Posljednj l’Ultimo 19 Nesmerten è in volo sul
siskri a cui ha imposto di portarlo al limite occidentale delle Terre Note,
oltre la fortezza del guado di Dubokvoda, sul
fianco della montagna dove si trova la dimora di Snaogar. Il siskri non l’avrebbe
mai portato liberamente fino all’ingresso della dimora: sulle montagne vivono
i Solitari, feroci giganti che uccidono chi incontrano. Ma per Nesmerten non
è difficile piegare la mente di un siskri. Il siskri si posa sopra
uno spuntone roccioso sulla parete della montagna. Poco lontano vi è
un’apertura scavata nella pietra. Nesmerten scende dal siskri. È intirizzito perché ha
passato molte ore in volo ad alta quota. Non aveva mai fatto un viaggio così
lungo, ma aveva bisogno di parlare con un veggente. Avrebbe potuto rivolgersi
all’Antro di Okrutan, ma l’Antro dice ciò che vuole
e non sempre i suoi messaggi sono chiari. Snaogar pretende in pagamento oro o
pietre preziose, ma per colui che controlla le miniere di Smarag questo non
costituisce certo un problema: con gli smeraldi che ha con sé potrebbe
comprare un’intera città. Nesmerten si dirige verso la soglia. All’interno è
completamente buio. Accende la lanterna che ha portato e incomincia a
scendere per la scala che sembra condurre nelle viscere del monte. La
percorre, lentamente. Man mano che procede, la temperatura aumenta.
Inizialmente il calore è piacevole, perché scaccia il freddo accumulato
durante il viaggio aereo, ma proseguendo diviene soffocante. I gradini sembrano
non finire mai. Quando infine la scala termina, Nesmerten si trova in
una vasta sala, con un alto soffitto a volta. Un uomo nudo è in piedi in
mezzo alla stanza, un’alta corona in testa, un libro aperto davanti a sé. - Ti aspettavo, Nesmerten. Il veggente ha previsto l’arrivo del principe, che non
se ne stupisce. Sa che deve pagare il responso, per cui estrae dalla borsa
che ha con sé sette smeraldi di Smarag: è un dono davvero principesco,
probabilmente assai più di quanto paghino di solito coloro che si rivolgono a
Snaogar. Nesmerten vuole essere sicuro di poter contare sul veggente. - Credo che tu sappia
perché mi rivolgo a te. - Ci sono molte cose che
vuoi sapere e altre che non sai di voler sapere, ma che sono altrettanto
importanti. - Spero che mi dirai tutto
ciò che mi può essere utile. - Ti dirò tutto ciò che
posso sapere io. Il libro del futuro ha segni spesso incompleti e
incostanti, perché il futuro non è immutabile. - Grazie. Per prima cosa vorrei sapere se riusciremo a
sottomettere i Sette Regni e le Terre del Nord. - Vuoi sapere se riuscirai tu o se riuscirà tuo padre? - Non capisco la tua domanda. Agiamo insieme. Snaogar scuote la testa. - Per ora sì. Snaogar apre un libro che ha davanti a sé. Nesmerten
vede comparire sulle pagine segni: lettere di alfabeti sconosciuti, numeri,
disegni. Le immagini hanno colori cangianti e alcune compaiono in tutti i
colori dell’arcobaleno. Poi svaniscono, sostituite da altre. - L’unico ostacolo ai vostri progetti di conquista è
la stirpe di Musum. - Esiste davvero un portatore di stelle ancora in
vita? - Certo. Il suo nome è
Posljednj ed è l’unico figlio di Jebesin. - Dove si trova? - È un randagio e vive
nelle Terre del Nord. - Un randagio? Strano! E
quel coglione di Mudrinac non è mai riuscito a scoprire chi era. Snaogar ride. Ha una risata aspra. - Perché ridi? - Mudrinac sa benissimo il
suo nome e sa dove si trova. - Ne sei sicuro? - Certo. So tutto ciò che è già successo, perché è
scritto nel libro del passato. Le sue pagine si riempiono man mano che gli
eventi accadono. Io sono in grado di aprire le sue pagine. - Perché non ci ha detto niente? - A tuo padre l’ha detto. - Cosa? Perché non l’ha detto a me? - Anche lui sa leggere alcuni indizi del futuro e sa
che tu lo ucciderai dopo aver scoperto chi è l’ultimo portatore di stelle e
dove trovarlo. - Ucciderlo? Perché? - Perché il timore di essere ucciso l’ha reso una
minaccia per la tua vita. Nesmerten è frastornato. - Una minaccia per la mia
vita? Vuole uccidermi? - Tra poco convincerà tuo
padre a sopprimerti. - Cosa? E perché mai? - Se conquisterete i Sette
Regni, la vostra stirpe diventerà immortale. Tuo padre sarà re per sempre. Tu
vuoi rimanere in eterno principe? Concentrato sui progetti
di conquista, Nesmerten non ha mai riflettuto su questo. Guarda Snaogar. - E allora? - Mudrinac convincerà tuo
padre che tu costituisci una minaccia per la sua vita ed è vero, anche se la
minaccia fino a ora era lontana. Tuo padre deciderà di sopprimerti. Domani
sera sarai di ritorno al castello… Snaogar si concentra, guarda il libro che ha davanti a
sé, poi prosegue: - Non lo farà subito, ma
non lascerà passare molti giorni. - Se non ucciderò mio
padre, morirò. - Sì. - Posseggo una spada di Noz, ma il Signore Oscuro può essere ucciso con quella
lama solo da colui che porta le due stelle. Snaogar sorride. - Non è esattamente così. - Il corpo del Signore
Oscuro non può essere trafitto da nessun altro: questo è il dono fatto a mio
padre da sua madre. Nessun veleno può spegnere la sua vita, nessuna corda
bloccare il suo respiro, nessun fuoco bruciarlo. Come potrei ucciderlo? Non
posso trafiggerlo con nessuna spada. - Non puoi trafiggerlo
dall’esterno, tagliando la sua pelle, ma se gli infilassi una lama di Noz in bocca o meglio ancora da dietro, la spada
provocherebbe la sua morte senza ferire la pelle Nesmerten ride. - A questo non avevo
pensato. Dopo un attimo di riflessione, prosegue: - So quello che devo fare.
Grazie. Dimmi ancora di Posljednj. Ha già visitato la Terra degli Otto Laghi? - No, ma sta per farlo. - Benissimo. Appena l’avrà
fatto, lo ucciderò. - Non è possibile.
Vodjanoj il Terribile lo protegge. Finché rimarrà nelle Terre del Nord,
nessuno riuscirà a spegnere la sua vita. - Come posso fare perché
si allontani? - Induci i mercanti di
schiavi a venire nelle Terre del Nord. Lo troveranno e lo porteranno nelle
miniere di Rudnismirti. Nesmerten ride: - Nei pozzi della morte
nessuno sopravvive a lungo. - Posljednj reggerà più a
lungo degli altri. E non potrai ucciderlo prima che sia trascorso un anno da
quando avrà incominciato a lavorare nella miniera. - Mi occuperò anche di
lui. Un’ultima cosa ti chiedo: nell’ultimo novilunio dall’Abisso Nero è
emerso Vrag, ma prima del plenilunio si è
nuovamente immerso nelle viscere della Terra. Come è possibile? Secondo Mudrac, solo Drunjed e Tezhrab potevano ricacciarlo. - Sono stati loro a farlo. - Che cosa dici? Sono
morti entrambi. - Il loro tempo non era ancora
giunto. Drunjed e Tezhrab sono stati richiamati in vita prima che
attraversassero la seconda soglia e hanno affrontato Vrag,
ricacciandolo. - Allora Drunjed è ancora
vivo! - No, la sua vita doveva
concludersi, così era scritto. È stato sacrificato, insieme a Tezhrab. Solo
Posljednj è ancora in vita tra i portatori di stelle. - Benissimo. Lo ucciderò e
i Sette Regni saranno miei. Grazie, Snaogar. Tornerò ancora da te. Nesmerten risale la scala
ed esce. Sale sul siskri e si dirige verso Est. Nel castello Gospodar
scende a parlare con Mudrinac. Ha riflettuto molto su quanto il veggente gli
ha detto. È sicuro che Mudrinac gli nasconda ancora qualche cosa. Intende
approfittare dell’assenza del figlio per chiarire la situazione. - Mudrinac, ci sono cose
che non mi hai detto. Voglio saperle. Mudrinac esita, poi dice: - Un pericolo ti minaccia,
sovrano. - Cosa dici? Secondo la
profezia solo un portatore delle due stelle può uccidermi, con una spada
forgiata nelle officine di Noz. Mudrinac abbassa lo
sguardo e tace. - E allora? Mudrinac è sempre più in
imbarazzo. - Parla! È un ordine! - Tuo figlio Divlovac pensa a cacciare. Uccidere è il suo piacere e
poco gli importa del potere, per ora. Nesmerten invece è ambizioso. Con la
morte dell’ultimo portatore di stelle, diventerete immortali. Questo
significa che tu, re, regnerai per sempre e tuo figlio sarà per sempre solo
un principe, costretto a dipendere dal padre. - Vuoi dire che… la
minaccia viene da lui? Il veggente non alza la
testa, ma risponde: - Leggo chiaramente che
presto in questo castello un uomo di sangue reale morirà. - E come potrebbe
uccidermi? Sono il Signore Oscuro. Non può trafiggermi con nessuna spada, non
può avvelenarmi, non può soffocarmi. - Non lo so. Ma vuole
farlo. Gospodar ha uno scatto d’ira. - Ma cosa dici? Mio
figlio?! Mudrinac alza lo sguardo.
Ormai si è scoperto. Non ha più nulla da perdere. Ha giocato tutto su
un’unica carta. - Tuo figlio possiede una
spada uscita dalle officine di Noz. - Non lo sapevo. - Non te l’ha detto. L’ha conquistata
quando ha sottomesso i nani. - Tu menti! - Ti ho detto quanto so,
sovrano. Gospodar fissa il
veggente. Mudrinac non mente, ne è sicuro. Ed è vero che Nesmerten è
ambizioso. - E come posso salvarmi? Mudrinac abbassa
nuovamente gli occhi. - Non occorre che te lo
dica, mio signore. Il Signore Oscuro ha
capito. Non c’è altra via. Quando parla, abbassa la voce. - Dovrei uccidere il mio
stesso figlio, per impedirgli di uccidermi? - Hai un secondo figlio,
puoi farne altri ancora, quanti ne vuoi, se diventerai immortale. Se morirai,
ci sarà un nuovo re, un nuovo Signore Oscuro. Gospodar ha bisogno di
tempo per pensare. - Rifletterò sulle tue
parole, veggente. Mudrinac si inchina e
dice: - Ti chiedo solo di non
dire nulla a tuo figlio. - No, non gli parlerò. Gospodar si dirige verso
la porta. Sulla soglia si volta, come se volesse chiedere qualche cosa, ma ci
ripensa ed esce senza dire nulla. Nesmerten ritorna nel
pomeriggio. La sera padre e figlio
cenano insieme, come fanno sempre quando sono entrambi nel castello.
Nesmerten osserva: - Padre, ti vedo
preoccupato. Gospodar lo fissa un
momento in silenzio, poi risponde: - Ti vedo troppo
impaziente di realizzare i nostri piani. - Sì, hai ragione. Ci ho
riflettuto oggi. Mi spiace se mi sono dimostrato troppo irruente. A volte mi
sembra che Mudrinac ci faccia solo perdere tempo. - Chi ha grandi ambizioni
deve saper aspettare. - Sì, padre. Prometto che
non cercherò più di affrettare i tempi. Nesmerten porge al padre
una coppa di vino. - Beviamo, padre, al successo
dei nostri piani. Gospodar beve.
Chiacchierano ancora un momento. Gospodar si sente assonnato. - Ho bevuto troppo. - Ti accompagno nella tua
camera. - Possono farlo i
servitori. - No, preferisco che non
ti vedano barcollare per il troppo vino. A Gospodar si chiudono gli
occhi. Accompagnato dal figlio, raggiunge a fatica la camera da letto. - Chiama i servitori che
mi spoglino. - Ti aiuto io, padre. Gospodar non è in grado di
opporsi. Solo quando il figlio gli cala i pantaloni intuisce. Riesce a mormorare: - Quel… vino… Nesmerten ride. - L’ultimo vino che hai
bevuto era un buon vino. Con un po’ di sonnifero. - Male…detto. Che… cosa… Gospodar non è più in
grado di muoversi. Le sue braccia, le sue gambe non rispondono più ai suoi
comandi. Ora è nudo sul letto e attende. Nesmerten esce. Ritorna poco dopo
con una spada. Volta il padre, mettendolo sulla pancia. Gli allarga le gambe.
Guarda l’apertura tra le natiche. Tra poco fotterà suo padre con la spada. E
mentre lo pensa, un’idea gli attraversa la mente. Ride. - Adesso l’allarghiamo un
po’, così la spada entra meglio. Ride di nuovo. Si spoglia
e si stende sul corpo del padre. Preme il cazzo, già duro, contro l’apertura.
Vuole umiliare suo padre, che si preparava a ucciderlo su consiglio del
veggente. - Lo senti, padre? Gospodar non è più in
grado di parlare. Sta sprofondando in un sonno da cui non si sveglierà, lo
sa. L’ingresso violento lo scuote per un momento. - Male…detto. Nesmerten ride. Pensa che
sta inculando suo padre e che tra poco sarà lui il Signore Oscuro. Farà
morire Posljednj e nessuno più potrà ostacolare i suoi piani e ucciderlo.
Conquistando i Sette Regni diventerà immortale. Fotte con gusto, mentre
Gospodar ha la sensazione di precipitare in un pozzo senza fondo. Quando infine viene, Nesmerten
si stacca. Guarda il seme che cola dall’apertura dilatata. Prende la spada,
avvicina la punta all’apertura e spinge. Gospodar si riscuote, il dolore
atroce che gli scava nelle viscere gli rende la lucidità. Dilata gli occhi,
agita la testa e poi la reclina. Mentre Gospodar agonizza
sul letto, la lama ancora infilata in culo, Nesmerten prende la spada del
padre e raggiunge la stanza dove Mudrinac è steso a letto, incapace di
prendere sonno. Avverte il pericolo che lo minaccia, ma non sa come
sfuggirgli. Spera che Gospodar uccida presto il figlio. Vedendo entrare il
principe, la spada in pugno, intuisce. - No, ti prego. No! - Hai convinto mio padre a
uccidermi, infame! - Non mi uccidere. Posso
esserti utile. - Ho trovato un veggente molto
migliore di te. Non mi servi più. - No, no! Ti rivelerò cose
che non sai, che sono importanti… Nesmerten non lo lascia
finire: gli immerge la spada nel petto. Quando ritira la spada il corpo senza
vita di Mudrinac scivola a terra. Nesmerten torna da Gospodar.
Il re è ancora vivo: il suo corpo è molto più resistente di quello degli
umani e solo lentamente cede alla morte. Non è un vantaggio per il re, a cui
dona solo un’agonia molto più lunga e dolorosa: man mano che l’effetto del
sonnifero svanisce, il dolore della spada che ha infilata in corpo diventa
più forte. Il re geme e maledice il figlio, mentre lentamente si spegne. Quando infine, alle prime
luci dell’alba, la vita lo lascia, il castello della voragine di Nasmirti ha un nuovo Signore Oscuro. Solo allora Nesmerten
estrae la spada dal corpo del padre. Prima di disfarsi del cadavere deve
compiere ancora due azioni. Una è necessaria per
spezzare definitivamente il potere del padre, che potrebbe danneggiarlo anche
dopo la morte: Gospodar non era un mortale qualunque e il suo spirito
assetato di vendetta rimarrebbe nel castello, cercando di perdere colui che
l’ha ucciso. Perciò Nesmerten afferra i genitali del padre e li recide: in
questo modo il morto non potrà tornare a tormentarlo. Ora deve ereditare i
poteri che venivano al padre dalle pietre che portava con sé. Con un pugnale
incide la pelle di Gospodar, che si apre: adesso che è morto, le pietre non
sono più al suo servizio e non proteggono più il suo corpo. Con la prima
incisione, all’ombelico, Nesmerten raggiunge la pietra verde della vita e la
estrae; la seconda incisione, alla base del collo, gli permette di prendere
la pietra nera del dominio. Le lava entrambe, pulendole dal sangue del morto,
poi si stende. Si pratica una piccola incisione sotto l’ombelico e vi infila
la pietra verde. Ora che ne ha due può considerarsi invulnerabile. Incide la pelle alla base
del collo e vi infila la pietra del potere: i giganti, i nani e i tessitori
dovranno obbedire a lui, che già controlla i sistri, i trog e i vatra. Il suo
potere non ha più limiti. Il mattino dopo Nesmerten
fa impalare i corpi del padre e di Mudrinac. La testa del veggente viene
collocata in cima al palo, così che sembra ancora attaccata al corpo, ma è
voltata al contrario. * Posljednj ha venticinque
anni. Vive nelle Terre del Nord, ma nessuno sa da dove venga. Lui stesso
ignora chi siano i suoi genitori e perché lo abbiano abbandonato. Lo hanno
raccolto bambino alcuni guerrieri in fuga dal regno di Sjevekral, dopo
l’uccisione del re Osmikr e l’usurpazione del potere da parte di Lazan. Quando il tiranno è stato abbattuto e il regno
riconquistato dagli eredi legittimi, i guerrieri sono tornati a Sjevekral, ma
Posljednj non li ha seguiti: non ha voluto lasciare le terre in cui è sempre
vissuto, anche se si era affezionato a coloro che considerava, se non i suoi
padri, i suoi zii. È sicuro di essere un figlio di Lilith, perché assomiglia
ai guerrieri di queste terre: è alto, forte, alquanto villoso, con un pelo
nerissimo. Gli occhi sono scuri e vedono bene anche la notte. È un randagio: così
vengono definiti i figli di Lilith che non appartengono a nessuna delle
dodici tribù. Di solito sono uomini scacciati per aver violato qualche regola
e per questo motivo non sono ben visti nelle Terre del Nord: alcuni diventano
banditi, altri cercano fortuna in uno dei sette regni dei figli di Eva. Sono
invece molto rari i casi come quello di Posljednj: i bambini abbandonati
vengono sempre adottati da qualche famiglia, che se ne prende cura, e
diventano membri della tribù a pieno titolo. La nascita conta poco per gli
uomini del Nord: a determinare il valore di un uomo sono coraggio, lealtà e
saggezza. Posljednj non manca certo
di coraggio ed è un uomo leale. Alcuni guerrieri della tribù del Leone di
Montagna gli hanno proposto di adottarlo come fratello: una pratica non rara
in queste terre. Accettando la proposta, sarebbe diventato membro della loro
tribù. Posljednj però l’ha respinta:
non vuole legarsi a nessuna tribù, ma non saprebbe spiegare il perché. Vive
di caccia e dei prodotti che ottiene scambiando le pelli degli animali
uccisi. Non ha una casa, perché si sposta spesso: dove si ferma più a lungo
si costruisce una capanna. Nei suoi spostamenti si
spinge spesso nel Grande Nord. È curioso di conoscere nuove terre e non ha
paura di nulla. Un giorno si infila in una stretta valle al fondo della quale
si trova una cascata. Posljednj ha cacciato tutto il giorno ed è accaldato.
Decide di mettersi sono il getto, per rinfrescarsi e pulirsi. Quando ha
finito si stende al sole per asciugarsi. Mentre è seduto, si guarda intorno e
si accorge che un sentiero sale lungo la parete che chiude la valle. Decide
di percorrerlo. Giunge così alla Terra
degli Otto Laghi, che riconosce subito: i sette laghi di colore diverso,
disposti intorno al lago centrale, non lasciano dubbi. Ha sentito parlare di
questo luogo, ma credeva che fosse una leggenda: nessuno di coloro che ha
conosciuto ci è mai stato. Non sa che i suoi antenati visitarono questa terra
e vi videro il loro destino, assumendolo su di sé. I borobieli hanno già i
fiori, ma sono ancora chiusi, per cui non emettono profumo e attraversare il
bosco non comporta rischi. Dal colle Posljednj scende
fino al lago che si trova al centro, le cui acque non hanno un proprio
colore, ma riflettono quello del cielo. Lo specchio d’acqua sembra chiamarlo
e Posljednj decide di immergersi. Si tuffa e scende in
profondità, ma quando decide di tornare in superficie, perché ha bisogno di
respirare, qualcuno lo afferra e lo trascina verso il fondo. Per quanto sia
molto forte, Posljednj non è in grado di liberarsi dalla stretta. È sicuro di annegare, ma
si rende conto che riesce a respirare anche nell’acqua. Al fondo del lago si vede
attaccato a una corda, in un cunicolo verticale, buio, mentre vibra colpi
contro una parete con una specie di piccone. Poi l’immagine scompare e si
vede ferito a morte, in una sala in pietra, vasta e buia. Un uomo entra, con
una corona in testa e un mantello lussuosamente ricamato: si direbbe un re.
Posljednj lo colpisce, uccidendolo. Tutto scompare e Posljednj
si risveglia in superficie. Si mette a sedere e ripensa a quanto ha visto.
Non è stato un sogno, ne è sicuro, ma che cosa significano quelle visioni? La
prima sembrava rimandare a una miniera, la seconda forse ai sotterranei di un
castello. Posljednj non ha mai frequentato né miniere né castelli. Nessuno può chiarire i
suoi dubbi ed è inutile rimanere lì. Posljednj decide di andarsene. Nei giorni seguenti raggiunge
il Fiume dei Ghiacci, lungo il quale ogni tanto si vedono passare gli ultimi
blocchi di ghiaccio: come tutti gli anni la primavera ha provocato il
disgelo. Gli alberi si sono ricoperti di foglie di un verde brillante, gli
uccelli cantano sui rami, i prati sono trapuntati di fiori su cui volano le
farfalle: tutta la natura sembra festeggiare il ritorno della bella stagione.
Nell’aria c’è un piacevole tepore. Posljednj cammina sereno
lungo la riva, senza più pensare alla sua visita alla Terra degli Otto Laghi,
quando vede un uomo seduto su una roccia a strapiombo sull’acqua. È nudo e il
suo corpo è coperto di un fitta peluria scura. Posljednj si dice che è
senz’altro un figlio di Lilith. Gli si avvicina e l’uomo
gli sorride. - Salute a te, Posljednj. Posljednj aggrotta la
fronte. - Salute a te. Come fai a
conoscere il mio nome? L’uomo sorride. - So molte cose,
Posljednj, ultimo portatore di stelle della stirpe di Musum. So molte cose e
ti aspettavo. Ti ho aspettato a lungo. - Perché mai mi aspettavi?
Non ci siamo mai visti e io stesso non sapevo che sarei passato di qui. - Io lo sapevo. L’uomo ride e aggiunge: - Te l’ho detto: so molte
cose. Poi si alza. Posljednj
guarda stupito il cazzo dell’uomo: non ha mai visto niente del genere.
Posljednj stesso è più dotato di tutti gli uomini che gli è capitato di
incontrare e quando gli altri lo vedono nudo, esprimono il loro stupore. Ma
questo maschio che ha di fronte lo batte. Il desiderio si accende,
violento, improvviso. Posljednj non capisce: come può la semplice vista di
questo maschio accendere in lui un fuoco? Ha avuto più volte rapporti con
altri uomini, come è comune tra i figli di Lilith che vivono in queste terre:
possedere un maschio vigoroso gli dà piacere. Ma non ha mai avvertito un
desiderio violento come quello che prova ora. - Non ti stupire,
Posljednj. Questo è quanto deve avvenire. Oggi io ti possiederò. Posljednj scuote la testa. - No… non è possibile… non
potrei mai… - Sarà doloroso, molto. Ma
è necessario, perché il mio seme ti dia la forza per sopravvivere a ciò che
ti attende. Un grave pericolo ti minaccia. L’uomo fa una pausa, poi
aggiunge: - E anche tu lo desideri. Posljednj
guarda ammaliato il cazzo dell’uomo, che si sta irrigidendo. È come un palo e
di certo gli squarcerà le viscere. Eppure sente di desiderarlo. Lo vuole
sentire dentro di sé, a costo di morire. Guarda
smarrito l’uomo e dice: - Mi
darai la morte… L’uomo
sorride e scuote la testa. -
No. Altri ti darà la morte e in altro modo. Posljednj
guarda l’uomo, che scende dalla roccia, si avvicina e lo bacia sulla bocca.
Posljednj non è stato mai baciato. Non risponde al bacio, ma quando l’uomo si
stacca, lo guarda, si volta e si stende sulla roccia, offrendosi. L’uomo
si solleva e passa dietro di lui, gli accarezza le natiche, poi le afferra e
guarda l’apertura che sta per violare. La accarezza e l’inumidisce con un po’
di saliva. Posljednj
chiude gli occhi. Pensa che per la prima volta sentirà in culo un cazzo, che
gli farà un male bestiale, perché è enorme e lui non è mai stato penetrato.
Probabilmente lacererà la carne. Ma si è offerto, liberamente, e una parte di
lui vuole sentire il formidabile sperone infilzarlo. Pensa agli uomini che ha
inculato. Spera che quest’uomo che sta per prenderlo goda come ha sempre
goduto lui. L’uomo
avvicina la cappella e spinge, piano. Sente la carne cedere, a fatica.
Arretra e poi preme di nuovo. Ripete il movimento tre volte, poi inumidisce
di nuovo la cappella e avanza, con molta lentezza, ma senza fermarsi. Il cazzo
forza l’apertura e affonda nel culo. A Posljednj sfugge un: -
Merda! L’uomo
gli accarezza il capo, senza dire nulla. Spinge ancora, fino a che il cazzo
non è tutto dentro e i coglioni battono contro il culo di Posljednj. Poi
incomincia a muovere il culo avanti e indietro, affondando bene il cazzo e
ritraendolo. Le sue mani accarezzano il corpo di Posljednj, scivolano sulle
spalle, sui fianchi, passano sotto e stringono il cazzo, duro, e i coglioni,
in un gesto che vorrebbe essere una carezza, ma è una presa di possesso
brutale. Posljednj
sta sudando. Il dolore è forte e digrigna i denti. Ogni tanto ripete: -
Merda! Eppure,
nonostante il violento dolore al culo, c’è in lui un piacere forte, che si
mescola alla sofferenza e sembra ricavarne vigore. È una sensazione del tutto
nuova, che non ha mai provato, questo dolore bestiale e questo piacere
intenso, fusi insieme, che si esaltano. L’uomo
va avanti a fottere: ha atteso questo momento un tempo lunghissimo, intere
generazioni, da quando vide per la prima volta un avo dell’uomo che gli era
destinato. Infine
entrambi si rendono conto di essere sul punto di venire. Le spinte divengono
più rapide e violente, finché il piacere esplode: il seme dell’uomo si
rovescia nelle viscere di Posljednj, che versa il proprio sulla roccia. Posljednj
sente il cazzo che ha in culo perdere consistenza e volume. Ora la presenza
non è più fastidiosa, ma il dolore è violento. L’uomo
lo accarezza. È bello sentire la sua mano scorrere sulla pelle, le sue dita
scivolare tra i capelli, la sua bocca baciarlo sul collo. - Ti
ho fatto male, Posljednj? -
Sì, parecchio. Ma va bene così. - Mi
dispiace. Non avrei voluto farti male… ma è stato bellissimo. Ho posseduto
molti maschi e molte femmine, ma nessuno mi ha mai trasmesso il piacere che
mi hai dato tu. - Ne
sono contento, davvero. E posso dire lo stesso. Nessuno mi aveva mai preso,
ma, anche se il dolore è terribile, nessuno mi ha mai dato tanto piacere. -
Era quello che volevo. Rimangono
in silenzio un momento. L’uomo accarezza ancora Posljednj, poi esce da lui. -
Ora devo andare. Posljednj
sente una fitta. Non vuole separarsi da quest’uomo che un’ora fa non
conosceva nemmeno. Si mette a sedere e lo guarda. - Ci rivedremo? - Lo spero, ma passerà almeno
un anno. I tuoi giorni in queste terre sono alla fine. - Che cosa dici? Perché? - Non posso dirti di più. L’uomo lo bacia, poi sale
sulla roccia e si tuffa in acqua. Nel momento in cui il suo corpo si immerge,
si trasforma in quello di un tritone. Posljednj capisce. - Vodjanoj! Tu sei
Vodjanoj il Terribile! Il Signore del Fiume dei
Ghiacci lo guarda e gli sorride: - Sì, sono io. E tu mi sei
destinato da molto prima della tua nascita. Addio. Posljednj rimane seduto
sulla roccia. Il male al culo è troppo forte perché possa riprendere a
camminare. Pensa a quanto è successo.
Vodjanoj lo ha preso, regalandogli un piacere intensissimo, più forte del
dolore. Le sue ultime parole fanno sperare che si ritroveranno ma Vodjanoj
stesso non ne era sicuro. Posljednj è confuso.
Rimane diverse ore fermo, poi riprende a camminare. Il dolore è troppo forte
per muoversi rapidamente, per cui procede a piccoli passi. Eppure quando,
dopo una settimana, il dolore svanisce completamente, gli spiace che anche
l’ultima traccia del loro rapporto si sia persa. Vorrebbe rivedere ancora il
Signore del Fiume. Per alcuni giorni
Posljednj rimane vicino al fiume. Anche se Vodjanoj gli ha detto che non si
incontreranno per almeno un anno, spera di rivederlo. Per quanto ogni giorno
scruti le acque, il Terribile non appare. Allora Posljednj si sposta verso
occidente, in terre dove non vi sono villaggi o accampamenti dei figli di
Lilith, ma solo cacciatori solitari. Un giorno si dirige a una
pozza ai piedi di una cascatella, dove può immergersi: ha bisogno di
rinfrescarsi, perché ha cacciato nelle ore più calde del giorno e adesso è
grondante di sudore. Raggiunge lo specchio d’acqua, si spoglia e si immerge.
Sguazza a lungo nell’acqua, nuota fin sotto la cascata, lascia che il getto
violento lo stordisca, si stacca, nuota ancora. Non si accorge che ci sono
due uomini che lo stanno spiando. Hanno incontrato poco prima uno
sconosciuto, che gli ha indicato la pozza. Ha assicurato loro che avrebbero
trovato un uomo molto forte, quello che serve a loro. Uno dice all’altro: - È quello, Lovec. - Certo, Sezenj. Proprio quello che ci ha segnalato quel tizio. È
molto ben piantato, un vero bestione. Brutto e peloso, ma per lavorare nelle
miniere va benissimo. Credo che ce lo pagheranno bene. Sezenj annuisce. Poi aggiunge: - Sembra giovane, avrà una
ventina d’anni. - Dici? Con tutto quel
pelo direi che ne ha di più. In ogni caso è nel pieno delle sue forze. E
tanto nelle miniere non durerà a lungo. I re di Brujekral sfruttano le miniere di Rudnismirti,
nelle terre oltre i confini settentrionali del regno. Sono le uniche miniere
dove si può estrarre il nevizlato, una lega di oro
e platino a fortea concentrazione: fondendo ad
altissime temperature una pepita di nevizlato si
ottengono un sacco d’oro e uno di platino. Cercare le pepite nelle
miniere è pericoloso: c’è il rischio di crolli, a volte non arriva abbastanza
aria o si sprigionano vapori mortali, può anche capitare di essere assaliti
da qualche creatura degli abissi. Anche se uno riesce a evitare questi
pericoli, il lavoro è molto pesante e nessuno sopravvive per molto tempo: al
massimo dopo un anno i minatori non sono più in grado di lavorare e la loro
salute è compromessa per sempre. Perciò nessun uomo libero vuole lavorare
nelle miniere e il re vi manda gli schiavi e i condannati a morte: quando non
sono più in grado di lavorare, gli uni e gli altri vengono soppressi, perché
non possano comunicare ad altri i segreti delle miniere. La richiesta di schiavi è
continua, proprio perché vanno sostituiti spesso. Gli uomini del re li
acquistano nei tre regni del Sud, che hanno porti importanti, oppure se li
procurano catturando figli di Lilith che vivono al di fuori dei regni. Un
tempo si spingevano anche nelle terre a nord di Sjevekral, ma le dodici tribù
non tolleravano queste incursioni: i mercanti di schiavi venivano braccati e
quando erano catturati, erano stuprati, castrati e poi impalati. Nessun
mercante raggiunge più le terre delle tribù, ma alcuni battono le regioni ad
ovest, dove è possibile trovare cacciatori solitari. Posljednj non ha sentito
le voci: il fragore della cascata le copre completamente. Si è rinfrescato a
sufficienza e con poche bracciate raggiunge la riva ed esce. Si stende al
sole. - Cazzo, Lovec! Lovec annuisce. Ha visto anche lui quello che
ha sorpreso Sezenj: questo giovane barbuto ha un
cazzo da toro. I due si allontanano senza
fare rumore. Raggiungono gli altri quattro e in breve si organizzano. Posljednj non si accorge di
nulla, se non quando la rete è già piombata su di lui. Cerca di alzarsi e di
liberarsi, ma non gli è possibile. - Merda! Chi siete? Che
cosa volete? È Levec
a rispondergli: - Hai trovato lavoro,
amico. Invece di dover cacciare, sarai nutrito a spese del re. Posljednj ha spesso
sentito parlare dei mercanti di schiavi, per cui capisce subito il senso del
discorso. - Siete mercanti di
schiavi?! Maledetti! I mercanti ridono. Sono
soddisfatti della cattura. Posljednj è il terzo uomo che prendono e adesso
possono vendere le loro prede al funzionario che gestisce le miniere. In
serata i mercanti raggiungono il paese dove hanno fatto base e hanno lasciato
gli uomini catturati in precedenza. Posljednj fa conoscenza
con i due prigionieri: sono banditi che razziavano i villaggi al confine
settentrionale del regno di Brujekral. Non ha nulla
in comune con i due, che lo deridono per il suo corpo villoso. Posljednj
decide di ignorarli. Mangiano un boccone, poi
si coricano, perché ormai è tardi. I tre prigionieri sono legati mani e piedi
e riposano in un angolo del fienile dove si sistemano anche i mercanti. Quando tutti ormai
dormono, Sezenj si avvicina a Posljednj, con una
lanterna cieca. Per tutto il pomeriggio ha pensato al cazzo del prigioniero:
non ha mai visto niente del genere. Desta Posljednj e gli
dice: - Voglio vedere se ti
funziona. Stenditi sulla schiena. E mentre lo dice poggia
una mano sul prigioniero, che dormiva su un fianco, e lo forza a sdraiarsi.
Posljednj non oppone resistenza: sa di non avere nessuna possibilità di
scelta. Non è una posizione comoda, con le mani legate dietro la schiena. Sezenj osserva il cazzo di Posljednj. Davvero
incredibile. Si china e incomincia a lavorare con la lingua e con le labbra.
Lo sente crescere rapidamente. Presto è tanto grande che è difficile tenerlo
in bocca. Sezenj si stacca e osserva il cazzo,
ormai rigido. Non ha mai visto niente
del genere, benché di cazzi abbia una certa esperienza. Decide di limitarsi a
usare la bocca: si rende conto che se lo prendesse in culo, per qualche
giorno non sarebbe in grado di camminare e di cavalcare. Riprende a lavorare la
cappella, con le labbra e la lingua. Va avanti a lungo, finché a Posljednj
sfugge un gemito che è quasi un grugnito e il seme sgorga abbondante. Sezenj lo inghiotte tutto. Sezenj torna a coricarsi, ma non riesce a
prendere sonno. Nella notte ritorna da Posljednj, lo forza di nuovo a
stendersi sulla schiena e struscia il culo sul cazzo del prigioniero. Lo
sente irrigidirsi. Si afferra il cazzo con la destra e si accarezza, mentre
continua a strusciarsi, fino a che sente il getto del seme di Posljednj e
allora accelera il movimento della mano e viene, spargendo il suo seme sul
petto del prigioniero. Ride e dice: - Dovremmo venderti a un
bordello… Il giorno dopo salgono a
cavallo, legano i prigionieri alle selle, in modo che siano costretti a
seguire la piccola carovana, e li conducono alle miniere di Rudnismirti. Giungono a un colle, da cui possono vedere
in lontananza alcuni edifici, circondati da una palizzata. Mentre scendono
dal colle e si avvicinano, Posljednj osserva con attenzione il luogo. Sa che
se rimarrà a lungo nelle miniere, morirà, per cui intende cercare di
scappare. La palizzata è costituita
da pali molto alti e appuntiti. Oltre le punte si vedono alcune sentinelle: c’è
evidentemente un cammino di ronda. Nello spazio delimitato dal recinto ci
sono diverse costruzioni. Alcune sono alloggiamenti per i soldati, altre
devono essere riservate agli schiavi. I mercanti si dirigono a un edificio
più piccolo, da cui esce un uomo sui quarant’anni. Levec si inchina davanti a lui e gli dice: - Sovrintendente, abbiamo
portato tre magnifici maschi, in grado di sopportare la fatica. Saranno
ottimi minatori. Il sovrintendente osserva
con cura i tre nuovi schiavi che gli vengono proposti. - Questo non ha buone
gambe. Qui servono gambe forti. - Ma che dice,
sovrintendente?! Guardi che cosce muscolose. - I polpacci, guarda i
polpacci. Il sovrintendente passa al
secondo. - Questo non è abituato a
lavori pesanti. Gli prende le mani e le
osserva, poi scuote la testa. - È forte come un toro,
sovrintendente! A Posljednj è chiaro che
le schermaglie tra Levec e il sovrintendente
costituiscono il solito gioco tra compratore e venditore. Ormai lui e i suoi
due compagni di sventura sono solo merce in vendita. Il sovrintendente osserva
poi Posljednj. Lo guarda con attenzione, davanti e dietro. - E questo dove lo avete
preso? Non sapevo che ci fossero scimmie, dalle vostre parti. O forse è
l’incrocio tra una scimmia e un toro? Levec sorride. Il pelo abbondante dello
schiavo non ne diminuisce certo il valore: non lo vendono a un bordello, ma a
una miniera. E anche il sovrintendente non ha trovato difetti in questo corpo
erculeo. La discussione sul prezzo
non è molto lunga. Il sovrintendente ha bisogno di uomini, perché ne sono
morti da poco quattro, ed è soddisfatto della merce, soprattutto di
Posljednj. Offre il prezzo abituale, ma Levec e Sezenj chiedono e, dopo una breve contrattazione,
ottengono qualche cosa di più per Posljednj. Ormai è sera: i nuovi arrivati incominceranno a lavorare domani. |
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