Episodio 17b

 

17

 

Nel castello della voragine di Nasmirti, Nesmerten dice al padre:

- Drunjed è stato alla Terra degli Otto Laghi. Ora può morire.

- Come intendi procedere, figlio?

Nesmerten spiega a grandi linee il suo piano:

- Susciterò una guerra. Nivepar, il re del Cinghiale, è molto ambizioso e vorrebbe estendere i territori di caccia della tribù. Lo convincerò ad attaccare. Tra tutti i figli di Lilith l’unico guerriero che può uccidere Drunjed è Tezhrab del Cinghiale.

- Non è detto che uccida Drunjed. Potrebbe capitare l’opposto.

- Certo, ma in questo caso so come intervenire. Fidati di me.

- Va bene, figlio. So che sei abile nell’ordire inganni a nostro vantaggio.

 

Nivepar sta ritornando all’accampamento a mani vuote: la caccia non è stata fruttuosa e il re del Cinghiale è irritato. È un guerriero forte, ma non è un cacciatore molto abile, anche se rifiuta di ammetterlo: preferisce dire che nei territori di caccia della tribù la selvaggina è scarsa. In questo non ha del tutto torto: troppi animali sono stati abbattuti negli anni precedenti, per vendere le pelli e ottenere gioielli e ornamenti. Diversi guerrieri della tribù, tra cui Nivepar stesso, amano l’oro e le pietre preziose e per ottenerli devono vendere le pellicce degli animali che cacciano.

Mentre cammina immerso nei suoi pensieri, d’improvviso vede comparire un uomo che deve avere più o meno la sua età. Veste sontuosamente, come solo i nobili dei regni possono permettersi, e al collo porta una collana di smeraldi. Al sole le pietre brillano tanto che il re deve distogliere lo sguardo.

- Salute a te, Nivepar il Grande, re della tribù del Cinghiale.

Nivepar è stupito di sentirsi chiamare “il Grande”: l’epiteto solletica la sua vanità, ma nessuno l’ha mai chiamato così.

- Chi sei? Io non ti conosco.

- Il mio nome è Nesmerten e discendo da Vodjanoj, il Terribile.

Il nome del Terribile incute un certo timore in Nivepar. Risponde, in modo quasi ossequioso:

- Salute a te, Nesmerten.

Nesmerten sorride e dice:

- Sono venuto a dirti che il tuo momento è giunto. Puoi riscattare l’onore della tua tribù e riconquistare le terre perdute.

Nivepar aggrotta la fronte:

- Che cosa intendi dire?

- Un antico accordo definì la divisione dei territori di caccia tra la tua tribù e quella dell’Orso, ma non fu certamente un patto equo e lo vedi ogni giorno: tu sei un eccellente cacciatore, ma la preda è scarsa. Il momento è favorevole: attacca la tribù dell’Orso. I tuoi uomini otterranno la vittoria e potranno riprendere i loro antichi territori di caccia, che sono stati sottratti con l’inganno dalla tribù dell’Orso.

Nivepar non ha mai sentito dire che l’accordo tra le due tribù fosse ingiusto, ma gli sembra perfettamente verosimile. È ben contento all’idea di poter conquistare nuove terre e se questo sconosciuto gli annuncia la vittoria, è sicuro che l’otterrà.

Nesmerten prosegue:

- Gli uomini dell’Orso non sono leali. Attaccali di sorpresa.

Un attacco senza una dichiarazione preventiva di ostilità è una violazione gravissima delle regole che governano i rapporti tra le tribù. Nivepar, per quanto non sia leale, esita di fronte a un’infrazione di questo genere. Nesmerten l’ha previsto e sa come convincerlo:

- Non ti preoccupare di quello che potranno dire gli altri. Una volta che avrai vinto la tribù dell’Orso, dirai che sono stati loro a provocarvi. Nei loro territori di caccia troverete selvaggina in abbondanza.

- Farò come tu suggerisci, Nesmerten. Ma Drunjed dell’Orso è un grande guerriero.

- Tezhrab è in grado di batterlo. Se occorre, vi aiuterò.

- Se è così, ti ringrazio.

 

Tornato all’accampamento Nivepar riunisce gli uomini. Non ci sono tutti, perché parecchi stanno ancora cacciando. Tezhrab non c’è, ma questo a Nivepar non dispiace: sa che si opporrebbe al suo piano. Possono comunque attaccare: anche dall’accampamento dell’Orso mancheranno molti guerrieri, impegnati nella caccia.

Si siedono in cerchio, come sono abituati a fare quando c’è da discutere.

Per convincere i suoi uomini, Nivepar altera un po’ la verità:

- Ho incontrato un figlio del Terribile, che mi ha ordinato di attaccare la tribù dell’Orso. Essa ha offeso il Terribile, che vuole vendetta. Sterminando i guerrieri dell’Orso, recupereremo le terre che un tempo erano nostre e che ci sono state tolte.

I guerrieri non sono entusiasti all’idea di attaccare un’altra tribù, tanto più nella stagione della caccia, quando anche le contese in corso vengono accantonate. Ma l’ordine del Terribile non può essere messo in discussione. Qualcuno si chiede se Nivepar stia dicendo la verità, ma nessuno esprime il dubbio.

Nivepar prosegue:

- Raccogliete le armi: attaccheremo oggi stesso.

Un guerriero dice:

- Suoniamo il corno per chiamare quelli che stanno ancora cacciando.

- Lo faremo quando saremo pronti.

Nivepar preferisce farlo solo all’ultimo momento. È sicuro che Tezhrab si opporrebbe a un attacco senza una dichiarazione di ostilità e molti lo seguirebbero: il re non ha un potere assoluto nelle tribù del Nord.

- Chi mandiamo per comunicare che li attacchiamo?

Nivepar si alza, come se la riunione fosse finita, mentre risponde:

- Nessuno. Sono dei traditori e il Terribile sarà al nostro fianco.

La decisione suscita mormorii di protesta: per molti è inaccettabile. C’è parecchio malcontento, ma nessuno osa opporsi.

Quando tutti sono pronti, Nivepar fa suonare il corno per richiamare chi ancora è a caccia. Poi lascia all’accampamento due uomini, perché ingiungano ai guerrieri che tornano all’accampamento di unirsi a loro nella battaglia.

I guerrieri seguono il re, disorientati e poco convinti. Quello che stanno facendo è gravissimo e lo sanno tutti. Ma se il Terribile l’ha ordinato e se combatterà con loro…

Camminano per tre ore, ma prima di raggiungere l’accampamento dell’Orso incrociano un gruppo di guerrieri.

Vedendo gli uomini del Cinghiale in assetto di guerra, Dvostr, uno dei fratelli Rujak, che guida il gruppo, chiede:

- Perché venite in armi nel nostro territorio di caccia? È contrario agli accordi.

Nivepar ha visto che il gruppo non è molto numeroso ed è sicuro che, con l’aiuto del Terribile, potranno avere la meglio, anche se gli altri guerrieri della tribù non li hanno ancora raggiunti.

- È il nostro territorio di caccia. Siamo venuti a riprendercelo.

- Come osi, impudente? Gli antichi accordi tra le tribù sono stati stretti dai nostri antenati: non puoi violarli.

Nivepar sa che in una discussione avrebbe la peggio: non ha argomenti da portare e sta infrangendo ogni regola. Bisogna che il sangue scorra, poi non sarà più possibile tornare indietro e le parole saranno inutili.

- Basta! Non perdiamo tempo in chiacchiere.

Mentre lo dice, alza la lancia e la scaglia contro Dvostr, che però la schiva. La lancia colpisce uno degli uomini del seguito.

- Maledetti!

Lo scontro si accende, violento. Nivepar ha contato su una rapida vittoria, perché gli uomini dell’Orso sono molti di meno, ma gli avversari si rivelano agguerriti. Dvostr e Podmuk, i due fratelli Rujak, abbattono molti guerrieri. Lo scontro si concluderebbe con la sconfitta degli uomini del Cinghiale, se in quel momento non arrivasse Tezhrab. Il guerriero, informato dagli altri, si è precipitato nella speranza di impedire un attacco che infrange ogni regola, ma è giunto troppo tardi. Ormai può solo fare la sua parte. Affronta Podmuk e lo uccide facilmente. Lo scontro con Dvostr dura più a lungo, ma si conclude allo stesso modo.

I superstiti della tribù dell’Orso si allontanano di corsa. Nivepar vorrebbe inseguirli, ma molti degli uomini che aveva con sé sono stati uccisi e Tezhrab gli si para davanti.

- Che cazzo hai fatto, Nivepar?

- Come osi rivolgerti così a me?! Sono il tuo re!

- Me ne fotto. Hai violato i patti giurati, hai attaccato senza neppure comunicarlo, per di più nella stagione della caccia, quando non è neppure permesso sfidare a duello un altro guerriero. Merda! Sei un traditore. Se non fossimo ormai in guerra, ti sfiderei, stronzo.

Il re può essere sfidato da qualunque guerriero in qualsiasi momento, tranne quando è in corso una guerra. Tezhrab conclude:

- Prosegui pure e attacca l’accampamento dell’Orso, cazzone: spero che ti maciullino e mettano la tua testa, con il cazzo e i coglioni in bocca, su un palo, come monito per gli infami. O che ti catturino ancora vivo e ti infilino un palo in culo, pezzo di merda!

Nivepar freme: è stato ripetutamente insultato davanti ai suoi uomini. Sa benissimo che dovrebbe sfidare Tezhrab, ma sa altrettanto bene che firmerebbe la propria condanna a morte.

- Mi pagherai questo insulto!

Tezhrab non gli risponde neanche. Con la spada decapita i fratelli Rujak e altri due guerrieri che ha ucciso: infilerà le teste su pali davanti alla propria dimora. Poi, senza badare a Nivepar, si allontana in direzione dell’accampamento.

Nivepar riflette un momento sul da farsi. Proseguire non ha più senso: ormai i fuggitivi hanno avvisato i compagni, già si sente in lontananza il suono del corno. E il gruppo con cui si è mosso è stato decimato nello scontro.

Nivepar decide di tornare all’accampamento. Nesmerten gli aveva promesso un aiuto, ma non è giunto. Si farà senz’altro vivo più avanti: la guerra ormai è scoppiata. Forse Vodjanoj stesso affogherà nelle acque del Fiume dei Ghiacci Drunjed e la sua gente.

A notte nell’accampamento del Cinghiale si tiene un’assemblea tempestosa. Tezhrab è furente.

- Siamo disonorati. Abbiamo violato gli accordi, attaccato senza una dichiarazione di guerra, nella stagione della caccia. Merda!

Molti approvano le parole di Tezhrab.

Nivepar ripete quanto ha detto nel primo pomeriggio a chi era presente all’accampamento:

- Vodjanoj, il Terribile, mi ha ordinato di attaccare. Come potremmo sottrarci a un suo ordine?

- Vodjanoj? Mio padre ti avrebbe ordinato di attaccare. Hai parlato con mio padre?

- No, era un suo discendente.

- E tu ci hai creduto? Sei un coglione.

Molti guerrieri ridono.

- Bada a come parli, Tezhrab!

Tezhrab ride. Sa che Nivepar non lo sfiderà mai. Vorrebbe che lo facesse, ma sa che non ha il coraggio necessario.

Nivepar riprende:

- Domani attaccheremo.

- No!

- Devi obbedirmi! Dovete tutti obbedirmi.

- Non violo i patti giurati. E credo che anche altri non ti seguiranno. Siamo uomini leali.

La discussione si accende. Molti non vogliono seguire Nivepar, a meno che Vodjanoj non dimostri chiaramente la sua volontà.

- Ormai siamo in guerra, che lo vogliate o no!

In questo Nivepar ha ragione.

- Sì, tu hai scatenato una guerra violando ogni regola, testa di cazzo. Pagheremo per questo, lo sappiamo, ma non commetteremo altre violazioni.

- Tu devi avere rispetto per me! Sono il tuo re.

- Sei solo un cazzone che ha infangato l’onore della nostra tribù!

La discussione si trascina, ma troppi guerrieri si schiarano dalla parte di Tezhrab, per cui Nivepar deve rinunciare a condurre un attacco, che sarebbe suicida.

I due giorni seguenti gli uomini della tribù rimangono nell’accampamento, vigili. C’è molta tensione. Nivepar è sempre più isolato.

 

Il terzo giorno si presenta una delegazione di sette tribù: le altre hanno territori di caccia più lontani e non è stato possibile raggiungerle.

- Nivepar del Cinghiale. Gli uomini dell’Orso dicono che tu li hai attaccati senza una dichiarazione di guerra. È vero?

Nivepar sa che non può mentire.

- Sì, per volontà di Vodjanoj il Terribile.

- Il Terribile si è presentato a te?

- Non lui in persona, un suo discendente.

- Come fai a sapere che era davvero un discendente del Terribile?

A questa domanda Nivepar non ha una risposta convincente da dare. Sa che ha creduto a Nesmerten perché ciò che gli diceva corrispondeva al suo desiderio di ampliare i territori di caccia della tribù.

- Non era un uomo come gli altri. Era chiaramente un essere soprannaturale.

La risata di Tezhrab è tanto forte da far voltare tutti.

Dopo alcune richieste di chiarimenti, il re della Lince, a capo della delegazione, dice:

- Nivepar, la vostra tribù ha infranto gli antichi patti tre volte: scatenando le ostilità senza aver subito un danno o un’offesa, attaccando senza aver dichiarato guerra, facendolo nella stagione della caccia. A questo punto solo un rito espiatorio può riportare la pace. Ti consegnerai alla tribù dell’Orso?

Nivepar fa un passo indietro. Sa bene che cosa significa un rito espiatorio per una violazione di questo tipo: sarà stuprato da tutti i guerrieri presenti nell’accampamento, castrato e poi impalato.

- No, mai!

C’è un mormorio di disapprovazione tra i guerrieri. Tezhrab freme. Il re della Lince dice:

- Questo significa che in nome degli antichi patti tutte le tribù si uniranno per distruggervi, lo sai.

Nivepar  si rende conto di essere in un vicolo cieco.

Tezhrab si alza:

- Vuoi lo sterminio di tutta la nostra tribù?

- Vodjanoj ci proteggerà.

- Ti sei fatto ingannare come un coglione, ma non è strano: sei un coglione, Nivepar. Se non fossimo in guerra ti sfiderei e ti eliminerei.

Poi Tezhrab si rivolge alla delegazione:

- Fratelli, solo il re può accettare il rito espiatorio, ma il nostro re è un vigliacco, che attacca a tradimento e poi si sottrae. Vi chiedo allora di concederci una battaglia rituale.

Le battaglie rituali sono un antico uso delle tribù del Nord, ma vengono praticate molto di rado. Viene selezionato un numero ristretto di guerrieri, che affronteranno un numero quattro volte maggiore di avversari. Se vinceranno, come di fatto è impossibile che succeda, tornerà la pace senza altre conseguenze. Se perderanno, coloro che sono catturati vivi subiranno il rito espiatorio, che metterà fine alle ostilità. La battaglia rituale può essere chiesta da qualunque guerriero, ma deve essere accettata dalla maggioranza della tribù, oltre che dall’avversario.

Il guerriero che propone la battaglia rituale deve parteciparvi, il che significa sicuramente la morte: Tezhrab di fatto si offre come vittima, per evitare lo sterminio della tribù.

Il re della Lince si rivolge ai guerrieri del Cinghiale.

- Guerrieri, Tezhrab ha proposto una battaglia rituale per riportare la pace. Chi di voi è d’accordo?

Quasi tutti i guerrieri si dichiarano d’accordo: la tribù non sarà sterminata e solo un piccolo numero di guerrieri troverà la morte. Se rifiutassero la proposta, dato che Nivepar si rifiuta di consegnarsi al nemico e nessuno può forzarlo, l’intera tribù rischia di scomparire.

Il re della Lince si consulta con gli altri delegati: spetta alla delegazione decidere se accettare la proposta. Tutti sono d’accordo: non ritengono che la tribù del Cinghiale debba essere sterminata a causa del comportamento del suo re.

Il re della Lince si rivolge alla tribù e dice:

- Tra tre giorni, alla Piccola Ansa. Dieci di voi. Tu, Nivepar sarai uno dei dieci, poiché sei il re. Tu Tezhrab sarai uno dei dieci, poiché hai fatto la proposta. Vedrete voi come scegliere gli altri otto.

Nivepar non può fare altro che accettare.

La delegazione lascia l’accampamento. Nivepar si ritira nella sua tenda, angosciato e furente con Tezhrab.

Molti uomini si radunano intorno a Tezhrab: sanno che non scamperà alla morte.

- Ti auguro di morire in battaglia, Tezhrab. Non meriti il rito espiatorio.

- Nessuno di noi lo merita, a parte Nivepar.

Nivepar sceglie i guerrieri che saranno al suo fianco nella battaglia rituale. Spera ancora che Vodjanoj lo assista, ma se non sarà così, vuole evitare di cadere vivo nelle mani dei nemici: per questo motivo sceglie otto uomini in cui ha piena fiducia e che non lo abbandoneranno.

I guerrieri della tribù potrebbero mettere in discussione la scelta, perché non è una prerogativa del re, ma di tutti i maschi adulti. Nessuno però obietta: in fondo se la tribù perderà i sostenitori di Nivepar, sarà il danno minore. Tutti invece sono amareggiati perché Tezhrab andrà alla morte per la salvezza della tribù, ma questo è ormai inevitabile.

 

I tre giorni sono passati. Tezhrab della tribù del Cinghiale esce dalla sua tenda, pronto per la battaglia. Come tutti i guerrieri combatterà nudo, perché questa battaglia rituale è un sacrificio di cui i guerrieri sono officianti e vittime. In un rito nessuno indossa vesti, ma solo le armi e gli ornamenti della tribù e della famiglia. Tezhrab porta al collo la collana d’oro e i due bracciali che gli vengono dal nonno materno. In mano stringe la spada e nella cintura è infilato il pugnale.

Mentre il rullio dei tamburi chiama gli uomini al combattimento, il guerriero si ferma un attimo a guardare i quattro pali conficcati a terra vicino alla tenda. Di fronte alla sua casa ce ne sono altri dodici, ma Tezhrab sa che non avrà più modo di tornare al villaggio. Ogni palo, qui come davanti alla casa, regge una testa. Tezhrab sorride. È un valente guerriero e ha ucciso molti uomini in battaglia o in duello. Come è d’uso presso molte tribù, ha decapitato i nemici uccisi e ha infisso le loro teste sui pali, a testimoniare il proprio valore.

Lo sguardo indugia su due teste. Non sono ridotte a crani, come quelle sui pali nel villaggio: sono state tagliate solo pochi giorni fa e hanno appena incominciato a decomporsi. Sono i due fratelli Rujak, tra i più forti guerrieri della tribù dell’Orso, che oggi la tribù del Cinghiale affronterà.

Tutti sanno che oggi la tribù del Cinghiale sarà sconfitta: potranno combattere solo in dieci, mentre quelli dell’Orso saranno in trenta, più altri dieci scelti tra i più forti guerrieri delle altre tribù, perché devono vendicare i patti violati.

Tezhrab non ha timore della morte. Spera di poter affrontare Drunjed, il più valoroso dei guerrieri di tutte le tribù del Nord. Ucciderlo sarebbe un grande onore, ma lo sarebbe anche essere ucciso da questo formidabile nemico: se la sua testa deve ornare la casa di qualche guerriero, che sia la reggia di Drunjed. Tezhrab lo cercherà per dargli la morte o per riceverla da lui.

Spera di non essere catturato vivo e subire l’umiliazione del rito espiatorio che segnerà la sconfitta. Lo stupro, la castrazione e infine l’impalamento sono un’umiliazione che sa di non aver meritato, ma a cui non potrà sottrarsi, se verrà preso prigioniero.

Gli uomini si dirigono verso la foresta, dove si svolgerà la battaglia. Il sole è comparso da poco, per illuminare lo scontro.

 

I guerrieri dell’Orso sono pronti per la battaglia. A guidarli è naturalmente Drunjed detto l’Orso, come il padre.

La lotta si accende subito, violenta e spietata. Nonostante siano meno numerosi, gli uomini del Cinghiale oppongono una resistenza feroce, ma uno dopo l’altro vengono abbattuti. Il terreno si copre di cadaveri. Drunjed affronta Nivepar e riesce a disarmarlo: per quanto il re del Cinghiale sia un forte guerriero, solo Tezhrab può competere con il re dell’Orso. Ora Nivepar è prigioniero e subirà il rito espiatorio.

Tezhrab ha ucciso tre nemici e ora cerca il guerriero con cui vorrebbe misurarsi, il grande Drunjed. Vede l’Orso, che ha appena abbattuto un avversario e si dirige verso di lui, ma Gamli Rujak gli sbarra la strada: vuole vendicare i due fratelli uccisi nell’ultimo scontro. Sa che è stato Tezhrab ad abbatterli.

- Ti ucciderò, Tezhrab. Metterò la tua testa davanti alla mia casa e ogni mattino piscerò sulla tua faccia.

Tezhrab ride.

- Quello che faccio io con le teste dei tuoi fratelli. Ti ucciderò volentieri, Gamli Rujak, e la tua testa raggiungerà quella dei tuoi fratelli. Così avrò estinto la vostra dannata stirpe di traditori.

I Rujak non godono di buona fama presso le tribù del Nord: i maschi sono ritenuti poco leali e perciò, per quanto siano valorosi, vengono disprezzati dai fieri guerrieri.

Il duello è violento: entrambi sono forti e non risparmiano i colpi. Tezhrab viene ferito di striscio al braccio e Gamli s’imbaldanzisce vedendo il sangue.

Tezhrab si è accorto che l’Orso si è avvicinato e attende l’esito dello scontro, senza intervenire: gli sembrerebbe indegno attaccare un uomo impegnato in un duello. Tezhrab è contento: ucciderà Gamli e poi a dargli la morte sarà questo guerriero leale.

Gamli è ormai in difficoltà e arretra. Tezhrab lo incalza. Gamli ora ha paura: non vuole morire come i suoi fratelli. Para i colpi o li scansa, ma non attacca. Guizzando di lato, evita la spada di Tezhrab, che colpisce il tronco di un albero e rimane bloccata. Gamli potrebbe approfittarne per colpire, ma ormai la paura è troppo forte. Si volta e fugge.

Tezhrab ha estratto la spada e fa per lanciarsi all’inseguimento del vile, ma Drunjed gli dice:

- Fermati. Devi prima uccidermi.

Tezhrab annuisce.

- Come vuoi, Orso. Sarà un grande onore per me recidere il tuo capo.

- E per sarà un onore ucciderti. Gli dei decideranno chi di noi due deve cavalcare oggi nel regno dei morti.

Mentre i due migliori guerrieri di tutto il Nord si affrontano, Nesmerten è apparso accanto a Gamli.

- Non fuggire, Gamli. Gli altri non devono sapere che ti sei sottratto con la fuga al duello con Tezhrab. Se Tezhrab ucciderà Drunjed, io ti proteggerò e insieme lo uccideremo. Se invece sarà Drunjed a vincere, tu devi ucciderlo, così nessuno saprà che sei fuggito e ti prenderai il merito di aver ucciso il più forte guerriero del Cinghiale.

 

I due contendenti sono pari per forza e lo scontro dura a lungo. Le spade cozzano una contro l’altra. Ma Tezhrab avverte la stanchezza della battaglia e del lungo duello con Gamli e a un certo punto, con un brusco movimento, Drunjed riesce a fargli cadere la spada. Tezhrab lo guarda negli occhi. Mormora:

- Uccidimi!

Uccidere Tezhrab sarebbe per Drunjed un onore, ma catturarlo vivo sarebbe un onore molto maggiore: sarebbe il primo a possedere questo magnifico guerriero e a lui spetterebbe l’onore di castrarlo prima di ucciderlo e mettere la sua testa su un palo davanti alla propria abitazione. Tezhrab è un uomo valoroso e leale e non merita la morte infamante del rito espiatorio. Drunjed fa un cenno di assenso. Tezhrab sorride, grato all’avversario che gli risparmia l’umiliazione. La spada gli attraversa il ventre ed esce dalla schiena. Il guerriero barcolla e quando Drunjed ritira la spada crolla in ginocchio. Mormora:

- Grazie.

Drunjed solleva la spada e la cala sul collo dell’avversario, decapitandolo. La testa rotola a terra e subito dopo il corpo cade in avanti.

 

In quel momento Drunjed sente un dolore violento e vede la punta di una spada uscirgli dal petto. Barcolla e cade addosso al cadavere di Tezhrab. Volta la testa e prima di morire fa in tempo a vedere Gamli: è lui che lo ha trafitto.

Gamli sorride. Ha seguito il consiglio dello sconosciuto che ora è scomparso: uccidendo Drunjed ha eliminato il testimone della sua fuga e potrà vantarsi di aver ucciso il grande Tezhrab. Non si è accorto che alcuni guerrieri stavano arrivando e che lo hanno visto uccidere a tradimento il re. La sua fine non sarà meno atroce del rito espiatorio riservato a Nivepar.

 

*

 

Nesmerten è ritornato al castello della voragine.

- Drunjed è morto, padre.

- Bravo, figlio. Hai ottenuto ciò che desideravamo. Ma ricordati che la stirpe di Musum non è estinta e c’è ancora l’ultimo dei portatori di stelle.

- Certo. Bisognerà far parlare Mudrinac. Deve scoprire chi è e dove si trova. Poi vedremo come agire.

Gospodar annuisce. Per il momento preferisce non dire a Nesmerten che conosce già il nome dell’ultimo portatore di stelle.

Nesmetern si allontana. Non si fida di Mudrinac e ha deciso di rivolgersi altrove.

 

*

 

Tezhrab fa fatica a respirare. Con un movimento istintivo solleva la testa, facendola emergere dalla terra che lo sta seppellendo, ma altra terra sta cadendo su di lui. Si alza e si guarda intorno. C’è un chiarore in alto, ma tutt’intorno è buio. Dev’essere al fondo di una fossa, dalle pareti molto inclinate, che stanno franando su di lui. Oppure qualcuno lo sta seppellendo. Si slancia lungo il pendio per risalire, spingendosi verso l’alto con i piedi e le mani. Scivola e cade, ma si rialza e riprende a salire. Arrivato quasi in cima cade ancora e rotola verso il fondo.

- Merda!

Nuovamente risale, mentre la terra continua a calare su di lui, minacciando di seppellirlo. Infine riesce ad emergere: è oltre il bordo della fossa, su un terreno in piano. Respira a fondo e si guarda intorno.

È notte, ma una luna piena brilla in alto e gli permette di scorgere un paesaggio boscoso. Non si vede nessuno.

Dove cazzo si trova? È morto. L’Orso lo ha ucciso, stava già morendo quando ha sentito la spada calargli sul collo. Ma si direbbe che la sua testa sia al posto giusto. Si porta le mani al collo. Sì, la testa è attaccata. Anche al ventre non c’è traccia della ferita. Che cazzo è successo? Dov’è? È questo il mondo dei morti? Era in fondo a una fossa. Lo stavano seppellendo? Ma non c’è nessuno. Perché la terra gli cadeva addosso? Erano davvero le pareti che franavano? Dov’è? Che cosa…

I pensieri vengono interrotti da un rumore, a cui segue un respiro affannoso. Si volta. Dalla fossa qualcun altro sta emergendo, respirando affannosamente e sputando.

L’uomo raggiunge il bordo. Quando infine è sul bordo della fossa e vicino a lui, Tezhrab lo riconosce.

- Orso? Che cazzo fai qui?

- Dove siamo, Tezhrab?

- Potrei farti la stessa domanda.

- Non lo so. Mi sono svegliato che la terra mi soffocava. È questo il mondo dei morti?

- L’ho pensato, perché so di essere morto: mi hai ucciso tu. Ma allora, tu perché sei qui?

- Perché quel traditore di Gamli mi ha ucciso, colpendomi alla schiena. Di certo vuole prendersi il merito di averti sconfitto e ornare la sua casa con la tua testa.

- Merda! I Rujak sono proprio gente di merda.

- Sì, ti do ragione. Comunque siamo morti tutti e due, Tezhrab.

- Colpito alla schiena da un traditore! Merda! Non ti meritavi una fine del genere, Orso. Eri un guerriero leale e valoroso. Per me è stato un onore essere ucciso da te.

- Grazie. Avrei preferito che mi uccidessi tu e non quel figlio di puttana di Gamli, ma è andata com’è andata. E adesso siamo qui… questo è il regno dei morti, allora. Non pensavo… non so… Mi sono svegliato, ma non ho capito dov’ero. Non respiravo… dovevo uscire, la terra mi stava seppellendo. E adesso... Non capisco. Ho pensato che mi avessero gettato sotto terra, invece di bruciarmi. Ma non vedo nessuno.

- No, non c’è nessuno… Ma… guarda là.

Tezhrab indica un chiarore che è apparso nell’oscurità. Prosegue:

- Sembra esserci una luce. Vediamo se troviamo qualcuno.

Drunjed scuote la testa.

- È strano, non mi aspettavo… svegliarsi sotto terra. Non so, le storie che narrano sul mondo dei morti non dicono nulla del genere.

- Nessuno è mai tornato a dirci com’è il mondo dei morti. Avremo modo di scoprirlo.

Drunjed si volta indietro. Dove c’era la fossa c’è un terreno pianeggiante che pare coperto d’erba.

- Ma… cazzo! La fossa! Sparita!

Anche Tezhrab si gira.

- È vero. Non c’è più nulla.

- La terra che cadeva può averla riempita, ma com’è possibile che sia cresciuta l’erba?

- Non capisco. Andiamo verso la luce. Magari troviamo qualcuno che ci spiegherà.

Si avviano per il sentiero, guidati dalla luce. Avvicinandosi vedono che si tratta di un fuoco che arde in una radura. Raggiungono lo spiazzo, ma non c’è nessuno. Improvvisamente il fuoco si dilata e forma un cerchio intorno a loro. Lo guardano allibiti, senza capire.

- Ma che succede?

Tezhrab non ha risposte da dare.

Il cerchio di fuoco si restringe.

- Merda, dobbiamo uscire di qui, prima che ci bruci.

Drunjed vorrebbe rispondere che sono già morti, ma il calore delle fiamme e il fumo che lo fa tossire gli dicono che può ancora soffrire ed essere bruciato non è piacevole. Tezhrab salta oltre il fuoco. Drunjed lo imita. Toccano terra in un punto in cui il fuoco ha bruciato tutto, ma non arde più. Il suolo è caldo, ma non tanto da scottarli.

Le fiamme vanno restringendosi fino a che rimane solo un nucleo centrale e poi si spengono.

- Ma che cosa significa? Io non ci capisco un cazzo.

- Non chiedere a me, Drunjed. Ne so quanto te. Oh… merda!

Il vento si è alzato improvviso, tanto violento da sbilanciarli. Non cadono, perché un turbine li solleva in aria e li trasporta. Salgono sempre più in alto. Sotto di loro possono vedere un terreno collinoso, immerso nell’oscurità. Solo l’acqua dei fiumi e dei laghi riflette la luce lunare.

E ora? Quando si placherà il vento che li trascina per l’aria, si sfracelleranno al suolo?

Il vento li porta lontano, poi la sua forza scema e si trovano a scendere. Il suolo si avvicina, rapidamente.

Drunjed guarda Tezhrab, che il vento trascina non lontano da lui. Vorrebbe parlargli, ma l’ululato del vento coprirebbe la sua voce. E poi, che cosa potrebbe dirgli? Ripetergli ancora che non capisce?

Nuovamente il vento diventa più forte, formando un vortice che li fa scendere verso una pozza d’acqua. L’acqua si apre, spinta ai lati dal vento, e poi si richiude su di loro.

Tezhrab si agita. Non riesce a respirare. Muove le braccia, cercando di emergere. La spinta verso l’alto lo porta infine in superficie. La testa emerge. Sputa l’acqua che ha inghiottito e si guarda intorno

Si trova immerso in un’ampia pozza d’acqua, delimitata da alte rocce. Solo in un punto la riva è bassa. Nell’ombra si intravede una scala che sale.

E Drunjed?

Alla domanda risponde un rumore di acqua smossa. Drunjed emerge e respira affannosamente. Quando infine riesce a parlare, dice:

- Ma che cazzo… Non capisco.

- Già. C’è un passaggio. Usciamo di qui.

Tezhrab  nuota verso la scala. Drunjed lo segue. Vicino alla scala sentono sotto di loro i gradini, che incominciano sott’acqua. Vi poggiano i piedi e si drizzano.

- Saliamo questa scala e vediamo dove cazzo porta.

La scala è stretta tra due pareti di roccia verticali. Ci sono molti gradini e dopo averli saliti tutti, raggiungono un’area boscosa. Un sentiero sembra aprirsi davanti a loro, ma gli alti alberi tutt’intorno proiettano le loro ombre e impediscono ai raggi di luna di illuminarlo.

Si guardano intorno. Tezhrab esclama:

- Merda! La scala non c’è più.

È vero, la scala e la pozza d’acqua sono scomparse dietro di loro. Drunjed scuote la testa.

- Forse stiamo sognando. La morte è un sonno popolato di sogni.

Tezhrab non sembra convinto.

- Si direbbe che gli elementi ce l’abbiano con noi.

- E se moriamo affogati o bruciati, dove ci risveglieremo?

- Spero non nella nostra terra. Non voglio finire ucciso nel rito che tu mi hai risparmiato.

- Io invece tornerei volentieri, perché Gamli abbia quello che si merita. E magari…

Drunjed era sul punto di aggiungere che non gli spiacerebbe partecipare al rito e possedere Tezhrab, ma non vuole offendere questo guerriero: di lui ha sempre avuto molta stima e insieme a lui ha combattuto contro i trog, prima che le loro tribù diventassero nemiche a causa di Nivepar. Conclude:

- In ogni caso, vedremo che cosa succede… Guarda! Sono aquile?

Due grandi ombre sono apparse in alto e ora scendono verso di loro.

- No, sono più grandi, molto più grandi.

- Non sembrano krilorai, non sembrano avere un corpo come il nostro tra le ali.

- No, non ho mai visto bestie come quelle.

I due animali scendono davanti a loro. Hanno grandi ali di forma allungata, costituite da membrane, lunghi colli e una testa  allungata in cui orecchie e naso sporgono appena.

- Salite.

La voce fa sobbalzare i due guerrieri: non si aspettavano che i due esseri parlassero. Si guardano, incerti, ma che senso avrebbe negarsi? Ognuno di loro sale a cavalcioni su una delle cavalcature, che subito si levano in volo. Salgono in alto, molto in alto, e volano rapide. Drunjed sente freddo: è nudo, come Tezhrab, e l’aria intorno a lui è piuttosto fresca.

Drunjed chiede:

- Dove ci portate?

- Da colui che vi attende.

Non è una grande risposta, ma Drunjed sa che deve accontentarsi.

- Dove siamo?

- In aria.

Drunjed si sta innervosendo: si sente preso in giro. Forse però quest’essere che lo porta in volo non è autorizzato a dirgli ciò che vorrebbe sapere. O davvero non è in grado di rispondere. In ogni caso, che cosa potrebbe fare Drunjed? Nulla. Chiede ancora:

- Chi siete? Qual è la vostra stirpe?

Questa volta c’è una risposta precisa:

- Siamo siskri.

Drunjed ha sentito questo nome, che ritorna in alcune storie raccontate tra la gente della sua tribù, ma non ha mai avuto occasione di vedere i siskri e men che mai di cavalcarne uno. Nelle terre del Nord esistono molte creature che non fanno parte dei figli di Adamo, ma i siskri sono rari, vivono più a Ovest.

I due siskri stanno dirigendosi verso un rilievo più alto e scosceso degli altri. Sulla cima si erge una torre. Drunjed pensa che dev’essere quella la loro meta e in effetti è così. Le creature alate raggiungono una piattaforma posta sulla sommità della torre e si posano. Drunjed e Tezhrab scendono. Non appena sono smontati, i due siskri si alzano in volo.

- E ora?

- E ora troveremo qualcuno che ci spieghi perché siamo qui.

- Speriamo.

Una scala porta all’interno della torre, da cui proviene una debole luce. Scendono i gradini, appena visibili nella penombra, ma man mano che procedono l’oscurità diventa meno fitta e possono muoversi con maggiore sicurezza. Arrivano infine in una sala circolare.

Al centro è acceso un fuoco e un uomo in piedi lo fissa. Non sembrerebbe essersi accorto del loro arrivo e non guarda nella loro direzione, ma dice loro:

- Sedetevi accanto al fuoco.

Drunjed e Tezhrab obbediscono. Si siedono e osservano l’uomo. Deve avere qualche anno in più di loro, oltre i quaranta. Ha una lunga barba rossiccia e al posto dei capelli vi è una calotta di un blu quasi nero, che disegna un arco sulla fronte. Anche il braccio e la mano sinistra sono blu, ma le dita sono di un rosso scuro, come i testicoli: è davvero la sua pelle a essere così o è un colore che si è dato? Sulla spalla sinistra è posato un mantello di lana, che arriva fino a terra, ma copre appena una parte del corpo.

C’è un lungo momento di silenzio, poi l’uomo dice:

- Guardate il fuoco. Sarà lui a parlarvi.

 

Drunjed e Tezhrab osservano le fiamme. Vedono una massa di uomini e donne che sembrano fuggire, portando con sé i bambini. Poi compare Drunjed, che viene avvolto da una fiamma e arde, urlando di dolore. Una frana seppellisce Tezhrab, che soffoca, cercando invano di liberarsi. Ora è l’acqua a travolgere Drunjed, che affoga e infine affonda in un gorgo. Un vortice di vento solleva Tezhrab e lo fa precipitare al suolo, schiantandolo.

Poi le loro forme emergono e sembrano affrontarsi in duello, nudi, armati solo di una spada, all’interno di un cerchio di pali su cui sono infissi crani di uomini e di animali.

L’immagine svanisce e ne compare un’altra. Le teste di Drunjed e Tezhrab sono infilzate su pali. I loro corpi, privati dei genitali e con il petto squarciato, giacciono a terra e i lupi si avvicinano e li azzannano, incominciando a divorarli.

- Questo è ciò che vi attende.

È Drunjed a parlare:

- Siamo stati portati qui per morire altre volte? Nel mondo dei morti si continua a morire?

- No. Questo non è il mondo dei morti. Siete stati riportati in vita e avete attraversato le quattro soglie degli elementi per arrivare qui, perché c’è una missione che solo voi potete compiere.

- Se il fuoco non ha mentito, saremo uccisi più volte e infine ci affronteremo in duello e i nostri corpi saranno sbranati dai lupi?

- Se riuscirete a portare a termine il compito che vi verrà affidato, sarà così.

Tezhrab scuote la testa. Gli sembra assurdo che li abbiano riportati in vita per morire di nuovo, ma non dice nulla: preferisce che sia Drunjed a parlare.

L’uomo prosegue:

- Sta a voi decidere se accettate di aiutare chi ne ha bisogno.

- Sono coloro che abbiamo visto fuggire?

- Sì, sono i figli di Lilith del Nord, quelli delle dodici tribù. Ciò che avete visto è ciò che accadrà se non accetterete di svolgere il compito.

- Puoi dirci di che cosa si tratta? E chi sei tu?

- Io sono Madioni, della stirpe dei Sette Vidjeli.

I due guerrieri non hanno mai sentito nominare questa stirpe.

- In che cosa consiste la missione, Madioni?

- Una minaccia grava sulle Terre del Nord. Una Forza Oscura è emersa per spargere morte e terrore. Il suo nome è Vrag.

- Vrag? Ma… l’ho sentito nominare. È una creatura demoniaca.

- Sì, puoi chiamarla così, se vuoi. È una Forza Distruttrice, che mira all’annientamento delle dodici tribù. Altre Forze Oscure hanno obiettivi diversi, ad esempio mirano ad assoggettare tutte le stirpi e non a distruggerle. Alla vostra morte, Vrag è uscito dall’abisso, per portare morte e devastazione tra i figli di Lilith. Sa che solo voi potete fermarlo e vi ritiene morti.

- Come potremmo allontanare questa minaccia?                               

- Combattendola. Siete due valorosi guerrieri

- Combattere un demone, una Forza Distruttrice? Noi, mortali? E come può essere? Per noi è impossibile ucciderlo.

- Sì, non potete ucciderlo, ma potete ricacciarlo: passando attraverso le porte dei quattro elementi avete acquisito nuovi poteri e io vi darò le armi necessarie per compiere questa impresa.

Drunjed guarda Tezhrab.

- Per me va bene. Anche se moriremo di nuovo, almeno aiuteremo la gente delle nostre terre.

- Anche per me va bene. Combatterò al tuo fianco, molto più volentieri di quanto ho combattuto contro di te.

Drunjed si rivolge a Madioni:

- Accettiamo il compito che ci vuoi affidare.

- Benissimo. Le vostre armi saranno la spada, l’ascia, la lancia e il pugnale, ma non sono armi qualsiasi.

- Che cosa intendi dire?

Madioni non risponde. Si dirige verso una parete, immersa nell’oscurità, e prende qualche cosa che i due guerrieri non riescono a distinguere. Torna e posa davanti a loro prima due asce, poi due lance, due spade e due pugnali.

- Ognuno di voi due avrà un’arma per ogni tipo. Ora dovete scegliere, poi vi spiegherò le proprietà di queste armi.

Tezhrab guarda Drunjed e sorride:

- Mi hai vinto e ucciso, tocca a te scegliere.

- Sceglierò la prima arma  e tu la seconda.

Drunjed guarda le due asce. Pensa a suo padre e ne sceglie una, poi porge la seconda a Tezhrab.

- Tocca a te.

Tezhrab prende una delle due spade e dà l’altra a Drunjed.

L’Orso sceglie la lancia e il Cinghiale il pugnale.

Madioni annuisce, come se fosse soddisfatto delle scelte.

- Tutte queste armi sono fedeli. Significa che nessuna forza al mondo potrà usarle contro di voi e se qualcuno ve le sottrarrà, esse cercheranno di farsi ritrovare da voi, segnalandovi in qualche modo la loro presenza.

- Ho sentito parlare di queste armi. Mi sono sempre chiesto se fosse realtà o leggenda.

- È realtà e avrete modo di scoprirlo. Ma non è tutto. Tutte le armi che avete possono ferire Vrag, ma la tua spada e il tuo pugnale, Tezhrab, e la tua ascia e la tua lancia, Drunjed, sono stati forgiati dai fabbri di Noz: le ferite che infliggerete con quelle armi non possono essere sanate, neanche con arti magiche. Anche per Vrag saranno particolarmente dolorose e non guariranno. Un’ultima cosa: non usate una seconda volta un’arma se non avete usato una volta tutte le altre.

C’è un momento di silenzio, in cui i due guerrieri guardano le armi, poi Tezhrab dice:

- Affronteremo Vrag, ma davvero mi chiedo come faremo.

- Siete in grado di ricacciarlo. Siete due guerrieri coraggiosi e avete ricevuto poteri e armi di cui Vrag non sospetta l’esistenza. Vi farà morire più volte, ma tornerete in vita e lo affronterete nuovamente.

Drunjed interviene:

- Puoi dirci qualche cosa di più su di lui?

- Certo. Ci sono diverse cose che dovete sapere. Vrag è una Forza Notturna, come molte delle Forze Oscure. Perciò porta avanti la sua attività distruttrice nel buio. Dovrete combatterlo di notte, perché di giorno svanisce. È comparso questa notte, al primo novilunio d’autunno. Dovete riuscire a ricacciarlo prima del plenilunio, perché in quella notte, che abbiate sconfitto Vrag o meno, sarete sacrificati.

Tezhrab ride, poi osserva:

- Già, come ricompensa per aver lottato contro Vrag, ci attende la morte. Decapitati, castrati e lasciati agli animali. Bella ricompensa!

Drunjed pensa alle parole di suo padre. Niedzj gli ha rivelato che si incontreranno ancora. Sarà prima del sacrificio?

- Non potete tornare a vivere nelle terre da cui provenite e dove siete morti.

Dopo aver risposto a Tezhrab, Madioni riprende:

- Se riuscirete a costringerlo a ritirarsi, dovete inseguirlo, fino a che lascerà le terre del Nord, precipitando nell’Abisso Nero.

- L’Abisso Nero… anche di questo ho sentito parlare, ma non ho idea di dove si trovi.

- Sarà Vrag stesso a indicarvi la strada: se lo incalzerete, andrà in quella direzione, per sottrarsi a voi. E se non desisterete, lo costringerete a ritornare nell’Abisso, da cui proviene.

- Va bene.

- Dopo di che vi consegnerete a coloro che vi sacrificheranno.

- Dove li troveremo?

- Vi troveranno loro.

Madioni dà ancora alcune informazioni, poi fornisce a ognuno dei due guerrieri una sacca con alcune provviste.

Drunjed chiede:

- Non ci dai di che vestirci?

- No, la vostra impresa è un rito e combatterete nudi.

Poi conclude.

- E ora attraverserete una soglia e vi ritroverete vicino a dove è comparso Vrag.

I due guerrieri vedono il mondo intorno a loro incominciare a girare sempre più rapidamente: la stanza in cui si trovano scompare in un vortice in cui tutto si dissolve.

 

 

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