La stirpe di Musum

 

I Le tribù e il Regno

 

 

Musum il Fondatore

 

1

 

In acqua Vodjanoj il Terribile ha l’aspetto di un tritone: nella metà superiore del corpo è un maschio vigoroso, con i capelli e la barba neri come la pece e un pelame abbondante sul petto. Quando invece esce dall’acqua, diventa un uomo, molto virile.

Egli è il Signore del Fiume dei Ghiacci, il più grande e impetuoso tra quelli che bagnano le terre popolate dai figli di Eva e di Lilith. Il fiume prende nome dai blocchi che la corrente trasporta a valle a primavera: in inverno, nella parte più alta del suo corso, oltre le terre abitate dagli umani, la superficie del fiume gela completamente e quando incomincia il disgelo, grandi masse di ghiaccio vengono trascinate a valle dai flutti.

Nelle regioni meridionali bagnate dal fiume vivono numerosi i figli di Eva, che hanno fondato città e villaggi. Invece nelle terre a Nord, ricche di monti e foreste, risiedono i figli di Lilith, che gli abitanti delle città giudicano selvaggi. Essi formano dodici tribù, che prendono nome dagli animali tutelari: ci sono gli uomini dell’Orso, del Lupo, del Cinghiale, della Lince, del Cervo, dell’Aquila e così via. Le tribù a volte sono in guerra l’una contro l’altra, ma più spesso vivono in pace. Sono pastori, cacciatori, agricoltori, ma soprattutto guerrieri, forti e spietati, avvezzi ad affrontare ogni tipo di pericolo. In quelle terre infatti non abitano solo esseri umani, ma anche diverse creature dotate di particolari poteri, che spesso costituiscono una minaccia mortale: alcune si cibano di carne umana e altre attaccano chiunque trovino sul loro cammino. Ci sono esseri che sanno assumere forme diverse, altri che con lo sguardo addormentano o fanno perdere l’orientamento; altri ancora hanno un fascino cui nessun umano può resistere. Spesso dal Nord e dall’Est creature demoniache si spingono in queste regioni, distruggendo tutto ciò che incontrano. E numerosi sono i luoghi incantati, in cui un uomo può perdere la vita, perché una volta che vi è giunto, non gli è possibile allontanarsene.

Vodjanoj stesso costituisce una minaccia mortale, perché a volte afferra gli uomini che passano lungo le rive del fiume e li trascina nelle acque profonde: nessuno di coloro che vengono ghermiti si salva. Dicono che il Signore del Fiume affoghi solo gli uomini che meritano la morte, ma nessuno la sa con certezza e molti preferiscono tenersi lontano dalle sponde.

La presenza di numerosi pericoli e la fama di grandi guerrieri dei figli di Lilith tengono i figli di Eva lontani da queste terre. Sono pochi quelli tanto temerari da affrontare i pericoli del Nord: cacciatori attratti dalla selvaggina abbondante, banditi in fuga dalla giustizia, qualche commerciante più ardito che si spinge fino ai Monti delle Miniere per ottenere gli smeraldi di Smarag, i più luminosi tra tutti quelli che i nani estraggono. In passato anche alcuni mercanti di schiavi hanno fatto razzie in queste terre: i figli di Lilith che vi abitano sono uomini molto forti e virili, in grado sia di svolgere lavori pesanti, sia di soddisfare le voglie di coloro che amano farsi penetrare. Ma le due bande di cacciatori di schiavi sono state sorprese dai guerrieri delle tribù, che hanno fatto scempio dei mercanti. Da allora nessun mercante di schiavi si è più spinto nel Nord.

 

Sulle origini delle tribù del Nord circolano diverse leggende, secondo le quali il Signore del Fiume dei Ghiacci decise di popolare l’alta valle, dove gli uomini erano poco numerosi. Egli perciò assunse la forma di dodici animali diversi e si unì con le femmine di altrettanto specie: come orso possedette un’orsa, come lupo ingravidò una lupa, come leone di montagna prese una leonessa e così via. Da queste unioni nacquero esseri dotati di grandi poteri, tra cui quello di assumere più forme. Ognuno di essi prese l’aspetto di un maschio vigoroso per ingravidare numerose vergini figlie di Lilith, dando così origine alle tribù che vivono nella valle. Per questo gli uomini delle tribù si vantano tutti di discendere da Vodjanoj e hanno come nume tutelare l’animale il cui sangue scorre nelle loro vene, mescolato a quello dello Spirito del Fiume. I figli di Vodjanoj vivono ancora e a volte si congiungono con le donne di queste terre, generando altri figli, che spesso hanno alcuni poteri.

Anche il Signore del Fiume a volte ingravida qualche figlia di Lilith, ma più spesso si congiunge con maschi, umani o non umani. Egli non ha un compagno. Un’antica profezia dice che gli è destinato un uomo di una stirpe da lui stesso generata, ma non è detto che quest’uomo possa nascere, perché una forza cercherà di impedirlo.

 

*

 

Tra le dodici tribù di figli di Lilith, una delle più forti è quella del Leone di Montagna, che vive nelle terre più a Nord: i maschi sono considerati i migliori guerrieri delle dodici tribù.

Qui vive Musum. Sua madre Plodna faceva parte della tribù e lo partorì nel villaggio dove viveva, ma nessuno sa chi fosse il padre: Plodna lasciò la sua casa per tre giorni e quando tornò era incinta, ma non rivelò mai il nome di colui che l’aveva ingravidata. Alcuni dissero che era stato lo spirito tutelare di una delle tribù o uno degli altri Esseri Incantati che popolano le Terre del Nord. Alla nascita di Musum si manifestarono strani prodigi, perché la luna piena in cielo divenne viola e anche il Fiume dei Ghiacci si tinse dello stesso colore, per cui più d’uno pensò che il padre fosse il Signore del Fiume, Vodjanoj il Terribile, colui che inghiotte nelle acque.

Com’è d’uso nelle tribù, il figlio senza padre entrò a far parte della famiglia della madre, come se uno dei fratelli di Plodna fosse stato il suo genitore.

 

Musum è un uomo alto e forte. Come tutti i maschi del Popolo della Notte ha capelli e barba neri e un pelame abbondante. Anche gli occhi sono tanto scuri che la pupilla si distingue appena dall’iride. È il miglior guerriero e il miglior cacciatore della tribù del Leone di Montagna e molti ritengono che nessuno tra i figli di Lilith possa tenergli testa.

Musum ha sulla nuca un segno, che pare una stella, di colore viola. Non è una cicatrice, come altre che ha sul corpo, ma un marchio che porta dalla nascita. Abitualmente esso è celato alla vista dai capelli che, come molti uomini delle tribù del Nord, egli porta lunghi fino alle spalle. Un secondo segno, identico, è invece celato e quasi nessuno sa della sua esistenza: si trova nello spazio tra l’apertura posteriore e i testicoli. Non si conosce il significato di questi segni: anche il Gran Sacerdote della tribù non ha saputo fornire un’interpretazione. Molti però ricordano i prodigi che si verificarono alla sua nascita, in cui la luna e le acque assunsero il colore viola.

Musum è molto stimato e diversi guerrieri della sua tribù vorrebbero vederlo sfidare il loro re, che ormai sta invecchiando: presso tutte le tribù del Nord il re che invecchia viene ucciso e un guerriero più giovane prende il suo posto. L’eliminazione del vecchio re presso molte tribù avviene attraverso un duello mortale, in altre invece si procede a un sacrificio.

Musum ha sempre rifiutato di sfidare il re: poco gli importa del potere. Non desidera regnare e non ha motivo per abbreviare la vita del sovrano attuale, Sarkr, i cui giorni sono comunque contati. Gli piace la vita libera che conduce per i monti e i boschi del Nord.

Ha trent’anni, ma non si è sposato, perché non prova desiderio per le donne e non gli interessa continuare la sua stirpe: lo faranno i suoi fratelli, che sono tutti sposati e hanno figli, benché diversi siano più giovani di lui.

Musum vive solitario, vagando spesso per i monti e le foreste. Sa bene che spingendosi a settentrione, molto oltre le terre della sua tribù, i rischi aumentano, ma è curioso di conoscere queste regioni misteriose e gli esseri che vi abitano. Altri guerrieri che si sono avventurati nel Grande Nord non hanno mai fatto ritorno, come Targ, il più forte guerriero della tribù del Lupo, ma Musum non ha paura di ciò che potrebbe capitargli: come molti uomini di queste terre non teme la morte.

Aggirandosi in queste regioni dove gli uomini si spingono di rado, gli è capitato di incontrare alcuni degli esseri che vi abitano. Per ben tre volte si è imbattuto in un blud, che ha l’aspetto di un uomo di piccola statura, con ali trasparenti molto luminose. Chi incrocia lo sguardo di un blud perde l’orientamento. La prima volta Musum si è smarrito in una valle, che pure conosceva bene, e solo dopo tre giorni spesi a vagare a casaccio ha riconosciuto il sentiero che doveva prendere: lo aveva già attraversato più volte, senza mai capire dove si trovava. Nelle due occasioni successive il guerriero ha girato subito la testa e si è allontanato, per evitare lo sguardo del blud e non perdersi nuovamente.

In una radura ha anche sorpreso una krilovil, piccola creatura alata dal corpo femminile, il cui sguardo l’ha addormentato. Dicono che i blud e le krilovil si accoppino: i figli che nascono dai loro amplessi diventano blud se sono maschi, krilovil se sono femmine.

Spesso Musum si è trovato ad affrontare e uccidere alcuni esseri che volevano cibarsi del suo corpo, tra cui due trog, creature mostruose che a volte lasciano le loro terre per portare devastazione e morte.

Un giorno d’autunno Musum, mentre cammina lungo la riva del fiume, s’imbatte in Vodjanoj, il Terribile: un incontro che può essere fatale.

Vodjanoj non dice nulla. Sembra aspettare che Musum si avvicini. Il guerriero non si sottrae e si dirige verso il Signore del Fiume. Quando sono uno di fronte all’altro, il Terribile porge una spada a Musum, poi s’immerge nella corrente, in silenzio. Il guerriero fa appena in tempo a ringraziare. Guarda a lungo l’arma, una magnifica lama sulla cui elsa ci sono tre segni: sembrano caratteri di una scrittura che Musum non conosce. Non è certo una spada qualunque, questa che gli è stata offerta.

Il Signore del Fiume gli ha fatto un dono. Alcuni credono che sia suo padre. Per la prima volta Musum si dice che forse è vero.

Da quel giorno porta sempre con sé l’arma che gli è stata offerta e ha più volte occasione di usarla e di apprezzarne la perfezione.

 

In autunno i maschi adulti delle tribù si trasferiscono quasi tutti nelle aree di caccia del Nord. Ogni tribù ha il proprio territorio, dove vengono allestiti accampamenti provvisori. Gli uomini si dedicano alla caccia e anche al piacere, tanto che i rapporti tra uomini, ampiamente diffusi in tutte le tribù, vengono spesso chiamati “i piaceri autunnali” o “i giochi autunnali”.

Musum pratica la caccia e si dedica volentieri ai giochi d’autunno: molti sono i maschi che si offrono a lui, perché presso le tribù del Nord si pensa che il seme di un grande guerriero trasmetta forza. In questo periodo Musum si allontana spesso dall’accampamento, spingendosi ancora più a Nord, mosso dalla curiosità di conoscere nuove terre.

Un giorno vede in una radura un magnifico cervo. È un animale di grandi dimensioni, con un palco molto ramificato. Le sue corna scintillano al sole, come se fossero d’oro.

Musum caccia di rado i cervi e solo per nutrirsi: preferisce misurarsi con animali più pericolosi, in una caccia in cui i ruoli di cacciatore e preda possono facilmente invertirsi. Ma questo splendido esemplare lo affascina.

Prende la lancia, ma il cervo con un balzo s’infila nel bosco. Musum lo insegue. Per quanto sia veloce, non è in grado di correre come l’animale, ma ne segue le tracce. E a tratti vede il cervo fermo in lontananza, come se lo stesse aspettando. L’inseguimento dura fin dopo il tramonto. Poi il guerriero, ormai stanco, è costretto a fermarsi: inutile proseguire di notte. Per quanto i figli di Lilith vedano anche al buio, trovare le tracce dell’animale nell’oscurità è quasi impossibile e in ogni caso Musum ha bisogno di riposare. Ormai la preda gli è sfuggita. Gli spiace, ma non può fare nulla.

Il giorno dopo Musum si sveglia all’alba. Si alza e si appresta a tornare indietro, quando il cervo appare poco lontano. Le sue corna paiono davvero d’oro. L’animale si dilegua non appena Musum prende la lancia.

L’inseguimento riprende. Il cervo si dirige verso settentrione, in terre che Musum conosce poco. La caccia dura per tutto il giorno. Più volte il cervo si ferma, come ad aspettare il cacciatore, ma quando Musum arriva abbastanza vicino da poter scagliare la lancia, si dilegua.

Il guerriero si rende conto che l’animale lo sta trascinando sempre più lontano, dove non è mai giunto. Spingersi così a Nord è pericoloso, Musum lo sa benissimo, ma la curiosità ha la meglio sulla prudenza. Gli sembra che il cervo lo chiami e a quel richiamo non vuole sottrarsi.

Giunge nuovamente la sera, senza che Musum sia mai riuscito a scagliare la lancia: ogni volta l’animale si è sottratto, senza mai far perdere le sue tracce.

Musum si stende per la notte. Si chiede se l’indomani il cervo sarà ancora nelle vicinanze, se riuscirà a colpirlo.

Si sveglia prima dell’alba, impaziente. Alle prime luci del giorno scorge l’animale e l’inseguimento riprende. Ormai Musum è giunto in una regione che gli è completamente sconosciuta. Non gli importa dei pericoli di queste terre. Il cervo con le corna d’oro è diventato la sua ossessione.

La giornata passa come le due precedenti. Musum ormai è esausto, ma non rinuncia all’inseguimento. La valle che sta percorrendo si restringe, le pareti delle montagne si fanno sempre più scoscese e la vegetazione più fitta. Musum si rende conto che presto si troverà al termine della valle e che le pareti a strapiombo non gli permetteranno di proseguire. Dall’alto precipita una cascata, il cui rombo si sente da molto lontano. Ma quando infine arriva al fondo della valle, stretto da pareti verticali, si accorge che un sentiero si inerpica lungo il precipizio, passando dietro la grande cascata. E in alto c’è il cervo.

Musum sale lungo il sentiero. Man mano che procede vede ai suoi piedi, al fondo dell’abisso, la valle che ha percorso. Il sole sta calando: si troverà su questo sentiero al calar della notte? È un figlio di Lilith e vede al buio molto meglio dei figli di Eva, ma percorrere di notte questo cammino da capre di montagna è una follia.

È quasi sera quando raggiunge il colle, da cui il paesaggio si apre su una grande conca tra le montagne: ci sono sette grandi laghi disposti come petali di un fiore intorno a uno specchio d’acqua centrale molto più piccolo. L’acqua di ogni lago è di un colore differente: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto. Solo quella del lago centrale non ha un proprio colore e riflette quello del cielo.

Musum sa dov’è giunto: è la Terra degli Otto Laghi, una regione di cui si parla tra i figli di Lilith, anche se nessuno sa esattamente dove si trovi. Dicono che al fondo dei laghi si celino immense ricchezze, che vi vivano splendide donne, la cui bellezza soggioga chi le vede, che chi s’immerge acquisti il potere di trasformarsi in un animale.

Pochi cercano di raggiungere questa terra, perché cela molti pericoli e nessuno di coloro che è partito alla sua ricerca ha mai fatto ritorno.

Musum sa che farebbe bene a stendersi a dormire poco sotto il colle, per poi tornare indietro al sorgere del sole, ma il cervo sembra attenderlo al termine delle discesa, in riva a uno dei laghi.

Si avvia lungo il sentiero, che scende verso il centro della conca, passando tra i borobieli: sono alberi incantati, che a primavera si coprono di fiori bianchi, tanto numerosi da nascondere i rami. Il loro profumo è inebriante e attira chi vi si avvicina, ma colui che si ferma sotto le chiome di quegli alberi, non riesce più ad allontanarsi.

In autunno dei fiori non c’è più traccia, ma a terra vi sono gli scheletri di coloro che sono stati attratti dal profumo e sono morti d’inedia: dalle ossa Musum può riconoscere alcuni animali, qualche creatura dei boschi e un uomo.

Superato il bosco di borobieli, il sentiero attraversa un altro bosco. Mentre cammina, Musum sente un forte rumore alla sua destra. Sguaina la spada appena in tempo: un lupo gli sta saltando addosso. Riesce a colpirlo subito prima che le zanne dell’animale lo dilanino.

Il lupo si contorce a terra e sotto gli occhi di Musum avviene una trasformazione: l’animale assume le sembianze di un uomo. È Targ, il guerriero della tribù del Lupo scomparso da pochi mesi. L’uomo sta morendo.

- Targ!

- Perdonami, Musum, ma non ero padrone di me: una forza mi costringeva ad attaccarti.

- Mi spiace, Targ…

- Non potevi fare… altrimenti… Io… mi ero…immerso nel… lago arancione.

Un fiotto di sangue esce dalla bocca di Targ, che volta la testa di lato e rimane inerte.

Musum lo guarda. Gli spiace averlo ucciso, ma se non avesse colpito, sarebbe stato sbranato.

Musum si guarda intorno. Del cervo non c’è più traccia. Il sentiero che ha preso esce dal bosco e gira intorno al fondo della conca. Musum lo segue per un tratto, poi lo lascia e si dirige verso il lago centrale. Passa tra due specchi d’acqua, quello giallo e quello verde, tenendosi distante da entrambi, e dopo aver attraversato un altro bosco raggiunge il piccolo lago centrale. Ormai è notte. Si stende e si addormenta rapidamente.

Il mattino si sveglia. Il cervo non è più visibile, ma Musum non si stupisce: sa che l’animale ha svolto il suo compito, che era quello di portarlo alla Terra degli Otto Laghi.

Si guarda intorno. Fissa il cielo, il grande cerchio azzurro sopra le cime degli alberi.

Si spoglia, senza sapere perché lo fa. Sta bene così, nudo al sole autunnale. Tutt’intorno si sente il cinguettio degli uccelli e lo stormire delle fronde.

Di colpo si rende conto che è calato il silenzio e il vento si è fermato. Un’aquila appare in alto: vola sopra le cime degli alberi, descrivendo un grande cerchio, il cui centro si trova esattamente sopra il suo capo. Musum è certo che si tratti di un presagio, ma non sa interpretarlo. Accompagna con gli occhi l’aquila, che ora si abbassa e cala verso il lago sulla cui riva si trova Musum. E quando il guerriero abbassa lo sguardo per seguire il volo calante, vede davanti a sé, a pochi passi, un vecchio che indossa una veste viola. L’uomo è sul lago, ma non è immerso: i suoi piedi poggiano sulla superficie come se fosse terra o roccia. L’aquila si posa sulla sua spalla.

Prima che Musum riesca a dire qualche cosa, il vecchio incomincia a parlare. La sua voce è profonda e le sue parole formano un canto.

 

Salute a Te, Musum, portatore delle due stelle.

Salute a Te, Musum, portatore della spada dai tre caratteri.

Salute a Te, Musum, re della tribù del Leone di Montagna.

Salute a Te, Musum, re di Sjevekral.

Salute a Te, Musum, sposo per una sola notte.

Salute a Te, Musum, compagno di colui che ucciderai e che ti ucciderà.

Salute a Te, Musum, uomo e leone, mortale e immortale.

Salute a Te, Musum, fondatore di una stirpe di mortali e immortali.

 

Per un momento Musum non dice nulla. Le parole del vecchio l’hanno turbato. Non capisce di che cosa stia parlando. L’uomo ha citato, accanto alla sua tribù, un regno che non esiste. Ha parlato di matrimonio, d’immortalità e di una stirpe. L’unica cosa che potrebbe avere senso è il riferimento al re della tribù: Musum sa che quando il re attuale dovrà lasciare il regno e la vita, i guerrieri faranno pressione su di lui perché lo sfidi e prenda il suo posto. Ma il vecchio non parla a vanvera: conosce il suo nome, le due stelle che porta e la spada che gli ha dato Vodjanoj.

Musum si riscuote.

- Tu parli di cose che io non intendo.

- Io non posso spiegartele. Un grande destino ti attende, se avrai il coraggio di sceglierlo. Andrai incontro a molto dolore, questo te lo posso dire. È il dono che la regalità offre alla tua stirpe, a te e ai tuoi discendenti. Ma coloro che sceglieranno il proprio destino saranno ricompensati per le loro sofferenze.

Musum annuisce, turbato.

Il vecchio dice ancora:

- Se vuoi accettare il tuo destino, immergiti in uno dei laghi: tanti sono i modi in cui ciò che è scritto può compiersi. Il lago che sceglierai traccerà la tua strada. Può essere uno qualunque dei sette laghi in cui l’acqua ha un suo colore, ma non questo. Se rifiuti il tuo destino, torna indietro, senza bagnarti.

Appena il vecchio ha finito di parlare, l’aquila spicca il volo. Per un attimo Musum la guarda sollevarsi e librarsi nell’aria, ma quando riabbassa lo sguardo, il vecchio è scomparso. Non può essersi allontanato: non avrebbe avuto il tempo di fare più di due passi. Dev’essere svanito nel nulla.

Musum rimane pensieroso. Guarda il cielo. Anche dell’aquila non c’è più traccia. Gli uccelli riprendono il loro canto, il vento torna ad agitare le fronde.

Musum guarda l’acqua del piccolo lago centrale. Ama bagnarsi nei fiumi, nei torrenti e nelle pozze che incontra nei boschi o sulle montagne, ma questi non sono certo laghi come gli altri. Deve decidere se accettare il suo destino.

Musum si chiede che cosa intende fare della sua vita. Ha trent’anni. Molti dei suoi coetanei hanno una famiglia e sono soddisfatti dell’esistenza che conducono. Musum ama la libertà e non li invidia, ma ci sono momenti in cui si domanda quale sia il senso della sua esistenza.

 

Musum guarda intorno a sé, poi si muove. Gira intorno al lago centrale, seguendo un sentiero che attraversa il bosco e che incrocia gli altri sette laghi disposti tutt’intorno. Tutti hanno acqua molto limpida, ma che non lascia vedere il fondo. Musum si ferma davanti al lago viola. Gli sembra quasi che l’acqua lo attiri a sé. Viola sono le due stelle che porta sul corpo, viola era l’acqua del Fiume dei Ghiacci quando è nato, viola era la veste del vecchio. Osserva un buon momento la superficie, poi sale su una roccia e si tuffa, scendendo in profondità.

Tre volte s’immerge fin dove riesce ad arrivare, per poi spingersi verso l’alto con un movimento deciso delle gambe. È curioso di vedere qual è la profondità del lago e che cosa cela, ma non riesce a scorgere il fondo.

Quando riemerge per la terza volta, davanti a lui emerge anche un uomo. Capelli e barba sono rossicci e gli occhi di un verde-azzurro. Sul viso, vicino all’orecchio, l’uomo ha tre piccoli segni viola disposti a triangolo.

Musum guarda lo sconosciuto, esterrefatto: l’acqua è limpida, ma Musum non si è accorto di quest’uomo che ora lo fissa. Musum vorrebbe chiedere, ma l’uomo lo afferra e s’immerge. Per Musum è impossibile liberarsi da questa stretta.

Scendono in profondità e l’acqua diventa sempre più scura, perché la luce del giorno arriva appena.

Quando Musum cerca di respirare, l’acqua gli riempie la bocca e il naso. Pensa che sta per morire, che l’uomo lo sta affogando, ma non perde coscienza. Ogni traccia di luce scompare. È morto? Questo buio che lo circonda è il mondo dei morti? Non lo sa.

Gli sembra di scendere ancora, trascinato verso il fondo nelle forti braccia dell’uomo che lo tiene prigioniero.

Ora gli pare di riuscire a scorgere qualche cosa. Sì, non è più così buio. Stanno ancora scendendo, in un cunicolo verticale, una specie di pozzo. Davanti al suo viso c’è quello dell’uomo, che ora è coperto nella parte superiore da un elmo.

La luce diventa sempre più forte. Proviene dal fondo del pozzo. Raggiungono il punto da cui scaturisce la luce. L’uomo depone Musum, che si alza. I suoi piedi posano sul fondo roccioso del lago. Gli sembra di essere ancora vivo, ma non è possibile: non c’è aria, solo acqua.

Guarda verso la luce, ma è troppo intensa e deve distogliere gli occhi: è un figlio di Lilith e le luci forti gli danno fastidio.

Sente l’uomo dirgli:

- Guarda!

Come è possibile che senta qualche cosa sott’acqua, dove non ci sono suoni? Certo è tutto irreale, si trova nel mondo dei morti.

Guarda di nuovo verso la luce e vede una donna. È davvero una donna o è una creatura incantata? Non può essere una donna, che vive sott’acqua, ma in questo momento anche Musum è sott’acqua e respira. Una donna prigioniera del lago? Forse. Non è certo una figlia di Lilith, perché ha i capelli biondi e gli occhi azzurri. Sono elementi non rari tra i figli di Eva, che però vivono molto più a sud.

Musum non ha mai incontrato donne nelle terre più settentrionali, dove solo pochi cacciatori o avventurieri si spingono. Pensa che non ha mai visto una donna così bella, un viso e un corpo perfetti.

La voce dell’uomo che l’ha trascinato in fondo al lago lo distoglie dai suoi pensieri.

- Lei è la tua sposa, ma per averla devi vincermi e uccidermi.

Musum si volta e fissa l’uomo, che ora ha una spada per mano e gli porge quella che tiene nella sinistra. Musum la prende e si accorge che è l’arma che ha ricevuto da Vodjanoj e che ha lasciato con i suoi abiti.

Si chiede perché deve affrontare questo guerriero. Non ha motivo per voler prendere in sposa la donna che vede, ma gli sembrerebbe indegno sottrarsi a una sfida, per cui si dispone a combattere. Musum guarda il suo avversario, che ora può vedere per intero. È un uomo molto alto, più di Musum, che pure per statura supera tutti i maschi della sua tribù. Ha un corpo molto muscoloso, coperto da una fitta peluria rossiccia. È nudo e il suo sesso è lungo e voluminoso, come Musum non ha mai visto.

L’uomo attacca. Musum evita la spada, che lo ferisce di striscio alla spalla destra, e a sua volta avanza. Combattono a lungo, finché l’uomo si scopre. Musum gli infila la spada nel ventre. Quando la ritira, l’uomo cade in ginocchio, tenendo le mani sulla ferita da cui sgorga il sangue. Musum alza la spada e la cala sul collo del suo avversario, decapitandolo. Si chiede perché ha ucciso quest’uomo il cui corpo ora giace sul fondo del lago.

Poi guarda la donna, che ha assistito impassibile al duello. Un torpore lo invade e tutto scompare.

 

È l’alba quando Musum si desta. È ancora in riva al lago viola. Si chiede se ha sognato, ma non è così: la ferita alla spalla destra è reale. Non c’è altra traccia di ciò che è successo il giorno prima.  

Musum si alza e si guarda intorno. Scuote la testa. Ritorna a dove ha lasciato i vestiti e la spada, si riveste, poi raggiunge nuovamente il lago viola e lo guarda ancora un momento. Gli sembra che l’acqua sia di un viola più intenso rispetto al giorno prima. Nuovamente scuote la testa. Si avvia, prendendo il sentiero che porta al colle da cui è arrivato, scende nella vallata e si dirige verso Sud.

Quando infine, il terzo giorno, raggiunge il luogo dove si è accampato, vede una grande tenda montata accanto alla sua. Quella di Musum è molto semplice: quattro pali piantati nel terreno e due pelli, una tesa sui pali e una al suolo, che permettono di distendersi e rimanere all’asciutto anche se piove. La nuova tenda è di tela, alta e ampia: di certo al suo interno si può stare in piedi e c’è spazio per un letto e altri mobili. La parte alta è decorata con un fregio in oro. Accanto alla tenda vi sono otto soldati, due carri carichi e uno vuoto, e parecchi cavalli.

Musum guarda stupito, senza capire: perché qualcuno ha montato una tenda di questo genere proprio accanto a quel misero riparo che è la sua?

Uno dei soldati gli si avvicina, s’inchina profondamente e gli dice:

- La principessa ti attende, Musum il Grande.

Per un attimo Musum si chiede se l’uomo non lo stia prendendo in giro, ma nel suo viso non c’è traccia di scherno. Il soldato solleva il telo che copre l’ingresso della tenda e Musum entra.

Al centro della tenda, seduta su una sedia di legno riccamente intagliata e con intarsi d’oro, c’è una donna che porta sul capo il velo delle spose. Musum sa chi è, anche se può solo intravedere il viso.

Si avvicina e solleva il velo: il gesto con cui il marito accetta la sposa. Come ha subito intuito, è la donna che ha incontrato in fondo al lago. Vorrebbe chiedere, ma avverte confusamente che non deve farlo. Non è tempo di spiegazioni.

Ora dovrebbe congiungersi a lei. Musum si sente inadeguato: questa donna appartiene a un’altra realtà, non al mondo rude e brutale dei guerrieri del Nord. Musum sa di essere virile come nessun altro maschio di quelle terre, ma è un guerriero, dai modi grezzi, abituato ai violenti giochi del piacere con altri maschi vigorosi. E questa donna è un gioiello che dovrebbero maneggiare mani delicate, non le sue, forti ma grossolane, incapaci di finezza. Eppure non ha scelta: deve obbedire al destino che ha scelto. 

Quando però cerca di slacciare la fibbia che fissa l’abito sulla spalla, la donna fa un segno negativo con la testa.

- Non ora. Quando verrà il momento.

Musum non dice nulla. Il non dover possedere ora questa donna è quasi un sollievo. Cercherà di imparare a muoversi in modo diverso.

Non sa quale sarà il suo destino, ma si rende conto di essere in balia di forze che non può piegare. Per un guerriero come lui, abituato a non dipendere da nessuno, è una sensazione insolita. Ma non intende sottrarsi: andrà incontro al suo destino, anche se questo comporterà sofferenza.

 

Pochi giorni dopo Musum torna al villaggio con la sua sposa, che non ha mai posseduto e di cui conosce solo il nome: Plazea. Nei carri c’è la dote della donna: tessuti finissimi, gioielli, mobili raffinati. Una ricchezza che mal si concilia con la semplice vita degli uomini delle terre del Nord e men che mai con la tribù del Leone di Montagna. È una dote più adatta alla sposa del re di uno dei sei regni che i figli di Eva hanno fondato più a Sud. Ma Musum non ha scelto la sua sposa: è stato scelto.

Gli uomini si stupiscono di vederlo tornare con una donna che chiaramente non è una figlia di Lilith e porta una dote come non si è mai vista in quelle terre. Musum si limita a dire che è una principessa e che l’ha ottenuta in sposa vincendo un altro guerriero. È la verità, ma non è certo tutta la verità. Non intende raccontare ciò che è successo al lago, né l’incontro con il vecchio: forse non gli crederebbero e in ogni caso preferisce che non si sappia. Non dice che sua moglie gli si nega, perché sarebbe una vergogna per lui.

In casa Musum si sforza di comportarsi in modo meno grezzo rispetto alle sue abitudini. Con Plazea è sempre rispettoso e cortese. 

È appena tornato quando strani presagi compaiono: due aquile, una più giovane e l’altra ormai vecchia, si affrontano nel cielo sopra il villaggio e la più vecchia soccombe e precipita proprio al centro del cerchio sacro, dove avvengono le cerimonie religiose e i duelli; un fulmine colpisce l’abitazione di Sarkr, il re della tribù, incendiandola; mentre il re cammina, un uccello piomba su di lui e gli toglie il cerchio d’oro che porta in testa, lasciandolo cadere nel cerchio sacro.

Sul significato di questi presagi, nessuno s’inganna, neanche il re. I sacerdoti annunciano nell’assemblea dei guerrieri ciò che tutti hanno capito:

- I segni dicono che il tempo di Sarkr è giunto alla fine.

Chi vuole diventare re dovrà affrontare Sarkr e ucciderlo. Molti pensano che Musum lo sfiderà e vincerà, diventando il nuovo re: è il guerriero più forte e non a caso gli dei gli hanno inviato come sposa una principessa.

Musum non intende farlo: non gli interessa regnare e ha stima dell’anziano re. Non vuole rinunciare alla sua vita libera, anche se ora ha moglie. Un re non può rimanere alcuni mesi lontano dalla sua tribù, come Musum è solito fare.

Quando però torna a casa dalla riunione che i sacerdoti hanno indetto, Plazea gli dice:

- Devi sfidare Sarkr.

Musum si stupisce che la moglie sappia già quanto è stato comunicato all’assemblea: è venuto subito a casa, proprio per evitare quelli che volevano invitarlo a sfidare il re. Ma ha già avuto modo di notare che Plazea conosce molte cose.

Musum la guarda. Sa che non può sottrarsi al suo destino, ma gli pesa.

- Preferirei che fosse qualcun altro a ucciderlo.

- Lo so, Musum, ma il destino ha scelto te. Tu sarai re.

Musum china la testa. Le parole di Plazea confermano ciò che gli ha detto il vecchio al lago.

La sera stessa, secondo l’uso, il re siede all’ingresso del cerchio sacro, un recinto delimitato da pali. Il cerchio d’oro che l’uccello gli ha tolto è posato sulle sue ginocchia: il re non può più indossarlo, se non nel duello finale.

I guerrieri sono disposti davanti a lui, a pochi passi. Nessuno si muove. I più forti, cui piacerebbe diventare re, attendono di vedere se Musum sfiderà il re: sanno di non poterlo battere.

Musum avanza, a malincuore. Si pone davanti al re e afferra il cerchio d’oro. Lo stringe nel pugno, senza però toglierlo dal grembo del re: se lo portasse via, sarebbe un sacrilegio. Sarkr sorride: sa che il suo tempo è finito e Musum è il successore che lui stesso avrebbe scelto.

Nessuno degli altri si fa avanti: se più guerrieri sfidassero il re, dovrebbero combattere gli uni contro gli altri e il vincitore affronterebbe Sarkr. Tutti sanno che Musum li batterebbe. Ad alcuni sarebbe piaciuto diventare re, ma tutti riconoscono in colui che ha sfidato il sovrano il guerriero migliore.

Musum non dorme nella sua abitazione: il rituale prevede che la notte prima del rito lo sfidante si corichi in una piccola capanna ai margini del villaggio. Nessuno può avvicinarglisi.

Musum si stende sulla stuoia che copre il fondo della capanna e guarda il soffitto. Diventerà re, ma l’idea non lo inorgoglisce certo. Non desidera uccidere Sarkr, ma lo farà, senza rimorsi: questo è il destino dei re della sua tribù e di molte altre. Sarà anche il suo destino, se non morirà in battaglia o nella caccia a qualche animale. Diventare re significherà avere molto obblighi e non poter lasciare il villaggio per lunghi periodi di tempo. La sua vita libera è finita. Il vecchio ha parlato di un altro regno, di una stirpe… Musum sorride: Plazea gli si nega, come potrà generare una discendenza?

D’improvviso nella capanna cala il buio: qualche cosa intercetta la luce lunare che illumina l’interno. Musum guarda verso la soglia, dove è apparso un uomo molto alto. Non può vederne il viso, completamente in ombra, ma sa chi è: è il guerriero che lui ha ucciso in fondo al lago.

Chi è quest’uomo che lo fissa, immobile? È davvero un essere umano, un figlio di Lilith o di Eva, ritornato dal mondo dei morti? O è qualche creatura immortale, un demone, una divinità?

L’uomo lo guarda, a braccia conserte, in silenzio. Musum si alza e si mette davanti a lui.

L’uomo gli pone le mani sulle spalle e lo forza a inginocchiarsi. Non incontra nessuna resistenza: Musum si rende conto di essere privo di ogni volontà. Sa che è all’opera qualche forza sovrannaturale, che lo domina. Il destino che ha accettato alla Terra degli Otto Laghi non gli lascia scelta.

Ora davanti ai suoi occhi ha il membro vigoroso dell’uomo. Come molti figli di Lilith Musum non disdegna i giochi del piacere tra uomini, ma sono sempre gli altri a offrirglisi e a condurlo al piacere. Ora però prova un desiderio violento. La sua bocca si apre e accoglie il sesso, che al contatto con la lingua e le labbra di Musum si tende. Le sue mani si posano sui fianchi dell’uomo e stringono con forza.

Ora il membro è teso in verticale, tanto grande da incutere paura. Musum si stacca e lo guarda, poi lo avvolge nuovamente con le labbra e riprende a succhiarlo e leccarlo, finché il seme gli riempie la bocca, tanto abbondante da rendergli difficile respirare. Un po’ cola da un angolo della bocca.

Musum chiude gli occhi. Si rende conto di essere eccitato.

L’uomo fa pressione sulla nuca di Musum e lo spinge a mettersi a quattro zampe. Il guerriero sa che cosa lo attende. Vorrebbe sottrarsi, perché da quando è divenuto adulto non è mai stato posseduto e il membro dell’uomo è troppo grande: gli sembra che possa lacerargli le viscere e dargli la morte. Ma non ha più volontà.

L’ingresso è doloroso: Musum trattiene a fatica un grido. L’uomo prende a spingere e ondate di dolore percorrono il corpo del guerriero, ma non meno forte è il piacere. A tratti gli sembra che il membro dello sconosciuto sia una spada, un palo, che gli entra sempre più a fondo in culo. Musum non regge più, le sue braccia cedono e il suo corpo si appoggia a terra. L’uomo continua a fotterlo, senza rallentare. Musum si accorge che la sua mente vacilla, a tratti il mondo svanisce e dolore e piacere scompaiono, poi la realtà riappare e nuovamente riemerge il miscuglio di un dolore violento e di un piacere altrettanto intenso.

Infine Musum sente la scarica: il seme dell’uomo si sparge dentro di lui. Nuovamente Musum soffoca un grido, mentre l’onda del piacere lo travolge e per un momento cancella il dolore. Non ha mai goduto tanto.

L’uomo si solleva.

Musum rimane disteso: non è in grado di alzarsi. Il dolore è ritornato e ora lo schiaccia al suolo, senza cancellare la sensazione di ebbrezza del piacere. L’uomo si china su di lui, gli prende la testa tra le mani, la solleva un po’ e lo bacia sulla bocca. Poi si allontana, senza dire nulla. Musum non si muove. Gli sembra che il mondo svanisca e scivola nel sonno.

 

È l’alba quando Musum si desta. Si chiede se ha sognato, ma non è così: il dolore al culo è reale e a un angolo della bocca un po’ di seme si è raggrumato. Quando si alza, altro seme misto a sangue gli sfugge dall’apertura che è stata violata nella notte.

Musum si prepara. Quando i sacerdoti arrivano per condurlo al recinto sacro, è pronto. Molti guerrieri si sono disposti intorno al cerchio, formato dai pali infissi nel terreno. I pali sono più alti di un uomo, ma non sono attaccati gli uni agli altri: tra di essi vi è sempre un certo spazio, per cui dall’esterno è possibile vedere ciò che avviene all’interno.

Sul fianco della montagna, un po’ più in alto rispetto al recinto, vi sono i suonatori di tamburo, che accompagneranno l’intera cerimonia, sottolineandone i momenti salienti. Adesso battono appena, con un ritmo lento e regolare.

All’interno del cerchio c’è già Sarkr, nudo, senz’armi, ma con i tre segni del potere: il cerchio d’oro in testa, il monile intorno al collo e il bracciale alla spalla sinistra. Accanto a lui un sacerdote tiene le due spade: sono armi sacre, usate solo in queste occasioni.

Musum pensa che presso altre tribù il re che invecchia viene ucciso sull’altare dai sacerdoti, in un sacrificio. Preferirebbe che fosse così, perché gli pesa uccidere Sarkr.

A un cenno del sacerdote, Musum entra nel cerchio. Guarda il suo rivale, un magnifico maschio. Il corpo nudo porta i segni del suo valore: le cicatrici delle ferite riportate in battaglia o nella caccia. Musum guarda il grosso cazzo: Sarkr è stato l’ultimo uomo a possederlo, quando lui era un giovane guerriero. Poi Musum non si è più offerto a nessuno. E mentre lo pensa, riaffiora il ricordo del guerriero che lo ha preso nella notte. Non gli si è offerto, ma non ha cercato di resistergli.

Il sacerdote impugna una spada e incide la pelle della spalla di Musum, facendo colare un po’ di sangue. Poi fa lo stesso con il re. Consegna a ognuno dei due contendenti la spada con cui ha ferito l’altro. Con stupore Musum si accorge che quella che gli viene data è la spada che gli ha donato Vodjanoj. Com’è possibile? Musum l’ha lasciata nella sua abitazione, sapendo che avrebbe ricevuto l’arma dal sacerdote.

Il rullo dei tamburi è cresciuto di volume, ma il ritmo è rimasto lento. Quando però i due avversari impugnano la spada, i tamburi vengono percossi più velocemente e con tanta forza da coprire completamente le voci.

Il duello ha inizio. Sarkr è ancora un uomo molto forte e sarebbe in grado di sconfiggere molti dei giovani guerrieri, ma contro Musum non ha nessuna possibilità di vittoria ed entrambi lo sanno. Il re combatte con vigore: ha accettato la sua morte, ma non difendersi sarebbe umiliante per lui e per il suo avversario. In diversi momenti riesce a mettere in difficoltà Musum, ma con il passare del tempo è costretto sempre più sulla difensiva.

Il rullo dei tamburi è assordante. I corpi dei due contendenti sono coperti da una patina di sudore, per quanto l’aria sia ancora fresca.

Musum incalza Sarkr e infine riesce a colpirlo al braccio che impugna la spada. Prima che il re sia riuscito a cambiare l’arma di mano, Musum gli infila la lama nel petto e la spinge con tanta forza che la punta esce dalla schiena. Una smorfia di dolore appare sul viso di Sarkr, che mormora:

- Bravo!

Poi, quando Musum ritira la lama, il corpo senza vita cade a terra.

Musum solleva la spada e la cala sul collo di Sarkr, decapitandolo, come richiede il rito. Nel momento in cui il collo viene reciso, il battito frenetico dei tamburi si blocca di colpo e c’è un attimo di silenzio, prima che esploda l’urlo dei guerrieri che acclamano il loro nuovo re.

Il sacerdote si avvicina al corpo che giace a terra e raccoglie il cerchio d’oro che il re portava sui capelli e che è scivolato a terra. Lo posa sulla testa di Musum, mentre la folla acclama. Poi toglie dal braccio del morto il secondo monile e lo mette al braccio del vincitore, subito sopra il gomito. Infine sfila dal collo di Sarkr il terzo monile, che è coperto dal sangue uscito dalla testa tagliata. Lo apre facendo forza con le mani, lo mette al collo di Musum, senza pulirlo, e poi lo richiude con la pressione delle dita: il nuovo re non dovrà mai toglierselo, perché non indica solo la sua regalità, ma anche la sua vita.

Musum guarda il corpo senza vita del re, la testa staccata, il sangue che forma un’ampia chiazza a terra, il membro vigoroso. Il pensiero va al guerriero che l’ha posseduto nella notte.

Musum consegna al sacerdote la spada, che ora non è più quella ricevuta da Vodjanoj, non è più quella con cui ha combattuto: un altro prodigio, di cui non sa dare una spiegazione.

Musum viene accompagnato fuori dal cerchio magico, mentre la folla lo acclama. Si dirige alla fonte, dove s’immerge completamente. Poi un servitore lo asciuga. Il rito si è concluso, Musum è il nuovo re.

La giornata trascorre nelle celebrazioni che accompagnano l’insediamento di un nuovo re. Quando infine Musum ritorna alla sua abitazione, vicino alla porta vede il palo con la testa di Sarkr: ogni guerriero ha davanti alla propria casa i pali con le teste dei nemici uccisi. Un re non è un nemico, ma colui che ne prende il posto vincendolo in un duello fa mettere la testa del sovrano sconfitto accanto a quelle dei guerrieri che ha ucciso: è un perenne ricordo della sorte che attende tutti i re che non muoiono prima di invecchiare. Il sacerdote cui spetta questo compito ha provveduto a farlo.

Musum pensa che il corpo del re sarà lasciato ai leoni di montagna, com’è d’uso nella tribù. Un giorno forse anche la sua testa adornerà la casa di un guerriero e il suo corpo verrà divorato.

Plazea lo attende e guardandola Musum capisce che questa notte potrà possederla.

È un’unica notte: dalla sera seguente Plazea torna a negarglisi, dicendogli che è incinta di due gemelli.

 

 

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