Episodio 20c

 

20

 

Fuori dal terreno cintato i minatori stanno emergendo dalle viscere della terra. Le miniere di Rudnismirti sono costituite da una trentina di pozzi verticali, che scendono molto in profondità. Dal pozzo si diramano cunicoli, in cui i minatori cercano le pepite da estrarre. I pozzi in attività sono solo una decina: gli altri sono stati chiusi perché all’interno sono comparsi vapori velenosi oppure si sono riempiti d’acqua o qualche creatura diabolica è entrata e ha fatto strage di tutti i minatori. Per questo motivo ogni pozzo è dotato di una chiusura ermetica. Poiché periodicamente succede che un pozzo debba essere abbandonato, se ne scavano sempre di nuovi, ma non appena si incominciano i lavori, viene predisposta una chiusura. Al primo segno di pericolo, il pozzo viene chiuso, senza perdere tempo a tirar fuori gli schiavi che sono al lavoro. Non a caso i pozzi di Rudnismirti sono noti come i “pozzi della morte”.

Di guardia alle miniere vi sono sempre parecchi soldati, di solito un centinaio: servono per prevenire attacchi da parte delle creature che vivono in queste terre, per scoraggiare briganti e ladri, ma anche per impedire rivolte degli schiavi. A sera soldati e schiavi si ritirano al riparo della palizzata.

Le guardie prendono in consegna Posljednj e i due nuovi schiavi. Li portano dal fabbro, la cui officina è posta vicino alle baracche dei soldati. Il fabbro mette ai loro polsi e alle caviglie bracciali di ferro, a cui vengono attaccate le catene: una che unisce le caviglie, un’altra per i polsi. Le catene non bloccano i movimenti, ma li limitano.

Vengono poi condotti in un capannone, dove si trovano già molti altri schiavi. Nessuno bada a loro: devono essere abituati all’arrivo di nuovi prigionieri. All’ingresso Posljednj è colpito dall’odore intenso: abituato a vivere all’aria aperta, non ha mai avuto occasione di trovarsi in un edificio dove sono ammassati molti uomini sudati e sporchi. Sono tutti incatenati e siedono a terra. Anche Posljednj e i due nuovi schiavi si siedono, in posti diversi: non hanno nessuna intenzione di rimanere insieme.

La distribuzione del cibo avviene poco dopo. A tutti viene fornita una zuppa. È una razione abbondante e un cibo sostanzioso: d’altronde sono schiavi che svolgono lavori molto pesanti e se fossero denutriti non sarebbero più in grado di lavorare.

Quando la cena è finita, vengono portati nel capannone dove dormono tutti insieme, sdraiati su stuoie, uno accanto all’altro. Se nel locale dove hanno mangiato l’aria era pesante, qui è irrespirabile. Non è strano, visto che gli uomini non si sono lavati dopo una giornata di intenso lavoro.

Posljednj si guarda intorno. Non vuole occupare la stuoia di un altro. Un uomo capisce il motivo per cui esita e gli indica la stuoia acanto alla sua. Posljednj si avvicina. Vede che la stuoia è sporca, ma non ha molta scelta. L’uomo lo guarda e gli dice:

- Questa è libera. Megir è morto due giorni fa, quando il pozzo si è allagato.

Posljednj annuisce. Si siede e dice:

- Grazie.

L’uomo lo guarda. Scuote la testa e chiede:

- Sei arrivato oggi, vero?

- Sì, mi hanno catturato nelle Terre del Nord. E tu?

- Io sono stato condannato per un omicidio. Sono qui da tre mesi, ma non rimarrò a lungo.

Posljednj guarda l’uomo, perplesso. Questi capisce e dice:

- Non rimarrò a lungo perché nessuno qui dentro campa più di sei o sette mesi. Non si arriva a un anno, ma in ogni caso arrivarci non sarebbe un bene. Meglio crepare prima che dopo. Tu sei molto forte, magari reggi un po’ di più, se non ti becchi il vapore rosso o un podzemlj.

- Che cos’è il vapore rosso?

- Un vapore che a volte si sprigiona nei pozzi. Riempie le gallerie in fretta, molto più in fretta di quanto un uomo riesca a scappare. E anche se arrivi al pozzo e tiri la corda perché ti facciano salire, loro chiudono il pozzo e tu sei fottuto.

- Ma… da dove viene? Come mai si forma?

- Che cazzo ne so?! Dicono che prima vedi il colore, poi non riesci più a respirare.

- Merda!

C’è un momento di silenzio, poi Posljednj chiede:

- E l’altro cazzo di nome che hai detto?

- I podzemlj? Sono mostri con lunghe braccia sottili, ma forti come l’acciaio. Quando ti afferrano non riesci più a liberarti e loro incominciano a divorarti mentre sei ancora vivo.

- Merda!

- Comunque c’è anche altro. C’è l’acqua che riempie i pozzi, c’è…

Posljednj lo interrompe:

- Ti diverti a spaventarmi?

- No. È la realtà.

- Va bene, lo scoprirò. C’è qualche cosa a cui devo fare attenzione, per sopravvivere qualche giorno in più?

- Non cercare mai di ribellarti e fa’ sempre quello che dicono i sorveglianti e i soldati, qualunque cosa sia, anche se vogliono il tuo culo.

- Il mio culo… vuoi dire che… Cazzo!

- Non c’è una donna qui e non ci sono neanche ragazzini. Ci sono un centinaio di soldati, cinque ufficiali, una ventina di sorveglianti, il comandante militare e il sovrintendente. Se vogliono scopare o lo fanno tra di loro, come parecchi soldati, o prendono uno di noi. In questo caso prima di fotterti ti lavano e questo non è male.

- Merda!

- Comunque non credo che tu corra grandi rischi: non sei così attraente.

Posljednj ride:

- Questa è la prima buona notizia che mi dai.

Posljednj vorrebbe chiedere se qualcuno è mai riuscito a scappare, ma si dice che non è il caso di destare sospetti. Se i posti nei giacigli sono fissi, avrà modo di parlare ancora con quest’uomo, di cui non conosce il nome.

Alcuni sorveglianti passano e fissano le catene ad anelli di ferro piantati nel muro. Le lanterne vengono spente e le conversazioni si concludono. Il silenzio è rotto solo dal respiro pesante di alcuni e dal russare di altri. Ogni tanto qualcuno grida, in preda a un incubo, ma i vicini lo destano, per poter dormire in pace.

 

Il giorno seguente ricevono un’abbondante colazione, poi vengono condotti ai pozzi. In superficie c’è una grande  lastra di ferro, che poggia su una base circolare, in modo da poter chiudere ermeticamente il pozzo. Il mattino le lastre vengono sollevate, una per volta, con cautela, per verificare che durante la notte all’interno dei cunicoli non siano comparsi mostri o gas velenosi.

Poi il sorvegliante responsabile di ogni pozzo si cala e a un suo segnale i soldati tolgono le catene ai prigionieri, uno per volta, e li fanno scendere nel pozzo, dove il sorvegliante indica il cunicolo in cui devono lavorare e consegna loro una lanterna e il piccone rudimentale con cui scavano. Per Posljednj è la prima volta, per cui non viene calato subito e riceve alcune istruzioni:

- Il sorvegliante nel pozzo ti dirà dove devi scavare: le pepite si trovano negli strati con un colore rossastro. Il nevizlato brilla, per cui se trovi una pepita, la vedi risplendere alla luce della lanterna. Se la trovi raggiungi l’estremità del cunicolo e chiami il sorvegliante, che la prende in consegna. Non cercare di fregartela. È inutile che tu te la metta in culo pensando di poter scappare e poi venderla. Nessuno è mai riuscito a fuggire, anche se qualcuno ci ha provato.

Il sorvegliante ghigna e aggiunge:

- Ti assicuro che se n’è pentito.

Poi prosegue:

- Può darsi che tu ti trovi a scavare un nuovo cunicolo, ma non oggi. Non battere la fiacca: ce ne accorgiamo; il sorvegliante controlla a fine giornata. I detriti li getti in fondo al pozzo, poi se necessario li scaricate quando ve lo diciamo.

Un soldato toglie le catene a Posljednj, che viene calato nel pozzo. Poco sotto la superficie è stata scavata una nicchia, dove ci sono le lanterne, che il sorvegliante ha già acceso, e i picconi. Il sorvegliante gli fornisce alcune indicazioni, poi gli mostra in quale cunicolo scavare. È verso il fondo del pozzo ed è tanto stretto che Posljednj deve strisciare per entrare.

Posljednj incomincia a lavorare, scavando. Non ha mai fatto il minatore e lo spazio è tanto ristretto da rendere ancora più difficile il suo compito. A peggiorare la situazione è la sua stessa struttura fisica: alto e massiccio com’è, muoversi in quello spazio angusto è difficile.

Impara in fretta alcuni elementi essenziali: una scheggia che lo ferisce allo zigomo lo avverte di fare attenzione agli occhi; alcune botte che prende spostandosi gli ricordano che deve muoversi con cautela.

Dopo un’ora di lavoro gronda sudore. L’idea di passare il resto della sua vita in quelle condizioni gli fa orrore.

A un certo punto vede che dove sta scavando la roccia ha un colorito rossastro. Prosegue cercando di seguire la vena e vede brillare una luce che sembra molto più forte di quella della lampada, di cui è un riflesso. Prosegue a scavare e infine estrae una pepita, che presenta alcune impurità, ma illumina con i suoi riflessi tutto il cunicolo.

Posljednj si sposta fino a raggiungere il pozzo e chiama il sorvegliante.

- Ho trovato una pepita.

L’uomo si cala fino a lui. Prende dalla mano di Posljednj il minerale e lo guarda. Sembra non crederci.

- Cazzo! Il primo giorno, una pepita così!

Poi tira una corda e Posljednj ha l’impressione di sentire, molto lontano, il suono di un campanello. Poco dopo viene calato un cesto, in cui il sorvegliante mette la pepita. Il cesto viene sollevato.

Dopo un momento si sente una voce:

- Fallo salire.

Il sorvegliante si rivolge a Posljednj.

- Puoi salire. Per oggi hai finito.

A Posljednj non sembra vero. Si arrampica lungo la corda ed emerge. Il secondo sorvegliante lo guarda.

- Così sei tu, il nuovo. Ti è andata bene. Oggi non lavori più.

Un soldato gli rimette le catene e lo riaccompagna agli alloggiamenti. Posljednj chiede:

- C’è un posto per lavarsi?

Il soldato gli indica un edificio poco distante e lo avverte:

- Quando hai finito, devi tornare nella camerata o al massimo stare sulla porta. Non puoi girare per conto tuo, neanche qui all’interno.

- Va bene.

Nell’edificio che il soldato gli ha indicato ci sono alcune vasche da cui si può attingere acqua. Posljednj si lava con cura: sa benissimo che domani, un’ora dopo aver ripreso a lavorare, sarà di nuovo sporco, ma adesso pulirsi è un vero piacere.

Mentre sta finendo di lavarsi entra un soldato, che lo guarda.

- Come mai sei qua? Hai trovato una pepita?

- Sì.

- Non ti avevo mai visto. Sei arrivato da poco?

- Ieri sera.

- E questa mattina hai trovato una pepita: sei un uomo fortunato!

Mentre parla, il soldato si spoglia e Posljednj è sicuro che gli stia fissando il cazzo, anche se cerca di non darlo troppo a vedere.

- Se fossi fortunato non sarei qui.

Il soldato ride.

- Questo è vero. Però anche come attrezzatura sei stato fortunato. Non credo di aver mai visto un cazzo come il tuo. Funziona?

- Vuoi verificare?

Il soldato ride e dice:

- Perché no?

Si appartano in un angolo non visibile dall’ingresso.

Il soldato si inginocchia e, prima di prendere in bocca il cazzo di Posljednj, osserva:

- È una cicatrice, questo segno che hai sul cazzo?

- No, non credo. L’ho sempre avuto, fin da quando ero piccolo. Mi dicono che ne ho un altro uguale dietro i coglioni.

- Magari sono questi che ti portano fortuna.

 

Intanto Levec, Sezenj e i loro compagni, soddisfatti del successo della spedizione, hanno deciso di ritornare subito nelle terre del Nord per catturare altri schiavi.

Cavalcano lungo un corso d’acqua, uno dei tanti affluenti del Fiume dei Ghiacci, e a un certo punto devono guadarlo: la corrente è forte, l’acqua arriva al muso dei cavalli e non è facile guidare gli animali. Sono a metà del passaggio, quando dalle acque emerge un tritone: è il Terribile, Signore del fiume. I cavalli sembrano impazzire di terrore e si imbizzarriscono. I cavalieri non riescono a calmarli e vengono disarcionati. I sei cacciatori di schiavi cadono nelle acque impetuose. Mentre cercano disperatamente di rimanere a galla, Vodjanoj li afferra uno dopo l’altro e li trascina a fondo. Invano gli uomini si dibattono e cercano di liberarsi dalla stretta mortale: troppo più forte di loro è il Terribile. L’acqua riempie i loro polmoni e la vita li lascia.

Non cattureranno altri schiavi.

 

Per Posljednj le giornate passano, sempre uguali. Solo quando trova una pepita può godere di qualche ora di libertà. Ne trova spesso, almeno una a settimana: nessun altro ne ha mai trovate tante e nella miniera tutti ne sono stupiti.

Una sera un altro prigioniero gli chiede:

- Ma dimmi un po’: hai poteri magici? Perché nessuno ha mai trovato così tante pepite.

Posljednj ride.

- Pensi davvero che sarei qui se avessi poteri magici? Li userei per trasferirmi il più lontano possibile da questi fottuti pozzi.

- Non posso darti torto. Ma è comunque strano: trovi sempre, anche quando ti cambiano di pozzo.

Le giornate di riposo aiutano Posljednj a sopravvivere. Ha sempre retto bene alla fatica, è molto robusto e il seme di Vojdianoj lo ha reso ancora più forte e resistente.

Meno fortunati di lui, i suoi compagni di sventura deperiscono giorno dopo giorno, fino a che non sono più in grado di lavorare. Allora vengono sgozzati davanti a tutti gli altri, come monito, perché non fingano di essere esausti per lavorare di meno. Quando assiste alle esecuzioni, Posljednj si chiede se davvero la sua sorte è migliore di quella dei giustiziati, che almeno hanno smesso di soffrire.

Posljednj tira avanti, ma ha perso ogni speranza e sempre più spesso si chiede se ha un senso continuare così. Tanto vale lasciarsi morire, come alcuni fanno.

Il pensiero va a Vodjanoj. Il Terribile gli aveva detto che il suo seme gli avrebbe dato la forza di sopravvivere, ma rimanere in vita nei pozzi della morte appare una maledizione, non un vantaggio.

 

*

 

Nesmerten sa che deve aspettare un anno prima di poter intervenire per far morire Posljednj. È impaziente, ma non vuole rischiare di veder fallire i suoi piani, per cui aspetta.

Infine arriva il momento in cui può prepararsi ad agire: è quasi trascorso un anno. Spera che l’ultimo portatore di stelle sia già morto nei pozzi di Rudnismirti: sa che nessuno riesce a sopravvivere a lungo nella miniera.

Prima di passare all’azione vuole consultare nuovamente Snaogar

Costringe un siskri a portarlo in volo alla dimora del veggente. Paga il consulto con gli smeraldi, poi chiede:

- Dimmi, è ancora in vita l’ultimo portatore di stelle?

- Sì, Posljednj non è ancora morto. È protetto da Vodjanoj. Il suo seme gli ha dato forza.

- Ma ora posso provocare la sua morte, vero?

- Tra una settimana, al terzo plenilunio d’autunno, sarà possibile ucciderlo.

- Benissimo. Lo farò. Scatenerò i trog contro le miniere di Rudnismirti. Nessuno si salverà.

- Bada, Nesmerten, che non ti sfugga: se non morirà, la sorte del Signore Oscuro è segnata.

- Non mi sfuggirà e nessuno più potrà impedirmi di conquistare i Sette Regni. C’è altro che devo sapere?

- Un altro pericolo ti sovrasta. Qualcuno vuole la tua morte.

- E come potrebbe uccidermi, se non è un portatore delle due stelle?

Snaogar scuote la testa.

- Ricordati, Nesmerten: nessuna protezione è mai assoluta. Tuo padre pensava che nessuno avrebbe potuto ucciderlo, se non un portatore delle due stelle, ma tu l’hai ucciso, perché la sua protezione poteva essere aggirata. C’è sempre un’arma più forte di ogni protezione e c’è sempre una protezione più forte di un’arma. A volte chi non può essere ferito da una spada può morire per la puntura di un insetto o il morso di un ragno.

Nesmerten freme.

- Chi vuole la mia morte?

- Tuo padre.

- Cosa? Ma è morto. L’ho castrato, spegnendo per sempre il suo potere.

- Sì, ma non avresti dovuto versare il tuo seme in lui: questo gli ha permesso di non morire completamente. Qualche cosa di lui è rimasto, una volontà di vendetta. E non tutto il suo potere è passato a te.

- Come posso difendermi da questa minaccia?

Snaogar guarda il libro davanti a sé.

- La volontà di vendetta di tuo padre cercherà il modo di incarnarsi in qualcuno che possa colpirti. Quando, in chi, è difficile dirlo. Questo però leggo chiaramente: ciò che rischia di perderti è la tua irruenza.

Nesmerten non è contento di ciò che gli dice Snaogar. Deve riuscire a stornare la minaccia.

- Come posso fare per evitare che questa volontà si incarni?

- Devi riuscire a controllare i tuoi scatti d’ira, perché sarà uno di questi scatti a perderti.

- Va bene. Mi controllerò.

Nesmerten riflette un attimo, poi dice:

- Dopo aver eliminato questo Posljednj, devo sterminare tutti i maschi della stirpe di Musum tornati in vita, vero?

Nesmerten lo sa benissimo: vuole solo verificare che non ci siano ostacoli.

- Sì, è così. 

- Divlovac è in grado di farlo?

- Sì, tuo fratello può uccidere tutti i quindici discendenti di Vodjanoj, quelli della stirpe di Musum e quelli che si sono uniti loro. Nessuno di loro può ucciderlo, perché tuo fratello non può essere ucciso.

Nesmerten sorride.

- Non mi dicevi che nessuno è davvero invulnerabile?

- Tuo fratello adesso lo è, ma un domani la situazione può cambiare. Nulla è per sempre, Nesmerten.

- Va bene. Quindi ci riuscirà?

- Vedo altri quindici cadaveri impalati di fronte al castello del Signore Oscuro nella Voragine di Nasmirti, quindici cadaveri che adesso non ci sono.

Nesmerten sorride.

- Ti ringrazio, Snaogar.

Nesmerten si allontana.

Rimasto solo Snaogar scuote la testa. Ha letto nel libro del futuro che l’irruenza di Nesmerten lo perderà.

 

*

 

Una settimana è passata. Da quattro giorni Posljednj è al lavoro con altri tre prigionieri in un nuovo pozzo, molto ramificato. Il sorvegliante gli ha indicato uno dei cunicoli più in alto, mentre i suoi compagni lavorano più in basso. Posljednj striscia nel cunicolo e si mette a scavare con il piccone.

È al lavoro da un’ora quando appare una pepita. Non si stupisce di averla trovata: non è mai trascorsa una settimana senza che abbia estratto almeno una pepita, di solito di dimensioni molto maggiori della norma. Avrà diritto a riposarsi il resto della giornata e questo lo aiuterà a sopravvivere più a lungo, ma ormai non gliene importa più molto. Quella che conduce non è vita: è un lento morire giorno dopo giorno, in questi pozzi infami.

Ha appena finito di estrarre la pepita quando sente delle urla disperate. Si dirige verso l’imboccatura del cunicolo, ma quando ha quasi raggiunto il pozzo, di colpo questo sprofonda nell’oscurità: lo hanno chiuso. Perché? Il vapore rosso, che non ha mai visto, ma che ha già ucciso una ventina di minatori da quando lui è arrivato? Una di quelle creature degli abissi che si cibano di carne umana? Qualunque sia la minaccia, ormai è un uomo morto: morirà nel pozzo, se non altro per mancanza d’acqua e d’aria.

Non sente più nessuna voce: che cosa ne è stato dei suoi compagni che urlavano? Alla luce della lampada si guarda intorno. Sul fondo del pozzo gli sembra di vedere dei corpi immobili tra i massi, ma la luce non è sufficiente per distinguere chiaramente.

Posljednj rimane fermo dove il cunicolo si allarga e si immette nel pozzo. Aspetta di vedere se succederà qualche cosa. Mentre guarda verso il fondo, gli viene in mente la pepita di nevizlato: riflettendo e amplificando la luce della lampada, è in grado di illuminare anche a distanza. Si infila nel cunicolo e striscia fino in fondo, dove prende la pepita che aveva abbandonato sentendo le urla. Poi striscia fino al pozzo.

Grazie alla luce riflessa, ora riesce a vedere perfettamente il fondo: ci sono i corpi di due degli altri prigionieri. Non hanno segni di ferite. Perché sono lì? Che cosa li ha spinti a fuggire dai cunicoli in cui si trovavano e a raggiungere il pozzo, per poi precipitare e morire sul fondo? Non sa darsi una spiegazione.

La risposta alla sua domanda arriva da uno dei cunicoli sottostanti, da cui si sporgono lunghe braccia sottili. È senza dubbio un podzemlj. Le braccia, di un colore azzurro, sono ricoperte di sangue. Il mostro deve aver divorato il minatore che lavorava nel cunicolo. Questi ha urlato e gli altri sono usciti dai loro cunicoli per fuggire, ma il pozzo è stato chiuso. Probabilmente stavano cercando di risalire con una delle corde, ma hanno perso la presa o la corda è stata tagliata quando il pozzo è stato chiuso. Saranno divorati dal mostro, come Posljednj stesso.

Il podzemlj sporge la testa, ma la ritrae immediatamente. Posljednj ha fatto appena in tempo a vedere una larga bocca e quattro occhi molto grandi, che si sono subito chiusi. La testa riappare. Questa volta Posljednj può scorgere il sangue sotto la bocca. Il mostro apre uno degli occhi, ma lo richiude subito. Forse è la luce a dargli fastidio.

Se è così, finché l’olio combustibile nella lampada non si esaurirà, Posljednj non sarà divorato. Non è una grande consolazione: se non morirà sbranato dal mostro, morirà di sete, oppure per la mancanza d’aria. In ogni caso è una morte orribile. A cosa è servito penare per un anno, se poi deve morire in questo pozzo infame?

Lungo le pareti del pozzo ci sono le corde con cui si calano i minatori. Sono quattro, ma tre sono state tranciate quando il pozzo è stato chiuso. L’unica corda rimasta sembra tenere. Posljednj lascia la lampada e la pepita sul bordo del cunicolo e tenendosi alla corda scende fino al fondo del pozzo. Quando passa davanti all’apertura da cui è emerso il mostro, lo vede rannicchiato all’interno del tunnel. Aspetta. Sa che prima poi avrà altro cibo a disposizione, senza quella luce che gli dà fastidio.

Sul fondo guarda i cadaveri dei suoi compagni. Pensa che probabilmente hanno avuto una morte meno orrenda di quella del minatore divorato e di quella che lo aspetta. Raccoglie le corde spezzate e risale. Si lega la lampada e la pepita ai fianchi e risale fino all’imboccatura del pozzo. Utilizzando un’altra corda si lega in modo da avere le mani libere.

Non si illude di poter uscire: anche se battesse e riuscisse a farsi sentire, non gli aprirebbero mai. Ha un’idea in mente: cercare di scavare un piccolo passaggio per l’aria, in modo da non morire asfissiato. Di più non può pretendere: sa bene che non riuscirà mai a scavare un’apertura tanto vasta da riuscire a passare e anche se ci riuscisse, non potrebbe convincere i soldati a lasciarlo uscire dal pozzo: lo ricaccerebbero indietro e richiuderebbero il passaggio.

Si mette a scavare a lato della chiusura del pozzo.

Le ore passano. Posljednj è sempre più stanco. Nell’oscurità del pozzo ha perso il senso del tempo, ma ormai dev’essere notte. Ha bisogno di riposare, ma vorrebbe riuscire ad aprire un piccolo varco, perché un po’ d’aria possa entrare.

A un certo punto si rende conto che la fiamma nella lampada vacilla: l’olio è quasi finito. Il podzemlj ha sporto la testa dal cunicolo e lo guarda con un occhio socchiuso. Posljednj sente l’angoscia invaderlo.

Si cala rapidamente fino alla nicchia dove vengono tenute le lampade. Non c’è una riserva d’olio, probabilmente non lo tengono lì. Fortunatamente ci sono altre lampade, piene: Posljednj fa appena in tempo ad accenderne una, prima che la sua si spenga.

Ormai è stanchissimo. Scende fino al cunicolo più in alto, lascia la lampada e la pepita all’imboccatura e sprofonda nel sonno.

 

È notte fonda. Le sentinelle che montano la guardia sulla palizzata intorno al villaggio della miniera sono gli unici uomini ancora svegli. Nel capannone dei prigionieri, nell’alloggiamento dei soldati, nella casa del sovrintendente, tutti dormono.

Poco lontano, lungo il fianco della montagna, c’è un brulichio di corpi che si muovono e, guidati da una volontà che li controlla, circondano completamente l’insediamento, mantenendosi a una certa distanza, in modo da non essere visibili. Le sentinelle non si accorgono di nulla. Solo quando gli assalitori avanzano e la luce lunare li illumina, si accorgono che una moltitudine di trog sta marciando contro la palizzata. C’è un momento di terrore puro, perché la massa che avanza compatta da tutte le direzioni non lascia nessuna speranza.

Le guardie lanciano l’allarme, ma è troppo tardi: i trog sono già alla palizzata e si arrampicano gli uni sulle spalle degli altri. Le guardie ricacciano quelli che arrivano in cima, colpendoli con le lance, ma non sono abbastanza numerose per difendere una fortificazione assalita da tutte le parti: sono sopraffatte prima che i soldati che dormivano possano arrivare a dar loro man forte. I trog vorrebbero fermarsi a divorare i cadaveri, ma la volontà che li dirige glielo impedisce. Essi scendono all’interno del villaggio e invadono gli edifici, massacrando chiunque incontrino. I trog amano uccidere e a uccidere li spinge la volontà che li guida e che richiede la morte di tutti coloro che si trovano nel recinto. I trog continuano a muoversi e a spegnere vite, finché non rimane un solo uomo vivo. Allora si mettono a divorare i cadaveri.

Nesmerten ha guidato l’assalto controllando le menti dei trog. Non si è esposto in prima persona, perché sa che Posljednj è alla miniera e non vorrebbe che il destino desse in mano al suo nemico una spada forgiata nelle officine di Noz. Ora, mentre una schiera di trog controlla tutto il perimetro esterno della palizzata, per garantirsi che nessuno sfugga, si aggira tra gli edifici. Entra in tutti, per verificare che non ci siano superstiti. Ovunque è un mare di sangue con brandelli di corpi smembrati.

Nesmerten lascia che i trog si sazino, poi appicca il fuoco agli edifici. Uno dopo l’altro le grandi costruzioni in legno bruciano e anche una parte della palizzata viene distrutta dalle fiamme. Solo la casa del sovrintendente, costruita in mattoni, e i bagni non bruciano. Nesmerten esamina ancora i due locali, ma dentro non è rimasto nessuno vivo. Nell’ingresso della casa ci sono i resti del sovrintendente e in due stanze quelli dei servitori, ma i trog non hanno lasciato molto. Anche nei bagni ci sono alcuni cadaveri.

Nesmerten ordina ai trog di allontanarsi, disponendosi intorno alla palizzata. Poi utilizza uno smeraldo che rivela la presenza di vita. Lo muove tutto intorno, facendo un giro completo su se stesso. Nessuna luce appare. La pietra gli ha confermato quello che ha già verificato con i suoi occhi: in tutto lo spazio un tempo recintato non ci sono sopravvissuti. Nesmerten sorride. Nessuno ormai può impedirgli di conquistare i Sette Regni.

 

*

 

Nel pozzo Posljednj non si è accorto di nulla: la chiusura ermetica impedisce ai rumori di arrivare e il giovane dorme a una certa distanza dalla superficie.

Posljednj si sveglia più volte e controlla la lampada. C’è ancora abbastanza olio. Quando gli pare di aver riposato a sufficienza, si lega nuovamente come il giorno precedente e risale fino alla lastra di ferro. Riprende a scavare. Procede per qualche tempo, sempre tenendo sotto controllo la lampada. Quando è giunto il momento di sostituirla, scende a prenderne un’altra, poi riprende a scavare.

Si rende conto che l’aria incomincia a mancare. Ha una sete terribile ed è stanco, ma non rinuncia: morirà, lo sa, ma non vuole essere divorato dal podzemlj o morire asfissiato.

A un certo punto gli sembra di vedere un po’ di luce filtrare tra le rocce. Continua a scavare con maggiore energia. Sì, ha davvero creato una piccola apertura e un po’ di aria passa. Prosegue a scavare. Improvvisamente la roccia incomincia a sgretolarsi. Posljednj si aggrappa a una sporgenza, per spostarsi e non essere investito dalle pietre. Alcuni sassi cadono nel pozzo, poi si stacca della terra, con altri sassi. Di colpo si è aperto un passaggio relativamente ampio. Posljednj può respirare aria fresca.

Sta per riprendere a scavare, quando la terra frana ancora. Se Posljednj non si tenesse alla corda, finirebbe travolto dai sassi.

Ora c’è un passaggio sufficiente anche per un uomo molto robusto come lui. C’è però il rischio che mentre cerca di passare la roccia frani o che lo uccidano le guardie. Tutto sommato è meglio morire nella caduta o schiacciato dai massi o ucciso da una lancia, piuttosto che essere divorato vivo o morire di sete. Si infila nel passaggio, muovendosi con grande cautela. Infine riesce a strisciare attraverso l’apertura e a mettere la testa fuori.

Non c’è nessuno intorno. Se la sua posizione non fosse alquanto precaria, Posljednj aspetterebbe la notte per uscire, in modo da potersi allontanare: tutti lo credono morto e nessuno lo cercherebbe. Ma non può pensare di rimanere per molte ore così. Sente che le rocce e la terra sotto di lui non sono stabili.

Esce completamente e si guarda intorno. Non c’è nessuno. Guarda verso la palizzata. Una parte è bruciata, scoprendo completamente tutto un lato dell’insediamento.

Posljednj esita un momento, poi si dirige verso gli edifici. Avvicinandosi vede che anche gli alloggiamenti dei soldati e degli schiavi sono bruciati. Arriva infine alla porta. Il cortile è disseminato di cadaveri smembrati. Sembra quasi che qualcuno abbia divorato i corpi. Posljednj rabbrividisce: sono stati i trog, di certo. Hanno attaccato le miniere. E in effetti ci sono anche diversi cadaveri di trog a terra, spesso in parte divorati dai loro compagni.

L’alloggiamento degli schiavi è bruciato completamente. Al suo interno ci sono resti di corpi carbonizzati: se qualcuno è sopravvissuto ai trog, è stato divorato dal fuoco, bloccato dalle catene.

I bagni non sono stati distrutti. Ci sono alcuni cadaveri anche lì, ma dalla fontana l’acqua sgorga e Posljednj può infine bere a sazietà. Poi si immerge in una delle vasche, l’unica in cui non c’è un cadavere, e si lava, mentre pensa al da farsi.

I trog non hanno motivo per tornare: pensano di aver ucciso tutti. Posljednj non sospetta che il massacro aveva come unico scopo quello di uccidere lui.

La casa del sovrintendente è ancora in piedi: costruita in mattoni, non è bruciata, anche se il fuoco l’ha danneggiata. Posljednj vi trova una tunica che può indossare, della calzature e soprattutto alcune provviste, che mette in una sacca, insieme alla pepita che porta con sé. Raccoglie una spada e un pugnale e si lascia alle spalle la palizzata.

E ora?

Ora deve lasciare queste terre, evitando i trog, che lo divorerebbero, e i soldati, che lo catturerebbero se sapessero che è uno schiavo in fuga. Si allontana nella direzione da cui è arrivato. Cammina tutto il giorno e parte della notte seguente: vede abbastanza bene al buio e la luce lunare gli permette di muoversi con una certa sicurezza.

In alcuni giorni di marcia raggiunge la regione in cui si trovava quando è stato catturato. Mentre cammina di fianco al fiume, vede in acqua il Terribile.

- Vodjanoj!

- Ti aspettavo, Posljednj. Sei sopravvissuto ai pozzi della morte. Hai superato la prova.

- Pensavo che non ne sarei mai uscito vivo. Avevo perso ogni speranza.

- Era scritto che avresti sofferto per un anno, ma il mio seme ti ha dato forza e ho vegliato su di te.

- Eri tu che mi facevi trovare le pepite?

- Sì, in modo che potessi riposare.

Posljednj annuisce, mentre guarda il magnifico tritone. Il desiderio lo assale, violento. La voce gli esce roca:

- Vodjanoj!

Il Terribile sorride e risponde alla richiesta inespressa.

- Sì, lo desidero anch’io. Non c’è nulla che desidero di più al mondo.

Esce dall’acqua grondante. Posljednj guarda il corpo su cui i rivoli scendono tra la peluria scura. Gli sembra che gli manchi il fiato. Guarda il grande cazzo, che gli darà dolore e piacere, come mai nessun altro.

Vodjanoj lo stringe, lo bacia e poi lo stende sull’erba.

L’ingresso è molto doloroso, ma Posljednj vuole solo questo dolore, che è anche piacere. A lungo fotte il Terribile e infine il suo seme si spande nuovamente nel corpo di Posljednj.

Poi riposano, avvinghiati, ma il desiderio si accende nuovamente e più e più volte si amano, finché non scende la notte.

 

 

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