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Epilogo Thomas
si siede alla scrivania e fa cenno a Greg di sedersi dall’altra parte. È Greg
a parlare: -
Come ha fatto, ispettore? Thomas
Hardy sorride. - A
fare che cosa? - Lo
ha capito benissimo. A convincere Ronaldson a
raccontare un sacco di balle, accollandosi un furto che non ha commesso. -
Diciamo che ogni uomo ha il suo punto debole. Da lei ho ottenuto che mi desse
l’informazione necessaria facendo leva sul suo desiderio di salvare O’Brian. Ronaldson ha anche lui
qualche cosa a cui tiene. Greg
annuisce. Sa che da Hardy non otterrà di più, ma non è un problema. -
Vorrei chiederle un’altra cosa, ispettore. - Mi
dica. -
Perché l’ha fatto? Perché ha deciso di salvare dalla forca uno come me? Thomas
Hardy sorride di nuovo. Greg pensa che Hardy ha un bel sorriso, il sorriso
sereno di un uomo che deve aver toccato il fondo, ma poi è riuscito a
risalire e ora è felice. Non sa perché ha questa sensazione. - Le
racconterò qualche cosa che forse non dovrei dirle, ma credo che lei abbia
diritto a saperlo. Greg
aggrotta la fronte. Non capisce di che cosa possa trattarsi. Thomas riprende: -
Una settimana fa, subito prima che io la facessi chiamare e che lei mi
dicesse di Ronaldson, Harry O’Brian
è venuto da me. Ha confessato di aver ucciso lord Bentham,
che aveva provocato il suo licenziamento e messo a rischio la sua vita. Ha
aggiunto di aver rubato gli oggetti per far credere a una rapina e di averli
fatti lasciare a casa sua, senza pensare che qualcuno potesse denunciarla.
Come lei ha sempre sostenuto, Wheelsand. Quello che
O’Brian ha detto era quasi tutto vero. Greg
guarda Hardy. È impallidito. - Ha
confessato! Ma… Hardy
lo guarda: -
Sarebbe stato impiccato al posto suo e lo sapeva benissimo. Era disposto a
tutto per salvarla. Lo
sguardo di Hardy è posato su di lui, ma Greg è sicuro che il tenente non sta
guardando lui, ma qualche cos’altro, qualcun altro, che è la vera risposta
alla domanda di Greg. Greg
deglutisce. Harry… Se invece di Thomas Hardy avesse incontrato un altro
ispettore, qualunque altro ispettore, Harry sarebbe finito sulla forca. Greg
ha l’impressione che il mondo stia oscillando. Chiude gli occhi per fermarlo.
Ha
bisogno di un momento per riprendersi. Respira a fondo e riapre gli occhi. Guarda Thomas Hardy, che sorride. - Tutto bene, Wheelsand? Greg annuisce. Thomas Hardy prosegue: - Se
ho risposto alle sue domande, adesso gliene faccio una io. Greg
sorride. Vorrebbe dire che Hardy non ha davvero risposto a nessuna delle sue
domande, ma va bene così. In questo momento per Greg Thomas Hardy è l’uomo
migliore del mondo e tutto ciò che fa e dice va bene. - Mi
dica, ispettore. - Ha
voglia di lavorare per me? Greg
fissa Thomas, sbalordito. -
Tenente, non credo di essere... non mi prenderebbero nella polizia. Sa chi
sono. - So
che era un bravo artigiano, ma questo non mi interessa. So che non le spiace
bazzicare in ambienti non molto raccomandabili, è stato nel giro degli
incontri clandestini di pugilato e di lotta, dove si scommette. Ha lottato
nudo per denaro, in locali in cui diversi uomini si prostituivano. È stato in
galera con un’accusa di omicidio e furto, per cui è stato scagionato, anche
se il furto lo aveva commesso. Fino a questa mattina era uno degli uomini più
odiati di Londra e un po’ di questa fama negativa le rimarrà addosso, anche
se è stato prosciolto. E infine era in contatto con il gestore di un bordello
maschile, che sarà impiccato per tre omicidi, anche se ne ha commessi
quattro. Tutto questo mi interessa di più. -
Non la capisco, tenente. Hardy
sorride. -
Non ha importanza. Diciamo che la polizia ha bisogno di informatori. Gente
che gira in certi ambienti, ascolta ciò che viene detto e riferisce quando è
il caso. Gente che non ha una buona fama e che nessuno collegherebbe alla
polizia. Lei è un uomo intelligente, deciso e con una morale un po’ troppo
flessibile, ma sostanzialmente onesto… lo so, non dovrei dirlo visto che si è
reso colpevole di un furto, ma conosco le circostanze. Non mi interessa andare
a caccia di poveri cristi che la miseria spinge al furto o alla
prostituzione, tanto meno di eventuali sodomiti, per usare questa espressione
che mi fa un po’ ridere. Io mi occupo di omicidi e le chiedo di lavorare per
me, non per la polizia in generale, anche se sarà pagato dalla polizia. Greg
annuisce. Pensa a Harry e dice: -
Non crede che Harry O’Brian sia più adatto di me? Thomas
sorride. Greg sa che l’ispettore gli sta leggendo dentro senza nessuna
fatica, ma non ha paura. Ormai sa che da parte di quest’uomo non ha niente da
temere. -
Contrariamente a quanto lei pensa, Harry O’Brian
non ha bisogno di un lavoro. Ma questo glielo dirà lui, se i vostri rapporti
sono quelli che penso. Ora
è il turno di Greg di sorridere. Ha capito benissimo che cosa vuol dire
l’ispettore. Annuisce. Hardy
aggiunge: -
Non verrà pagato molto, ma una piccola cifra che le permetterà di
sopravvivere in ogni caso e che potrà integrare con lezioni di lotta o altre
attività, magari al limite del lecito: tutto utile per mantenere la fama di
soggetto poco raccomandabile. Purché non esageri, la polizia chiuderà un
occhio. Ci sta? -
Lavorerò molto volentieri per lei, ispettore. E posso solo dirle grazie. Di
tutto. Se non fosse stato per lei… Greg
non prosegue. Le parole sono inutili e Hardy non è il tipo che vuole grandi
ringraziamenti. -
Un’ultima cosa, Wheelsand, che ho scoperto
perquisendo il bordello dell’Irlandese, quando abbiamo arrestato Ronaldson. - Mi
dica. -
Lord Becker, al momento di partire, le ha mandato un messaggio. Doveva avere
solo l’indirizzo di O’Brian al bordello
dell’Irlandese, penso, perché è là che ho trovato questa lettera, ieri. Thomas porge la lettera. Signor Wheelsand, mi
scuso nuovamente per non essermi fatto trovare venerdì, ma sono dovuto uscire
per impegni che non potevo rimandare. Ho pensato che a lei e al signor O’Brian potesse servire una somma per avviare
un’attività, perché suppongo che la fine delle lezioni e la chiusura del
locale in cui lottavate abbiano creato delle difficoltà a entrambi. Ho lasciato
al notaio Auster, di Regent’s Street, una delega
che le permetterà di ritirare la somma che ho destinato a lei. Spero che lei
non mi giudichi male per la mia iniziativa, che è dettata solo dal desiderio
di fornire un aiuto a una persona di cui ho molta stima. Con
affetto Ernest
Becker Greg
scuote la testa. - È
incredibile. -
Non se l’aspettava? -
Sì, aveva detto che aveva in testa qualche cosa, ma un uomo così… non credo
che ce ne sia un altro come lui. Di
nuovo Greg scuote il capo, poi aggiunge: - Ha
detto che l’ha trovata da Ronaldson, la lettera? Ma… Greg
si interrompe: ha intuito. Thomas spiega: -
Sì. Ronaldson l’aveva aperta. Sospettava che
potesse trattarsi di un aiuto per voi e voleva evitare che vi arrivasse:
aveva deciso di far ricadere l’omicidio di Bentham,
che stava progettando, su O’Brian. E l’unico modo
era spingervi alla fame, in modo che accettaste di fare la rapina. -
Che figlio di puttana! Thomas
concorda con Greg, ma non dice nulla. - Wheelsand, io le ho fatto una proposta. Se, sulla base di
questa lettera e della somma lasciata, che di sicuro è alquanto consistente,
lei decidesse di rifiutare, può farlo. -
No, credo proprio che accetterò la sua proposta. Prenderò i soldi di lord
Becker solo se sarà necessario: sapere che ci sono mi dà sicurezza, ma se
posso fare a meno di usarli, preferisco. C'è
un attimo di pausa, poi Greg chiede: -
Ispettore, posso chiederle ancora una cosa? So che non ho nessun diritto di
chiederglielo, ma… - Mi
dica. - Summerscale è con lord Becker, vero? Thomas
sorride: -
Non so niente di sicuro, ma penso proprio che sia così. -
Sono felice per entrambi. Hardy
si alza. Greg lo imita. Hardy gli porge la mano. Greg la stringe, ma vorrebbe
baciarla. Greg
esce dal tribunale. Vicino al portone c’è Harry. Harry
si avvicina. Vorrebbero abbracciarsi, ma in mezzo alla strada non è
possibile: nel clima di avversione che si è creato negli ultimi decenni nei
confronti dei sodomiti, qualunque gesto affettuoso tra uomini è visto con
sospetto. -
Perché ci hanno messo tanto a farti uscire? C’è ancora qualche problema,
Greg? -
No, nessuno. Grazie a Hardy. Ma tu sei una testa di cazzo. Harry
lo guarda stupito. Greg ha un nodo alla gola. Ha paura di mettersi a
piangere, parlando. Ricaccia indietro le lacrime e dice: -
Hardy mi ha detto tutto. Accollarti l’omicidio di Bentham!
Harry, ma credi che te l’avrei lasciato fare? Avrei confessato di averlo
ucciso io, piuttosto. Meno male che Hardy non ti ha creduto. -
Hardy è maledettamente intelligente. Non sono riuscito a ingannarlo. - Né
io, né te ci riusciremmo, Harry. Lui è… non è come gli altri. Ma tu sei una
testa di cazzo. -
Sai perché l’ho fatto, Greg. Greg
annuisce. Non riesce a parlare. Si soffia il naso. C’è
un momento di silenzio. Sono tutti e due imbarazzati. Harry dice: - Andiamo
da me. Le tue cose le ho io. Sei in grado di camminare? -
Sì, la gamba non mi fa quasi più male. Sta passando. Tu dove stai? -
Non lontano da qui. Ho affittato un piccolo appartamento con i soldi che ho.
Hardy ti ha raccontato anche questo? -
No, di che cosa si tratta? Mentre
si avviano, Harry spiega: -
Hardy conosceva mio zio. Erano stati militari insieme, erano rimasti amici.
Quando mio zio vendette il bordello e partì per l’America, voleva farmi avere
una somma di denaro. Mi fece cercare, ma io ero scappato da Tumblestone. Allora affidò quei soldi a Hardy, nella
speranza che lui riuscisse a trovarmi. Ronaldson mi
aveva detto che Hardy mi cercava, ma dopo quanto era successo, pensavo che
fosse per conto di quel bastardo di Tumblestone. - E
allora avevi girato al largo. È così? -
Esatto. Camminano
un momento in silenzio. Greg vorrebbe chiedere, ma Harry non dice altro. Greg
è frastornato. Si guarda intorno e dice: -
Sono un uomo libero. Non mi impiccheranno… Posso camminare per le strade. Greg
si ferma. -
Non è un sogno, Harry? Non è un sogno dell’ultima notte prima
dell’esecuzione? -
Sei sveglio, Greg. Siamo svegli. Il sogno, l’incubo, quel fottuto incubo, è
finito. Siamo liberi. Arrivano
alla casa dove abita Harry: un edificio molto modesto, ma decoroso.
L’appartamento è al secondo piano. Sono solo due stanze. Greg
si guarda intorno: -
Che lusso! Non
c’è niente di lussuoso né nella casa, né nell’arredamento, ma in effetti
l’appartamento è più comodo e spazioso della stanza dove vivevano prima. - Mio
zio mi ha lasciato parecchio denaro. Per me almeno è parecchio. Conto di
mettere su un’attività. Non so bene quale. Volevo parlarne con te. Greg
scuote la testa. -
C’era quel denaro per te e hai fatto la fame. Per evitare di andare da Hardy… - Te
l’ho detto. Temevo che mi cercasse perché Tumblestone
e Bentham mi avevano denunciato. -
Sì, ti capisco. Ma che cosa non ti è toccato fare, quando c’era quel denaro
per te… -
Sì, se fossi andato subito da lui, non avrei avuto il problema di come
guadagnarmi da vivere a Londra. -
Sarebbe stato tutto più facile per te. Harry
lo guarda negli occhi. C’è un rimprovero. -
Non avrei conosciuto te, Greg. Greg
sorride, cercando di nascondere la commozione. -
Valeva la pena di passare tutto quello che hai passato per conoscere me? È
una battuta, ma Harry risponde serio: -
Sì, Greg. Valeva la pena. Greg si avvicina a Harry, che china la testa e lo bacia sulle
labbra. Il desiderio li prende entrambi, violento. Le mani dell'uno cercano
il corpo dell'altro, lo spogliano frettolosamente, gli abiti cadono a terra
in disordine, mentre baci, carezze, abbracci, morsi si susseguono. Harry solleva Greg di peso e lo depone sul letto. Lo guarda,
sorridendo. Lo accarezza, delicatamente, come se avesse paura di fargli male. - Greg, finalmente! Greg! Che incubo è stato. Greg annuisce. Harry si stende su di lui. Si baciano, a lungo. Poi Harry si mette in ginocchio e prende in bocca il cazzo di
Greg. Incomincia a succhiarlo, mentre le mani ancora percorrono il corpo di
Greg, scorrono sul torace e sul ventre, giocherellano con i coglioni,
scivolano lungo le cosce. Quando il cazzo di Greg è teso, Harry si stende accanto a lui,
prono e allarga le gambe. Greg gli sorride e senza spostarsi gli accarezza la
schiena. Una mano scivola fino al culo, raggiunge il solco. Un dito stuzzica
un po’ l’apertura. Harry mugola. Greg insiste. Harry geme più forte. Greg si
china e passa la lingua sul solco. Poi si stende su Harry, sparge un po’ di
saliva e lentamente lo penetra. Il cazzo scivola fino in fondo e Harry
nuovamente emette un suono indistinto. Greg accarezza Harry e prende a
muoversi. - Sì, Greg, sì. Greg si muove in modo lento e continuo. Harry geme più forte. Greg
chiude gli occhi e accarezza Harry. Sono di nuovo insieme, liberi, l’incubo è
davvero finito. Infine Greg accelera il ritmo delle spinte e viene. Si affloscia
su Harry, gli accarezza la testa e mormora: - Harry, Harry! Pazzo!
Amore mio. Harry ride. Una mano di Greg si infila sotto il ventre di Harry, ne tocca il
cazzo caldo e duro. - Ora mi prendi tu, Harry. Harry annuisce. Greg scivola di lato. Harry passa sopra di lui, gli accarezza la
testa, le spalle, i fianchi. Gli morde il lobo di un orecchio. Poi Harry si
solleva, sparge la saliva intorno all’apertura e sulla cappella. Avanza, mentre
guarda il proprio cazzo scomparire nel culo di Greg. Greg sussulta. Harry si
ritrae, aspetta un momento e poi nuovamente affonda il cazzo. Il desiderio preme e Harry si lascia guidare in una cavalcata
che accelera progressivamente, fino a una serie di spinte più decise. Il
piacere esplode. Harry bacia Greg sul collo. - Se questa mattina mi avessero detto che oggi avremmo potuto… Harry scuote la testa. Non completa la frase. Bacia di nuovo
Greg. Dopo
aver parlato a lungo con Rowan, Thomas passa a casa
a prendere il disegno che raffigura Ernest Becker. Poi si dirige allo studio
di Higgins. -
Buongiorno. -
Buongiorno, ispettore. Ho saputo che ha risolto il caso, scoprendo il vero
assassino. I miei complimenti. Thomas
è alquanto stupito. -
L’ha già saputo!? Ma sono passate solo poche ore da quando l’assassino ha
confessato in tribunale. Charles
ride. - Me
l’hanno riferito già tre persone diverse. Ispettore, credo che oggi in tutta
Londra non si parli d’altro. Dell’assassino e di lei. È l’eroe del giorno. Thomas
scuote la testa, sorridendo. Charles chiede: - A
che cosa devo il piacere della sua visita? Ha deciso di farsi fare un
ritratto? -
No, per il momento almeno. Volevo renderle questo. Thomas
prende dalla cartella che ha con sé il disegno e lo porge a Charles. Questi
lo guarda, ammutolito. Ci vuole un momento, prima che dica: - La
ringrazio. Posso distruggerlo? -
Potrei dire che l’ho portato per questo. Charles
sorride. Rompe in due pezzi il disegno, poi in altri due, finché rimangono soltanto
tanti frammenti. - Mi
sento meglio. Grazie anche di questo, ispettore. Charles
sorride e aggiunge: - Mi
permetta di farglielo davvero il ritratto. Lo esporrò e poi glielo regalerò.
Per mia fortuna, grazie soprattutto a lord Becker, sono finiti i tempi in cui
facevo fatica a mettere insieme il pranzo e la cena. Thomas
sorride. Pensa che ad Adam farebbe piacere avere un suo ritratto. - Ci
penserò, Higgins, glielo prometto. Sto davvero
accarezzando l’idea. È
sera. Adam Woolwich è appena rientrato dalla sede del giornale. Sono giornate
trionfali per il Times e per lui. La confessione di Ronaldson ha confermato pienamente la linea che il
quotidiano ha sempre sostenuto, sconfessando tutti coloro che avevano
individuato in Summerscale e poi in Wheelsand l’assassino e in Wilfer
l’ispettore competente. La
maggiore soddisfazione per Adam è stata poter scrivere l’articolo in cui
ripercorre la storia delle indagini di Thomas Hardy, l’ispettore onesto e
intelligente, che non cerca un colpevole a tutti i costi, ma trova il vero
assassino, resistendo alle pressioni di una parte della stampa e
dell’opinione pubblica. Thomas
rientra a casa dopo Adam, che lo aspetta felice. Thomas sbotta, subito: -
Adam, ma che cazzo ti è preso? Adam
rimane spiazzato. Non gli sembra di aver fatto niente per cui Thomas abbia
motivo per rimproverarlo. -
Che cosa c’è, Thomas? - Ho
letto il tuo articolo. Mi manca solo il martirio per diventare santo. Ripeto:
ma che cazzo ti è preso? Adam
ride. - Il
Times ha sempre sostenuto che tu eri nel giusto. Per noi è stato un
trionfo: avevamo ragione su tutta la linea. Gli altri giornali si mangiano le
mani, sono costretti a riconoscere di aver puntato tutto sul cavallo
sbagliato. Le loro ricostruzioni si sono dimostrate del tutto fasulle, le
nostre ipotesi hanno trovato piena conferma. Quel coglione di Wilfer, che era il loro idolo, l’ispettore che in quattro
e quattr’otto risolve il caso, si è rivelato un povero fesso che casca nella
trappola ordita dall’assassino ed è pronto a mandare sulla forca un innocente
o magari anche due, senza porsi nessun problema. Ma lo sai che tornando a
casa mi hanno fermato almeno sei o sette persone per congratularsi con me e
con il Times per come abbiamo seguito questi omicidi? Thomas
scuote la testa, chiaramente assai poco convinto. -
Sarà, ma spero di non averti più tra i coglioni nei prossimi casi. -
Thomas! Ti ho aiutato con il pittore e con Summerscale.
E poi, che linguaggio usi: il mio capo direbbe che ti esprimi come un
barcaiolo del Tamigi. Thomas
ride. - Da
che pulpito vien la predica! Hai proprio la faccia come il culo. Dovrei dire:
chi va con lo zoppo… Anche
Adam scoppia a ridere. Thomas ha ragione: Adam usa volentieri un linguaggio
molto sboccato, gli piace. E quando sono soli Thomas lo fa spesso anche lui. -
Dobbiamo festeggiare, Thomas. Thomas
guarda Adam, un lampo malizioso negli occhi. - La
scena del conte e di Joseph? Adam
scuote la testa. -
No, preferirei qualche cosa di più… ordinario. Senti, hai voglia di fare la
lotta? - La
lotta? -
Non siamo più andati ad assistere a nessun incontro e devo dire che se
ripenso a quei magnifici maschi che si affrontavano nudi... vorrei affrontare
anch'io un magnifico maschio. Thomas
ghigna e chiede: -
Devo vedere se riesco a rintracciare uno degli uomini che lavoravano
dall'Irlandese? Mi sa che non sarà facile, per un po’ se ne staranno tutti
nascosti. - Ma
lo sai che quando ti metti, sai essere proprio stronzo? Io ti faccio un
complimento e tu... Thomas
ride. Si avvicina, bacia Adam sulla bocca e dice: -
Anch'io ho voglia di affrontare un magnifico maschio. Si
spogliano e si affrontano, nudi e felici. È una lunga lotta, in cui ognuno
dei due cerca di mandare a terra l’altro. Quando si stringono, il desiderio
diventa più forte di tutto e si baciano, poi riprendono a lottare. I loro
corpi si coprono di una patina di sudore. E
infine è Thomas ad avere la meglio, mandando a terra Adam e bloccandolo. - Ti
arrendi? Adam
ride: - E
se ti dico di no? Thomas
scuote la testa. - Se
mi dici di no, mi alzo, vado a lavarmi e poi esco a fare un giro. Il
cazzo di Thomas che poggia, duro e caldo, sul culo di Adam rende poco
verosimile la minaccia del proprietario. - Va
bene, mi arrendo. -
Sei saggio. Posso prendermi il premio della vittoria? Non
c’era nessun premio in palio, ma Adam annuisce. Thomas
si inumidisce due dita e prepara l’apertura. Sparge un po’ di saliva anche
sulla cappella, mette le mani sulle natiche di Adam e le divarica, poi
affonda il cazzo nell’apertura che gli si offre. Thomas
procede lentamente, mentre le sue mani tormentano il culo di Adam, poi
salgono ad accarezzargli la testa. Thomas è un bravo stallone e Adam sente il
piacere crescere e dal suo culo diffondersi in tutto il corpo, mentre il
cazzo gli si tende. Il desiderio diventa sempre più forte e quando Thomas
accelera il ritmo, con spinte violente, Adam geme più forte e viene, mentre
sente il seme di Thomas spargersi nelle sue viscere. Thomas
rimane disteso su Adam e lo stringe tra le braccia. Più
tardi esce da lui e si stende al suo fianco. Inizia a raccontargli di Greg e
Harry. Adam osserva: -
Ognuno dei due pronto ad accusarsi e a finire sulla forca pur di salvare
l’altro. -
Sì, una follia. Ma se non ricordi che Amore t’abbia mai fatto commettere
la più piccola follia, allora non hai amato. È da Come vi piace,
te lo dico subito, così eviti di chiedere. Tanto non azzeccheresti mai. Adam
ride. -
Prima o poi imparerò. Ma di follie ne abbiamo fatte tutti e due. -
Sì, per fortuna. Dopo
un momento Thomas riprende: - A
volte mi chiedo se non farei meglio a lasciare la polizia. Adam
non vuole credere alle sue orecchie. - Ma
che cazzo dici, Thomas? Hai appena risolto brillantemente un caso di cui
nessuno riusciva a trovare la soluzione, salvando dalla forca tre innocenti,
e parli di lasciare la polizia?! -
Adam, i tre non erano proprio innocenti. Summerscale
doveva aver stuprato Shaffield, che se l’era
meritato, non dico di no, per carità, ma sempre stupro era. Wheelsand e O’Brian hanno
davvero commesso una rapina. E io lo sapevo, ma li ho coperti, aiutandoli a cavarsela.
Diciamo che in base alle leggi inglesi, sarebbero dovuti essere impiccati
tutti e tre. E non è tutto. In questa inchiesta mi sono imbattuto in un
numero infinito di violazioni della legge: prostituzione, sodomia, stampa e
vendita di libri osceni, produzione di disegni osceni. Non ho denunciato
nessuno: di fatto ho coperto una serie infinita di reati. -
Thomas, tu ti occupi di omicidi e lo fai benissimo. Continua a farlo e lascia
perdere i reati contro la morale. Viviamo in un’epoca di vedute ristrette, ma
le leggi contro la sodomia sono assurde: non facciamo male a nessuno. Adam
aggiunge ancora: -
Che male c’è a stampare un libro che stimola un po’ la fantasia? Tra l’altro
adesso abbiamo anche noi una bella collezione. -
Penserai mica di tenerli? -
Penserai mica di darli via? Nell’albergo
di Luxor i servitori hanno preparato il bagno. Ernest si spoglia, sotto lo
sguardo di Bart. Quando è nudo, Ernest si avvicina a Bart e lo bacia sulla
bocca, poi si immerge nell’acqua. - Tu
non vuoi lavarti, Bart? -
Sì, certo. Mi faccio un bagno anch’io, quando hai finito. -
Perché devi aspettare che io abbia finito? Qui ci stiamo in due. Bart
sorride. Incomincia a spogliarsi. È conscio dello sguardo di Ernest, che lo
fissa. Si toglie la giacca, la camicia, le scarpe e le calze, i pantaloni e
infine le mutande, mettendo in mostra un voluminoso cazzo, teso e duro: è
l’effetto che gli fa vedere Ernest nudo. Il sorriso scompare dal volto di
Ernest, che non riesce a distogliere lo sguardo dalla mazza che batte contro
il ventre di Bart. -
Vieni qui. Bart
si avvicina e mette un piede nella vasca, poi l’altro. Ernest si mette in
ginocchio. Ora il suo viso è a una spanna dal cazzo di Bart. -
Ernest, non devi… Ma
Ernest gli mette le mani sui fianchi, stringe con forza e avvicina la bocca
alla cappella. Esita ancora un attimo, poi l’avvolge con le labbra e
incomincia a succhiare. È la prima volta che lo fa: fino a ora nei loro
rapporti si è sempre limitato a usare le mani. E Bart ha rispettato i timori
di Ernest, timoroso di suscitare fantasmi. Ora la sensazione è tanto forte
che Bart ha l’impressione di vacillare. -
Ernest! Ernest! Bart
accarezza la testa di Ernest. Guarda la propria mano, con i peli scuri, che
si infila tra i capelli biondi come il grano di Ernest. -
Ernest, amore mio! Ernest
succhia avidamente, le sue mani stringono, accarezzano, scivolano fino al
solco tra le natiche e le dita della destra lo percorrono. Bart
preme con una mano la destra di Ernest, quasi forzandolo a infilare un dito
nell’apertura, mentre con l’altra continua ad accarezzarlo. -
Ernest, sto per venire! Ernest
lo guarda e continua, fino a che sente il seme in bocca. Lo inghiotte.
Continua ancora a succhiare, delicatamente. Poi lascia la sua preda e sorride
a Bart. Bart
si china. Una mano scivola lungo il corpo di Ernest, scende fino al cazzo,
teso, lo accarezza. Poi Bart si volta e si abbassa fin quasi a sedersi su
Ernest. -
Cosa fai? Bart
non dice nulla. Prende il mano il cazzo di Ernest e lo guida all’apertura. Quando
sente la cappella premere, Bart si abbassa ancora. È la prima volta che un
altro uomo lo possiede, ma da tempo Bart voleva che il suo corpo appartenesse
a Ernest, che l’uomo che ama vi imprimesse il suo sigillo. L’ingresso è
doloroso, non poco: Bart non è abituato. Ma va bene, va bene così. Va bene
anche il dolore. Bart
ora si è seduto in grembo a Ernest, impalato sul suo cazzo. Ernest lo cinge
con le braccia, frastornato e raggiante. Bart lascia che il dolore si
attenui. È felice che Ernest lo stia prendendo. Poi
Bart prende a muoversi, sollevandosi e abbassandosi, finché Ernest geme e il
seme si riversa in culo a Bart. Rimangono
così, immersi nell’acqua, appagati. Dalla
feluca Ernest e Bart contemplano lo spettacolo che appare davanti ai loro
occhi: i due grandi templi, con le statue colossali, in parte coperte dalla
colata di sabbia che scende dalla cima dell’altura. Bart
esprime il pensiero di entrambi: -
Che meraviglia! Ernest
annuisce. -
Sì, splendido. Non credevo che dopo le piramidi e Luxor qualche cosa potesse
ancora stupirmi. Quando
la feluca si ferma sulla riva del fiume, Ernest, Bart e le due guide scendono
e camminando sulla sabbia si dirigono verso il grande tempio sulla sinistra.
Si fermano ad ammirare da vicino le statue realizzate con grandi blocchi di
pietra. Poi le guide accompagnano i due viaggiatori all’interno del tempio,
dove la sabbia accumulata copre il pavimento e la parte inferiore delle
statue. Ernest e Bart osservano affascinati le grandi sculture gigantesche,
le colonne, i capitelli istoriati. Quando
escono dal tempo, Ernest e Bart mangiano ciò che il cuoco ha preparato. Poi
ritornano nell’ombra del tempio, da soli. Non c’è nessun altro dentro. Fuori
le guide e i servitori riposano nei pochi angoli d’ombra. Ernest
si è spinto nella sala interna e aspetta che i suoi occhi si abituino
all’oscurità. Bart lo raggiunge e quando è dietro di lui lo stringe tra le
braccia. Rimangono a lungo così. Quando
Bart scioglie le braccia, Ernest si volta e gli accarezza il viso, poi lo
bacia sulla bocca. -
Non credevo che un giorno sarei stato felice, Bart. Bart
sorride. Si chiede se anche lui è felice. È sereno come non lo è mai stato.
Forse è felice, anche se ciò che desidera più al mondo è irraggiungibile. No,
non è vero. Ciò che desidera di più al mondo è l’amore di Ernest e quello ce
l’ha. Ma forse gli importa più ancora della felicità di Ernest. Possedere
Ernest è un sogno impossibile, ma averlo al suo fianco conta molto di più. Più
tardi riprendono il viaggio lungo il Nilo per tornare ad Assuan, dove
arrivano dopo qualche giorno, in tarda mattinata. Nella camera dell’albergo
Ernest trova i giornali inglesi che si fa inviare regolarmente da Londra e
che arrivano diverse settimane dopo la loro pubblicazione. Ernest non li
guarda subito, perché è quasi ora di pranzo. Si lavano e scendono a mangiare.
Poi
tornano in camera e Bart si stende a dormire, come fa volentieri nel primo
pomeriggio, nelle ore in cui il caldo è più forte. Ernest si mette a leggere. C’è
un numero del Times che ha un grande titolo: si parla degli omicidi
che hanno sconvolto Londra. Ernest legge l’articolo, poi sfoglia gli altri
quotidiani, soffermandosi su quelli dove trova maggiori dettagli. Torna
in camera, dove Bart dorme. Bart è nudo e Ernest lo contempla. Pensa che
tutti i templi, le piramidi, le moschee e le altre meraviglie che ha visto
non sono nulla di fronte a questo corpo abbandonato al sonno. Ernest
non vuole svegliare Bart, aspetta che questi si desti. Quando
Bart apre gli occhi, lo bacia sulla bocca, poi dice: -
L’incubo è finito, Bart. Possiamo tornare in Inghilterra, se vuoi. Bart
guarda Ernest. -
Come… perché dici questo? Ernest
mostra il titolo di uno dei giornali. -
L’assassino di Shaffield e degli altri è stato
scoperto. Tu sei stato del tutto scagionato. Era quello che organizzava gli
incontri di lotta, Ronaldson. - Ronaldson? Cazzo! -
Adesso non devi più temere nulla, Bart. Se vuoi, possiamo tornare a Londra. Bart
sorride. - Tu
vuoi tornare? - Ti
avevo promesso di portarti a Gerusalemme, Petra, Gerasa.
E poi c’è l’India. - Tu
che cosa vuoi fare, Ernest? -
Viaggiare con te, Bart. Non ci tengo a tornare in Inghilterra. Ma se vuoi che
torniamo, per me va bene. - E
perché mai dovrei voler tornare, Ernest? Ernest
annuisce. Ha incominciato a spogliarsi, con gesti lenti, guardando fisso
Bart. Ora è nudo davanti a Bart, che lo contempla. Sembra spaventato. -
Bart… Bart
sorride. -
C’è qualche cosa che non va, Ernest? Ernest
scuote il capo. -
Prendimi, Bart. Bart
lo guarda. Di colpo ha paura, una paura terribile. Si alza e la mano che
tende per accarezzare il viso di Ernest trema. -
Ernest… io… Bart
non riesce a completare la frase. Attira a sé Ernest e lo bacia sulla bocca.
Poi, con un movimento brusco si stacca, volta Ernest e lo stringe da dietro.
I loro corpi aderiscono. Il desiderio cresce e si tende. - Lo
vuoi, Ernest? Lo vuoi davvero? Io… io non voglio che tu lo faccia solo perché
io lo desidero. - Lo
voglio, Bart. L’ho sempre voluto. Ho paura, ma con te ce la posso fare. Bart
appoggia la testa sulla spalla di Ernest. Le sensazioni che prova sono troppo
forti per esprimerle e vanno molto oltre il desiderio che brucia dentro di
lui. Le sue mani accarezzano il corpo di Ernest, gli scompigliano i capelli,
scivolano leggere lungo le guance, due dita si infilano tra le labbra ed
Ernest le morde leggermente. Le mani scendono, poggiano sul petto, le dita
stringono i capezzoli, poi scivolano più in basso, sul ventre, fino a
raggiungere il cazzo che già si riempie di sangue. Una mano l’avvolge,
l’altra accarezza i coglioni. Bart morde una spalla di Ernest. Le sue mani
risalgono lungo il corpo e poi scendono ancora, le braccia stringono Ernest,
avvolgendolo. Bart
scivola in ginocchio. La sue mani si posano sui fianchi di Ernest, divaricano
le natiche. La sua lingua scorre lungo il solco, indugia sull’apertura,
inumidendola. I denti mordono il culo, piccoli morsi leggeri e altri più
forti. Ernest chiude gli occhi, si abbandona completamente. Bart
lo guida a stendersi prono sul letto, a gambe larghe. Guarda questo corpo che
gli si offre e per un momento chiude gli occhi, perché è troppo. In ginocchio
sul letto morde ancora, bacia, lecca. Poi si stende su Ernest, gli morde il
lobo di un orecchio, gli sussurra: - Ti
amo, Ernest. Infine
morde la spalla, deciso, mentre lentamente spinge il cazzo contro l’apertura
e la forza. Si ferma subito. -
Ernest! Ernest
ha chiuso gli occhi. Ricaccia lontano qualche cosa che vuole emergere, ma che
ormai è sconfitto. - Ti
amo, Bart. Bart
avanza, spingendo a fondo, molto lentamente, prendendo possesso del corpo di
Ernest, che le sue mani accarezzano dolcemente. Guarda i capelli biondi, di
nuovo li scompiglia in un gesto di tenerezza infinita. Bacia Ernest sul capo,
poi sul collo, sulla guancia. Lo stringe tra le braccia. Sussurra: -
Tutto bene, Ernest? - È
bello, è bello sentirti dentro di me. Lo desideravo, l’ho sempre desiderato. -
Non hai più paura? -
Ora no, ora non più. Bart
incomincia a muoversi, con grande lentezza. Il piacere che sente va oltre
tutto ciò che ha provato nella sua vita. -
Ernest… io… Bart
non sa trovare le parole, ma forse le parole sono inutili. Bart spinge avanti
e indietro, affondando il cazzo nel culo di Ernest e ritraendolo, lentamente,
perché vorrebbe che questo piacere non avesse mai fine. Le sue mani
accarezzano, senza tregua. -
Bart, Bart! Ernest
si sente trasportato da un corrente impetuosa, a cui si abbandona
completamente. Tutto il resto non ha importanza. Conta solo questo piacere
che gli trasmettono le mani e il cazzo di Bart, la coscienza di appartenere
all’uomo che ama, di poter infine lasciarsi alle spalle il passato. Bart
va avanti a lungo. Quando sente che l’orgasmo è vicino, si gira di lato e,
senza interrompere il movimento dei fianchi, muove la destra ad avvolgere il
cazzo di Ernest. Vuole che vengano insieme, vuole godere con lui. Bart
viene un attimo prima, ma subito dopo Ernest geme e sparge il suo seme. La
mano di Bart risale al viso di Ernest. -
Ernest… tutto bene? -
Sono felice, Bart. Bart
ride. Non gli capitava spesso di ridere. -
Felice di stare con uno stronzo? -
Perché no? Se tu sei soddisfatto di stare con un idiota. |
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