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La morte su un cavallo pallido La
verità esplode proprio in casa Parry e a portarla è Nigel Kellington. È stato
a Manchester per firmare alcune carte e discutere con il fratello, a cui
Nigel ha delegato completamente la gestione delle fabbriche. Ne ha
approfittato per condurre una sua indagine personale. Nigel
prepara con cura il terreno. Si introduce in un gruppo numeroso e fa in modo
che la conversazione cada, come casualmente, su Adrien de Bellisle. Una
donna osserva: - Un
uomo interessante. Pare che non sia ricco, la sua famiglia ha subito molte
traversie, ma appartiene al fiore della nobiltà francese. Pare che la sua
famiglia sia imparentata con gli Orléans. È
una voce che lady Parry ha ripreso in tempi recenti: ci tiene che tutti
sappiano che il giovane proviene da una famiglia molto illustre. Per il
momento quella del matrimonio è solo una possibilità e non è stato fatto
nessun passo: bisogna valutare con attenzione. Ma intanto, nel caso che
davvero Adrien diventi il loro genero, è bene che la sua fama sia
consolidata. E comunque tutti devono sapere che lady Parry vanta tra i suoi
ospiti un nobile imparentato con i reali di Francia. Un
altro ospite aggiunge: -
Non mi stupirei che lord Parry pensasse a lui per la figlia. Nigel
Kellington scoppia a ridere. Tutti si voltano verso di lui, stupiti. Nigel
scuote la testa e dice: -
Bellisle, futuro genero di lord Parry! Bellisle imparentato con gli Orléans!
Questa poi! - Ma… ma… che cosa… Nigel
guarda l’interlocutore e dice: -
Suo padre era un commerciante di Manchester. - Un
commerciante? Inglese? Ma non è possibile. -
Parla benissimo il francese. Nigel
sorride, più un ghigno che un sorriso, e risponde: -
Certo, sua madre era francese. Una lavandaia francese. -
Cosa? C’è
ancora qualche commento, ma la curiosità spinge tutti a tacere e a mettersi
in ascolto di Kellington. -
L’ho scoperto di recente, durante un mio viaggio a Manchester, per affari. Nigel
si guarda bene dal dire che ha fatto delle indagini. Preferisce che le
notizie che porta appaiano una scoperta casuale. Nigel riprende: -
Ebbene sì, il padre era un mercante di Manchester, i cui affari stavano
andando a rotoli. Il blocco continentale, le guerre e così via. Quando
finalmente Napoleone fu imbarcato su una nave diretta a Sant’Elena e
ripresero i commerci con la Francia, questo mercante si recò a Le Havre, convinto di poter fare affari vantaggiosi e
rimettere in sesto la sua impresa. Un affare lo fece. Di
nuovo Nigel ride, godendosi lo stupore e l’attenzione di tutti i presenti.
Qualcun altro degli ospiti si è accorto che nel gruppo attorno a Nigel si sta
dicendo qualche cosa di interessante e si avvicina. Un
conte, impaziente, chiede: - E
cioè? - Si
incapricciò di una lavandaia francese e se la portò in Inghilterra, facendola
passare per sua moglie. C’è
un coro di esclamazioni di stupore. -
Sei mesi dopo che era tornato in Inghilterra, la donna gli sfornò due
bastardini. Per qualche anno vivacchiarono, poi il commercio sprofondò e il
mercante invece si sollevò, impiccandosi a una trave del magazzino. La madre
ritornò a fare la lavandaia e i due bambini furono mandati anche loro a
lavorare. C’è
un coro di esclamazioni di stupore, commenti increduli. - Ma
non è possibile. - Un
uomo così distinto. -
Dice di essere nobile. - È
invitato dalle migliori famiglie. Nigel
alza una mano e nel gruppo nuovamente si crea silenzio. Nigel riprende: - Ma
non è tutto. Anzi, direi che tutto ciò è il meno. Tutti
guardano Nigel Kellington, che sorride. È possibile che il più debba ancora
arrivare? - Ma
che cosa ci può ancora essere? Dopo quanto ci ha raccontato! -
Adrien Bellisle venne fermato dalla polizia di Manchester perché si
prostituiva ad altri uomini. Riuscì a scappare ma, non potendo più rimanere a
Manchester, si rifugiò a Londra. C’è
un momento di silenzio, poi i commenti si accavallano: un coro in cui si
mescolano indignazione e stupore. La notizia fa il giro del salone
rapidamente e diventa in capo a pochi minuti l’unico argomento di
conversazione. Intorno a Nigel c’è sempre un folto gruppo, da cui ogni tanto
si stacca qualcuno per riferire ad altri qualche dettaglio. Nigel
racconta che trovandosi a Manchester ha incontrato un vecchio conoscente di
Adrien Bellisle, che in realtà pare non si chiami neppure Bellisle. Ha potuto
così scoprire la vera storia del nobile Adrien. Per curiosità ha verificato
le informazioni ricevute e sono risultate tutte vere. Al
gruppo si è unita anche lady Parry, che è allibita: la notizia è davvero un fulmine
a ciel sereno. Ha accolto nel salotto un impostore! E meditava di dargli la
figlia in sposa! Fortunatamente lei e il marito non hanno parlato con nessuno
del progetto matrimoniale. E tutto questo per colpa…
Si rivolge a Nigel e gli dice, a bruciapelo: - Ma
fu lei a introdurlo qui, me lo ricordo bene, l’autunno scorso. Nigel
è pronto a rispondere: sapeva benissimo che qualcuno avrebbe potuto ricordare
questo dettaglio e si è preparato una risposta plausibile. Allarga le
braccia, come a scusarsi, e dice: -
Sì, un amico di Manchester me lo presentò come un nobile in rovina. Fui
alquanto ingenuo, lo ammetto, ma di certo non come…
altri. Qualcuno
coglie benissimo l’allusione a lord Bentham, di cui Adrien è ospite. Lady
Parry osserva, con un tono in cui trapela una certa irritazione: -
Signor Kellington, la invito in futuro, per il decoro di questa casa, a
selezionare con maggiore cura le persone che presenta. Lady
Parry si allontana senza aspettare una risposta. Kellington non dice nulla.
La vendetta ha un suo prezzo da pagare, ma a Nigel non importa. Intanto
nella sala tutti parlano della novità. In un gruppo maschile si osserva che
se davvero Adrien si prostituiva, è probabile che certe voci che circolano su
Bentham non siano infondate. E naturalmente anche quelle che riguardano
Kellington. Mentre Nigel è occupato a raccontare per l’ennesima volta ciò che
ha scoperto a Manchester, qualcuno che lo conosce ripete una voce che circola
da tempo: -
Sì, pare che frequenti il Barley Mow. Quel locale dove i soldati ballano guancia a
guancia con gli altri avventori. -
L’ho sentito dire anch’io. L’uomo
ride e aggiunge: - Ma
non ballano solo. -
No, certo. I soldati si vendono per qualche scellino. -
Che schifo! Ma la polizia non interviene? -
Kellington è molto ricco. E gli agenti sono pagati poco. Lo
scandalo suscitato dalla rivelazione è enorme e in pochi giorni tutta la
Londra che conta ne viene informata. Si scopre così che Adrien non è più
stato invitato dai Gray, perché una principessa
francese ha manifestato forti dubbi sulla nobiltà del giovane: una conferma
del racconto di Nigel Kellington. Sono
passati solo due giorni dalla serata in cui la verità è emersa e Adrien non
ha avuto modo di frequentare salotti o di ricevere inviti a cena, ma si è
accorto che per strada qualcuno ha finto di non vederlo e in due casi una
persona ha attraversato la via per non incontrarlo. Ha anche avuto
l’impressione che due persone lo guardassero dal lato opposto della strada e
ridacchiassero, parlottando tra di loro. Adrien
si chiede se circola qualche nuova voce, ma non sospetta la gravità della
situazione. È
una serata molto fredda e la neve scende fitta, in grandi fiocchi: tetti e
alberi sono già imbiancati. Adrien e George sono invitati a casa di lord Symond per una cena. Scendono dalla carrozza e si
dirigono alla porta. Quando si presentano all’ingresso il domestico dice: - Mi
spiace, signor conte, ma il signor Bellisle non è invitato. “Il
signor Bellisle”: non “Lord Bellisle” o “Monsieur de Bellisle”. Le parole
sono uno schiaffo. Adrien è impallidito. Bentham decide rapidamente. -
Allora sarete così gentile da riferire ai vostri padroni che passerò a
salutarli domani. Questa sera mi sembrerebbe scortese abbandonare l’amico che
mi accompagna. George
si volta senza dire altro. Domani andrà davvero dai Symond,
per capire meglio la situazione, ma un’offesa come questa ha un significato
preciso: il gioco di Adrien è stato scoperto e il giovane sarà escluso
dall’alta società che ha frequentato in questi mesi. Adrien
rimane ancora un attimo sulla soglia, quasi sperasse in un contrordine, ma il
domestico, vedendo allontanarsi lord Bentham, ha subito chiuso la porta, come
se Adrien non esistesse neanche. Adrien si volta e a malincuore raggiunge
George, che sta dirigendosi alla propria carrozza. Georg spazza via con la
mano qualche fiocco di neve dal mantello e sale. Adrien si volta, guarda
ancora il palazzo dei Symond. Chiude gli occhi, poi
li riapre e con un movimento brusco si mette di fronte a George. C’è
un momento di silenzio. Adrien ha paura di avere una conferma di ciò che ha
già intuito. George sembra immerso nei suoi pensieri. Infine chiede: -
Che cosa significa, George? George
guarda Adrien. Pensa che non avrebbe dovuto assecondare il suo gioco, non
avrebbe dovuto permettergli di chiamarlo per nome. -
Significa che la verità è emersa e che tutte le porte che si erano aperte
davanti a te, ora si chiuderanno. E
non è solo questo: il vero problema per lord Bentham è un altro. George sa
benissimo che tutto si ritorcerà contro di lui. Non gli verrà perdonato di
aver partecipato, coscientemente o senza saperlo, a un inganno: non glielo
perdoneranno i frequentatori dei salotti più esclusivi, furenti per aver
avuto a che fare con un impostore; non glielo perdonerà la piccola nobiltà,
che ha sempre visto nella presenza di lord Bentham un elemento di prestigio e
ora scopre di aver ricevuto nei propri salotti, a causa del conte, un
individuo indegno di essere ammesso. Adrien
non dice nulla: è annichilito. Rimangono in silenzio, come durante il primo
viaggio che hanno fatto insieme nella stessa carrozza: allora era l’inizio
dell’ascesa sociale di Adrien, oggi è la fine. Non è possibile. Non è
possibile. Quando
arrivano a casa, George dice: - Non
potrai rimanere a lungo in questa casa, Adrien, né nella villa di Curzon Street. Anche quella ti sarà preclusa. Le
parole di George trasformano l’accasciamento di Adrien in furia. George non
può abbandonarlo così. Guai a lui! Cerca di controllare la voce, ma la rabbia
trapela in una domanda che è una minaccia: -
Vorresti scacciarmi? George
scuote la testa. -
Non potrò tenerti qui dopo che avrò “scoperto” la verità sulle tue origini,
quella che di certo aspettano solo di potermi raccontare per “aprirmi gli
occhi”. Significherebbe riconoscere che sono complice di un’impostura e non
vittima. Che non sono stato raggirato da te, ma ho cercato di ingannare loro.
Significherebbe essere escluso completamente dalla società, finire… peggio di un Becker. Adrien
capisce benissimo il punto di vista di George, ma non può accettare che tutto
quanto ha faticosamente conquistato in questi mesi sfumi nel nulla. - Ma… bisogna che queste voci vengano messe a tacere. In
qualche modo certamente si può evitare che circolino. - Non
è più possibile. Se ti è stato negato l’accesso in quel modo, non è per una
voce che qualcuno ha messo in giro: la verità è stata scoperta. George
non sa esattamente quale sia la verità: sa che Adrien non è nobile, sa che si
è prostituito, ma non gli ha mai chiesto informazioni sulla sua famiglia.
Avrà modo di scoprirlo presto. - Mi
abbandoneresti? Di
nuovo una sfumatura di minaccia nella voce di Adrien. George scuote la testa,
irritato con il giovane e soprattutto con se stesso, per gli errori commessi. -
Precipitare in due non servirebbe a nulla. Non intendo abbandonarti, Adrien,
ma se, come sono sicuro, tu sei stato smascherato, da domani l’unico modo per
evitare di precipitare sarà separarmi da te. Non potrò farmi vedere con te.
Almeno per il momento. “Almeno
per il momento” è falso. Se Adrien è stato smascherato, George Bentham non ha
alternative: deve interrompere ogni rapporto con lui. Non può farsi vedere
con lui, in nessun luogo e per nessun motivo, né ora né in futuro. E non può
ospitarlo in una sua proprietà: si verrebbe a sapere. George
aggiunge: - Ti
aiuterò, non ti lascerò certo in mezzo a una strada, anche se proprio questo
è ciò che tutti devono pensare. A
casa George si ritira nella sua stanza. Vuole riflettere con calma. Di nuovo
si dice che non avrebbe dovuto cercare di imporre Adrien nei salotti più
importanti: in un ambiente misto, Adrien poteva recitare la sua parte senza
correre rischi e per George la scoperta della verità non avrebbe avuto grandi
conseguenze. Ma George ha introdotto Adrien in una cerchia esclusiva e
nessuno di coloro che lo ha accolto perché veniva con lord Bentham glielo
perdonerà. Non
avrebbe dovuto investire tanto tempo per favorire la scalata di questo
giovane ambizioso. È stato un gioco divertente, George deve ammetterlo, però
è stato portato troppo avanti. Si è lasciato prendere la mano, continuando a
rilanciare, fino a che ha perso tutto. Avrebbe dovuto sbarazzarsi di lui
molto prima, saggiando per tempo il terreno per combinare il matrimonio con
la figlia dei Parry o con una ricca borghese. Il
giovane è un bravo stallone, ma non valeva la pena di condurre il gioco tanto
avanti. Anche
Adrien riflette. Non gli sembra possibile che tutto quanto ha costruito in
questi mesi sia crollato di colpo. Ci dev’essere un errore, qualche calunnia.
La principessa di Cadignan? No, non può essere quello. La principessa aveva
dei dubbi, ma lo schiaffo che ha ricevuto questa sera va ben oltre. Che
qualcuno abbia scoperto il suo passato? Come è possibile? Se è così, tutto è
perduto. Dovrà lasciare il mondo che gli aveva aperto le porte. Adrien freme.
Se tutto è davvero perduto, si vendicherà. Il
giorno seguente George si reca dai Symond. Vuole
sapere la verità, per cui va subito al dunque con lord Symond: - Mi
scuso per non essere venuto ieri sera, ma mi spiaceva lasciare solo l’amico
che mi aveva accompagnato. Symond appare a disagio. -
Proprio di questo volevo parlarle, Bentham. Purtroppo circolano voci molto
pesanti. Temo che lei sia stato ingannato. -
Ingannato? Da chi? Come? - Il
giovane Bellisle non è di famiglia nobile, come sostiene. Pare sia il figlio
di un commerciante di Manchester e di una lavandaia francese. George
si finge sbalordito. Balbetta, come se non trovasse le parole. - Ma… ma… che cosa…
cosa mi dice? Lord
Symond annuisce, con un’espressione contrita. -
Purtroppo è così. - Ma
è sicuro di quanto mi sta dicendo? Mi sembra impossibile. Mi era stato
presentato come un nobile francese, la cui famiglia era fuggita dalla Francia
durante la rivoluzione. Come è possibile che invece…
- Le
dirò di più, milord: pare anche che il giovane a Manchester si sia
prostituito. Nuovamente
George si finge stupefatto. -
Cosa? Ma è sicuro? - Un
certo Kellington, un industriale che possiede alcune fabbriche di tessuti a
Manchester, ha scoperto la verità. George
scuote la testa, come se fosse incredulo. -
Kellington, lei dice? Ma fu proprio lui a portare il giovane Bellisle in
società, dai Parry. È il
turno di lord Symond di mostrarsi stupito. -
Questo non lo sapevo, non so che dire. -
Kellington mi ha ingannato, ci ha ingannati tutti. E adesso getta fango. Se
sapeva che questo Bellisle non era un nobile, che…
che si prostituiva, come ha osato introdurlo in società? Una provocazione?
Che vergogna! Lord
Symond è in imbarazzo. In effetti, se è stato
questo Kellington a introdurre il giovane in società, presentandolo come un
nobile, il suo comportamento non è giustificabile in nessun modo. -
Davvero non so che cosa dire. Però questo giovane, un uomo che si prostituiva… -
Questo è terribile. E io che l’ho ospitato in casa! È una vergogna. Lo
caccerò oggi stesso. Ma Kellington! È uno scandalo, Symond,
uno scandalo inaudito. Sicuramente già sapeva e si è preso gioco di noi
tutti, invidioso perché è solo un borghese arricchito e non può certo essere
ammesso nei salotti che contano. Una vendetta contro l’aristocrazia. Che
disgusto! Gente così, bisognerebbe… George
ha scelto quella che ritiene l’unica linea difensiva possibile. Adrien è
perso, definitivamente, ma la minaccia ora coinvolge direttamente George, per
aver introdotto nell’alta società qualcuno che non aveva nessun diritto di
entrarvi. Far ricadere la colpa su Nigel Kellington, farlo apparire come
colui che ha deliberatamente dato via all’impostura, è una buona soluzione.
Non sarà sufficiente, George ne è perfettamente cosciente: dovrà pagare per
gli errori che ha commesso e non sarà poco. Ma almeno in certi ambienti potrà
atteggiarsi a vittima, invece di passare per colpevole. George
torna a casa, scuro in volto. Adrien lo ha atteso con ansia: sa benissimo che
il futuro che si immaginava è ormai un'illusione destinata a svanire, ma si
chiede qual è la portata del disastro. -
Tutto è perduto. Nigel Kellington ha scoperto la verità sulla tua famiglia e
l’ha raccontata nel salotto dei Parry. Adrien
freme. -
Kellington! Quell’infame! George
annuisce. Kellington è un infame, ma ormai la partita è perduta. -
Devi andartene oggi stesso, Adrien. Altrimenti penseranno che io sia tuo
complice. Adrien
alza la testa di scatto e fissa George. -
Non puoi lasciarmi in mezzo a una strada. Non puoi. Il
tono è di minaccia. George
ha già riflettuto. Sa bene che c’è un unico modo per chiudere la faccenda:
una grossa somma di denaro, che permetta ad Adrien di ricominciare altrove,
rinunciando alle sue ambizioni a Londra, ma garantendogli un certo tenore di
vita. Forse in Francia, in qualche cittadina di provincia, facendosi passare
per un nobile inglese. O in Italia. Ma questo sarà Adrien a deciderlo: non è
una faccenda che riguardi George. George
sa che potrebbe semplicemente scacciarlo, ma Adrien ha troppe armi in mano e
la sua vendetta precipiterebbe George in un abisso da cui non riuscirebbe mai
a risalire. - Ti
ho già detto che provvederò a te. Adesso dirò a Philip di preparare le tue
valigie. Ti do un po’ di denaro, quello che ti può servire per vivere
comodamente per qualche tempo. Intanto mi procurerò una somma più
consistente, con cui potrai ricominciare. Io ti consiglierei la Francia, dove
solo la principessa di Cadignan ti conosce, o l’Italia, che forse è la
soluzione migliore. Ma hai tutto il tempo per riflettere sul da farsi. Adrien
annuisce. Mormora: -
Grazie. Dentro
di sé Adrien freme. Osserva il domestico preparare i bagagli. È venuto senza
avere nulla e se ne va con due bauli, ma la sua partenza è una sconfitta
bruciante, a cui Adrien non intende rassegnarsi. E nei confronti di George
Bentham prova solo rabbia, perché non ha saputo proteggerlo. Lord
Anthony Shaffield è nel suo palazzo di Hanover Square.
Si prepara a uscire per una serata all’opera. Mentre controlla nello specchio
il suo aspetto, il pensiero torna al giovane Bellisle. Anthony ha saputo due
sere fa che Adrien non è nobile, che si prostituiva. La forte attrazione che
provava è svanita, lasciando il posto a una rabbia feroce: Adrien lo ha
ingannato, si è fatto desiderare, si è concesso con la condiscendenza con cui
un principe potrebbe lasciar baciare la sua mano a un cortigiano. Ed è solo
una puttana, uno di quelli che Anthony è abituato a pagare con qualche
moneta. E
proprio mentre pensa a questo, si presenta un domestico che gli dice: -
Milord, c’è il signor Bellisle, che vuole parlare con lei. Anthony
guarda allibito il servitore. Adrien Bellisle ha l’impudenza di presentarsi a
casa sua, a casa di lord Anthony, marchese di Shaffield, dopo lo scandalo che
è scoppiato! Anthony nasconde a fatica l’irritazione. Dice, con una voce in
cui si avverte l’indignazione: -
Gli dica che non intendo riceverlo. Il
domestico si inchina ed esce. Anthony
si accorge di tremare di rabbia: è sempre stato collerico e la sfacciataggine
di Adrien gli fa venire voglia di farlo fustigare dai suoi servitori. È
quello che Adrien meriterebbe. Sono
passati pochi minuti quando il servitore rientra. - Mi
spiace, milord. Il signor Bellisle insiste. Dice che sicuramente il signor
marchese accetterà di riceverlo, che deve mettersi d’accordo per restituirgli
delle lettere, dei biglietti. Anthony
rimane immobile, come folgorato: quello svergognato lo sta ricattando. Si meriterebbe
di essere impiccato. Anthony non gli ha di certo scritto ardenti
dichiarazioni d’amore, ma ci sono diverse frasi compromettenti, molto
compromettenti. Se qualcuno leggesse i biglietti con cui Anthony fissava un
appuntamento o chiedeva di spostarlo o accompagnava un regalo, i sospetti e
le voci che già circolano su di lui diventerebbero certezza. Ci sono frasi
piuttosto esplicite: Anthony pensava di rivolgersi a un nobile, che non
avrebbe mai fatto vedere quei fogli a nessuno, perché avrebbe avuto tutto da
perdere. Ma Adrien non ha niente da perdere. Dopo lo scandalo scoppiato con
Bentham, quei fogli costituiscono un’arma formidabile, Anthony lo sa
benissimo. E lo sa anche quel figlio di puttana di Adrien. Figlio di puttana
e puttana lui stesso. Uno schifoso bastardo che ha l’impudenza di presentarsi
a casa sua per ricattarlo. Anthony
vorrebbe dire ai domestici di bastonare Adrien, ma sa che deve muoversi con
cautela. Se Adrien non ha più nulla da perdere, Anthony ha una reputazione
che non deve essere intaccata. Anthony
si controlla a fatica: non vuole manifestare davanti al domestico la sua
rabbia. -
Fa’ entrare quel presuntuoso. Adrien
si presenta, tranquillo e sorridente, come se non fosse successo niente. Ad
Anthony pare di leggere una derisione in quel sorriso. Anthony
osserva con cura il giovane, che rimane in piedi davanti a lui, come se
aspettasse di essere invitato a sedersi. Adrien è vestito in modo
inappuntabile, sicuro di sé, come se fosse davvero un nobile e non una
puttana. Anthony
non ha salutato. Anche Adrien non saluta, ma passa direttamente a ciò che gli
preme: gioca a carte scoperte. - Mi
scuso se ho insistito, ma non ho nessun altro a cui rivolgermi, ormai. Ho
bisogno di aiuto e lord Bentham mi ha scacciato. Anthony
freme e tace. Adrien continua: - Ho
bisogno di un aiuto, per potermi sistemare in qualche modo. Non intendo
gettarmi nel Tamigi. - E
osi rivolgerti a me? Dopo avermi ingannato, facendomi credere… Adrien
lo interrompe: -
Non ti ho ingannato. A te non ho mai detto di essere nobile, né tu mi hai
chiesto della mia famiglia. Era altro quello che ti interessava. Adrien
ha il coraggio di dargli del tu, come se la distanza tra di loro non fosse
infinita! Questa puttana gli si rivolge come se fosse un suo pari! - E
pensi di poter contare su di me per… Questa
volta è Anthony a lasciare in sospeso la frase. - E
su chi altri? Tutti mi hanno voltato le spalle. -
Come potrebbe essere diversamente? E hai avuto l’impudenza di presentarti
qui, di insistere per farti ricevere. Adrien
sorride. -
Dopo quello che c’è stato tra di noi. -
Basta! Questo è davvero troppo. Vattene! Meriteresti che ti facessi frustare. Adrien
guarda Anthony senza fingere stupore. Poi dice, un mezzo sorriso sulle
labbra: -
Non puoi abbandonarmi in questo modo, dopo i biglietti che mi hai scritto, le
lettere, i regali. Adrien
non aggiunge altro: non occorre. Il ricatto è stato formulato. Adrien non
dice che cosa farà se Anthony non gli darà ciò che richiede. È troppo
intelligente per non sapere che Anthony è conscio dei rischi che corre. Anthony
sa che deve mettere a tacere Adrien e recuperare quelle lettere e quei
biglietti, se non vuole che la sua reputazione sia definitivamente
compromessa. Tutti saprebbero che è stato l’amante di questo imbroglione, che
ora lo guarda, indifferente! Anthony
è talmente furente che vorrebbe uccidere Adrien, subito. Non può farlo e
freme. Anthony
fa fatica a controllarsi. Se avesse un frustino in mano, colpirebbe. Infine
sibila: -
Quanto vuoi? La
frase vuole essere offensiva: sottolinea che Adrien è una puttana le cui
prestazioni vanno pagate. Ma il giovane non finge di stupirsi, di indignarsi.
Risponde, tranquillo, senza esitare: è evidente che è venuto sapendo già che
cosa voleva ottenere. -
Duemila sterline. La
cifra che richiede è alta, molto alta, assai più di quanto Anthony potesse
aspettarsi. Il marchese non riesce a nascondere il suo stupore: -
Cosa? Ma sei pazzo? - È
quello che mi serve per sistemarmi e scomparire per sempre. Ti restituirò
tutto ciò che mi hai scritto e non sentirai più parlare di me. Anthony
potrebbe proporre di meno, ma l’idea di mettersi a contrattare con questa
puttana lo disgusta. E pensa che con ogni probabilità Adrien rimarrebbe
irremovibile: il marchese ha troppo da perdere per non cedere. Anthony
digrigna i denti. - E
va bene. Tra una settimana. Anthony
indica un albergo, dove prenderà una camera a nome di Boldshire:
lo pseudonimo con cui si presenta quando non vuole rivelare la sua vera
identità, ad esempio dal pittore Higgins. Anthony non vuole più ricevere
Adrien a casa sua e non intende certo farsi vedere in giro con lui. - E
non ti permettere di presentarti alla porta della mia casa, mai più. - Se
avrò quanto mi spetta, non tornerò qui. Anthony
non è in grado di trattenersi: -
“Quanto mi spetta!” Già, una puttana si paga. E tu costi caro. Adrien
sorride, fa un cenno di saluto e se ne va. Adrien
è soddisfatto. Non sapeva come l’avrebbe accolto Shaffield, ma era pronto a
giocare le sue carte: dalla passione, se Anthony si fosse dimostrato ancora attratto
da lui, al ricatto. Non aveva del tutto perso la speranza che il marchese lo
desiderasse ancora: in quel caso magari avrebbe potuto farsi ospitare in un
appartamento e la loro relazione sarebbe potuta proseguire, in gran segreto.
Ma il rifiuto a riceverlo gli ha confermato ciò che si aspettava: per lord
Shaffield pochi giorni fa Adrien era un sogno che si poteva appena sfiorare,
ora è lo stronzo di un cavallo, che si fa attenzione a non calpestare mentre
si cammina per le strade. Meglio
così. Shaffield verserà la somma richiesta, perché sa benissimo che non può
fare altrimenti. Adrien avrà quei soldi rapidamente, senza dover prendere
ancora quel vecchio che gli ripugna. Dopo
che Adrien se n’è andato, Anthony cerca di calmarsi e di riflettere. La somma
che Adrien ha chiesto è molto consistente, ma per Anthony non è di certo un
problema. La sfrontatezza del giovane però suscita in lui una rabbia feroce e
un desiderio di vendetta. Ci
sarebbero altri modi per mettere a tacere Adrien: Anthony è stato ufficiale a
lungo, conosce uomini che sono stati soldati e che sono disposti a far
sparire una persona fastidiosa. Tagliargli la gola e gettare il corpo nel
Tamigi. Un cadavere tra i tanti che vengono ripescati e che nessuno è in
grado di identificare. No,
questa soluzione non è possibile, non ora: nessuno sospetta che Adrien sia
stato anche il suo amante, ma è meglio non correre rischi. Se qualche cosa
andasse storto, se non si riuscisse a far scomparire il corpo, se venisse
identificato, Anthony potrebbe trovarsi in una situazione difficile: le
lettere e i biglietti che Anthony ha scritto al giovane potrebbero essere
ritrovati dalla polizia. Difficilmente qualcuno lo accuserebbe di omicidio,
ma di certo il suo nome verrebbe infangato. No, per quanto Anthony desideri
vendicarsi, sa che non è opportuno muoversi ora. Lo scandalo è stato troppo
grande. L’incontro
avviene dopo sette giorni, in una camera d’albergo, come stabilito. Anthony
porge la borsa. Adrien ne controlla il contenuto. Anthony freme: questo sfrontato
pensa che lui, lord Anthony, marchese di Shaffield, possa cercare di
ingannarlo, dandogli meno di quanto pattuito? Dio, questa puttana! Dopo
aver controllato, Adrien gli passa un’altra borsa. Anthony dà una rapida
occhiata. C’è tutto. Adrien
si alza. -
Non sentirà più parlare di me, lord Shaffield. Adrien
è rientrato nel suo ruolo di uomo del popolo: deferenza e rispetto nei
confronti del lord. Sul viso di Anthony appare una smorfia. -
Vattene ora. Io uscirò più tardi. Anthony
non ha nessuna intenzione di farsi vedere con Adrien Bellisle. -
Come desidera, milord. Adrien
ha ottenuto ciò che voleva. Anthony è di nuovo in possesso di tutto il
materiale compromettente, che provvederà a distruggere appena arrivato a
casa. Ma di Adrien intende vendicarsi. Non ora, bisogna lasciar passare un
po’ di tempo. Ernest
Becker esce di casa per andare a posare da Charles Higgins. Dalla sua
abitazione, di fronte a Regent’s Park, allo studio del pittore a Soho c’è una
lunga distanza, ma Ernest intende andare a piedi: camminare gli piace. Il
ritratto che Higgins gli ha fatto è stato appena ultimato ed è venuto molto
bene. Il pittore però gli ha chiesto se è disponibile a posare per un disegno
in stile classico: uno studio di nudo. La
proposta ha sorpreso Ernest. L’idea però lo ha divertito ed Ernest ha
accettato ben volentieri. Higgins gli ha detto che con ogni probabilità
saranno solo due sedute. Ernest
ha fatto pochi passi, quando gli si avvicina un giovane, che Ernest è sicuro
di aver già visto da qualche parte. - Lord
Becker, buongiorno. Ernest
non è abituato a fingere, per cui dice, direttamente: -
Buongiorno. So di averla già vista, ma mi scuso: non ricordo dove e come ci
siamo conosciuti. - In
effetti non siamo mai stati presentati, ma ci siamo trovati entrambi da lady Moryson. Mi chiamo Adrien de Bellisle. Ernest
sorride. -
Ora mi ricordo di averla vista nel salotto. E anche a teatro, forse, nel
palco di lord Bentham. Ernest
non sa nulla di ciò che è successo: è del tutto indifferente ai pettegolezzi,
non frequenta quasi nessun salotto e quando si parla di scandali si tiene
lontano. Nessuno gli riferisce le voci che circolano: chi lo conosce sa che
non gli interessano. Adrien
annuisce. Il comportamento di lord Becker è una conferma di ciò che sperava:
il conte non è a conoscenza di quando è successo. Adrien risponde: -
Sì, è vero. È un piacere incontrarla. Ernest
è stupito dalla cordialità di Adrien, ma per cortesia non lo dà a vedere. Adrien
aggiunge: - Ma
io la sto trattenendo e magari lei ha da fare. - In
effetti è così, il pittore che mi ha fatto il ritratto, Charles Higgins,
forse se lo ricorderà dai Moryson, vuole che posi
per lui per un disegno. Ho un appuntamento da lui. Ernest
non dice che sarà uno studio di nudo: non gli sembra proprio il caso. Adrien
osserva: - Ma
sa che non ho mai visto un pittore al lavoro? Adrien
non intende tornare da Higgins, che lo conosce, ma vuole in qualche modo
stabilire un rapporto con Becker, che gli permetta di rivederlo ancora. Se
Ernest gli dicesse di andare con lui, rifiuterebbe con una scusa, ma
rilancerebbe. In
un’altra occasione Ernest inviterebbe volentieri Adrien ad assistere, ma
trattandosi di un nudo non gli sembra il caso di avanzare la proposta. - Mi
spiace non poterla invitare. Oggi non è proprio possibile, ma magari, in
un’altra occasione. Posso chiedere al signor Higgins se non gli spiace
lasciarla assistere mentre dipinge. È molto disponibile e credo che lo farà
volentieri. - La
ringrazio. So che il ritratto che Higgins le ha fatto è un capolavoro. Adrien
non vuole terminare l’incontro senza aver ottenuto un risultato: non può
trovarsi un’altra volta “casualmente” davanti al palazzo del conte. Ernest
risponde: - Se
ha piacere di vederlo, passi da me. Abito proprio qui. Adesso non posso
mostrarglielo, come le ho detto il signor Higgins mi aspetta e mi sembrerebbe
scortese arrivare in ritardo. Un
nobile che non vuole far aspettare un pittore morto di fame! Lord Bentham non
deve aver tutti i torti su Ernest Becker. Ma non ha importanza. I giudizi di
George Bentham valgono poco ormai, sono quelli di un mondo da cui Adrien è
definitivamente escluso. E quest’uomo è bello, di una bellezza che toglie il
fiato. Adrien
risponde: - Se
non le dispiace, verrò volentieri a vedere questo ritratto di cui ho sentito
parlare. Mi dica quando posso passare da lei, senza disturbarla. Ernest
non si aspettava che il suo invito venisse subito accolto, ma non ha motivo
per non voler mostrare al giovane il quadro. Riflette un momento e dice: -
Non so, che ne dice di domani pomeriggio, sul presto? -
Molto volentieri. Ma… non disturbo? Mi sono
praticamente autoinvitato. Non so che cosa penserà di me. Ernest
ride: - Penserò
che è un amante dell’arte. Adesso però devo proprio scappare. A domani. - A
domani. E grazie. Ernest
si allontana in fretta: adesso deve affrettarsi se non vuole prendere una
carrozza. Si è fatto tardi. Adrien
lo guarda allontanarsi. Guardare Ernest Becker ridere è stato come fissare il
sole: è rimasto abbagliato. Dopo
un momento, quando ormai la figura di Ernest Becker è lontana, nascosta tra
l’altra gente, Adrien si riscuote e si muove. È soddisfatto: era già venuto
ieri e oggi ha passato due ore vicino alla casa aspettando che lord Becker
uscisse, ma ne valeva la pena, perché ha ottenuto ciò che voleva. Ha fatto il
primo passo. Poi verranno gli altri. Adrien
torna nella stanza dove alloggia. Domani rivedrà Ernest Becker, potrà parlare
comodamente con lui e farà in modo di poterlo rivedere ancora. Da
Higgins Ernest arriva puntuale, come sempre. Charles Higgins le prime volte
si stupiva della puntualità del conte: di solito per un nobile o un ricco
borghese far aspettare un pittore è la cosa più normale di questo mondo, non
se ne preoccupa. A Higgins è capitato di recarsi in casa di un industriale
che voleva far fare un ritratto alla moglie e di attendere un’ora prima di
sentirsi dire che la signora non era ancora pronta e poi sarebbe dovuta
uscire, per cui la seduta era rimandata. Charles
Higgins accoglie Ernest cordialmente. Tra loro esiste una certa familiarità,
nonostante l’abisso sociale che li separa: ma Ernest riesce a mettere a
proprio agio tutti quelli che hanno a che fare con lui. Soprattutto quando
parlano di pittura o di arte in generale, Charles finisce per dimenticarsi
completamente di avere a che fare con un nobile, di una famiglia illustre. Ernest
sorride e dice: -
Allora oggi mi immortala come un guerriero greco. Anche
Charles sorride, ma Ernest ha l’impressione che sia un po’ a disagio. Che sia
imbarazzato a vederlo nudo? Sarebbe strano, visto che è stato lui a
chiedergli di posare senza abiti e poi come pittore dev’essere abituato ai
nudi, maschili e femminili. Sarebbe Ernest che potrebbe forse essere turbato,
ma Ernest ha poco senso del pudore e non si pone problemi a spogliarsi di
fronte a Charles. È stato militare per anni e ha molto spesso condiviso una
camera con altri ufficiali. Mentre
Ernest si toglie gli abiti, Charles lo osserva e dice: -
Diciamo come un dio greco. Un Apollo. Ernest
ride. -
Non mi aduli. Charles
non dice nulla. Se c’è un uomo che può essere preso come immagine della
perfetta bellezza maschile, che è armonia e forza, di sicuro è Ernest Becker.
Charles non è attratto dagli uomini, ma non è insensibile al fascino di
questo maschio, la cui nudità ora gli sembra splendere. È bellissimo poterlo
disegnare, ma Charles avverte un disagio crescente. Sa che non avrebbe dovuto
farlo. Dopo
un’ora, Charles Higgins dice: - Direi
che per oggi ci fermiamo qui. Ernest
Becker si riveste e poi si avvicina per vedere il ritratto. - È
bellissimo, lei è davvero bravo, Higgins. Ma questo lo sapevo già. E credo di
averglielo detto. Charles
sorride. Ernest Becker è sempre gentile e i suoi complimenti, venendo da un
uomo che di arte si intende davvero, gli fanno particolarmente piacere. -
Grazie. - Ma
direi che è finito. -
Forse, ma voglio studiarmelo ancora un momento. -
Come preferisce. Quando ripasso? - Non
stia a venire qui. Quando ho dato gli ultimi ritocchi, glielo porto io. Ernest
Becker saluta ed esce. Higgins
guarda il disegno. Poi si copre la faccia con le mani. Non avrebbe dovuto
farlo. Non a Ernest Becker. Ma ormai non può più dire di no. Il
giorno dopo Adrien si presenta nel primo pomeriggio. Il domestico è stato
avvisato del suo arrivo, perché, non appena Adrien pronuncia il suo nome, gli
dice: -
Lord Becker l’aspetta. Prego, si accomodi. Seguendo
il domestico, Adrien dà un’occhiata al palazzo dei Becker: in questi mesi ha
imparato a valutare le abitazioni in cui è entrato. Nella residenza di Becker
non c’è lo sfarzo che Adrien ha avuto modo di vedere in altri palazzi
nobiliari, ma un’eleganza senza nessuna pecca. Ernest
Becker è in salotto e si alza all’arrivo di Adrien. Dopo che si sono
salutati, Ernest mostra il ritratto, che è appeso a una parete. - E
questo è il ritratto. Direi che Higgins ha fatto un eccellente lavoro. Se mai
decidesse di farsi immortalare, le consiglierei di rivolgersi a lui. Il
ritratto è davvero splendido, ma è quest’uomo vicino a lui a essere
splendido, di una bellezza incredibile. Lo
sguardo di Adrien indugia a lungo sul ritratto e poi passa a Ernest, come se
stesse valutando la somiglianza. Ma a guidare il suo sguardo è solo il
piacere di poter osservare apertamente quest’uomo. È bello stargli
vicino. Dopo
un momento, Ernest dice: -
Adesso però, se lo desidera, le faccio vedere gli altri quadri, che hanno
soggetti molto più interessanti. -
Molto volentieri, milord. Adrien
rimarrebbe a guardare il ritratto e soprattutto l’originale, ma non può
rifiutare la proposta. I
quadri che ornano le pareti della stanza sono molto diversi da ciò che Adrien
ha avuto modo di vedere frequentando i salotti londinesi: non sono ritratti
dei membri della famiglia, eleganti e austeri, o paesaggi di campagna sotto
la luce un po’ livida del cielo inglese. E neppure rovine romane dipinte con
cura meticolosa. Sono una festa di luce e colori, in cui le forme non hanno
contorni definiti e paiono scomparire in una nebbia multicolore. Adrien
è stupefatto. Dice, sinceramente: -
Non ho mai visto quadri così. Adrien
si rende conto di essersi espresso in modo troppo spontaneo, ma ha
l’impressione che Ernest Becker non badi a questo. Ciò che vale nell’alta
società, qui non ha lo stesso peso. Le misure sono altre, come questi quadri
non hanno nulla a che vedere con quelli che ornano i palazzi
dell’aristocrazia inglese. Ernest
Becker risponde: -
Sono di William Turner, secondo me il più grande pittore vivente, almeno qui
in Inghilterra. Non troverà nessun altro pittore capace di dipingere con la
luce come lui. - Ma…, ma… non ci sono contorni
definiti, questa locomotiva… sembra emergere dal
nulla, quasi fosse sospesa. -
Sì, forme e volumi sono trasformati dalla luce, dal colore. Guardi le
pennellate: curve, a spirale, a vortice. Ernest
indica i segni lasciati dal pennello. Sì, è chiaro che sa più di pittura di
tutti coloro che si affannano a comprare i quadri dei pittori alla moda. L’attenzione
di Adrien è attratta da un altro dipinto. - E
questo? Il
quadro raffigura uno scheletro sul dorso di un cavallo bianco. Ma lo
scheletro non è raffigurato come un cavaliere in sella: è invece appoggiato sulla
schiena, come se fosse sul punto di cadere, le braccia allargate. Le forme
sono appena abbozzate e una nuvola di colori avvolge e pare quasi inghiottire
la figura. - La
morte su un cavallo pallido. Il mio preferito. Di una bellezza
incredibile. Adrien
è a disagio. Il quadro lo turba, gli sembra sinistro. Ma non ha mai visto
un’immagine della morte di questa potenza. Ernest
coglie il suo stato d’animo. - Se
non le piace, non posso criticarla. È inquietante, lo devo ammettere. E
comunque sono molti quelli a cui Turner non piace. Qualcuno ha scritto che
non dipinge, ma impasta sulla tela gli ingredienti per una ricetta: uova,
panna, cioccolata. Ernest
Becker scuote la testa e prosegue: - Io
apprezzo i grandi pittori del secolo scorso, Gainsborough e Reynolds sono due
maestri, su questo non c’è dubbio, ma i loro quadri non mi trasmettono certo
le emozioni di questi. E un ritrattista come John Jackson è senza dubbio
bravo, un grande controllo della tecnica, ma siamo lontanissimi da
quest’orgia di luce e colori. Ernest
Becker sorride. Un sorriso luminoso. Adrien si rende conto che vorrebbe
baciare questa bocca che si schiude. Il desiderio è tanto forte che fa fatica
a controllarlo. Adrien
dice: -
Non so nulla di arte. Di musica capisco un po’, ma di pittura nulla. Davanti
a nessun altro avrebbe ammesso la propria ignoranza. Ma gli sembra che con
quest’uomo non abbia senso mentire. Aggiunge: - Mi
piacerebbe imparare. -
Dai Moryson, dove ci siamo visti, si discute sempre
di arte. Io ho imparato molto parlando con Higgins e con altri pittori. Adrien
sa che non può presentarsi dai Moryson da solo, per
quanto si tratti di un salotto molto aperto, in cui non ci sono preclusioni
in base alle condizioni sociali. Forse potrebbe andarci insieme a Becker:
probabilmente se dicesse la verità, che conosce troppo poco i padroni di
casa, Becker si offrirebbe di accompagnarlo da loro. Adesso però sarebbe
rischioso: vedendoli insieme qualcuno potrebbe decidere di informare Becker
di ciò che tutta la Londra che conta sa. Ed è ancora troppo presto. Se Adrien
otterrà ciò che desidera, se riuscirà a stabilire un legame con quest’uomo
che ora gli sorride, allora sarà diverso: potrà dirgli la verità, o almeno
una parte, presentandola nel modo giusto, in modo che le maldicenze non possano
più allontanare Becker da lui. -
Conosco poco i Moryson. Forse avrei bisogno che
qualcuno mi insegnasse un po’ a guardare un quadro. Avrei bisogno di un
maestro come lei. Ernest
Becker appare divertito all’idea. -
Come me? Sono un dilettante. Di certo non sarei un buon maestro. -
Non lo dica, non è vero. Adrien
vorrebbe dire che di certo Ernest Becker capisce di arte più di tutti quelli
che ha incontrato fino a ora, a parte forse alcuni ospiti del salotto dei Moryson. Becker
aggiunge: - Io
non sono certo un esperto, ma se ha piacere posso accompagnarla a visitare la
National Gallery. Non è una collezione molto ampia,
Londra meriterebbe di meglio, ma ci sono alcuni capolavori, perfino un
Raffaello. E la magnifica serie di Hogarth, sul Marriage-à-la-Mode:
un gioiello di satira sociale. Conosce Hogarth? Adrien
scuote la testa. Mente: -
Solo di nome. Non
l’ha mai sentito nominare, in realtà. E non ha mai messo piede alla National Gallery. L’idea di andarci con Ernest Becker lo
entusiasma. Aggiunge: - Se
davvero avesse voglia di accompagnarmi… Ma io sono
sfacciato: prima mi invito a casa sua, poi le chiedo di farmi da guida. Ernest
sorride. - Ma
si figuri! Io ci torno sempre volentieri. La galleria è stata aperta una dozzina
di anni fa. Pensi che prima il Regno Unito non aveva una galleria d’arte
pubblica. Adesso per fortuna la situazione è cambiata e speriamo che questa
collezione continui a crescere. Londra non può non avere una grande galleria,
come hanno Parigi, Monaco o Firenze. La sistemazione attuale non è il
massimo, ma la nuova sede non è ancora stata ultimata. A giudicarlo dai
progetti, il nuovo edificio non è proprio un capolavoro, forse non avrebbero
dovuto affidare la costruzione a Wilkins, ma almeno offrirà lo spazio
necessario. La
visita viene concordata per tre giorni dopo. Adrien si congeda: rimarrebbe
volentieri con Becker, ma non vuole apparire invadente. Il
venerdì Adrien ed Ernest si trovano all’ingresso della galleria. Ernest
arriva puntuale come sempre. Anche Adrien si presenta all’ora fissata: da
lord Bentham ha imparato che la puntualità è un dono che non va fatto a
chiunque, ma se c’è una persona al mondo che Adrien non intende far
aspettare, è proprio Ernest Becker. Ernest
racconta brevemente la storia della galleria, fortemente voluta da molti, ma
a lungo non realizzata. Parla delle numerose offerte di acquisto di intere
collezioni, tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento,
tutte respinte per i motivi più diversi. E infine l’acquisizione della
collezione di Angerstein, primo nucleo della
galleria. Adrien
ascolta. Non è ciò che Ernest racconta ad affascinarlo, ma il suo modo di
narrare. Ernest però si interrompe e dice: -
Adesso basta con la storia, non è qui per questo. Guardiamoci i quadri. Si
fermano davanti a un dipinto che rappresenta Gesù davanti a un uomo in parte
fasciato. - La
resurrezione di Lazzaro, di Sebastiano del Piombo. Un pittore italiano,
naturalmente. Osservi i colori: quel rosa, il verde, l’azzurro, l’arancio
dell’uomo inginocchiato. Non trova questa festa di colori nella pittura
fiamminga o in quella francese: li trova nella pittura italiana, in quella
veneziana in particolare. Guardi il gioco delle linee, il braccio teso di
Gesù che conduce lo sguardo dell’osservatore verso la figura di Lazzaro, il
gioco delle mani sollevate, che quasi fanno una cortina dietro i due
protagonisti della scena… ma io parlo troppo già
sul primo quadro. Incomincio malissimo. -
Scherza? È affascinante. Lo è
davvero. Adrien non ha mai guardato un dipinto come Ernest lo sta guidando a
fare. Lord Bentham ragionava in termini completamente diversi: ciò che
contava nel quadro erano altri elementi, come il valore, l’importanza
dell’autore, il prestigio che poteva dare il suo possesso. Ernest
Becker prosegue, parlando dello sfondo, a cui Adrien non aveva assolutamente
badato. Poi passano ad altri quadri. Per Adrien è la scoperta di un mondo. Di
fronte alla serie del Marriage-à-la-Mode, di
Hogarth, Adrien entra a contatto con un’arte del tutto diversa, che è una
rappresentazione impietosa della società. Adrien non pensava che potessero
esistere quadri di questo genere. Quando
lasciano la galleria, sono passate tre ore. Adrien ha l’impressione che siano
volate. -
Lei è un maestro eccezionale. Ernest
scoppia a ridere. C'è qualche cosa di abbagliante nel riso di Ernest Becker. -
Io? Non mi prenda in giro. Spero di non averla annoiata troppo. Adrien
pensa che passerebbe le giornate intere con Ernest. -
Tutt’altro. Credo di aver imparato più cose in queste ore che…
Adrien
non completa la frase. Aggiunge: - Ci
tornerò volentieri, per guardare di nuovo i quadri e ricordare ciò che mi ha
detto. - Un
vantaggio dei grandi quadri è che ogni volta che uno li vede, scopre qualche
cosa di nuovo. È come un grande romanzo. O Shakespeare. Uno legge e apprezza.
Poi se gli capita di rileggere, scopre nuove gemme che alla prima lettura gli
sono sfuggite. Ogni rilettura rivela nuove sfaccettature. O forse dovrei dire
che permette di scendere più in profondità. Per molti quadri è lo stesso. Al
momento di lasciarsi, Adrien dice: -
Sono sfacciato, lo so, ma mi piacerebbe molto poter approfittare ancora di
lei come guida. Ernest
non si mostra stupito. - Possiamo
visitare il British Museum. Una collezione davvero notevole, un excursus
nella storia del mondo, dall’antico Egitto agli Assiri, dai Greci agli altri
continenti. Una serie di gioielli eccezionali: i marmi del Partenone tolgono
il fiato. -
Davvero sarebbe così gentile da accompagnarmi? - Ma
certo. Mi fa piacere. -
Quando è libero? - Se
le va bene, le proporrei giovedì prossimo. Adrien
avrebbe preferito un appuntamento più ravvicinato, ma non vuole forzare i
tempi. -
Perfetto, la ringrazio. In
serata, Nigel Kellington racconta nel salotto dei Parry: -
Oggi ho visto Adrien de Bellisle… C’è
una chiara ironia nel modo in cui Nigel ha pronunciato il nome, calcando
molto sulla particella nobiliare. Dopo
un attimo di pausa Nigel aggiunge: - …
in compagnia di lord Ernest Becker. Uscivano dalla National Gallery. - Di
lord Becker? Ma… come è possibile? Lord Becker? Qualcuno
osserva: - È
possibilissimo. Niente di strano. Si sono incontrati e sicuramente
quell’impudente di Bellisle si è fatto avanti. Lord Becker vive fuori dal
mondo. Con ogni probabilità non sa niente di questo scandalo inaudito.
Bellisle lo avrà agganciato con qualche scusa. Più
d’uno ha pensato alla possibilità di una relazione tra lord Becker e il
giovane Bellisle. A questi sospetti dà voce uno dei presenti: - Ma
di lord Becker, nessuno ha mai pensato… non
circolano voci su di lui. Lord
Smirke, che è noto per le sue battute caustiche,
osserva: -
Uscivano dalla National Gallery, non da un albergo,
no? O lei è andato a letto con tutti quelli che l’hanno accompagnata in una
visita a un museo? Tutti
ridono. Nel cerchio un uomo sussurra al suo vicino: -
Anche se fosse così, non sarebbero molti, probabilmente nessuno. Non credo
che abbia mai messo piede al British Museum o alla National Gallery in vita sua. Qualcun
altro dice, con un sorriso: - Se
dobbiamo pensare male del povero lord Becker, allora dobbiamo farlo di tutti
quelli che Bellisle frequentava. La
frase mira a Nigel Kellington: molti sono sicuri che Bellisle sia stato anche
il suo amante. Una
signora si rivolge sorridendo a Nigel e gli dice: -
Lei è sempre ben informato su Adrien Bellisle. Peccato che non lo fosse
quando lo ha introdotto qui. La
stoccata è molto diretta, ma la controffensiva di lord Bentham ha ottenuto
qualche risultato: qualcuno sospetta che davvero Kellington abbia introdotto
Adrien nei salotti solo per farsi beffe dell’alta società. Nigel si rende
conto che avrebbe fatto meglio a non raccontare dell’incontro tra Becker e
Bellisle, perché si sta ritorcendo contro di lui: è preferibile lasciar
perdere e non tornare sull’argomento. Qualcuno
osserva: -
Bisognerebbe avvertire lord Becker. - A
lui piace mescolarsi con la gente del popolo. Ha persino collaborato alla Carta del popolo. Di che cosa mai
bisognerebbe avvisarlo? - Ma
un individuo come Bellisle… - Ha
preso in giro tutti noi. Se lord Becker si è tagliato fuori dalla buona
società, peggio per lui. Avrà modo di scoprire chi è Adrien de
Bellisle. La
notizia portata da Kellington non rimane a lungo al centro della
conversazione: non è così interessante. È solo una conferma di ciò che tutti
già sanno: Bellisle è un impudente e Becker uno sprovveduto. La conversazione
si sposta rapidamente su altri temi. Ma
Adrien Bellisle è destinato ad alimentare ancora i pettegolezzi della società
che ha frequentato per alcuni mesi. Una
settimana dopo la serata in cui Nigel ha parlato di Adrien, Londra si sveglia
ancora avvolta nella nebbia che è calata nella notte. È quasi maggio, ma solo
lentamente la nebbia si sta diradando. Olive Scott, una delle domestiche di
lord Bentham vede qualche cosa contro il cancello del palazzo di Grosvenor Square. Sembra…
sembra una persona inginocchiata. Olive
non capisce. Si rivolge a un’altra domestica. -
Sarah, non ti sembra che ci sia qualcuno al cancello? Sarah
aguzza la vista. -
Sì, direi che c’è qualcuno. Un mendicante forse. Sembra che si sia messo in
ginocchio. Che impudenza! Vado a dire a quel tizio di levarsi di torno. Sarah
esce e percorre a passo deciso il viale, ma man mano che avanza, procede più
incerta. È davvero una persona, appoggiata contro il cancello, ma… Sarah fa ancora due passi, si ferma, avanza di nuovo.
Si porta le mani alla bocca e grida: un urlo acutissimo. Quando
George Bentham scende, ancora in vestaglia, e raggiunge il gruppo di
domestici che si è assiepato di fronte al cancello, tutti si scostano. George
guarda il corpo appoggiato contro la cancellata, il viso con gli occhi
sgranati, la bocca spalancata, lo squarcio alla gola. Anche se c’è una cicatrice
sul mento e i capelli sono più corti, George riconosce immediatamente quel
viso contratto in una smorfia di dolore che la morte ha fissato per sempre. Qualcuno
ha sgozzato Adrien de Bellisle davanti al cancello di casa sua. |
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