12 A Nocigranica i gemelli
stanno bene. Con loro hanno solo pochi soldati e i servitori necessari. Sono
sempre a contatto con uomini del popolo, che non sospettano di avere a che fare
con due principi. Niedzj e Wilk si sentono a loro agio con artigiani,
commercianti, contadini. A palazzo esiste sempre una distanza tra loro due, i
principi, eredi del regno, e i cortigiani: non possono avere rapporti
spontanei con nessuno. Gli abitanti di Nocigranica,
non conoscendo la loro vera identità, non si inchinano davanti a loro, ma li
trattano come due maschi giovani e forti, bravi lottatori. Sono tutti
reticenti per quanto riguarda il re e la sua famiglia, come ovunque nel
regno, ma non hanno peli sulla lingua quando si tratta di altri argomenti e
la loro schiettezza piace ai gemelli. La scuola di Glasno è in un
locale adiacente alla sua abitazione, dove il maestro vive insieme ad alcuni
suoi amici, tutti lottatori. I gemelli apprezzano la libertà con cui si
muovono questi uomini forti. Glasno
li invita a cenare alcune volte e durante il banchetto il sidro scioglie le
lingue. Wilk e Niedzj non tardano a capire che nella casa di Glasno diversi uomini hanno rapporti gli uni con gli
altri. Uno di loro dice: - Lupo, che ne direste di fermarvi per la notte? Da Glasno c’è posto anche per voi e potremmo concludere la
serata in modo piacevole. Prima che Wilk abbia risposto, un altro interviene: - Sì, tu e Orso siete grandi lottatori e sono sicuro
che siete bravi anche in altro. L’attrezzatura non vi manca certo. Quando
Orso si lava… L’uomo ride, senza completare la frase, e beve un
altro sorso dalla coppa che tiene in mano, ammiccando verso Niedzj. Wilk e Niedzj sono tentati, ma prima vogliono parlarne
tra di loro. - Questa sera no, ma un’altra volta, magari… - Non fateci aspettare troppo. L’uomo ride, beve un altro sorso, poi aggiunge: - Orso, vorrei proprio conoscerti meglio… Un altro gli fa eco: - E io voglio approfondire la mia conoscenza di Lupo. - Anch’io! - Pure io. Lupo, davvero, non farci aspettare troppo. Ci sono diverse risate, poi si passa ad altro. Tornando a casa, i gemelli ne parlano insieme. Niedzj
osserva: - Hai fatto colpo. Diversi tra gli amici di Glasno avrebbero voluto portarti a letto. - Hanno invitato anche te. - Sono molto più interessati a te. Mi sa che
vorrebbero fare con te quello che hanno fatto quei due… quelli che abbiamo
visto in riva al fiume. - O forse vorrebbero farselo fare da te. “Quando Orso
si lava…” Non credo che fosse un apprezzamento relativo al modo in cui ti
strofini, Orso. E anche l’altra frase, com’era? “Orso, vorrei conoscerti
meglio”. Niedzj ride. - Può darsi. Non proseguono il discorso. Tra loro, abituati a dirsi
tutto, su questo tema rimane un qualche cosa di non detto. Lo sanno entrambi,
ma preferiscono non addentrarsi sulle sabbie mobili. Due giorni dopo nella palestra due amici di Glasno si sfidano. Uno dice all’altro, a bassa voce, ma
non tanto che i gemelli non possano sentire: - E se vinco, te lo metto in culo. L’altro ride e risponde: - D’accordo. Se vinco io, te lo prendi in culo tu. È lo sfidante a vincere, dopo una lotta serrata, al
termine della quale i due uomini si allontanano, sorridenti. La protuberanza
nei loro pantaloni non lascia dubbi. Niedzj e Wilk si guardano, confusi. Non
dicono nulla. Prima di andarsene si affrontano, come fanno spesso, e
Niedzj ha la meglio, come ormai accade sempre. Tornando alla loro abitazione, Niedzj dice: - Nell’ultimo incontro a un certo punto sembrava che
tu non avessi più forze. - È così, Niedzj. Quando mi afferri da dietro e mi
stringi… non so che cosa mi succede. Niedzj ride. - Io so che cosa succede a me. - E sarebbe? - Mi viene duro. Wilk guarda Niedzj, confuso. Poi china la testa e
dice: - Anche a me. Nella camera, al momento di mettersi a letto, i due
fratelli si spogliano. Guardandosi entrambi sentono il sangue affluire al
cazzo. - Lottiamo, Wilk? Wilk annuisce, senza parlare: non è in grado di dire
nulla. Sa che cosa significa la proposta di Niedzj, sa come si concluderà
questa lotta. E sa di desiderarlo. I due gemelli si fronteggiano. Niedzj
sa di essere il più forte, ma Wilk è un avversario temibile. Niedzj prende
l’iniziativa e si slancia sul fratello, cercando di mandarlo a terra, ma Wilk
arretra e riesce a non cadere. Afferra un braccio di Niedzj e tirandolo lo
spinge sul tappeto, poi gli salta addosso, ma Niedzj rotola su se stesso,
scansandosi, e si rialza. Wilk lo imita e la lotta riprende. Wilk attacca e Niedzj lo blocca. Ora
lottano avvinghiati e la stretta accende il desiderio. I loro corpi si
coprono di un velo di sudore, mentre i loro cazzi si tendono ancora di più. Wilk sente che le forze lo abbandonano.
Niedzj riesce ad avere la meglio e Wilk si ritrova pancia a terra, un braccio
del fratello intorno al collo. La stretta gli sta togliendo il respiro, ma a
svuotarlo di ogni forza è il cazzo di Niedzj, che preme contro il suo culo. - Ti arrendi? Wilk sa di non avere scelta. Guarda il
fuoco del camino. Pensa che Niedzj lo prenderà e sa che lo desidera, anche se
lo spaventa. - E va bene. Niedzj allenta la presa al collo, ma
rimane disteso sul corpo di Wilk. Il suo cazzo preme sul culo del fratello e
il desiderio è violento. La sensazione di questo corpo forte e caldo sotto il
suo è troppo forte. Niedzj si muove e il suo cazzo scivola
sul solco. Wilk si tende Nessuno lo ha mai preso. Di colpo ha paura, vorrebbe
dire al fratello di fermarsi, ma tace. Sente il cazzo di Niedzj premergli
contro il buco del culo, forzare l’anello di carne ed entrare. L’apertura non
è stata inumidita e l’ingresso fa male, parecchio. E mentre Niedzj gli affonda il cazzo in
culo, Wilk chiude gli occhi e si abbandona a questo dolore, che lo sommerge. Il movimento brusco di Niedzj, che ora
spinge con decisione, gli strappa un gemito. Il dolore al culo cresce: Niedzj
è alquanto dotato. - Niedzj! Niedzj si ferma. Ciò che prova è
fortissimo, ma l’idea di fare male al fratello è inaccettabile. - Vuoi che mi fermi, Wilk? Wilk coglie il desiderio di Niedzj e sa
che in fondo, nonostante il dolore che prova, desidera la stessa cosa. - No, va’ avanti. Niedzj sorride e si lascia guidare dal
desiderio: affonda il cazzo nel culo di Wilk e lo ritrae con spinte brutali.
Di nuovo Wilk esclama: - Niedzj! Goccioline di sudore si formano sulla
sua fronte, il viso gli si tende, digrigna i denti. Niedzj fotte con forza,
stringendo con le mani il culo del fratello. Il ritmo accelera e infine Niedzj
viene, spargendo il suo seme. Wilk chiude gli occhi. Mormora, per la terza
volta: - Niedzj! Niedzj si stacca. Guarda il corpo del
fratello steso a terra. Ora è turbato. Si rende conto di essere stato molto
brutale. Vorrebbe dire qualche cosa, ma non trova le parole. Wilk si alza. Non ha più il cazzo duro.
Dal buco del culo gli cola un po’ di sborro. Niedzj vorrebbe scusarsi, ma
sarebbe assurdo. Wilk lo guarda e gli sorride: - Cazzo! Io... Niedzj! Sei un toro. Niedzj si avvicina, gli prende il viso tra le mani e
lo bacia sulla bocca. Poi scivola in ginocchio, avvolge il cazzo di Wilk con
le labbra e lavora a lungo, fino a farlo venire. Da Glasno e Stamuski i gemelli non imparano solo nuove tecniche. Con
i due maestri si stabilisce presto una certa familiarità: Niedzj e Wilk sono
sempre cordiali e mai altezzosi. I maestri certo non possono sospettare di
avere a che fare con gli eredi al trono. Così, quando i due gemelli nella
conversazione fanno qualche riferimento apparentemente casuale alle vicende che
hanno portato al trono Lazan, i due maestri
rispondono senza porsi problemi. Wilk e Niedzj fanno finta di essere già a
conoscenza di ciò che scoprono e, come fanno di solito, spostano rapidamente
la conversazione, passando ad altri soggetti, in modo da non mostrarsi troppo
interessati. Glasno e Stamuski
non si rendono conto di fornire informazioni di cui i gemelli non erano in
possesso. Il quadro che emerge è chiaro e conferma in pieno ciò
che l’uomo incontrato una notte in una taverna ha detto. I gemelli ne parlano
spesso tra di loro, la notte, ma sono molto confusi e non sanno che cosa
fare. Sono contenti di essere lontano dalla capitale e di non dover vedere il
re, che ritengono loro nonno e sanno essere l’assassino dell’altro nonno e
dello zio. Alla scuola di Glasno sempre più spesso diversi lottatori lasciano
capire ai due gemelli di essere interessati a loro. Wilk e Niedzj sono
incerti: non hanno mai avuto rapporti con altri uomini, ma sono sempre più
curiosi. Continuano a esercitarsi.
Niedzj ormai batte tutti e un giorno riesce anche a bloccare Glasno: è un evento memorabile, perché da quando il
maestro ha concluso il suo apprendistato, nessuno è mai riuscito
nell’impresa. All’inizio dell’autunno i
gemelli decidono di visitare le terre del Nord, dove abitano le tribù dei
figli di Lilith. Anche qui viaggiano in incognito, senza scorta. L’ufficiale
responsabile della loro sicurezza è molto preoccupato, ma Lupo e Orso sono
irremovibili. Incontrano spesso i
guerrieri delle tribù e a volte si misurano con loro, battendoli sempre. La
loro fama si diffonde, ma nessuno sa chi siano veramente questi due
formidabili guerrieri. Dopo il secondo plenilunio
d’autunno, sapendo che non possono fermarsi ancora molto a lungo, decidono di
utilizzare qualche giorno per esplorare le terre del Grande Nord. Incontrano
alcuni esseri delle foreste, che non hanno mai avuto modo di vedere, ma il
viaggio si svolge senza problemi. Dopo alcuni giorni
raggiungono una conca sospesa tra i monti. Dall’alto del colle, che
costituisce l’unica via d’accesso, vedono otto laghi, uno circolare al centro
e sette intorno, di colori diversi. Niedzy mormora: - La Terra degli Otto
Laghi. Wilk annuisce. Hanno
entrambi sentito parlare molte volte di questa terra, dove pochissimi
giungono e da cui ancora meno tornano. Scendono verso i laghi e
raggiungono quello di colore blu. - Ci bagniamo? - Sì. Confusamente entrambi
sanno che devono farlo. Si spogliano e si immergono. Scendono sempre più in
profondità. Quando infine raggiungono il fondo del lago si guardano intorno.
Si aspettano di vedere qualche cosa, ma non hanno idea di ciò che vedranno.
Una luce compare e davanti a sé vedono le loro immagini, come riflesse in uno
specchio. Ma le immagini che li osservano si girano l’una verso l’altra e si
abbracciano. Sul fondo del lago Wilk e Niedzj si vedono fare l’amore. Poi
tutto svanisce e si risvegliano sulle rive del lago. - Che cosa significa,
secondo te? - Non lo so, Niedzj. Non
lo so. Rimangono pensierosi, poi
Wilk dice: - È ora che torniamo a Nocigranica. - Va bene. Anche il viaggio di
ritorno si svolge senza inconvenienti. Giungono a Nocigranica,
dove possono fermarsi ancora due settimane: poi dovranno tornare nella
capitale. Riprendono a frequentare
la scuola di Glasno. Un giorno arriva Iskhrab, un guerriero libero, che fa parte degli amici di
Glasno, ma non vive nella città. Il maestro chiede
ai gemelli di non dire a nessuno del suo arrivo: - È un guerriero
coraggioso e si è sempre comportato rettamente, ma proprio per questo rischia
la vita. - Non diremo nulla, puoi
esserne sicuro. Iskhrab fa conoscenza con i gemelli e li sfida
un pomeriggio, quando la palestra si è svuotata e le porte sono ormai chiuse:
non si fa mai vedere nelle ore in cui ci sono molte persone. Si rivela un
avversario temibile, che in un lungo incontro riesce quasi a battere Wilk, ma
alla fine Lupo risulta vincitore. Dopo essersi riposato Iskhrab
affronta Niedzj, che ha presto la meglio. - Cazzo! Due sconfitte di
seguito. Vi assicuro che non mi capita spesso. Niedzj sorride: - Quando mi hai affrontato
eri già stanco. Iskhrab scuote la testa. - Con uno come te avrei
potuto essere riposato, ma non sarebbe cambiato molto. Sei un toro e chi si
ritrova bloccato da te non ha di certo scampo. Iskhrab e i due gemelli si lavano e intanto si
osservano. Iskhrab è un bell’uomo, alto, con lunghi
capelli biondi, barba di un biondo più scuro e occhi chiari. - Siete figli di Lilith? Wilk risponde per
entrambi: - No, siamo figli di Eva
anche noi. - Ve l’ho chiesto perché
da queste parti sono numerosi i figli di Lilith o gli incroci. Nella famiglia
reale sterminata da Lazan scorreva il sangue dei
figli di Lilith. Diversi maschi erano scuri di capelli e di occhi, come voi. - Non sapevo che la stirpe
del re precedente fosse legata ai figli di Lilith. - Così si dice. D’altronde
l’antenato che fondò la dinastia, quasi due secoli fa, veniva da queste terre
di confine e qui gli incroci sono numerosi. È l’ennesima conferma che Lazan è un usurpatore, ma ormai i gemelli non avevano
dubbi. - Sì, l’ho sentito dire. Iskhrab esita un momento, poi dice: - Nella tribù dove vivo i
guerrieri che vengono sconfitti in uno scontro amichevole si offrono al
vincitore: riteniamo che il seme di un prode guerriero dia forza. - Non conoscevo questo
uso. - Mi è capitato più volta
di offrire il mio seme. Oggi dovrei invece ricevere il vostro. Niedzj fissa il guerriero
e chiede: - Lo desideri? - Non voglio mentire. Mi
piacerebbe. Niedzj guarda Wilk, che
annuisce. Iskhrab si mette a quattro zampe davanti a Wilk. - Orso, a te il mio culo.
Pochissimi possono vantarsi di averlo gustato. Spargi un po’ di saliva,
perché il tuo sperone è un’arma potente. Niedzj
annuisce. Si mette dietro di lui, gli sputa sul buco del culo, sparge la
saliva, si inumidisce la cappella e poi l’avvicina all’apertura. Spinge,
forzando il passaggio, che si dilata. Iskhrab geme:
dolore e piacere si mescolano in lui. Niedzj si ferma un attimo, per lasciare
al guerriero il tempo di abituarsi alla formidabile arma che è entrata in
lui, poi riprende a spingere, affondandogli il cazzo in culo. Iskhrab geme di nuovo La
scena ha acceso il desiderio di Wilk, che guarda affascinato. Niedzj lo ha
posseduto un’unica volta, dopo l’incontro di lotta, ma Wilk vorrebbe che lo
prendesse ancora. Per quanto si raccontino tutto e tra loro siano abituati a
un’intimità assoluta, Wilk non osa chiedere, pur intuendo che anche Niedzj lo
desidera. È l’unico segreto che tiene per sé. Vedendo
Niedzj inculare Iskhrab, il cazzo gli si tende e
allora lo spinge contro le labbra del guerriero, che apre la bocca e prima
passa la lingua lungo l’asta, scendendo dalla cappella ai coglioni e
risalendo, poi l’accoglie e incomincia a succhiare. Iskhrab è preda di sensazioni violentissime.
Lavora con la bocca avidamente, leccando e succhiando il cazzo di quest’uomo
che ha davanti. Ne assapora il gusto e l’odore, forte. E intanto il cazzo di
Niedzj gli riempie il culo e gli trasmette un piacere intensissimo, ben più
forte delle fitte che a tratti prova. Iskhrab sente il fiotto riempirgli la bocca.
Beve avidamente lo sborro di Lupo, poi pulisce con cura la cappella. Niedzj
sta ancora fottendo il culo di Iskhrab: è davvero
un ottimo stallone e il guerriero geme più volte, preda di un piacere
crescente, per quanto non scevro da dolore. Niedzj va avanti a lungo, finché
le spinte diventano più rapide e viene. Poi afferra con forza il cazzo di Iskhrab e con pochi movimenti lo guida al piacere. Orso
si stacca. A Iskhrab spiace sentire il suo cazzo
uscirgli dal culo. Si alza, con una smorfia di dolore in faccia. -
Cazzo, Orso, avrò male al culo per un po’ di giorni. Niedzj ride. - Mi spiace, ma l’hai
chiesto tu. - Sì, così ho ricevuto un
po’ della vostra forza. - Lo facciamo ancora, se
vuoi, nei prossimi giorni. - Mi piacerebbe, ma devo
partire. - Perché non puoi
rimanere? Iskhrab guarda i due gemelli, poi dice: - Perché se si sapesse che
sono qui, verrei arrestato e la mia testa finirebbe accanto a quella degli
altri guerrieri che hanno combattuto contro l’usurpatore. - Eri uno di loro? - Sì, ho lottato contro
quell’assassino. - Abbiamo sentito parlare
più volte di quegli avvenimenti, ma tutti sono molto reticenti. - Certo, Lazan ha le sue spie dappertutto. Se mi scoprono, sono
fottuto. - Hai voglia di
raccontarci qualche cosa di più della guerra e della vittoria di Lazan? - Volentieri. Iskhrab incomincia a narrare. I gemelli
ascoltano con attenzione e pongono molte domande: non hanno mai incontrato
nessuno così disponibile a parlare di quegli avvenimenti. Quando ha concluso, Iskhrab chiede: - Perché vi interessano
queste vecchie storie? Wilk guarda un momento
Niedzj, poi dice: - Come hai capito, Orso e
Lupo sono i nostri soprannomi. I nostri veri nomi sono Niedzj e Wilk. Siamo i
figli di Krasna e Lahrab. Iskhrab sembra impallidire. - Voi? Ma… - A palazzo nessuno ci ha
mai detto la verità. L’abbiamo scoperta per caso e abbiamo cercato di saperne
di più, ma è sempre stato difficile ricostruire quegli avvenimenti. La gente
ha paura. In quel momento si sentono
colpi violenti battuti contro la porta. - Aprite! Guardie del re! Iskhrab guarda i due gemelli. - Mi avete tradito! - No, di certo. E come
avremmo potuto? Adesso ti proteggeremo. Nasconditi nello spogliatoio. Intanto arriva anche Glasno, alquanto preoccupato. - Di certo cercano Iskhrab. Se lo trovano è perduto. Nuovamente le guardie
bussano con violenza, minacciando di abbattere la porta. Glasno apre. - Dobbiamo perquisire la
casa. Wilk guarda l’ufficiale e
chiede: - Che cosa cercate? L’ufficiale fulmina Wilk
con lo sguardo. - Chi credi di essere tu,
per porre domande? - Sono il principe Wilk,
figlio di Lahrab, figlio di Lazan.
E lui è mio fratello, il principe Niedzj. Il governatore sa della nostra
presenza in città e se non credi alle mie parole, puoi rivolgerti a lui. L’ufficiale rimane
paralizzato dallo stupore. È possibile che quest’uomo dica la verità?
Difficile che racconti storie, il governatore lo smentirebbe, ma è alquanto
strano che i principi siano in città in incognito. L’ufficiale esita, poi
dice: - Cerchiamo Iskhrab, un traditore che si nasconde qui. - Abbiamo conosciuto Iskhrab qui, ma è partito qualche ora fa. Ignoravamo che
fosse un traditore, l’abbiamo noi stessi accompagnato alla porta di
Settentrione. L’ufficiale è perplesso,
ma preferisce non contraddire Wilk. - Perquisiremo la
palestra. Wilk si irrigidisce. - Oseresti dubitare della
mia parola? Niedzj ha lasciato parlare
Wilk, ma ora prende l’ascia e interviene: - Questo è un affronto. L’ufficiale è in
difficoltà: se davvero i due giovani sono i principi, mancare loro di
rispetto potrebbe avere conseguenze pesanti, ma anche non svolgere il compito
che gli è stato assegnato sarebbe fonte di gravi problemi. Wilk dice: - Manda a chiamare il
governatore. Il palazzo non è lontano. Lui ci riconoscerà e capirai che
diciamo la verità. L’ufficiale annuisce. La
proposta di Wilk è saggia: la casa è stata circondata e se Iskhrab si nasconde all’interno non può scappare. Se i
due gemelli sono davvero i principi, dicono la verità e il guerriero è già
fuggito. All’ufficiale non passa per la testa che i nipoti del re, eredi al
trono, possano coprire un bandito. - Va bene. L’ufficiale manda un
soldato a chiamare il governatore, dicendogli che alla palestra due uomini
sostengono di essere i principi e chiedono di lui. Il governatore, sapendo
che i gemelli sono in città, capisce subito che deve trattarsi davvero di
loro. Perciò si reca rapidamente alla palestra di Glasno:
non vuole fare aspettare gli eredi al trono. Di fronte ai gemelli, il
governatore si inchina. - Altezze, sono a vostra
disposizione. - Ci spiace averla
disturbata, ma l’ufficiale dubitava della nostra parola. Non posso dargli
torto, non ci conosceva e fa bene a essere scrupoloso. Il governatore annuisce. È
contento che i principi non gli abbiano chiesto di punire l’ufficiale, che
sta semplicemente eseguendo il compito assegnato. Wilk aggiunge: - Abbiamo conosciuto qui
l’uomo che i soldati cercano. Non sospettavamo certo che fosse un traditore.
Proprio oggi l’abbiamo accompagnato alla porta di Settentrione. Non è più
qui. - Certamente. Il governatore si rivolge
all’ufficiale e gli dà ordine di ritirare i suoi uomini. Chiede ai principi
se hanno bisogno di qualche cosa, poi si ritira. Glasno guarda i due principi. Si inchina e
dice: - Non sapevo… Wilk lo interrompe. - Preferiamo che nessuno
sappia. Ti chiediamo di non dirlo a nessuno. Vorremmo che i rapporti tra di
noi non cambiassero. Glasno annuisce. - Non sarà facile, ma
cercherò di dimenticare quello che ho scoperto. Niedzj interviene: - Ora bisogna pensare a
come far scappare Iskhrab. Elaborare un piano non è
difficile. Prima di coricarsi, i
gemelli parlano ancora a lungo con Iskhrab. Non
nascondono le loro perplessità: nelle loro vene il sangue dell’usurpatore si
mescola a quello del re legittimo. - Non intendo certo dirvi
che cosa dovete fare. Capisco che la vostra sia una situazione non facile. Il mattino dopo i gemelli
escono per una partita di caccia con alcuni uomini del seguito. Tra di loro
c’è anche Iskhrab. A qualche miglia dalla
città, i gemelli e il guerriero si appartano. - Vi ringrazio per avermi
salvato. Sappiate che se possiamo aiutarvi, io e gli uomini della tribù di
cui ora faccio parte siamo contro l’usurpatore. Niedzj e Wilk guardano Iskhrab allontanarsi. Si chiedono che cosa fare, ma sanno
di dover trovare da soli la risposta. La lontananza dei gemelli
si protrae. Lazan pensa di richiamarli, perché
ormai mancano da quattro mesi. La crescita dei due
gemelli ha sempre dato grande soddisfazioni a Lazan
e la vittoria nei due tornei è stato un ulteriore motivo di orgoglio. Non
tutti seguono il loro sviluppo con uguale piacere. Jeza,
la seconda moglie di Lazan pensa spesso che i due
gemelli sono l’unico ostacolo che si frappone tra suo figlio Ladrug e il regno. Li osserva con attenzione e nei loro
tratti non scorge nessuna somiglianza con Lahrab. Un giorno decide di
parlarne a Lazan, per instillare un dubbio. Lo fa
una sera, mentre si prepara a coricarsi. - Niedzj e Wilk non
assomigliano né a Lahrab, né a Krasna. Lazan l’ha notato, ma non ha mai dato peso
alla faccenda. - Avranno preso dal nonno
materno. - Sarà così, certo. Io non
l’ho mai conosciuto. Jeza finisce di spogliarsi. - A volte mi chiedo… Si interrompe. Lazan la guarda. Ha capito benissimo che la
moglie vuole dire qualche cosa. Sa che comunque prima o poi lo dirà e allora
tanto vale farle sputare il rospo subito. - Che cosa? - Niente, niente. - Parla. - Sono nati nove mesi dopo
la notte in cui Lahrab venne ucciso da quella
creatura diabolica. I servitori dicevano che era un uomo molto alto, quasi un
gigante, con le braccia e le gambe coperte da una fitta peluria scura, una
grande barba nera. Jeza ricama un po’ sui racconti dei
servitori: nessuno ha mai detto che il misterioso assalitore avesse il pelo
nero. È un dettaglio che i servitori non avrebbero potuto notare di notte,
rimanendo a distanza. E non corrisponde a verità perché Vukmedje
ha il pelo rossiccio. Dopo una breve pausa, Jeza riprende: - Sono tutti e due bruni,
molto più alti della loro età. Vedendoli diresti che hanno diciott’anni, o
venti, non dodici. Hanno vinto il torneo di spada e quello dell’ascia. Hanno
già la barba e peli sulle braccia e sulle gambe. Come hanno fatto a crescere
così in fretta? Non è normale. Quella creatura, l’assassino di Lahrab… Lazan ha capito e la interrompe: - Krasna
non ha mai detto di essere stata stuprata. Mentre lo dice Lazan si rende conto che non significa nulla: nessuna
donna confesserebbe volentieri lo stupro subito. - Certo, poveretta, nessuna
l’avrebbe fatto al posto suo. Lazan si corica, ma la sua mente continua a
vagare. I gemelli possono essere davvero i figli dell’assassino di Lahrab, che lui sta crescendo come fossero i suoi nipoti?
La loro crescita non è normale, è vero. E non c’è nulla di Lahrab nei loro tratti. Deve appurare la verità. Come? I
servitori sono fuggiti dopo la morte di Lahrab, non
possono sapere se il mostro ha stuprato Krasna.
L’unica è rivolgersi a un indovino. Nell’Antro di Okrutan l’uomo può scoprire la verità, ma chi vuole
conoscere il proprio futuro deve recarvisi personalmente e Lazan, per quanto coraggioso, non intende visitare quel
luogo popolato da presenze demoniache, dove uno dei suoi figli ha trovato la
morte. Ci sono altri indovini e veggenti nei sette regni. Si rivolgerà a Prorok, che gode di buona fama. Prorok vive in una torre, in una valle percorsa
da tre fiumi, le cui acque non si mescolano mai, ma confluiscono in altri tre
fiumi più grandi, che raggiungono il mare. Il messaggero di Lazan, Jadan, si avvicina alla
torre. La porta viene aperta da un servitore, che, senza chiedergli nulla e
senza lasciargli il tempo di parlare, gli indica una porta al fondo del
corridoio. - Entrate, siete atteso. Jadan non si stupisce: è in visita da un
indovino e non è strano che questi abbia previsto la sua venuta. Quando arriva alla porta,
che è aperta, vede Prorok che solleva il capo e si
rivolge a lui: - Vieni avanti, Jadan. Il messaggero si sorprende
che l’indovino conosca il suo nome: se nessuno l’ha avvisato prima, conosce
la sua arte. Lo osserva mentre avanza verso il centro della stanza. Si
aspettava un anziano, perché i veggenti che ha avuto modo di vedere, solo due
in verità, erano uomini ormai molto avanti negli anni. Questo che ha davanti
è invece un uomo giovane, che non deve avere più di trent’anni, nel pieno
della sua maturità, forte, con un corpo armonioso avvolto in un mantello nero
che lascia scoperte le braccia muscolose e parte del petto. Si è rasato i
capelli, ma porta una barba corta. L’indovino sorride e dice: - Hai l’ordine di portarmi
dal re, con le buone o con le cattive. Jadan è stupito che l’uomo sappia anche
questo. Ha lasciato i dieci soldati che lo accompagnano alla locanda che c’è
all’inizio della valle: preferisce evitare un’azione di forza. - Questi sono gli ordini
del re, ma credo che tu sia un uomo saggio e non sarà necessario
costringerti. L’indovino ride, una
risata che a Jadan non piace: gli sembra di
leggervi scherno. - No, non è necessario. Il
re va incontro al suo destino e non mi sottrarrò al compito che mi spetta. - Che cosa vuoi dire? - Non sono cose per te. Jadan è irritato, ma lo nasconde. - Allora possiamo partire. - Domani mattina mi
aspetterai al bivio che c’è all’inizio della valle. Jadan aveva pensato di partire subito, ma non
c’è motivo per irritare l’indovino. - A domani, allora. Prorok appoggia un gomito sul tavolo e alza il
braccio. Apre la mano e appare una luce rossa, che si dilata fino ad
avvolgere l’indovino e poi lo stesso Jadan. Il
messaggero sussulta. L’indovino richiude la mano, la luce scompare. - Va’! È un ordine. Jadan si inchina e si allontana. Si dice che quando
quest’uomo sarà alla reggia, ci penserà il re a fargli abbassare la cresta. Il giorno seguente Prorok si presenta puntuale all’appuntamento, su uno
stallone nero. Jadan pensava di vedergli addosso
abiti per il viaggio, ma l’indovino indossa lo stesso mantello che aveva in
casa e che drappeggia intorno al corpo. Il viaggio si svolge senza
inconvenienti e in tre giorni giungono a Sjevredava.
Si dirigono al palazzo reale, ma non entrano dall’ingresso principale:
seguendo le istruzioni ricevute dal re, Jadan
accompagna l’indovino a una porta secondaria, da cui si accede a un cortile
di servizio. Di lì passano in un secondo cortile, più interno, e infine in
un’ampia stanza, che viene usata come magazzino: il re non vuole che si
sappia della consultazione. Lazan, che Jadan ha
fatto avvisare, arriva poco dopo. Congeda l’ufficiale e i soldati e guarda
l’indovino. - Così tu sei Prorok, Colui-che-sa. - Così mi chiamano. - Ho bisogno di
interrogarti. - Sono domande che
riguardano il passato o il futuro? Lazan ha fatto chiamare l’indovino per sapere
di chi sono figli i due gemelli, una domanda che riguarda il passato. Non
aveva pensato di interrogarlo sul futuro, ma l’idea non gli spiace. - Puoi leggere il futuro? - Certo, almeno in parte.
Ma bada: non sempre conoscere il futuro è saggio: può portare a decisioni
sbagliate. Lazan scrolla le spalle. - Vedremo. In ogni caso ti
chiederò molte cose. Prorok sorride: - Puoi pormi solo tre
domande, re. Lazan aggrotta la fronte: non è abituato a
sentirsi imporre limiti o condizioni. - Perché solo tre? - Perché solo tre volte
posso leggere nel fumo ciò che è accaduto o ciò che accadrà. Non dipende da
me, né da te. Lazan vorrebbe chiedere da chi dipende, ma in
fondo non ha bisogno di porre molte domande. Gliene basta una per il passato.
Per il futuro… non ci ha ancora pensato. - Va bene, voglio
chiederti se… Prorok lo blocca con un gesto della mano. - Devo creare le
condizioni per poter rispondere ai tuoi dubbi. Con un movimento brusco
l’indovino si toglie il mantello e lo lascia scivolare a terra. È
completamente nudo. Si volta, dando la schiena al re, e solleva le braccia.
Dal pavimento della stanza si leva del fumo. Per un momento Lazan pensa che l’uomo abbia dato fuoco a qualche cosa,
ma non ci sono fiamme, solo un fumo che si innalza, sempre più spesso,
coprendo la parete di fondo del locale. Nel fumo sembrano volare degli
uccelli, ma sono solo ombre. - Poni la prima domanda,
re. - Niedzj e Wilk sono figli
di Lahrab? Nel fumo compaiono delle
ombre: Lahrab, che caccia, poi steso al suolo, un
uomo gigantesco che lo possiede, Lahrab che si
alza, sanguinante, Lahrab che possiede Krasna. Lazan guarda, senza capire. La voce
dell’indovino lo desta dal suo stupore. - No. Il seme che Lahrab ha versato in lei, era quello di Vukmedje, colui che l’aveva stuprato. E non soltanto il
suo. Lahrab è stato solo il mezzo attraverso cui il
seme che Vukmedje aveva in sé ha potuto generare. - Non sono miei nipoti,
dunque! L’indovino tace. Quella
del re è non una domanda, è solo una constatazione. Lazan
è confuso. Sospettava un tradimento o uno stupro che Krasna
non aveva voluto confessare. Non è così: è stato Lahrab
a essere stuprato. E i due gemelli non sono figli di Lahrab,
non hanno nessun diritto di salire al trono. L’unico suo erede è il figlio di
Jeza. Gli spiace, perché i due gemelli sono molto
forti e coraggiosi e sicuramente diventeranno guerrieri più forti di Ladrug. Una domanda gli viene alle
labbra: - Perché questo Vukmedje ha stuprato Lahrab? Tra il fumo appare
nuovamente Vukmedje che viene posseduto da un uomo.
L’uomo… è Kralj. E poi Vukmedje parla con un uomo
immerso nell’acqua. No, non è un uomo, è un tritone. Forse… forse è Vodjanoj,
il Terribile. - Vukmedje
voleva trasmettere a Krasna il seme di Kralj e il
suo. Per una vendetta. E perché i gemelli dovevano nascere. Lazan apre bocca per porre una nuova domanda,
ma la richiude. Ha sprecato la seconda domanda: quello che gli ha detto
l’indovino non è rilevante per lui, non avrebbe dovuto chiederlo. Ha solo più
una domanda da porre. Riflette un momento e poi la pone: - Da chi devo guardarmi?
Qualcuno minaccia la mia vita e il mio regno? Due guerrieri appaiono tra
il fumo. Sono Niedzj e Wilk. Li vede brandire uno la spada, l’altro l’ascia.
C’è una terza figura, in cui Lazan si riconosce.
Wilk gli trafigge il petto con la spada, Niedzj lo decapita con l’ascia. - Loro! Maledetti! Prorok dice: - Niedzj e Wilk metteranno
fine ai tuoi giorni. Lazan ghigna, un ghigno feroce. - Vedremo! Prorok si volta verso Lazan.
In una mano regge una ciotola, su cui il fumo è molto denso. Per un momento Lazan pensa che il fumo esca dalla ciotola, ma è il
contrario: il recipiente sembra assorbire il fumo, che si dirada fino a
scomparire. Nella stanza tutto è tornato come prima, anche la ciotola si
dissolve. Rimangono solo un re e un uomo nudo, che si china, raccoglie il
mantello e si copre. Tornato nelle sue stanze, Lazan riflette a lungo sul da farsi. Deve far eliminare i
gemelli subito, ma preferisce che non si sappia. Visto che si trovano a Nocigranica, li
raggiungerà là: è il posto adatto per sbarazzarsene. Wilk e Niedzj ricevono una comunicazione: il re verrà
in visita ai confini settentrionali e vuole che i gemelli lo accompagnino.
Ritorneranno poi insieme nella capitale. - Che facciamo, Wilk? - Non lo so, Niedzj. Siamo i nipoti di un usurpatore e
di un re legittimo. Nostro padre era un vile, che ha tradito il suo re e
partecipato alla sua uccisione, e nostra madre è stata costretta a sposarlo.
È un casino. - Sì, lo è. Mi verrebbe voglia di andarmene per sempre
da Sjevekral e ricominciare da zero, con la mia ascia. - Diventare un guerriero libero, dunque? - Sì. O unirmi alla tribù di Iskhrab.
Chiudere con il passato. - Non pensi che abbiamo delle responsabilità?
Lasceremmo il regno al figlio dell’usurpatore? Niedzj china la testa. - Non so che dirti, Wilk. Un’unica cosa so con
sicurezza: non voglio separarmi da te. Farò ciò che deciderai. Wilk sorride. Si avvicina a Niedzj e lo bacia sulla
bocca: - Solo la morte può separarmi da te, Niedzj. Lazan
arriva con parecchi soldati: preferisce prendere tutte le precauzioni
necessarie per muoversi con sicurezza in queste terre dove il suo figlio
maggiore ha trovato la morte. Giunto in città, chiama a sé i gemelli. Non si
aspetta grandi manifestazioni di affetto: non è mai stato un nonno amorevole
e ormai i due giovani, per quanto risultino
non avere ancora compiuto i tredici anni, sono di fatto adulti. Ma nel
comportamento dei due avverte una freddezza, un distacco, che avevano già
cominciato a manifestarsi negli ultimi mesi trascorsi nella capitale, ma ora
sono molto più forti. Per Lazan sono una conferma
del tradimento che si prepara nei suoi confronti. Nasconde la sua rabbia
sotto un’apparenza cordiale, mentre i gemelli, meno avvezzi a dissimulare,
rimangono alquanto freddi. Dopo due giorni nella città, Lazan
si fa accompagnare al principale forte dei confini settentrionali. Annuncia
ai gemelli: - Domani raggiungeremo il luogo dove vostro padre è
stato ucciso. Voglio fare un sacrificio in suo onore. - Come volete, sovrano. I gemelli non sospettano che saranno loro a essere
sacrificati in onore di Lahrab. L’indomani è una giornata
di gran sole. Lazan si muove con numerosi cavalieri
e soldati: non vuole correre rischi. Vukmedje ha
fatto facilmente strage della scorta di Lahrab, per
quanto fosse consistente. Il re intende tornare in giornata e non farsi
sorprendere dalla notte per strada. In tarda mattinata
giungono alla radura dove si trovava l’accampamento di Lahrab.
Viene montata una tenda rossa, in cui si svolgerà la cerimonia, e viene
preparato tutto l’occorrente. Poi Lazan ordina agli
uomini del seguito di allontanarsi: dovranno rimanere di guardia tutt’intorno
alla radura. Con il re restano i gemelli, un guerriero alto e forte e due
servitori. Lazan ordina ai gemelli di deporre le armi,
poi li fa entrare all’interno della tenda, dove la luce del sole filtrata dal
tessuto ha un colore rossastro. Il re prende due coppe che
un servitore ha preparato. - Venite, nipoti miei.
Bevete in onore del principe Lahrab. I gemelli non si
sottraggono: ritengono che Lahrab fosse il loro
padre e, per quanto sappiano che era un infame, non vogliono offenderne la
memoria. Svuotano le coppe di un
fiato, ma non appena hanno bevuto, avvertono una grande stanchezza. Wilk cade
quasi subito in ginocchio. Niedzj barcolla, ma riesce a dire: - Che cosa significa? Lazan ride, una risata aspra: - La morte vi attende. - Infame! Mentre lo dice Niedzj
crolla a terra. Wilk è già esanime. Il re guarda i due uomini
stesi a terra, poi si rivolge al servitore: - Spogliali! L’uomo toglie tutti gli
abiti dei gemelli, poi, obbedendo a un nuovo ordine, passa una corda alle
caviglie, ai polsi e intorno al petto, in modo da rendere impossibile ogni
movimento. Lazan guarda i due corpi nudi. Come ha potuto
pensare che fossero figli di Lahrab? Entrambi
pelosi, scuri di capelli e di barba, sembrano avere vent’anni. Sono davvero
figli dell’assassino di Lahrab. Niedzj è il primo a
destarsi. - Che… che cosa? Perché
siamo legati? Anche Wilk si sveglia. - Siete legati perché
siete le vittime del sacrificio che offrirò a mio figlio. I gemelli si rendono conto
che la loro vita è arrivata alla fine, ma non ne capiscono il motivo. Niedzj
riesce a mettersi in ginocchio. Alzarsi gli è impossibile. Anche Wilk, a
fatica, si mette in ginocchio. - Vuoi sacrificarci a
nostro padre? - Non siete suoi figli.
Siete i figli del suo assassino. Mostri demoniaci. Niedzj digrigna i denti: - Meglio così. Meglio non
aver niente a che fare con una stirpe di traditori assassini. Lazan freme. - Lascerò i vostri
cadaveri nella foresta, perché gli animali se ne cibino. - Sei un infame, ma questo
l’avevamo già scoperto. Lazan fa un cenno. Il guerriero, che funge da
boia, solleva la spada e la cala sul collo di Wilk, decapitandolo. La testa
cade a terra e il corpo senza vita si affloscia. Niedzj urla: - Maledetto! L’uomo solleva di nuovo la
spada e tronca il capo di Niedzj. Lazan fa portare i due cadaveri nella foresta.
Poi richiama i suoi uomini e con loro ritorna a Nocigranica.
Tutti si stupiscono di non vedere i due principi, ma il re non dice nulla e
nessuno osa chiedere. A Nocigranica il re comunica
al governatore che i suoi figli hanno lasciato il regno e che non torneranno. |
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