8 – Lezioni di lotta Ernest
Becker, conte di Letchworth, fa un passo avanti, ma
Greg Wheelsand lo intercetta facilmente e lo
colpisce al viso con la mano aperta. Greg non ha usato il pugno: non vuole certo
fare male al conte, che a sua volta bada sempre a non colpirlo forte. Ernest
però rimane un attimo intontito. Greg
sorride e dice: -
Direi che per oggi può bastare, lord Becker. Ormai è troppo stanco. Non
riesce più a reagire con la rapidità necessaria. Ernest
Becker annuisce. Per quanto esausto, continuerebbe ancora: il pugilato gli
piace molto. Ma si rende conto che Greg ha ragione. Ernest
è molto soddisfatto della lezione. Greg Wheelsand è
un buon maestro ed Ernest sa di aver fatto grandi progressi in questi mesi in
cui ha preso lezioni di boxe da lui. -
Grazie, Wheelsand. Eccole qui. Ernest
prende la moneta che costituisce il compenso di Greg e gliela dà. Greg
ringrazia e chiede: - La
settimana prossima? Lo
dice con un tono neutro, ma il cuore gli batte forte: le lezioni che dà al
conte sono la sua principale fonte di reddito. Non bastano per permettergli
di vivere decentemente, ma gli consentono di non sprofondare. Se il conte gli
dicesse che va via per qualche settimana, magari da amici, Greg non saprebbe
come fare a tirare avanti. -
Sì, certo, martedì. Come al solito. Greg
saluta ed esce dal palazzo dei Becker. Si accorge che sta nevicando. Mormora: -
Merda! Ci mancava solo più la neve. Fa
ancora più freddo di quando è arrivato da lord Becker e Greg non è abbastanza
coperto, ma è abituato a sopportare i disagi. Tiene le mani in tasca e
stringe la moneta, che gli permetterà di tirare avanti qualche giorno. Fino a
martedì riuscirà ad arrivare, saltando qualche pasto. Non
è facile la vita di Greg Wheelsand dopo quel
maledetto incidente. Prima era un bravo artigiano con una passione per il
pugilato e la lotta. Di giorno svolgeva il suo lavoro di carpentiere, la sera
seguiva gli incontri. Non si limitava ad assistere: spesso partecipava,
perché la lotta è per Greg una passione che risale a quando era ragazzo. Greg
non è particolarmente forte, ma è agile e veloce ed è sempre stato un
avversario temibile. Il gusto per il pugilato gli è venuto dopo. Il
lavoro di giorno, una o due volte la settimana la lotta o il pugilato: Greg
viveva serenamente. Gli pesava la solitudine, perché non aveva mai trovato un
compagno, ma aveva diversi amici. Tutto
è filato liscio fino a qualche mese fa, quando Greg è caduto da
un’impalcatura. L’incidente pare aver compromesso tre dita della mano
sinistra, che da allora muove con una certa fatica, e limitato la mobilità
del braccio. Greg non è rimasto paralizzato, riesce ancora a usare abbastanza
bene l’arto e la situazione va lentamente migliorando. Forse avrebbe anche
potuto continuare a svolgere il suo lavoro, ma il padrone lo ha licenziato e
Greg si è ritrovato in mezzo a una strada, a combattere non più sul ring, ma
ogni giorno per riuscire a sopravvivere: una lotta per cui gli manca una
preparazione adeguata, in cui fa sempre più fatica. La miseria è un
avversario che non è facile colpire con un pugno e mandare al tappeto, che
non si lascia bloccare facilmente. Greg è stanco delle continue sconfitte che
subisce in questa lotta. Ha lasciato ad un’agenzia di pegni quasi tutto ciò
che era impegnabile, con poche speranze di potere un giorno riscattare i suoi
beni. Greg
si volta a guardare il palazzo da cui è uscito, affacciato su Regent’s Park:
un bell’edificio costruito in tempi recenti, perché Ernest Becker ha venduto
la casa di famiglia, a Mayfair, e si è trasferito qui. Greg
si dice che potrebbe chiedere aiuto a lord Becker: Ernest Becker è generoso e
Greg ha il sospetto che il conte lo paghi più di quanto sarebbe ragionevole proprio
perché conosce la sua situazione. Potrebbe ottenere da lui la somma
necessaria per avviare una piccola attività commerciale, qualche cosa che gli
permetta di uscire dalla miseria. Oppure chiedergli se può procurargli
qualche altra lezione di lotta. Greg si vergogna: la miseria non l’ha ancora
piegato, ma sa che prima o poi cederà. Intanto
Ernest ha chiamato il servitore. - È
pronto il bagno? -
Certo, milord. I
servitori sanno che la lezione dura circa un’ora e mezzo e badano che tutto
sia pronto per quanto il conte ha finito. Ernest
sale in camera in pantaloncini, si spoglia e passa nella stanza da bagno. Si
immerge nell’acqua calda e socchiude gli occhi, godendosi il tepore. È
davvero esausto, deve riconoscerlo, ma le lezioni di pugilato sono tra i
momenti più intensi della settimana. La vita mondana non ha mai avuto grandi
attrattive per Ernest, che ha sempre frequentato poco i salotti: a parte
quello dei Moryson, dove si discute spesso di arte
e si conoscono persone interessanti, gli altri non hanno nessuna attrattiva
per lui e da tempo molti gli sono preclusi. Da quando ha lasciato l’esercito,
si annoia spesso. A primavera conta di partire in viaggio per l’Egitto. Si è
arruolato molto giovane e ha viaggiato soprattutto in quanto ufficiale: è stato
a lungo in India, ma ha girato poco l’Europa e il Mediterraneo. Vorrebbe
spingersi fino a Costantinopoli, in Grecia e in Egitto. Forse anche a
Gerusalemme. Dopo
il bagno, Ernest si asciuga e si riveste. Molti nobili si fanno vestire dal
proprio cameriere personale, ma è un’abitudine che Ernest non ha mai avuto.
Quando ha finito di vestirsi, Ernest si affaccia alla finestra. Solo ora si
accorge che sta nevicando, fitto fitto. Nel parco i
prati sono già tutti imbiancati e la neve copre i rami spogli degli alberi. Ernest
rabbrividisce. Nevicava fitto anche l’ultimo giorno di vita di suo fratello. Ernest
si stacca dalla finestra. Il prossimo inverno lo trascorrerà altrove, in un
paese caldo. Il
lunedì sera Greg cammina per le strade di Soho. La neve si è sciolta e solo
qua e là, dove è stata accumulata per sgomberare il passaggio, vi sono ancora
mucchi di un grigio sporco. A un certo punto Greg svolta in un vicolo e lo
percorre fino a fermarsi davanti alla porta di un vecchio edificio che sembra
abbandonato. Si gratta la testa e intanto si guarda intorno, come
casualmente. Dopo aver verificato che non ci sia nessuno, Greg bussa tre
volte alla porta. Gli apre un uomo con una lanterna, che lo scruta, poi
sorride e dice: -
Ah, sei tu, Greg. Greg
ride: -
Sì, non sono la polizia e neanche re Guglielmo in incognito. -
Spicciati a entrare, è meglio che nessuno ci veda. Greg
entra. L’uomo richiude la porta, poi gli dice: -
Vai, sono già arrivati in tanti. -
Grazie. Il
“grazie” ha una motivazione precisa: l’uomo non gli ha chiesto di pagare per
assistere allo spettacolo, come avrebbe dovuto fare. Greg contava su questo.
Se avesse dovuto pagare, sarebbe stato costretto a rimanere fuori. Ma Greg è
benvoluto da tutti: ha sempre avuto un buon carattere e non ha nemici. Greg
si dirige verso il corridoio, che è immerso nel buio. Al fondo però si vede
un po’ di chiarore filtrare sotto una porta. Greg percorre il passaggio,
spinge la porta ed entra. Lo
stanzone in cui si trova ha le finestre oscurate. Al centro c’è uno spazio rettangolare,
vuoto. Intorno ci sono diverse panche, su cui non è seduto nessuno, e dietro
le panche parecchi uomini in piedi. Greg storce la bocca. Sarebbe dovuto
arrivare prima. I posti migliori sono già occupati. Dovrà stare in seconda o
terza fila. Un
uomo gli si avvicina. Non dice nulla, fa solo un segno interrogativo con la
testa. Greg scuote il capo. Non può scommettere, non ha denaro. L’uomo alza
le spalle e fa per allontanarsi, ma Greg chiede: -
Chi c’è questa sera, Sam? - Il
primo incontro è tra Jack il Mancino e il Nero. I
nomi sono naturalmente fasulli. - Il
Nero? -
Uno nuovo. Ha fatto solo un incontro. -
Com’è? Sam
alza le spalle e dice: -
L’ho visto una volta sola. Poi,
dopo essersi guardato rapidamente intorno, per assicurarsi che nessuno lo
senta, sussurra: -
Gli darà filo da torcere, te lo assicuro. In
quel momento entra un altro cliente, che si avvicina a Sam per puntare. Greg
non aspetta che abbia finito. Ha già perso abbastanza tempo. Deve trovarsi un
posto da cui possa vedere l’incontro. Greg è basso di statura, in seconda o
terza fila, se ha qualcuno di più alto davanti, rischia di vedere molto poco.
Greg fa il giro intorno allo spazio e si ferma dietro due uomini meno alti
degli altri. Mettendo la testa tra quelle dei due, dovrebbe riuscire a vedere
abbastanza bene. Altri
spettatori arrivano. Alcuni scommettono. Vicino
a Greg due uomini parlano. -
Uno nuovo contro il Mancino? Non regge neanche due minuti. - Io
l’ho visto, è forte. Greg
è curioso di vedere questo nuovo lottatore. Jack l’ha visto lottare alcune
volte. È in gamba, vibra pugni micidiali. È un avversario temibile, con un
unico difetto: è un po’ troppo sicuro di sé e facilmente sottovaluta
l’avversario. I
due proseguono il dialogo: - Ti
dico che se lo mangia in un boccone. Poi
l’uomo aggiunge: -
Non mi dirai che hai scommesso sul Nero. Lo danno quattro a uno. Il
suo interlocutore sorride e risponde: -
Staremo a vedere. Altri
spettatori arrivano. Quelli che hanno pagato un supplemento si siedono sulle
panche, che progressivamente si riempiono. Qualcuno ha una maschera sul
volto. A Greg sembra una precauzione eccessiva. È vero che questi incontri
sono clandestini e quindi in teoria illegali. Molti ci vengono proprio per
questo, sapendo che la lotta è più dura e sono permessi alcuni colpi che
negli incontri di pugilato sono abitualmente vietati. Ma non è un’attività
criminale e i ricchi non rischiano nulla: al massimo gli organizzatori
potrebbero essere puniti. Eppure qualcuno degli spettatori preferisce
mettersi la maschera, per paura di essere riconosciuto e ricattato. Lord
Becker ci viene spesso, ma questa sera non c’è. Lui non si mette mai la
maschera. Quando
le panche sono state quasi tutte occupate, i due pugili entrano da una porta
laterale, accompagnati dall’arbitro, e si mettono ai lati opposti del
rettangolo. Greg
osserva con attenzione il Nero. Ha
capelli, barba e baffi neri come la pece e il viso truce di chi è in guerra
con il mondo. Deve avere trent’anni e ha un corpo d’atleta, davvero
magnifico. Pelo nero in buona quantità sul petto e sulle braccia, non sulla
schiena. I
due si dispongono. L’attenzione di Greg si concentra sul Nero. Osserva come
si mette, la distanza che tiene dall’avversario, i tempi di reazione. La sua
esperienza gli permette di giudicare. Gli bastano due minuti per concludere
che il Nero è di sicuro un buon lottatore. Lo
scontro incomincia. Quello che si pratica qui è un pugilato che ha diversi
elementi della lotta: sono ammessi i calci e si può colpire ovunque, tranne
la parte del ventre coperta dai pantaloni. Si può anche cercare di bloccare
l’avversario con le mani o di farlo cadere. Il
Mancino attacca. Sembra convinto di poter aver ragione in fretta del suo avversario
e neanche i colpi che riceve non appena si scopre lo dissuadono. Greg
incomincia a pensare che il Mancino, per quanto forte e di sicuro più esperto
del Nero, rischia di perdere. La presunzione è un difetto grave in un
lottatore. Il
Mancino incassa diversi pugni, senza per questo diventare più prudente. C’è
un momento di sosta, prima della ripresa della lotta: l’ultima occasione per
scommettere. Se avesse un po’ di denaro, ora Greg punterebbe sul Nero: il
Mancino non ha capito con chi ha a che fare e questo significa che con ogni
probabilità è destinato a perdere. Le
previsioni di Greg vengono confermate pochi minuti dopo la ripresa
dell’incontro. Un pugno ben assestato al mento intontisce il Mancino, che
barcolla. Il Nero ne approfitta per colpirlo una seconda volta allo stomaco,
un pugno che farebbe stramazzare un bue. Il Mancino si piega in due, ma
riesce a non crollare a terra. Il Nero lo colpisce un’altra volta al mento.
Il Mancino cade al suolo, privo di sensi. Greg
sorride. È stato un bell’incontro. C’è
agitazione nella sala. Gli spettatori non si aspettavano la vittoria del
Nero. Quasi tutti hanno scommesso sul Mancino e hanno perso. Qualcuno
protesta, soprattutto tra gli spettatori in piedi, che hanno scommesso di
meno, ma a cui la piccola perdita pesa. Per gli altri, quelli più ricchi, la
perdita non significa niente. Sono invece contenti di aver visto un
bell’incontro. Uno
degli uomini con una maschera sul viso si avvicina al Nero. Ogni tanto
succede al termine di un incontro. Un nobile o un ricco borghese contatta un
lottatore, di solito scelto tra quelli più giovani. Qualcuno
lo fa perché ha piacere di stare un po’ vicino a un maschio forte, respirarne
l’odore dopo la lotta, vedere il luccichio del sudore sulla pelle umida; e
questo Nero è di sicuro un maschio che fa piacere guardare, soprattutto in
questo momento, dopo il combattimento e la vittoria. Qualcuno mira a scopare,
di solito a farselo mettere in culo; Greg stesso, per quanto non fosse
particolarmente attraente, a suo tempo ha ricevuto diverse proposte, che
qualche volta ha accettato, se l’uomo non gli dispiaceva: un po’ di denaro fa
sempre comodo. C’è chi vuole organizzare un combattimento privato, per un
gruppo di amici, in una casa di proprietà o in un club esclusivo, senza il
rischio di irruzioni della polizia. E c’è chi cerca un uomo deciso,
disponibile a dare una lezione a un nemico o a un rivale. I
lottatori sono di solito povera gente, come Greg, carne in vendita che si può
ottenere a poco prezzo. Solo quelli molto bravi e conosciuti possono
permettersi di rifiutare una buona offerta di questi avvoltoi. E quelli molto
belli, ma se uno entra nel giro accumula rapidamente cicatrici che lo
sfregiano. Il Nero ha diverse cicatrici, ma non dev’essere molto che combatte
a Londra, perché altrimenti Greg lo avrebbe conosciuto prima. Molti di quelli
che entrano nel giro della capitale provengono da altre città, dove hanno
combattuto, e vengono nella capitale nella speranza di fare fortuna o per
scappare dalla polizia, se hanno combinato qualche guaio. Greg
è curioso. Il Nero gli piace parecchio: questo maschio forte è il tipo d’uomo
che lo attrae. Quando Greg aveva trent’anni, gli piacevano i ragazzi più
giovani di lui, amava prenderli. Adesso, che ha quasi raggiunto i quaranta,
preferisce i maschi vigorosi, come questo. Gli piace stringere tra le braccia
un corpo forte, possederlo e offrirsi. Greg
si avvicina, ma senza guardare direttamente i due, fingendo invece di
ascoltare quello che si discute in un gruppetto vicino a lui. L’uomo parla
sottovoce. Il Nero lo ascolta, poi ha un mezzo sorriso e risponde. Parlano
tutti e due molto piano e nella sala c’è confusione. Greg non riesce a
sentire quello che dicono. Coglie solo il saluto finale: - A
domani. Greg
invidia l’uomo che si allontana, che ha soldi da offrire e che può
assicurarsi un incontro con questo lottatore. Non sa se domani i due
scoperanno o se si tratta di altro, ma non ha importanza. Greg non ha nulla
da dare, ma si avvicina ugualmente. Vuole sentire l’odore del Nero, guardare
da vicino il groviglio di peli che il sudore incolla alla pelle. Greg
sorride e dice: -
Sei bravo. Ho combattuto anch’io e ho visto subito che ci sai fare. L’uomo
lo guarda, silenzioso e diffidente. Greg sorride e prosegue: -
Tranquillo, io non intendo cercare di comprarti: non posseggo neanche uno
scellino. - E
allora che cosa vuoi? La
voce del Nero è ostile. -
Solo scambiare due chiacchiere con te. Anche se adesso non posso lottare, mi
piace la lotta, insegno anche a chi vuole imparare. Mi chiamo Greg, Greg Wheelsand. Il
Nero lo guarda un momento in silenzio, poi dice: - Mi
chiamano il Nero. Questo
Greg lo sapeva già, ovviamente. Ma il Nero non ha intenzione neanche di
dirgli il suo nome. O almeno di inventarne uno. -
Bene, Nero. Ho capito che non ci tieni a conversare con me, per cui ti
saluto. Credo che potrai diventare davvero bravo. Greg
si volta e si allontana. Ha assistito a un bell’incontro, ma adesso gli pesa
non avere neanche di che offrire da bere a quest’uomo. Si sente ricacciato
indietro. Non era bello neanche quando aveva vent’anni, adesso di certo non
può pensare di far colpo su questo giovane Ercole. Ma un sorriso e due
chiacchiere amichevoli gli sarebbero bastate. Greg
pensa che domani salterà il pranzo, ma per fortuna nel pomeriggio ha la
lezione con lord Becker e la sera avrà di che mangiare. -
Ehi, Wheelsand, come va? Greg
si gira. L’uomo che gli ha rivolto la parola è mascherato e ha un mantello.
Dev’essere quello che poco fa parlava con il Nero. Anche se lo ha chiamato per
nome, Greg non ha la più pallida idea di chi possa essere. -
Chi sei? -
Vieni con me. L’uomo
si sposta in un angolo della stanza e solleva la maschera un attimo,
assicurandosi che nessun altro possa vederlo. È Ronaldson, il nuovo gestore
del bordello dell’Irlandese. Greg ha avuto modo di incontrarlo due volte,
perché Ronaldson vuole creare un altro luogo di lotta clandestina e gli ha
chiesto se è disponibile a esibirsi, una volta guarito del tutto. A Greg non
dispiace poter guadagnare un po’ di denaro, ma per il momento il progetto non
si è ancora concretizzato. Che Ronaldson stia per incominciare? Sarebbe una
buona notizia. -
Buonasera, signor Ronaldson. Coma sta? -
Bene, grazie. Wheelsand, so che dai lezioni di
lotta e di pugilato. Avrei bisogno che insegnassi un po’ di lotta come si
pratica qui a un irlandese. È molto forte, ma non ha nessuna esperienza. Non
è quello che Greg si aspettava, ma è anche questa un’ottima notizia. Di certo
Ronaldson non lo pagherà quanto lord Becker, ma una piccola somma in più è
benvenuta. Si
mettono d’accordo. Cinque lezioni a settimana. Il compenso proposto è basso,
come Greg si aspettava: le cinque lezioni vengono pagate come una con lord
Becker. Ma la cifra offerta è sufficiente per permettergli di tirare avanti
senza dover più saltare i pasti. Incominceranno mercoledì. Intanto
viene annunciato il secondo incontro e tutti ritornano ai loro posti. Bart
Summerscale, il Nero, lascia il locale dove ha combattuto. Bart non è
contento di guadagnarsi da vivere con il pugilato o con la lotta. L’ha già
fatto, in passato. In trentadue anni di vita Bart ha fatto di tutto. La sua
irrequietezza e il suo pessimo carattere lo hanno portato più volte a
cambiare lavoro. Quando infine gli pareva di aver trovato una sistemazione e
aveva in qualche modo “messo la testa a posto”, come suo padre gli aveva
sempre raccomandato, quel fottuto bastardo di Shaffield lo ha di nuovo
mandato con il culo a terra. La
rabbia nei confronti di Shaffield non si è placata, sembra invece essere
aumentata e le difficoltà che Bart deve affrontare ogni giorno continuano ad
accrescerla. Bart non ha mai ammazzato nessuno, ma a tratti vorrebbe aver
davvero ucciso quel figlio di puttana che lo ha fatto licenziare perché non
si era piegato ai suoi desideri. Bart
raggiunge la povera stanza dove vive. Quanto guadagna con la lotta e con
qualche lavoro occasionale gli permette di dormire al coperto e di mangiare
tutti i giorni, ma la sua è una vita miserabile e solitaria. Se si vendesse
starebbe meglio, ma non l’ha mai fatto e non ha voglia di farlo ora. Il
giorno seguente Greg si dirige verso la residenza di lord Becker per la
solita lezione del martedì pomeriggio. Ha riflettuto a lungo e ha deciso di
provare a chiedere aiuto al conte. Se gli potesse prestare una piccola somma
per avviare un’attività di falegname… Proverà a
domandarglielo alla fine dell’incontro. È sicuro che Becker gli dirà di sì:
il conte è l’uomo più generoso che Greg abbia mai incontrato e di certo non
gli farà pesare il prestito. Nonostante questo, a Greg spiace chiedere. Gli
sembra di approfittare della bontà di Becker. Greg
arriva al palazzo dei Becker. Ha saltato il pranzo, ma questa sera potrà
cenare e domani incomincerà con le lezioni per Ronaldson. Bussa alla porta.
Il domestico che apre lo guarda e, prima che Greg abbia il tempo di chiedere
di lord Becker, gli dice: - Mi
spiace, signor Wheelsand. Lord Becker è dovuto
partire. Greg
rimane senza parole. A fatica articola: - Partire… ma… mi aveva detto lui
di venire oggi. -
Una zia di lord Becker sta male e lord Becker è partito per raggiungerla a
Winchester. È stata una cosa improvvisa, è partito due ore fa. Non sa quanto
starà via. Dipende dalla condizioni di lady Becker. Greg
annuisce. Non riesce a parlare. Gli sembra di barcollare. E
ora? E ora? Con le lezioni che darà per Ronaldson non può campare, di certo.
Greg si appoggia alla cancellata. Le gambe non lo reggono. -
Non sta bene, signor Wheelsand? È pallido. I
domestici di lord Becker sono sempre cortesi, questo Greg ha avuto modo di
notarlo spesso: probabilmente è l’atteggiamento del loro padrone a indurli a
comportarsi così. Ci sono nobili i cui servitori sono mastini sempre pronti a
mordere. Greg
non sa che cosa dire. Non può certo raccontare di non avere neanche di che
mangiare questa sera. Improvvisa: -
No, niente, niente. È solo che oggi non sto tanto bene. -
Entri un attimo e si segga. Tanto devo darle una busta. -
Una busta? -
Sì, lord Becker ha lasciato una busta per lei. Entri. Greg
entra e si siede. Il domestico gli consegna la busta. Greg sente che dentro
ci sono delle monete. Greg
apre la busta. Oltre alle monete, poche righe: Devo
assentarmi. Mi scuso se mancherò alla lezione. Le pago gli incontri di questa
settimana, per cui ormai l’avevo impegnata. Il
sollievo è tale che Greg sente che gli vengono le lacrime agli occhi. Le
monete sono la conferma di quanto Greg ha già capito: lord Becker sospetta la
sua situazione e cerca di aiutarlo. Per certi versi è umiliante, ma ora per
Greg questo denaro è un conforto. L’indomani
Greg si reca in quello che viene ancora chiamato bordello dell’Irlandese,
nonostante il passaggio di proprietà. È la prima volta che ci mette piede: di
certo non ha mai avuto soldi da spendere in un bordello, men che mai in
questo, che pare essere alquanto quotato. Rispetto all’abitazione di Greg, il
bordello è molto lontano e Greg deve farsi una lunga camminata: non intende
spendere una parte di quello che guadagna per prendere una carrozza. Il
domestico lo fa salire da Ronaldson. Nella stanza c’è un ragazzo, che deve
avere venticinque anni. È alto e molto ben piantato, con capelli e barba
rossi e occhi di un azzurro intenso. Davvero un magnifico esemplare di
maschio. Si prostituirà anche lui nel bordello? Non dev’essere una bella
vita. Ronaldson
presenta a Greg il giovane: -
Lui è Harry, ma nel giro sarà il Rosso. Devi insegnargli il pugilato e la
lotta, come viene praticata negli incontri clandestini. Harry
sorride, mentre gli tende la mano e dice: -
Piacere di conoscerla, Wheelsand. Harry
ha una stretta di mano forte e un bel sorriso. -
Chiamami Greg. -
Piacere di conoscerti, Greg. -
Piacere di conoscerti, Harry. Ronaldson
prosegue: - Ho
affittato qui vicino un magazzino in disuso dove potrete allenarvi. Non è un
locale molto grande, ma credo che vada bene. Potete incominciare subito. Greg
risponde: - Va
bene, signor Ronaldson. D’accordo, Harry? -
Certo. Ronaldson
osserva: -
Nel magazzino c’è un po’ di tutto. Non toccate niente. Ronaldson
spiega dove si trova il magazzino e Harry e Greg lo raggiungono. Aprono una
porta con la chiave che ha dato loro Ronaldson, percorrono un corridoio e
attraverso una porta a sinistra entrano nel magazzino, che doveva essere il
retro di un negozio. Il
locale è immerso nella penombra: poca luce filtra da alcune finestre in alto
e da una sulla parete di fondo. C’è un camino, che però è spento: non è un
problema, avranno modo di riscaldarsi tirando pugni. Ci sono diversi oggetti
alle pareti. Greg non ci bada, ma Harry si avvicina e guarda, incuriosito. Greg
raggiunge Harry, che sta osservando una croce a X messa contro un muro. Più
in là parecchi ganci e anelli sporgono dalla parete e anche dal soffitto. Greg
non capisce: a che cosa poteva servire una croce del genere? E quegli anelli
e i ganci? Merci tenute sospese? Poi lo sguardo gli cade su una corda, che
pende da uno dei ganci. Ce ne sono diverse altre, appese alle pareti o
lasciate sulle casse. Su un tavolo ci sono alcune fruste. A Greg sfugge: - Ma
che cosa… Harry
ghigna. - Ho
sentito uno degli uomini al bordello parlare della stanza delle torture. Mi
sono chiesto che cosa fosse. Credo che sia questa. Greg
guarda Harry, perplesso. - Tu
vuoi dire che… - …
che ci sono uomini disposti a pagare per farsi legare e frustare. Greg
annuisce, senza dire nulla. Non conosce Harry e preferisce non commentare.
Anche Harry non si sbilancia. Sorride e dice: -
Mettiamoci al lavoro, Greg. Non so proprio niente. Ogni tanto, da ragazzo,
menavo le mani, ma non mi sono mai dedicato alla lotta o al pugilato. - A
me invece la lotta è sempre piaciuta molto, fin da ragazzino. L’ho sempre
praticata per divertimento. Anche il pugilato. Sono bacato nella testa. -
Non menarmi troppo forte, però. Greg
ride e Harry gli sorride. Sembra proprio simpatico, non come il Nero. -
Allora incominciamo. Prima un po' di pugilato, poi, quando avrai imparato gli
elementi fondamentali, ci occuperemo un po' di lotta in piedi e a terra. Greg
si toglie la giacca e la camicia, poi osserva Harry mentre questi fa
altrettanto. Non pronuncia il “Cazzo!” che gli viene alle labbra. Questo bel
maschio gli fa venire l’acquolina in bocca. Non è un Ercole come il Nero, ma
è forte e ben proporzionato. Greg
spiega a Harry come deve mettersi. -
Devi stare sempre in guardia, le mani a quest’altezza, in modo da poterle
alzare a difendere meglio il viso o abbassare per evitare un colpo in pancia.
Ed essere sempre pronto a colpire. Non puoi distrarti neanche un secondo,
perché in quel secondo ti arriva un pugno in faccia. Greg
incomincia a tirare pugni: sono colpi leggeri, che non fanno male neanche
quando raggiungono il bersaglio. Harry è costretto a muovere rapidamente le
mani per intercettarli, ma si rende conto che quando Greg lo incalza, non
riesce mai a parare tutti i colpi. Dopo
pochi minuti Harry si accorge di aver incominciato a sudare, anche se nello
stanzone non fa certo caldo: siamo in pieno inverno e il locale non è
riscaldato. -
Cazzo, Greg! Che fatica! Greg
ride. -
Bisogna allenare anche il fiato. Se hai un avversario davanti non puoi dirgli
che hai bisogno di riposarti un momento. Harry
scuote la testa e ride. Ogni
tanto si fermano per riposare. In queste pause Greg cerca di conoscere meglio
il suo allievo, badando però a non mostrarsi invadente. - Come
mai hai deciso di imparare la lotta? - È
un’idea del signor Ronaldson. Ho perso il lavoro e non so come guadagnarmi la
vita. -
Che lavoro facevi, se non sono indiscreto? -
Lavoravo in campagna, mi occupavo dei cani nella tenuta di un nobile. Harry
si è tenuto molto sul generico, senza indicare chi era il nobile e dov’era la
tenuta, né il motivo per cui ha lasciato il lavoro. È chiaro che non ne parla
volentieri e Greg non pone altre domande. Harry chiede: - E
tu? - Io
ero carpentiere, ma un giorno sono volato dall’impalcatura. Mi è andata bene,
molto bene: sono caduto su un altro piano dell’impalcatura e non a terra,
altrimenti non sarei certo qui a raccontartelo. Ma il padrone non ha voluto
riprendermi, perché la mano non è più così mobile. Così mi sono ritrovato in
mezzo a una strada. -
Non me n’ero accorto. Della mano, voglio dire. -
Nella lotta non si nota. Tra l’altro la situazione va migliorando, per mia
fortuna. Ma le dita della mano sinistra sono più rigide, ho qualche
difficoltà a prendere bene le cose e anche il braccio non ha ancora
recuperato. -
Come ti guadagni da vivere? Greg
scuote il capo. -
Con queste lezioni. Non tanto quelle che do a te, non ci vivrei di certo, ma
do lezioni anche a un nobile, che mi paga bene. Non sempre riesco a mettere
insieme pranzo e cena, ma digiunare aiuta a non ingrassare: un lottatore non
può diventare grasso. Greg
ridacchia, Harry sorride appena: ha capito benissimo qual è la situazione. A
lui non va molto meglio. Ronaldson gli dà da mangiare regolarmente e lo
ospita, ma Harry si trova a dipendere in tutto e per tutto da lui. - Mi
spiace. Io non ho niente, dovrò campare con quello che prendo per gli
incontri di lotta. Per fortuna per il momento il signor Ronaldson mi ospita e
mi dà da mangiare. Non so che cosa farò. Io non ero mai stato a Londra. Non
ero mai stato in Inghilterra. Sono irlandese. Greg
annuisce. Gli fa piacere che Harry non debba prostituirsi. -
Ora di riprendere. Altrimenti ti impigrisci. Harry
ride. Si rimettono al lavoro. Harry impara in fretta, ma gli ci vorrà un po’
di tempo per diventare un buon pugile. Quando
hanno finito, Greg prende un secchio e lo riempie alla fontana che c’è nel
cortile, poi lo porta dentro e si lavano in fretta: fa troppo freddo per
rimanere a lungo bagnati. Greg ammira ancora Harry. Ha davvero un bel corpo. Si
rivestono e si salutano. Greg
torna a casa contento. Harry è un gran bel ragazzo e guardarlo è un piacere,
ma è anche simpatico. Non è ostile come il Nero. E queste lezioni gli
permetteranno di non saltare i pasti, il che è un’ottima cosa. Greg
dà lezioni a Harry ogni giorno: il giovane deve imparare in fretta. Nelle
pause Greg e Harry chiacchierano. A una domanda di Harry, Greg racconta di
sé: -
Mio padre era falegname e io lavoravo con lui, ma morì presto. Non potevo
mandare avanti la bottega da solo, ero ancora un ragazzino. Trovai lavoro
come carpentiere. Ma la lotta mi piaceva, fin da bambino. Non è che fossi un
attaccabrighe, ma mi piaceva lottare con i miei amici e soprattutto assistere
a incontri di lotta o di pugilato. Se ce n’era uno nei dintorni, facevo di
tutto per andare a vederlo. Anche quando ho incominciato a lavorare, ho
continuato ad assistere agli incontri, quelli pubblici e quelli clandestini.
E ho preso a partecipare anch’io. Greg
ride: - I miei
compagni di lavoro quando uscivano andavano a puttane o a ballare, io andavo
a lottare o a tirare pugni. Qualche rotella doveva mancarmi già allora. Harry
sorride. Sta bene con Greg. È l’unica persona con cui può parlare
liberamente. Ronaldson lo ha aiutato, ma è chiaro che non gli importa niente
di lui. Gli uomini del bordello lo guardano con una certa diffidenza, a parte
due, che sembrano intenzionati a portarselo a letto. Harry non si trova a suo
agio con loro, anche se con qualcuno ha in comune un’infanzia trascorsa in
campagna. L’unico che gli piace sul piano umano è lo Scozzese, che nei suoi
confronti è sempre gentile, ma non hanno molte occasioni di parlarsi. -
Lottare non mi dispiace, anche se non credo che lo farei per divertimento. Non
lo so. Per il momento è troppo presto per dirlo. -
Ognuno è fatto a modo suo. Quello della lotta è un ambiente strano. C’è un
po’ di tutto: alcuni sono leali, altri sono dei figli di puttana che cercano
solo di fregarti. Gli incontri clandestini sono quelli in cui si vedono i
tipi più strani. Ci sono parecchi ricchi che vengono a vedere i lottatori.
Qualcuno per amore della lotta, qualcuno perché cerca carne fresca da
portarsi a casa. Greg
ridacchia perché la sua frase non risulti troppo pesante, ma ci teneva ad
avvisare Harry. Un circolo di lotte organizzato da Ronaldson di sicuro sarà
un luogo di vendita di carne. È probabile che Harry lo sospettasse, ma Greg
preferisce ricordarglielo. Harry
annuisce. - A
volte mi chiedo… non so che cosa il signor Ronaldson
voglia da me. Mi dà da dormire e da mangiare, paga le lezioni di lotta, ma… non lo so. Harry
deve avere i suoi stessi dubbi. A Greg spiace pensare che Harry possa
trovarsi costretto a vendersi, ma non ha certo modo di aiutarlo: con quello
che guadagna, fa fatica a tirare avanti. -
Riprendiamo, Harry. A
casa Greg trova un messaggio di lord Becker, che è tornato e intende
riprendere le lezioni di pugilato. Questa è una splendida notizia. Hanno
saltato solo una settimana, che Becker gli ha comunque pagato. Greg si dice
che dovrebbe restituirgli i soldi, ma sa che lord Becker non lo vorrebbe. Il
giorno dopo, in serata, Greg torna ad assistere a un incontro di lotta.
Questa volta c’è anche lord Becker, seduto su una panca. È a viso scoperto,
come sempre. Saluta cordialmente Greg, come se tra loro non ci fosse una
distanza sociale immensa. Ma Ernest Becker è così: non fa mai pesare di
essere nobile e ricco, nei rapporti umani è di una spontaneità che nei primi
tempi metteva in soggezione Greg. Adesso Greg non ci bada, gli sembra
naturale. Questa
sera si affrontano il Nero e un altro lottatore. Chi ha visto il Nero contro
il Mancino scommette sul Nero, tanto più che il suo avversario non è
particolarmente bravo. Anche Greg scommetterebbe volentieri, ma preferisce
non rischiare il pranzo di domani. I
due contendenti entrano nello spazio destinato al combattimento. Greg è in
piedi, subito dietro le panche. Dalla sua posizione può vedere bene lord
Becker e si accorge che fissa intensamente il Nero. Greg non sa quali siano i
gusti di lord Becker. Non è sposato, pur avendo ormai superato i trenta. Gli
piacciono gli uomini? A Greg Ernest Becker piace moltissimo, ma lo ha sempre
considerato al di fuori della sua portata, sia per l’abisso sociale che li
separa, sia per la bellezza dell’uomo. L’incontro
ha inizio. Appare subito evidente che c’è una sproporzione tra i due
contendenti: il Nero è nettamente più forte. Il suo avversario incassa alcuni
pugni e finisce a terra. Si rialza, ma poco dopo cade in ginocchio. Questa
volta riesce a rimettersi in piedi a fatica. Il Nero non approfitta
dell’evidente stato di confusione e gli lascia il tempo di riprendersi. Greg
è stupito di questo: in qualche modo si era fatto l’idea che il Nero fosse un
animale brutale, probabilmente perché nei suoi confronti si era mostrato
ostile. L’incontro
si conclude presto. Quando infine l’avversario del Nero si riprende e
attacca, un pugno ben assestato lo manda definitivamente a terra. Gli
spettatori sono delusi: l’incontro è stato mediocre. Molti di quelli che
hanno scommesso sul Nero sono però contenti di aver guadagnato qualche cosa.
In ogni caso ci sono altri due incontri e si spera che siano più
interessanti. Greg
vede che Ernest Becker si avvicina a Bart. Ernest
sorride al pugile e dice, direttamente: - Mi
piacerebbe fare un incontro con te, Nero. Bart
aggrotta la fronte. -
Che tipo di incontro? Ernest
Becker scoppia a ridere. - Un
incontro di pugilato, Nero. Nient’altro. Bart
non ha mai avuto un buon carattere e dopo il licenziamento l’antipatia che ha
sempre provato per i nobili si è trasformata in odio. Quest’uomo che ha
davanti è chiaramente un nobile o comunque un ricco borghese, uno di quelli
che mangiano carne tutti i giorni: lo si vede dall’abito. Come
risposta alla sua richiesta, Ernest ottiene solo che Bart ringhi: -
Togliti dai coglioni. Ernest
sorride: sembra divertito. -
Come vuoi, Nero. Si
volta e si allontana, scuotendo leggermente la testa. Greg
non ha sentito che cosa si sono detti, ma ha l’impressione che il Nero abbia trattato
Ernest Becker come ha trattato lui. Questo gli dà fastidio, parecchio. Per
Greg nessuno ha il diritto di non essere gentile con lord Becker, la persona
più generosa che Greg abbia mai incontrato. Il
giorno dopo Ronaldson viene ad assistere all’allenamento. Greg e Harry sono
entrambi a disagio, si sentono sotto osservazione. Alla
fine dell’allenamento Ronaldson dice: -
Vedo che hai fatto molti progressi, Harry. È ora di incominciare con gli
incontri. Greg
si morde il labbro. Harry ha fatto molti progressi, è vero, ed è forte, ma
non è in grado di affrontare un avversario esperto. Interviene: -
Abbiamo fatto soprattutto pugilato. Per la lotta Harry non è ancora pronto. Ronaldson
alza le spalle. -
Allora sarà un incontro di pugilato. Comunque non ha importanza, Greg, tanto
sarai tu a fare il primo incontro con Harry. Greg
non si aspettava la proposta, che è formulata come un ordine. Dopo
l’incidente non ha più partecipato a incontri, anche se allena Harry e lord
Becker. L’idea che Harry non debba affrontare un avversario forte, disposto a
fargli del male, gli fa piacere. Si
limita a dire: -
Io? -
Sì, vedo che ormai sei benissimo in grado di riprendere i combattimenti. Tu
conosci Harry e sai come combatte. Non voglio che qualcuno lo sfregi. Per il
momento mi interessa che lo vedano, prima di aprire il nuovo locale in cui
poi combatterà. Greg
annuisce. Probabilmente nel locale a cui allude Ronaldson gli incontri di
lotta e pugilato saranno solo uno spettacolo, un modo per attrarre gente. Lì
Harry dovrà anche prostituirsi? Se Ronaldson non vuole che qualcuno sfregi
Harry, dev’essere per quello. Per Greg il pensiero è doloroso. Ronaldson
aggiunge: -
Però, attenzione, dev’essere un incontro convincente. Combatterete sul serio.
Sarà giovedì sera. Ronaldson
ha deciso. Harry e Greg possono solo prenderne atto. - Va
bene. -
D’accordo. Ronaldson
saluta e se ne va. Greg
vede che Harry è preoccupato. -
Andrà tutto bene, Harry. Vedrò di non picchiare troppo sodo. Greg
lo dice ridendo, per tranquillizzare Harry. Harry
lo guarda, ma non sorride. Poi dice: -
Non voglio farti male. Greg
non si aspettava che Harry dicesse così direttamente quello che anche lui
pensa. La mette sul ridere: - Di
botte ne ho prese tante. Sono solo pugni. Poi
aggiunge: - Non
ti preoccupare, Harry. Ci conosciamo e vedremo di non farci troppo male. A me
combattere piace e qualche pugno non è la fine del mondo: se mi facessero
paura i pugni, non avrei passato la vita a lottare. Harry
annuisce, ma Greg gli legge in viso che non è tranquillo. Prosegue scherzoso: - E
poi comunque sarai tu a prenderti i pugni. Adesso
Harry sorride: -
Hai ragione, tu sei molto più esperto. Pazienza. Ma Ronaldson ha detto che
non devi sfregiarmi. -
Non ne ho nessuna intenzione. Per ora. Ridono
tutti e due, poi si lavano. |
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