non del freddo. Ma non è un’informazione utile: nella grotta si può
entrare solo nudi. - E poi ti appaiono
immagini. Un futuro possibile, quello che accadrà se tu non lo cambi, quel
fottuto futuro. Ma non è che cambiandolo sei sicuro che le cose vadano
meglio. Possono andare peggio. L’uomo ride, una risata
aspra, poi aggiunge: - Ma questo non puoi
saperlo. Previs scuote la testa. Sa che ciò che scoprirà
può trarre in inganno, ma spera di riuscire a interpretarlo correttamente. - È tutto lì quello che
hai da dirmi? - Di certo sai già che
puoi parlare solo se senti la Voce. - Tu sai chi è che parla? Nuovamente l’uomo ride, ma
questa volta sembra davvero divertito. - Nessuno lo sa. Non si sa
nemmeno se è un uomo a parlare, un demone o l’Antro stesso. - Una grotta che parla…
no, dev’essere qualcuno. - Qualcuno in grado di
creare immagini. Vedi le scene come se si stessero svolgendo davanti ai tuoi
occhi. Ti vedi lì in mezzo… Dopo un momento di silenzio
Previs dice: - Non mi sei stato di
grande aiuto, ma va bene così. Fa ancora portare del
sidro, poi dice: - Per me è ora di andare. - Buona fortuna, amico. Il buio è ormai fitto e Previs si avvia. Percorre l’ultimo tratto di strada. È
una notte serena, senza vento. L’Antro sorge in cima a una collina e la
sagoma del grande albero si staglia contro il cielo stellato. Salendo lungo
la collina, Previs vede i cadaveri che penzolano
dal grande albero, come frutti. Avvicinandosi l’odore di decomposizione diventa
sempre più forte. Gli sembra di respirare a fatica. Previs arriva in cima. L’Antro sembra una
grande bocca spalancata, pronta a divorare chi si avvicina. Il principe si
spoglia: nell’Antro si entra nudi e nudi sono i cadaveri. Previs
sa quali sono le regole che deve osservare e intende rispettarle: non ci
tiene a finire impiccato. Prima di entrare, lancia
un’occhiata ai corpi. Alcuni sono ormai putrefatti, altri invece sono
cadaveri più recenti. Sono tutti maschi, anche se due di loro sono stati
mutilati e al posto dei genitali hanno solo uno squarcio. Previs si riscuote e si avvia. Gli sembra che
l’apertura si dilati ancora per accoglierlo, come una bocca che si spalanca
per inghiottire. L’aria è calda e stagnante. Previs
incomincia a sudare subito. Procede nel buio assoluto
del corridoio, mettendo un piede davanti all’altro con cautela e facendo
scorrere la sinistra lungo la parete, finché non si accorge di essere
arrivato al punto in cui il terreno sotto di lui precipita. Allora si ferma e
attende. C’è un momento di
silenzio, che a Previs pare interminabile. Poi
un’immagine prende forma: è Starkrad, che parla con
due guerrieri. Previs li conosce di vista: sono gli
uomini più fidati di suo fratello e lo accompagnano spesso. Starkrad sta parlando: - In due o tre giorni il
veleno farà effetto. Tutti crederanno a una malattia. Previs
non verrà a sapere nulla prima di raggiungere la Locanda del Ponte. Starkrad ride e aggiunge: - Ma non la raggiungerà.
Lo aspetterete lungo la strada. Venendo da Lyugrad
percorrerà la pista che attraversa la parte meridionale del bosco. Ci sono
diversi posti adatti per tendere un agguato. Uno dei due cavalieri
dice: - Conta su di noi. Che
cosa dobbiamo fare del cadavere? Vuoi che sia ritrovato? - Non subito. Assumerò la
reggenza in nome di Previs, poi faremo ricerche e
troveremo i resti. Ucciso dai briganti nel Bosco delle Tre Colline, che
misera fine per un re che non regnerà… Starkrad ride di nuovo: suo fratello è allegro
mentre progetta il suo assassinio. Con un gesto istintivo, Previs cerca la spada, che non ha: l’impulso di saltare
addosso al fratello e ucciderlo è fortissimo. L’immagine scompare. Previs è venuto per i suoi progetti di espansione del
regno, ma se non avesse saputo che cosa trama il fratello sarebbe morto senza
poter regnare. La voce lo fa sussultare: - C’è altro che vuoi
sapere, Previs, che tra due giorni sarai re di
Sjevekral? Previs sente i polmoni dilatarsi per la gioia:
la voce gli permette di chiedere! - Voglio estendere il
regno. Che ne sarà di me se attaccherò Istokrali? L’immagine compare
immediatamente. È una battaglia, una carneficina. Previs
si vede combattere a cavallo. Una freccia lo colpisce al collo. Barcolla e
cade dalla sella. Due uomini con picche si avvicinano e gli trafiggono il petto.
L’immagine svanisce e nella successiva Previs vede
la propria testa infilzata su un palo alle porte della capitale di Istokrali. - E se attaccassi le tribù
del Nord? - Solo un discendente di
Musum il Grande può guidare le tribù del Nord. La risposta è ambigua. Previs chiede: - Quindi riuscirò a
sottometterle? - Chi ci proverà sarà
ucciso da un discendente di Musum il Grande. - Ma chi… La voce lo interrompe: - Basta! Vai! Il vento si è levato,
forte, un vento che si alza dall’abisso ai piedi di Previs
e lo ricaccia indietro. Il principe vorrebbe chiedere ancora, apre la bocca
per parlare, ma il ricordo delle regole gliela fa richiudere. Il vento lo
sospinge verso l’uscita, quasi sollevandolo, e infine Previs
si ritrova fuori, ai piedi del grande albero. A fatica riesce a non cadere a
terra. Davanti al viso vede uno dei cadaveri. Previs
ghigna: è uscito indenne dall’Antro. Mentre si dirige alla
locanda, dove trascorrerà ciò che resta della notte, Previs
riflette. Suo fratello ha avvelenato il loro padre e mandato due sicari ad
aspettarlo lungo la strada, per ucciderlo. Evitarli sarà facile: basterà
prendere un’altra strada. Non ha motivi per ripassare dalla Locanda del
Ponte. Starkrad e i suoi due sicari sono uomini
morti. E grazie a quel coglione di suo fratello, lui sta per diventare re. Di
suo padre non gli importa molto: ormai è anziano, ha regnato a lungo ed è ora
che lasci il trono a chi è più in grado di lui di regnare. La parte che riguarda i
progetti di espansione è invece più complessa. “Solo un discendente di Musum
il Grande può guidare le tribù del Nord.” Guidare significa regnare? Le tribù
accetteranno di sottomettersi, conservando una certa autonomia? Potrebbe
essere. Gli unici discendenti di Musum il Grande sono Praotac e i suoi tre
figli, perché il fratello di Praotac, Djed, è morto senza eredi. Praotac
morirà, tra due giorni, ucciso dal veleno. Starkrad
non vivrà a lungo e neppure i suoi figli: i piccoli del serpente vanno
schiacciati, perché non possano un giorno vendicare il padre. Rimane il terzo
fratello, Mjesecev, che è un forte guerriero, ma non è ambizioso: di sicuro
non mira a sottomettere le tribù del Nord. Ha sempre approvato la politica di
pace del padre. Allora le parole devono riferirsi per forza a lui, Previs: sarà lui a guidare le tribù del Nord. In realtà
l’Antro non ha detto che così avverrà, ma che solo un discendente di Musum,
quindi Previs, può farlo. L’ultima risposta è quella
che ha difficoltà a capire. Chi proverà a sottomettere le tribù del Nord sarà
ucciso da un discendente di Musum il Grande. Mjesecev potrebbe volerlo
uccidere? No, è impensabile. Ma non esistono altri discendenti di Musum il
Grande. C’è una contraddizione tra le due affermazioni: in quanto discendente
di Musum, dovrebbe poter guidare le tribù, ma volendo sottometterle sarà
ucciso da… da chi? Da Mjesecev, forse? No, lo esclude. O sarà lui a uccidere
un altro, che cercherà di impadronirsi delle terre del Nord? Potrebbe essere.
Le tribù potrebbero sottomettersi a lui per respingere un nemico. L’ipotesi
gli sembra la più plausibile: in fondo è così che Musum ha fondato il regno.
In questo caso deve aspettare che le tribù chiedano il suo aiuto. Dovrà riflettere bene su
quanto ha vaticinato l’Antro. Adesso però le priorità sono altre: sta per diventare
re e deve sventare i piani del fratello. Sapeva che Starkrad
è molto ambizioso, ma non aveva pensato che sarebbe arrivato a progettare un
duplice omicidio per conquistare il trono. Il mattino dopo Previs riprende la strada per la capitale. Il mattino
dell’ultimo giorno di viaggio gli arriva la notizia: suo padre è morto nella
notte precedente. Ora lui è re. In serata raggiunge Sjevredava.
Non ha avvisato del suo arrivo e nessuno lo aspetta. Il più sorpreso è Starkrad, che fa fatica a nascondere il suo sconcerto:
attendeva i due sicari che dovevano portargli la notizia della morte del
fratello, ma invece si trova di fronte Previs
stesso. Merda! Previs si mostra cordiale con il fratello, come
se non sospettasse nulla. Si limita a fare molta attenzione a ciò che mangia
e beve e rimane sempre in compagnia di alcuni uomini fidati. Il giorno dopo
il suo ritorno arriva Mjesecev, che ha appena saputo della morte del padre. Previs è contento del suo ritorno e lo vuole al suo
fianco in tutte le cerimonie: ne conosce la lealtà e sa che lo difenderebbe
da qualsiasi attacco. È ben difficile che Starkrad
cerchi di ucciderlo ora, ma preferisce non correre rischi. Nei tre giorni successivi
molti cittadini si recano nella capitale per il funerale del re. Previs viene incoronato una settimana dopo la
sepoltura del padre, secondo un uso diffuso nei regni vicini e che Praotac ha
deciso di introdurre a Sjevekral. Il giorno stesso, poco
dopo la fine della cerimonia, Previs fa arrestare
il fratello. Poi convoca i due uomini che Starkrad
aveva mandato a ucciderlo, facendo credere loro che è il fratello a
chiamarli, e li fa arrestare. Nessuno dei due se l’aspettava, per cui vengono
bloccati senza che possano opporre resistenza. L’arresto si svolge in segreto:
è probabile che ci siano altri complici, che non devono essere messi in
allarme. I due sicari vengono
rinchiusi in celle separate e torturati ferocemente, finché ammettono di aver
ricevuto da Starkrad l’ordine di uccidere Previs e rivelano che uno dei servitori ha versato il
veleno nella coppa del re. Anche costui viene imprigionato e sotto tortura
confessa di aver avvelenato Praotac su ordine di Starkrad. Il complotto viene reso
noto il giorno successivo e suscita indignazione e sgomento in tutta la città
e poi nel regno. I quattro compaiono
davanti al re. I due cavalieri si reggono a fatica in piedi per le torture
subite. Il servitore è in migliori condizioni, perché ha ceduto subito alla
tortura, confessando la sua colpa e indicando il principe come mandante. Starkrad cerca di difendersi, ma le sue parole
non convincono nessuno. D’altronde tutti sanno bene che i due cavalieri sono
i suoi uomini più fidati. Il processo si svolge
davanti ai notabili, ma il re è giudice supremo e unico per tutti i crimini
contro la famiglia reale. Previs condanna a morte i
quattro. I due cavalieri e il
servitore vengono caricati su carri e portati per le vie della città, mentre
i carnefici con tenaglie roventi li smembrano, poi vengono squartati nella
piazza principale. I loro resti vengono lasciati nella foresta, dove saranno
cibo per gli animali selvatici. A Starkrad,
in quanto principe, vengono risparmiate la tortura e la vergogna di
un’esecuzione pubblica. Rinchiuso in carcere, rimane tre giorni ad attendere.
Infine una notte la cella si apre. Entrano cinque uomini. Il primo è il boia,
che ha in mano una corda. - Merda! Il boia non dice nulla. Gli altri quattro uomini
portano tra le braccia ognuno un cadavere: sono i quattro figli di Starkrad, che li guarda, pietrificato, e poi grida: - Maledetti! Il boia fa un cenno alle
guardie, che bloccano Starkrad. Questi si dibatte,
ma è incatenato e non può fare nulla contro quattro uomini forti. Il boia gli
passa la corda intorno al collo e incomincia a stringere. Starkrad
urla, ma nessuno bada alle sue parole. Le urla si spengono. Il boia continua
a stringere, finché il corpo non si affloscia. Per ordine del re il
cadavere non viene neppure pulito, come è d’uso fare con i morti, e viene
affondato in una palude. Un parricida e regicida non merita sepoltura. I
corpi dei suoi figli subiscono la stessa sorte. Previs è soddisfatto. I quattro figli di Starkrad avrebbero potuto un giorno cercare di ucciderlo.
E in ogni caso erano discendenti di Musum e in base alla profezia dell’Antro
potevano costituire una minaccia. Previs governa con mano ferrea il regno. Si
occupa di rafforzare l’esercito: arruola cavalieri liberi e fanti, fa
produrre e acquista dagli altri regni molte armi e fa addestrare i soldati.
Vuole che le truppe siano pronte quando verrà il momento di combattere. Si chiede se dalle tribù
del Nord giungerà una richiesta d’aiuto, ma il tempo passa e nessun minaccia
si profila all’orizzonte: nessun nemico attacca i territori del Nord e non
sembrano esserci neppure conflitti interni che potrebbero spingere una delle
tribù a rivolgersi a Previs. Previs diventa impaziente. Vuole conquistare
nuovi territori, ingrandire il regno e acquistare così fama. Non vuole essere
soltanto il re di uno dei Sette Regni: vuole essere un conquistatore. Lascia trascorrere
l’inverno, poi decide di passare all’azione. Il vaticinio dell’Antro è
oscuro, ma un punto era ben chiaro: colui che cercherà di sottomettere le
tribù del Nord sarà ucciso da un discendente di Musum il Grande. Previs e Mjesecev sono gli unici nelle cui vene scorre il
sangue di Musum. E Mjesecev è leale: di certo non sfiderebbe il fratello. Musum convoca il Consiglio
Reale, di cui fanno parte solo quattro consiglieri. - Musum il Grande, da cui discendo,
era il re della tribù del Leone di Montagna. Mio zio è stato re dopo di lui.
La corona della tribù mi spetta. Interviene uno dei
consiglieri, Savjet, che è figlio di un guerriero
della tribù: suo padre accompagnò Musum nella spedizione che portò alla
fondazione del regno di Sjevekral. - Sovrano, come tu sai,
nelle tribù del Nord la corona non è trasmessa per via ereditaria. Dopo la
morte di tuo nonno, Musum il Grande, tuo zio Djed vinse gli altri guerrieri e
così ottenne di regnare sulla tribù: se non avesse sconfitto gli avversari,
non sarebbe salito al trono. Ora sulla tribù del Leone di Montagna regna un
forte guerriero, che, come tuo zio, ha vinto gli altri pretendenti. Intendi
sfidarlo? Previs ride, ma è chiaramente infastidito dalla
domanda. - Pensi forse che io,
signore di Sjevekral per diritto di nascita, intenda sottomettermi agli usi
di una tribù di selvaggi? Qualche consigliere
nasconde la perplessità che la risposta del re provoca: Previs
stesso discende da quei guerrieri che ora chiama selvaggi. Savjet osserva: - Questo allora significa
che dovrai affrontare l’intera tribù in battaglia, sovrano. - L’esercito di Sjevekral
è certo più forte di una tribù dei monti. Ti sembra che quei guerrieri che
vivono come animali possano resistere alla truppe del regno? Savjet è conscio che le sue parole stanno
irritando il re, ma ritiene suo dovere non nascondere il suo pensiero. - Certamente è come tu
dici, Sovrano, ma la tribù del Leone di Montagna vive molto a Nord,
all’estremità settentrionale della regione popolata dai figli di Lilith. Per
raggiungerla, bisogna attraversare i territori di molte altre tribù, che non
accetteranno mai di veder passare un esercito nelle loro terre. Previs scatta, ormai furente: - Basta! Così ho deciso e
così faremo. Savjet non dice più nulla. Sa di essere caduto
in disgrazia: con ogni probabilità il re non lo farà più chiamare per le
riunioni del consiglio del regno. Non gli importa: suo dovere è esporre la
situazione com’è, non mentire per accontentare il re. Solo quando due guardie
del re lo vengono a prendere e lo conducono nelle prigioni del palazzo Savjet coglie pienamente la gravità della situazione:
accecato dall’ambizione Previs non accetta nessuna
critica. Questa cecità rischia di portare l’esercito a una sconfitta e
minaccia l’esistenza stessa del regno. La cella, nei sotterranei,
è buia e sporca. Gli portano da mangiare e da bere, ma non può lavarsi, né
cambiarsi d’abito. Savjet incomincia a pensare che
morirà nel carcere. Quando chiede di avere un abito di ricambio, preso tra
quelli che possiede, lo informano che ormai non possiede più nulla, perché il
re ha fatto sequestrare tutte le sue proprietà. Ora Savjet
è sicuro che non sarà mai liberato. Una notte però, poco prima
dell’alba, riceve una visita del principe Mjesecev. Savjet
lo giudica molto migliore del fratello e sa che molti preferirebbero che
fosse lui il re: è un uomo generoso e giusto. Savjet si vergogna: la cella è fetida, lui
stesso è maleodorante, perché non ha mai potuto lavarsi, e l’abito che indossa
da trenta giorni è lercio. - Savjet,
tra poco apriranno le porte della città e tu lascerai Sjevredava. Savjet china la testa. Gli spiace dover
lasciare la sua terra e ora che non possiede più nulla, non sa come potrà
vivere in un altro regno. Ma se la sua vita è alla fine, preferisce morire
libero. Mjesecev prosegue, ad alta
voce: - Mi spiace per questa
decisione di mio fratello, ma bisogna che tu obbedisca. - Certamente. Mjesecev guida Savjet fuori dalla cella, nel cortile e poi alla porta
della prigione. Percorrono un breve tratto e svoltano in una via, in cui c’è
un carro fermo. Mjesecev ora sussurra: - Mio fratello voleva
farti giustiziare, per dare un esempio a tutti i consiglieri, e io non sono
riuscito a farlo desistere dal suo proposito. Savjet alza gli occhi e guarda il principe. Poi
dice, parlando anche lui sottovoce: - Questo vuol dire che tu
mi stai facendo fuggire contro la sua volontà? - Non c’era altro modo. - Ma tu rischi… Mjesecev lo interrompe: - Non ti preoccupare per me.
Pensa a salvarti. - Ti ringrazio, principe,
ma… Mjesecev scuote la testa e
lo interrompe. - Non mi ringraziare.
Avrei voluto fare di più per te. Tu hai fatto il tuo dovere. Ma mio fratello… Mjesecev non completa la
frase. Dopo un attimo riprende: - Ho organizzato il
trasporto a Istokrali. Là vedrai che cosa vuoi
fare. Nel carro su cui viaggerai ci sono abiti e ciò che può servirti. C’è
anche una borsa di denaro: non voglio che tu debba vivere in miseria per aver
svolto il tuo compito. - Sei molto generoso,
principe, ma lo sapevo. È noto a tutti. - Buona fortuna, Savjet. Spero che un giorno tu possa ritornare nel regno
e che la tua casa ti venga resa. Savjet sale sul carro. L’uomo che lo conduce lo
copre con un tessuto e guida il carro alla porta del Sud, che si sta aprendo.
Solo quando sono lontano dalla città, si ferma. Savjet
scende e può infine lavarsi e cambiarsi d’abito. Un uomo lo attende con due
cavalli a una locanda. Appena Savjet arriva,
riparte con lui sui cavalli. Il carro segue la stessa strada, portando ciò
che il principe ha donato: può procedere senza fretta, perché i soldati che
cercheranno il fuggitivo non sospetteranno che abbia viaggiato su quel carro. Le precauzioni sono
superflue: Previs scopre solo il giorno dopo che il
fratello ha fatto liberare il consigliere infedele. Quando ordina a un
ufficiale di preparare tutto per la pubblica esecuzione di Savjet, l’uomo scende a parlare con le guardie. Queste lo
informano che il principe Mjesecev ha liberato il prigioniero, dicendo di
eseguire un ordine del re. Previs è furibondo. Convoca Mjesecev. Nella sua
voce vibra la rabbia, appena contenuta. - Hai liberato quel
traditore di Savjet, dicendo che l’avevo ordinato
io. - Sì. Non aveva nessuna
colpa. Giustiziarlo sarebbe stato infame e avrebbe suscitato l’indignazione
di molti. - Credi forse che mi
preoccupi di che cosa pensano i sudditi? Loro devono obbedire. So come farmi
rispettare. Mjesecev non dice nulla.
Sa che sarebbe inutile. Previs chiama due guardie e fa condurre il
fratello nella stessa cella in cui Savjet è stato
prigioniero per un mese. Mjesecev non si stupisce
della decisione di Previs: ne conosce l’orgoglio e
la ferocia. Sapeva di correre un grosso rischio quando ha fatto liberare Savjet, ma non si pente di quanto ha fatto. Spera che la
decisione di marciare contro le tribù del Nord non provochi la fine del regno
fondato da suo nonno. È un guerriero valoroso, pronto a dare la vita per
difendere il suo paese, ma non condivide il desiderio di potere di Previs. Quando si viene a sapere dell’arresto del principe c’è molto malcontento: Mjesecev è popolare, perché è giusto e generoso. Nessuno però osa criticare la decisione del re, di cui tutti hanno timore. |
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