10 – Lo scandalo Kellington Nigel
Kellington è curioso di vedere il posto che Ronaldson ha scelto per i combattimenti. Si è chiesto
perché non si sia servito del locale vicino al bordello, dove lui si è recato
alcune volte per le pratiche che gli piacciono. Forse perché questo locale,
per quanto periferico, è più comodo da raggiungere rispetto al bordello. L’uomo
davanti alla porta gli fa segno che può entrare, senza rischiare di
incontrare un altro cliente: Spade ha garantito che tutto si svolgerà
garantendo la massima riservatezza degli spettatori. In realtà a Nigel ormai
importa poco. Che lo vedano pure, se ne fotte. Nigel
entra nel magazzino e prende la prima porta a destra, come gli è stato detto
di fare. Nel locale ci sono le maschere, che tutti si devono mettere: alcune
coprono solo la parte superiore del viso, altre lo nascondono tutto. Nigel ne
sceglie una che arriva solo fino alle labbra e se la mette. Esce nuovamente
nel corridoio e lo percorre tutto, fino alla scala che scende. La
scala porta a un altro corridoio, immerso nella penombra: solo la luce
proveniente da una stanza sulla destra permette di vedere la strada da
percorrere. Nigel entra nella stanza, che è il locale dove si svolgeranno gli
incontri. È uno spazio piuttosto ampio. Anche qui ci sono le panche, disposte
su tre lati e su due file. Le panche in seconda posizione poggiano su
gradoni, in modo da garantire la visuale. Qui non ci sono posti in piedi: non
è per poveracci, questo locale. Nigel
si siede su una delle panche in prima fila. Diversi posti sono già occupati.
Nigel guarda gli altri spettatori. Hanno quasi tutti la maschera completa.
Impossibile riconoscerli. Nigel
osserva il locale. Un vecchio magazzino sotterraneo. Sopra c’era un altro
magazzino o magari una fabbrica. Forse qualche cosa legato ai bagni che non
sono lontano da qui. Il
primo incontro è tra il Toro e il Rosso. Nigel ha avuto modo di conoscere il
Toro, perché lavora nel bordello dell’Irlandese. Il Rosso invece l’ha già
visto in alcuni incontri, ma è la prima volta che lo vede combattere qui. Il
Toro è un bestione, con un cazzo massiccio e due coglioni grossi come mele,
ma il Rosso è un gran bel ragazzo. Molto più attraente del Toro e anche lui
con una buona dotazione. Il
Toro è forte, ma è evidente che non è un bravo pugile e Harry lo manda a
terra in pochi minuti. Spade
si fa avanti e dice: -
Qualcuno vuole affrontare in un incontro amichevole uno dei due campioni? Nessuno
sembra interessato. - Se
invece qualcuno volesse conoscere più da vicino il Toro, c’è la possibilità
di farlo. E se qualcuno vuole assistere, può farlo. Spade
aggiunge, con un sorriso: -
Pagando il giusto, naturalmente. Nigel
avrebbe preferito il Rosso, ma il Toro va bene. Mentre
il Toro passa in un’altra stanza, Nigel si alza. Si avvicina a Spade e gli
chiede: -
Non posso averli tutti e due? Uno davanti e uno dietro. Se gode solo il culo,
la bocca protesta e se faccio un bocchino, il culo si lamenta di essere
trascurato. Nigel
non si fa problemi con Spade, che di sicuro lo ha riconosciuto dalla voce e
dalla stazza. Spade
ride. -
No, mi spiace, ma per il momento il Rosso non è in vendita. Ordine del
padrone. Nigel
si dice che dovrà parlare con questo padrone, che non ha mai visto: è sempre
Spade a trattare con i clienti. Spade
aggiunge: - Ma
se ha piacere di una doppietta, chiamo Rupert o il Sergente. Teniamo un po’
di merce a portata, perché questi incontri di sicuro lo fanno drizzare anche
ai morti e non vogliamo mandare a casa nessuno a bocca asciutta … o a culo
asciutto. Spade
adegua il linguaggio a quello del suo interlocutore. - Lo
Scozzese non c’è? -
No, lo Scozzese è impegnato nel prossimo incontro. Se vuole aspettare, si può
fare dopo. Nigel
non ha voglia di perdere tempo: la lotta di quei due maschi nudi gli ha messo
appetito. -
No, no. Va bene il Sergente. - Ha
piacere che non ci siano spettatori? In questo caso deve pagare un
supplemento, ma … -
No, no, va bene se mi guardano. Se gli piace … Magari potrei farmi pagare io. Nigel
ride. Non gli spiace per niente che altri assistano, anzi: lo eccita. Spade
comunica: - Se
qualcuno vuole assistere al nuovo incontro del Toro, può farsi avanti. Gli
spettatori che vogliono assistere sono cinque. Pagano la cifra richiesta. Lungo
la parete opposta a quella dove si entra, ci sono diverse porte. Spade ne
apre una. Il locale è piccolo e spoglio: c’è solo un pagliericcio per terra.
Nigel e i cinque spettatori entrano. Il Toro è in piedi contro una parete e
si sta accarezzando il cazzo. Il
Sergente arriva subito dopo e chiude dietro di sé la porta. Ora nel locale ci
sono Nigel, il Toro, il Sergente e cinque spettatori, che a un cenno del Toro
si dispongono lungo una parete. Poi si muoveranno per vedere meglio. Il
Sergente e il Toro si avvicinano a Nigel. -
Spogliatemi. Con
il Sergente Nigel ha già scopato. L’uomo deve averlo riconosciuto e sa che
Nigel ama le maniere forti. Incomincia a togliergli i vestiti con gesti
bruschi. Il Toro coglie immediatamente come deve muoversi e si adegua. Il Sergente
dice: -
Spogliamo il porco, poi lo mettiamo allo spiedo. Uno
degli spettatori scoppia a ridere. Quando
Nigel è nudo, il Sergente si mette dietro di lui e lo forza a piegarsi in
avanti, finché non ha la faccia davanti al cazzo del Toro. Nigel lo annusa:
gli piace l’odore forte, di sudore e piscio. Accarezza questo bel cazzo
gustoso con la lingua e infine lo prende in bocca e incomincia a succhiarlo
avidamente. Intanto
il Sergente prepara la strada, spargendo un po’ di saliva. Poi si cala i
pantaloni, mettendo in mostra un cazzo già mezzo teso. Lo accarezza con la
destra, mentre la sinistra stuzzica il buco del culo di Nigel e un dito si
infila dentro. Quando
il Sergente è pronto, preme la cappella contro l’apertura ed entra deciso.
Nigel sussulta: è ampiamente abituato, ma l’ingresso è stato piuttosto
brusco. Nigel comunque apprezza: gli piace che gli facciano male quando lo
fottono e il Sergente ci sa fare, bisogna riconoscerlo. Nigel
riprende a succhiare. Il Sergente spinge con forza e Nigel afferra il culo
del Toro e lo stringe, in modo da riuscire a tenersi in equilibrio: le spinte
del Sergente minacciano di sbilanciarlo. Nigel
succhia e a un certo punto sente la scarica riempirgli la bocca. Inghiotte e
ancora succhia e lecca, ma il Toro gli allontana la testa, costringendolo a
lasciare la presa. Intanto
il Sergente spinge con forza e poco dopo viene. Nigel sente la scarica in
culo. Il
Sergente si stacca da lui. Nigel si lascia cadere in ginocchio. Si volta
verso il Sergente e vede che ha il cazzo sporco. Nigel gli fa segno di
avvicinarsi. Il Sergente obbedisce. Nigel incomincia a leccare il cazzo,
pulendolo. Uno
degli spettatori esce, seguito da un secondo: gente dallo stomaco delicato.
Per Nigel non ha senso. È la vita a essere merda, nient’altro. Gli
altri tre rimangono a guardare. Quando
ha finito, Nigel dice: -
Voglio bere. Il
Sergente annuisce. Incomincia a pisciare. Nigel beve, soddisfatto. A un certo
punto non riesce più a inghiottire e un po’ di piscio gli cola sul mento. Nigel
si rivolge al Toro. -
Anche tu. Il
Toro si avvicina, ma ha poco da offrire: prima di lottare ha svuotato la
vescica, come fanno tutti i lottatori. Anche se i colpi bassi sono proibiti,
può capitare di beccarsene uno per errore e se la vescica è piena, si rischia
di lasciarci le penne. Nigel
è soddisfatto della serata. Gli è piaciuto farsi fottere davanti a quegli
sconosciuti. Gli
spettatori escono. Nigel si pulisce con uno straccio che gli passa il
Sergente e si riveste. Poi passa nella sala. Lo Scozzese sta affrontando un
avversario che Nigel non conosce. Anche lo Scozzese è un gran bel maschio.
Una di queste sere si farà fottere da lui. Due
sere dopo, Nigel passa all’appartamento che possiede in Pitfield
Street, a Hoxton. Sono solo due stanze, ma
accoglienti. Nigel le usa per gli incontri occasionali: così evita di dover
prendere una stanza in albergo, esponendosi alla curiosità dell’albergatore e
rischiando di essere visto da qualcuno. La moglie del portiere provvede a
fare regolarmente le pulizie, per cui l’appartamento è sempre disponibile. Nigel
è un cliente regolare del bordello di Ronaldson, ma
gli animali domestici non gli bastano. Gli piace andare a caccia: la
selvaggina ha un suo fascino. Di solito quando Nigel va a caccia, si veste
con cura: sa benissimo che né il suo viso, né il suo corpo sono attraenti per
i più. L’abito dimostra che Nigel possiede qualche cosa che spesso ha più
successo della bellezza: il denaro. Una moneta che luccica nella mano apre
molte porte. Nigel
frequenta volentieri i locali in cui si riuniscono i soldati, come il Rose and Crown o il Barley Mow, dove
clienti e militari spesso ballano insieme. A Nigel non interessa ballare,
preferisce venire subito al sodo. I soldati gli piacciono, perché sono forti,
rudi, sporchi. Qualche volta gli incontri finiscono male e qualcuno picchia
Nigel, come è accaduto l’altra sera ai cessi del Barley Mow. Ma anche quello a Nigel non
spiace. Nigel
si cambia e indossa un abito da operaio che tiene sempre nell’armadio e che,
come concordato, la moglie del portinaio si occupa di lavare quando Nigel lo
lascia fuori. Ce n’è spesso bisogno. Quando
si veste da operaio, Nigel sceglie qualche sordido locale dell’East End, dove
può mescolarsi ai miserabili che si ubriacano la sera. Quello
in cui è entrato questa sera è poco illuminato e l’aria è satura di fumo.
Nessuno fa caso al suo ingresso: Nigel è vestito poveramente. Ai tavoli
qualcuno gioca a carte, altri chiacchierano tra di loro, ma molti bevono
silenziosamente. Quando
devono pisciare, gli uomini escono da una porta sul retro e svuotano la
vescica contro un muro. Nigel esce dietro un operaio e lo fissa mentre piscia
contro il muro. L’uomo volta la faccia verso di lui. -
Che hai da guardare, stronzo? Nigel
non dice nulla. L’uomo
finisce di pisciare. Si volta verso Nigel, senza ritirare il cazzo. -
Vuoi gustarlo, stronzo? Nigel
annuisce. L’uomo ride. -
Dai, vieni qui, fammi un bel pompino. Nigel
si avvicina. Si mette in ginocchio davanti all’uomo. Gli piace l’odore
intenso di piscio. Avvolge la cappella e incomincia a succhiare. Il cazzo
acquista volume, ma non si irrigidisce: l’uomo ha bevuto troppo. In
quel momento arriva un altro cliente. - E
che cazzo, Joe, hai trovato un succhiacazzi? Joe ride. -
Sì. Ma non ci sa fare. Vuoi provare tu, Ted? -
Buona idea. Prima però devo pisciare. -
Pisciagli in bocca. Sono sicuro che gli piace. Joe non ha chiesto a Nigel, che sa di non
avere nessuna possibilità di scelta. Nigel
lascia la sua preda e si volta verso l’altro uomo. Questi incomincia a
pisciare, dirigendo il getto contro la bocca di Nigel. Nigel beve, ma il
getto si sposta e a tratti bagna il mento e il petto di Nigel. Poi
l’uomo si avvicina. -
Ora succhiamelo. Nigel
avvolge il cazzo e incomincia a leccarlo. Il cazzo si irrigidisce in fretta.
L’uomo allora gli afferra i capelli e incomincia a fottere Nigel in bocca,
spingendo il cazzo fino in fondo e poi ritirandolo. Dopo qualche spinta,
viene. Nigel
inghiotte di nuovo. -
Sei proprio una puttana. L’uomo
allontana la testa di Nigel con una spinta violenta, che sbilancia Nigel.
Nigel si ritrova a terra. L’uomo gli molla un calcio in pancia, poi un
secondo. -
Lurida puttana. Meriteresti che ti ammazzassi. Nigel
sa che quest’uomo potrebbe davvero ucciderlo, ma non cerca di sottrarsi. L’altro
uomo prende per un braccio il compagno e dice: -
Lascia perdere, Ted. Ti ha fatto venire, no? È una
buona puttana, dovresti darle una moneta. Joe incomincia a ridere della propria
battuta, il suo corpo è scosso da una risata frenetica. -
Andiamo dentro, Joe. Ted molla ancora un calcio a Nigel e i due
rientrano. Nigel
si siede contro la parete bagnata di piscio. Si infila una mano nei
pantaloni, afferra il cazzo e incomincia a farsi una sega. Vorrebbe che
qualcun altro arrivasse e gli pisciasse addosso. È successo, più di una
volta. E in diversi casi lo hanno menato. Nigel immagina che dal locale
escano quattro uomini, che gli piscino addosso, che lo prendano a calci. Il
getto sgorga. Nigel
chiude gli occhi e rimane immobile, i pantaloni aperti, il cazzo che
lentamente perde consistenza e volume. Un uomo arriva, lo guarda e scuote la
testa, sibilando un insulto. Piscia contro il muro e rientra. Dopo un momento
Nigel si alza. Si chiude i pantaloni e si avvia. Non rientra nel locale:
passa in un viottolo tra orti e piccole case.
Due
settimane dopo Nigel Kellington apre la porta
dell’appartamento di Pitfield Street. Nigel è
contento: non si aspettava l’incontro occasionale che oggi l’ha condotto qui.
Guarda l’uomo che ha accompagnato e che ora sta osservando curioso la stanza
in cui sono entrati. Nigel
si spoglia, posando i suoi abiti sulla sedia. L’uomo si guarda ancora
intorno, poi fissa Nigel e sorride. Nigel si avvicina e incomincia a
spogliarlo. Un corpo davvero splendido, come Adrien. È un peccato che Adrien
sia morto. Anche se era uno stronzo, a letto ci sapeva fare. Nigel
cala anche le mutande e si inginocchia davanti all’uomo. Guarda il cazzo
vigoroso che gli si offre e lo avvolge con le labbra. Lavora un buon momento.
All’uomo diventa duro in fretta. Davvero un bel cazzo. Nigel solleva lo
sguardo, che corre lungo il ventre. Nigel si ferma. Di colpo gli sembra che
gli manchi il fiato. Si alza. Guarda l’uomo in faccia. Annuisce. Nigel
si stende sul letto, a gambe larghe. L’uomo si stende su di lui. Nigel sente
la pressione della cappella contro l’apertura. -
Dacci dentro, deciso. L’uomo
spinge a fondo con un unico movimento. Nigel ha l’impressione che un coltello
gli squarci le viscere. -
Merda! L’uomo
spinge con forza. Il dolore è bestiale, ma Nigel sa che è quello che vuole.
Un buon modo per finire. Quando
l’uomo gli afferra i capelli e tira brutalmente, costringendolo a sollevare
la testa, Nigel grida: -
Sì. Dice
un nome, un attimo prima che il coltello gli recida la gola. L’uomo
lascia andare la testa di Nigel, che ricade inerte. C’è ancora un gorgoglio,
mentre dalla gola tagliata il sangue scorre copioso. L’uomo ride e riprende a
fottere il corpo ormai privo di vita. Prosegue ancora un momento, finché il
piacere esplode. Si ritrae e si alza. Si pulisce con la camicia del morto. Guarda
a lungo il cadavere. Poi si avvicina al letto a e piscia sulla testa del
morto. Ride di nuovo. Si
riveste, prende i soldi di Kellington ed esce. La
nuova polizia municipale di Londra esiste da pochi anni. La sede è in Whitehall Place 4, ma un
ingresso si apre su Scotland Yard, la strada dove si affacciava la sede
diplomatica del regno di Scozia, quando non esisteva ancora il Regno Unito.
Presto questa nuova polizia sarà nota come Scotland Yard, ma per il momento
il nome non è ancora in uso. Thomas
Hardy è entrato a farne parte poco dopo il ritorno dalla Giamaica: non voleva
rimanere inoperoso, ma neppure ritornare nell’esercito, perché questo avrebbe
comportato una separazione da Adam. L’ispettore
Hardy è in ufficio. Ha appena risolto un caso che gli era stato affidato e si
gode un meritato riposo, sistemando alcuni incartamenti. La quiete dura poco:
il commissario della polizia metropolitana di Londra, tenente colonnello
Charles Rowan lo manda a chiamare. -
Hardy, c’è stato un delitto in Pitfield Street, a Hoxton. La moglie del portiere ha trovato il cadavere di
un uomo in un appartamento della casa, in cui va sempre a fare le pulizie.
Hanno chiamato un agente, che adesso è là. Si occupi lei di questo caso, per
favore. -
Certamente, commissario. Rowan guarda Thomas uscire dalla stanza. Rowan ha molta stima di questo ispettore,
che è entrato solo due anni fa nella polizia, dopo aver prestato a lungo
servizio nell’esercito. Di Hardy, Rowan apprezza la
grande correttezza: con lui non c’è rischio che capiti quello che è successo
con altri agenti e anche ispettori, allontanati per essersi ubriacati, per
aver avuto rapporti con prostitute o per essersi dedicati al gioco mentre
erano in servizio. Ma non è solo questo: Hardy è un uomo di rara intelligenza,
coraggioso e incorruttibile. Rowan ha scelto di vivere castamente, non
accettando la sua inclinazione per gli uomini. Ma se avesse incontrato Thomas
Hardy prima, quando aveva vent’anni in meno, forse non sarebbe riuscito a
mantenersi casto. Se avesse incontrato Thomas Hardy vent’anni fa,
probabilmente non ci avrebbe nemmeno provato, a mantenersi casto. Un uomo
come Thomas Hardy … Grazie a Dio il tempo passa e Rowan
ha cinquantacinque anni: è ancora troppo giovane per aver perso il desiderio,
ma gli è più facile tenerlo a bada. Thomas
raggiunge il quartiere di Hoxton, alla periferia
nord-orientale di Londra. L’agente
è sulla porta della casa. -
Buongiorno, ispettore. Un omicidio, una situazione … particolare. Prima
che l’agente abbia tempo di spiegare che cosa è successo, esce il portiere. -
Ispettore, l’aspettavamo. Il signor Weaverley … mia
moglie è sconvolta … assassinato … un signore così per bene … mai un problema
… io … Thomas
lo interrompe. Vorrebbe vedere il cadavere, ma visto che il portiere è qui,
tanto vale che raccolga le informazioni essenziali. Salirà dopo aver parlato
con lui. - Mi
spieghi come stanno le cose, per ordine. Il signor Weaverley
abitava nell’appartamento? Il
portiere scuote la testa -
No, no. L’appartamento è vuoto … voglio dire … non ci sta nessuno,
abitualmente. Thomas
corruga la fronte. - E
allora? -
Ogni tanto viene … veniva il proprietario, il signor Weaverley.
-
Ogni tanto? Ogni quanto? -
Non so, capitava. A volte ogni due o tre giorni, a volte stava settimane senza
venire. - E
oggi è venuto? -
Ieri. Noi pensavamo che … che se ne fosse andato, come sempre … lui non si
ferma mai a lungo. Solo qualche ora. Thomas
è perplesso. Un appartamento in cui il proprietario viene solo ogni tanto,
per qualche ora. Perché? Il classico pied-à-terre per qualche avventura
amorosa? Ci sarà tempo per chiedere, dopo. Adesso Thomas vuole vedere il
corpo e farsi un quadro della situazione. Si limita a chiedere: - E
allora? -
Questa mattina mia moglie è salita per fare le pulizie. Il signor Weaverley aveva dato lui l’incarico a mia moglie di
passare tre volte la settimana a fare le pulizie. Pagava bene. Vuole … voleva
che la casa fosse sempre in ordine. -
Sua moglie è salita e l’ha trovato morto? -
Sì, è sconvolta, una cosa del genere. Abbiamo chiamato subito l’agente. La
situazione è chiara. Dopo aver visto il cadavere e l’appartamento dove è
avvenuto l’omicidio, Thomas scenderà a parlare con la moglie del portiere e a
chiedere ulteriori informazioni. - Va
bene, salgo a vedere e poi tornerò a parlare con lei e con sua moglie. Ha la
chiave, agente? -
Sì, signor ispettore. -
Benissimo, ci vediamo dopo. Al
secondo piano c’è l’appartamento. Due stanze: un salotto con un tavolo e una
camera da letto. Il
cadavere è steso sul letto, prono, la gola squarciata. È nudo, a gambe larghe
e non ci sono molti dubbi su ciò che stava facendo quando è stato
assassinato. Un po’ di seme è colato dall’ano e forma una macchia biancastra
sul lenzuolo. Intorno alla testa c’è l’ampia macchia di sangue, che scende
fino a terra, ma anche una macchia gialla. Thomas si china e annusa: come
sospettava, l’assassino ha pisciato sulla testa del morto. Evidentemente
l’appartamento serviva per incontri clandestini, solo che questa volta il
signor Weaverley, se questo è il suo nome, ha
trovato un assassino, che l’ha preso e ucciso. Thomas
controlla gli abiti del morto, che sono stati piegati con cura e posti su una
sedia. Solo la camicia è a terra e presenta una macchia: dev’essere stata
usata dall’assassino per pulirsi dopo il rapporto. Non ci sono documenti che
permettano di identificare il morto. Non c’è neppure un portafogli o una
borsa con del denaro, che è stato evidentemente rubato. Thomas
osserva con attenzione il viso del morto: vuole essere in grado di
descriverlo, quando cercherà testimonianze. La vittima deve avere oltre
cinquant’anni, capelli, barba e baffi castani, ma ormai ingrigiti, portati
corti. Anche gli occhi, spalancati, sono scuri. Il collo è corto e il corpo
piuttosto massiccio. Thomas
esamina le due stanze alla ricerca di indizi, ma non trova niente. Poi fa un
secondo giro per l’appartamento, per capire com’è fatto. È piccolo, ma
arredato con cura, in modo da renderlo confortevole. Il proprietario non ci
viveva, ma lo teneva a disposizione per incontri occasionali. Doveva essere
ricco, per permettersi di avere un pied-à-terre. Dove viveva la vittima? E
come si chiamava davvero? Thomas è sicuro che Weaverley
non fosse il suo vero nome. Thomas
apre l’armadio. Ci sono dei vestiti, ma non sembrano quelli di un uomo ricco:
sono due abiti da operaio. Thomas li toglie e li esamina. La taglia è
senz’altro quella del morto. Appartengono a un altro uomo che aveva una
corporatura simile o invece servivano per travestirsi? Thomas
scende a raggiungere il portiere. -
Lei è sicuro che il proprietario dell’appartamento si chiamasse Weaverley? Il
portiere alza le spalle. - Io
lo conoscevo con questo nome. - Da
quanto tempo possedeva questo appartamento? -
Direi … da quattro anni, sì. Lo aveva comprato e fatto arredare. Mi aveva
detto subito che gli serviva solo per quando era di passaggio a Londra. -
Dove le ha detto che abitava? -
Non me lo ha mai detto. Una volta disse che era appena arrivato da
Manchester. Ma era chiaro che non intendeva dare troppe informazioni. E io ho
evitato di chiedere. -
Prima mi ha detto che non si fermava mai la notte. Che l’appartamento gli
servisse quando era di passaggio a Londra non è credibile. Il
portiere ha un mezzo sorriso imbarazzato. -
No, certo. Me n’ero reso conto anch’io. -
Non veniva mai da solo, vero? Il
portiere tossicchia. - Di
solito c’era qualcuno con lui. Ma non sempre. Thomas
è stupito. -
Veniva e si fermava anche da solo? -
No, no. Da solo rimaneva pochi minuti, il tempo di cambiarsi. Thomas
ripensa agli abiti che ha visto nell’armadio. - Si
cambiava e poi usciva con abiti da operaio? -
Sì, ispettore. Gli piaceva andare in giro così. - Lo
faceva spesso? -
Ogni tanto, diciamo due o tre volte al mese. Negli ultimi tempi anche di più. - E
poi tornava a cambiarsi di nuovo. - Certo. - E
quando non veniva da solo? Veniva con uomini, vero? -
Sì. -
Sempre uomini? -
Sì, non l’ho mai visto venire con una donna. -
Con che frequenza veniva? -
Non saprei dirle. Magari veniva due o tre volte in una settimana, anche solo
per cambiarsi, adesso erano forse due settimane che non lo vedevamo. -
Gli uomini cambiavano ogni volta? Il
portiere è nuovamente in imbarazzo. - In
certi periodi sì, in altri no, ma io non li vedevo sempre. Di solito non si
avvicinavano. - E
ieri. Ha visto l’uomo che è salito ieri? -
No, io non c’ero in quel momento. C’era mia moglie. - Va
bene, allora è il caso che parli con sua moglie. Il
portiere fa entrare Thomas nella stanza dove si trova la donna, accasciata su
una sedia, un braccio sul tavolo. -
Buongiorno, signora. La
donna guarda Thomas e scuote la testa. Sembra fare fatica a parlare. -
Capisco che lei sia sconvolta, ma io ho bisogno di porle qualche domanda. La
signora annuisce. -
Suo marito mi ha detto che c’era lei, quando il signor Weaverley
è arrivato. La donna
respira a fondo, trema, poi dice: -
Sì, è arrivato ieri pomeriggio, sul tardi, con qualcun altro. - Ha
visto la persona che era con lui? -
No, non l’ho visto: è rimasto dietro. Thomas
non aveva molte speranze che la donna avesse visto l’assassino: di certo se
l’uomo aveva intenzione di uccidere Weaverley, ha
fatto in modo di non farsi vedere da nessuno che potesse poi testimoniare. - E
non l’ha neppure visto uscire? -
No, ho sentito uscire qualcuno più tardi, credevo che fossero usciti tutti e
due, come al solito. - E
quindi oggi è salita per fare le pulizie. Lei andava tre volte la settimana,
vero? - Sì
e quando il signor Weaverley veniva, lavavo anche
le lenzuola. Qualche volta mi dava da lavare anche gli abiti … non quelli
belli … gli altri. Thomas
guarda un momento la signora. -
Lei sapeva che cosa il signor Weaverley faceva,
vero? Avrà visto sulle lenzuola qualche traccia. La
donna sembra quasi arrossire. - Io
… io non guardavo. Prendevo le lenzuola e lavavo. -
Non guardava, ma avrà visto, qualche volta. Come
unica risposta, Thomas ottiene un cenno di assenso. Il
portiere osserva: -
Ispettore, mia moglie fa le pulizie. Nessuno dei due ficca il naso negli
affari degli altri. Thomas
guarda il portiere e sorride. -
Certo, ma dato che il signor Weaverley è stato
assassinato, le cose che potete aver notato casualmente diventano importanti.
Il
portiere annuisce. -
Lei lavava anche gli abiti da operaio, mi ha detto. Ha un’idea di perché il
signor Weaverley se li mettesse? -
No, non so … probabilmente … per non sporcarsi. -
Erano molto sporchi quando glieli dava? La
donna china il capo. -
Qualche volta. Io … non me li dava spesso … quando me li dava è perché erano
proprio sporchi. -
Che tipo di sporcizia? - Di
tutto, signor ispettore. Fango, sudiciume. - Anche
altro? La
donna guarda il marito, come a cercare aiuto. Il portiere interviene: -
Qualche volta pensavamo che il signor Weaverley
avesse problemi di incontinenza. Thomas
rimane un momento in silenzio, riflettendo. Ha dei dubbi che questo Weaverley si mettesse gli abiti da operaio per problemi
di incontinenza, ma sospetta quale potrebbe essere il motivo per cui gli
abiti erano sporchi di piscio. Poi dice: -
Signora, si ricorda quand’era venuto la volta precedente? La
risposta conferma quanto il portiere ha detto prima: -
Almeno due settimane fa. Era un po’ che non veniva. -
Un’ultima domanda: nell’appartamento il signor Weaverley
ha mai ospitato qualcuno? Intendo dire, per più giorni. È il
portiere a rispondere: -
Un’unica volta. Più di un anno fa. Un giovane che si chiamava … Come si
chiamava, Liza? Era un nome francese, no? -
Sì, qualche cosa come Belil. Thomas
si accarezza la barba, che porta molto corta. Un certo Adrien Bellisle è stato sgozzato un anno fa. Potrebbe essere
lui? In questo caso non è certo l’assassino. -
Quanto è rimasto? -
Solo tre notti, poi se ne è andato. Il signor Weaverley
non teneva questo appartamento per ospitare gente. Thomas
ritorna ancora nell’appartamento, in attesa del medico. Intanto manda un
agente perché venga chiesto a tutte le sedi della polizia se è stata
denunciata la scomparsa di un uomo di buona condizione sociale, sui
cinquanta. Il
medico arriva e stabilisce che la morte risale probabilmente al tardo
pomeriggio del giorno precedente e che l’uomo è stato sgozzato con un
coltello: una conferma di quanto Thomas sapeva già benissimo. Dopo
che il medico ha fatto le prime osservazioni, Thomas volta il cadavere sulla
schiena, in modo da poterlo osservare bene. Un fisico robusto, muscoloso,
alquanto appesantito dagli anni. Torace e ventre pelosi. Un cazzo alquanto
voluminoso. Poi
il cadavere viene portato via e Thomas raggiunge la sede centrale della
polizia. Qui riceva una risposta alla sua richiesta: risulta scomparso un
industriale, Nigel Kellington, che non ha fatto ritorno
a casa ieri notte. La descrizione fornita dalla moglie sembra corrispondere
perfettamente al morto. Hardy
non è contento del compito che ora gli spetta: gli pesa dover comunicare a
qualcuno che una persona amata è stata uccisa. Thomas
si presenta nella casa dei Kelly, una lussuosa palazzina in Pall Mall, nel quartiere elegante di Mayfair.
Viene introdotto immediatamente. La signora Kellington
è una giovane donna, che non deve avere più di venticinque anni. Thomas si
aspettava una donna più avanti negli anni, ma evidentemente Kellington, se di lui si tratta, si è sposato in tempi
relativamente recenti e ha scelto una moglie che deve avere la metà dei suoi
anni. -
Buongiorno, signora. Sono l’ispettore Thomas Hardy, della polizia di Londra. Mentre
lo dice, Thomas nota due ritratti sulla parete del salotto. Uno rappresenta
la giovane che ha davanti, l’altro è senza dubbio l’uomo il cui cadavere è
stato ritrovato in mattinata. La posizione dei due ritratti, affiancati, non
lascia nessun dubbio: il morto è il signor Kellington. La
donna intanto ha risposto al saluto. -
Buongiorno, ispettore. Thomas
è rimasto un momento intento a guardare il quadro. Quando abbassa lo sguardo
sulla donna, questa chiede: - Ci
sono notizie di mio marito? -
Credo di sì. -
Che notizie? Mi dica? -
Non sono buone, se quel ritratto è il suo e se questi abiti erano i suoi. Thomas
porge alla donna la sacca con gli abiti del morto. - Li
riconosce? -
Sì, sono i suoi. E il ritratto … sì, è lui. Mi dica … è morto, vero? Thomas
guarda il viso della donna. Vi legge tensione, non angoscia. - Mi
spiace, signora. Purtroppo è così. Suo marito è stato ucciso. La
donna si siede, china la testa e abbassa lo sguardo. Thomas si aspettava una
reazione più violenta, ma la signora Kellington non
sembra in preda a un profondo dolore. Forse è soltanto frastornata. La
donna solleva la testa e guarda Thomas negli occhi. -
Dovrei fingermi sconvolta, vero? Sarebbe più dignitoso. Sono turbata, questo
sì, molto. Benché i rapporti con mio marito fossero … quelli che erano,
l’idea che sia stato ucciso mi addolora. Ma non posso dirle che soffro in
modo atroce. Eravamo due estranei, non mi ha mai … Scusi, non ha senso che io
le racconti certe cose. Mi giudicherà … Thomas
sorride. -
Non la giudico, signora. Apprezzo che lei non finga. So bene che molti
matrimoni sono una prigione, soprattutto per le donne. La
signora Kellington guarda Thomas, stupita:
evidentemente non si aspettava di trovare comprensione da parte di un
ispettore. Thomas
aggiunge: - Se
la sente di venire con me per riconoscere il corpo? Se non se la sente, posso
farlo io, visto che è senza dubbio l’uomo raffigurato in quel quadro. La
donna annuisce. -
Verrò. Ma, ispettore … come … mi ha detto che è stato ucciso … in che
circostanze? Anche
questo non è facile da dire, ma la signora ha diritto di sapere. - In
un appartamento che possedeva in Pitfield Street. - Pitfield Street? - A Hoxton. La
donna annuisce. - E
… e come … -
Gli hanno tagliato la gola. La
donna annuisce di nuovo. Poi chiede: -
Sapete chi, perché? -
No, signora. La
signora Kellington tace, guardando il pavimento.
Thomas dice: -
Posso farle alcune domande o preferisce che ritorni più tardi? -
Sono in grado di risponderle. -
Lei sapeva di questo appartamento? La
donna scuote la testa con decisione. -
No, ma non mi stupisce. Un appartamento o un albergo. Sapevo che mio marito … Edith
Kellington si morde il labbro. Thomas dice, piano: -
Sapeva dei gusti di suo marito? C’è
solo un cenno di assenso, a testa china. -
Glielo devo dire, perché comunque lo verrà a sapere. Suo marito è stato
ucciso durante un rapporto. Con un uomo. Edith
annuisce di nuovo. Poi alza la testa e dice, con voce ferma: -
Sapevo benissimo che mio marito aveva rapporti con uomini. Mi sposò quattro
anni fa … o forse dovrei dire che mi comprò, come si compra un animale, solo
perché nessuno sospettasse le sue tendenze, ma non era interessato né a me,
né a nessuna altra donna. Lo vidi invece più volte guardare degli uomini, più
spesso giovani, sui venti, venticinque anni. Non si preoccupava che io
potessi accorgermene. In qualche caso lo vidi corteggiare qualcuno sotto i
miei occhi. Io … ma forse non dovrei raccontarle questo. -
Tutto ciò che mi dirà di suo marito potrebbe rivelarsi utile per scoprire il
suo assassino. - Mi
dica che cosa vuole sapere. - Sa
se in questo periodo suo marito aveva qualche legame stabile? -
Non che io sappia, ma questo significa poco. Lui di certo non mi teneva
informata e io non avevo molti elementi per sapere se usciva per incontrare
qualcuno o per andare a divertirsi. Conducevamo due vite separate. Gli
serviva una moglie che salvasse le apparenze, sovrintendesse alla casa,
ricevesse gli ospiti, lo accompagnasse in certe occasioni, ma preferiva
muoversi da solo. E poi, nell’ultimo anno … mi sembrava che non gli
interessasse neanche più salvare le apparenze. - Ci
sono lettere, carte, documenti di qualsiasi tipo che potrebbero aiutarmi a
saperne di più? La
signora esita un attimo, poi risponde: -
No, non che io sappia. Thomas
ha l’impressione che la donna menta, ma decide che per il momento non è il
caso di insistere: le ha appena comunicato che il marito è morto e, per
quanto i rapporti tra i due non fossero certo ideali, rimane comunque una
notizia sconvolgente. Accompagna la donna per il riconoscimento del corpo. Al
ritorno Hardy si presenta da Rowan e fa la sua
relazione. -
Non sarà facile, da quel che mi dice, Hardy. E sarà un grosso scandalo. Il
padre di Nigel Kellington era uno dei più ricchi
industriali inglesi. Il fratello si occupa delle fabbriche che la famiglia
possiede a Manchester e Londra. Ma credo che lei lo sappia benissimo. E le
circostanze della morte … sembrano fatte apposta per suscitare la curiosità
morbosa del pubblico. I giornali ci si getteranno sopra come sciacalli. Il
mattino seguente Thomas è nel suo ufficio quando un agente gli comunica che
la signora Kellington vuole parlare con lui. Thomas
dice di farla passare immediatamente. -
Buongiorno, signora Kellington. -
Buongiorno, ispettore Hardy. C’è
un momento di pausa, poi la donna dice: -
Sono venuta per dirle che ieri le ho mentito. So che ci sono delle carte che
possono interessarle. Mio marito teneva un diario. E non c’è solo quello.
Inizialmente ho pensato di non parlarne. Non volevo che la memoria di mio
marito venisse ulteriormente infangata. Ma mi fido di lei, ispettore, e se
quel materiale aiuterà a far luce su questo omicidio, a catturare un
assassino, allora è necessario che lei lo veda. - Ha
con sé questo materiale? -
No. So dove si trova, nella biblioteca di casa, ma è in uno scomparto chiuso
e non ho la chiave. - Se
è d’accordo, posso accompagnarla a casa e vediamo il da farsi. - Va
bene, ispettore. La
signora fa strada a Thomas nello studio del marito. Su una parete c’è una
biblioteca. Uno degli scomparti è chiuso a chiave. Thomas
esamina la serratura. -
Non è un problema forzarla, se a lei non dispiace. Posso chiamare un fabbro,
ma credo di poterlo fare anch’io con una lama. -
Faccia pure lei. Thomas
riflette un attimo, poi dice. -
Magari prima di forzare la serratura possiamo vedere se c’è la chiave da
qualche parte. Può darsi che suo marito la tenesse con sé, ma può anche darsi
che la lasciasse in un cassetto. La
signora apre i cassetti della scrivania uno dopo l’altro e insieme cercano
tra gli oggetti e le carte presenti, ma non c’è nessuna chiave. Thomas è
ormai rassegnato a far saltare la serratura, quando Edith Kellington
gli dice: -
Aspetti un momento! Mi è venuta un’idea. Forse so dove potrebbe essere. Edith
esce dalla biblioteca. Thomas
osserva gli scaffali dietro il vetro. Ci sono alcuni volumi di grandi
dimensioni, che paiono essere raccoglitori per stampe. Poi ci sono parecchi
libri, tutti rilegati. Thomas ne scorre i titoli. Sono opere di scrittori
famosi, come Sterne, Fielding, Defoe, Smollett, Richardson, Burney:
quelli che si possono trovare in qualunque biblioteca, se il proprietario ama
i romanzi. Perché tenerli in uno scaffale chiuso? Ci
sono anche tre volumi che sul dorso hanno scritto solo Diari. Quelli
dovrebbero essere i più interessanti per le indagini. Edith
ritorna dopo qualche minuto con una chiave. -
Credo che sia questa. Mi sono ricordata che prima di venire in biblioteca
passava spesso nella sua camera. Era in un cassetto. Thomas
annuisce. Tenere la chiave nella biblioteca avrebbe dato a qualsiasi
domestico la possibilità di aprire e guardare il contenuto degli scaffali
senza che nessuno se ne accorgesse. Tenendola in un’altra stanza, per i
servitori era molto più difficile curiosare senza correre rischi. La
chiave è quella giusta. Thomas apre lo sportello. Thomas
prende uno dei volumi dei diari, apre a caso e dà una rapida occhiata.
L’occhio gli cade su: Questo
William ha un cazzo da cavallo, ma non gli è diventato del tutto duro,
neanche quando gliel’ho succhiato. Thomas
non legge altro. Che Kellington tenesse un diario è
un’ottima cosa, perché probabilmente sarà possibile capire gli ambienti che
frequentava e scoprire se in tempi recenti aveva una relazione con qualcuno. Thomas
apre anche uno degli altri volumi, che sul dorso ha scritto Retribution: è un romanzo della Mackenzie di cui
Thomas conosce il titolo. Ma in prima pagina c’è un titolo diverso: Dialoghi
con Priapo. Evelina si rivela essere un Diario
di un sodomita. E Moll Flanders è in realtà Le avventure del barone di D.
che fu catturato dai Negri della Guinea e divenne lo schiavo di piacere del
loro re. Le rilegature sono solo una copertura. Thomas
apre infine uno dei grandi volumi, che sono in effetti raccoglitori di
incisioni, miniature, piccoli dipinti. Thomas ne guarda solo due o tre e non
si stupisce nel vedere che rappresentano nudi maschili o accoppiamenti. Libri
e cartelline probabilmente non forniranno molte informazioni utili. Thomas
sta per dire alla signora che prenderà solo i diari, ma la donna lo precede: - Le
chiedo una cosa, ispettore. - Mi
dica. -
Prenda tutto, per favore. Utilizzi quello che serve per le indagini, ma
faccia scomparire il resto. Come vuole, non mi interessa, non voglio saperlo.
Vorrei solo che nessuno venisse a sapere che erano cose di mio marito. Thomas
guarda il materiale: si tratta di almeno una quarantina di libri, quattro
raccoglitori di immagini e i tre diari. -
Come desidera, signora. Avrò bisogno di aiuto per portare via tutto questo. -
Certo. Edith
chiama due domestici, che portano due bauli e li riempiono. I due bauli
vengono chiusi. -
Signora, se non le spiace, passo prima in sede per capire come muovermi, poi
verrò a ritirarli. -
Come vuole. Prima riuscirà a portarli via, meglio sarà. -
Entro due ore provvederò. La ringrazio. -
Grazie a lei per la sua disponibilità. Spero che riesca a scoprire il
colpevole. Thomas
ripassa in ufficio e parla con Rowan. Gli spiega
del materiale che ha ricevuto dalla signora e conclude: - Mi
dedicherò alla lettura dei diari, per vedere se emerge qualche indizio. -
Hardy, la pregherei di non portare il tutto qui, se non le dispiace.
Preferirei che esaminasse questi materiali altrove. Thomas
capisce le preoccupazioni di Rowan e tutto sommato
preferisce poter esaminare il materiale con calma a casa propria, senza
doversi preoccupare di quello che possono pensare gli agenti che entrano nel
suo ufficio. - Va
bene, lo faccio portare da me. Thomas
chiama quattro facchini e organizza il trasporto del materiale alla casa dove
abita con Adam. |
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