19 - Confessione

 

 

Adrien Normand, alias Adrien de Bellisle, alias Peter Ronaldson è seduto nell’ufficio dell’ispettore Thomas Hardy. Il medico l'ha esaminato e ha trovato al braccio destro le due ferite inferte da Bentham con lo spillone: ormai in via di guarigione, ma ancora visibili. L'agente che controllava la zona in cui si trova la villetta di Bentham ha riconosciuto in Ronaldson l'uomo che gli ha segnalato di aver visto dei ladri scavalcare il muro di cinta dell'edificio.

Thomas ha mostrato ad Adrien anche i tre biglietti che ha scritto, che lo inchiodano.

Adrien fissa Thomas. Ha giocato tutta la sua partita con abilità, ma ha sottovalutato il suo avversario. Forse, se avesse avuto modo di conoscerlo, non avrebbe commesso alcuni errori. Di certo avrebbe fatto sparire il biglietto con cui comunicava a Bentham che lo Scozzese non era disponibile e avrebbe alterato la sua scrittura nei biglietti per rivelare al Times la morte di Shaffield e segnalare la presenza della refurtiva a casa di Wheelsand. Ma era talmente sicuro che nessuno potesse risalire a lui, che non se n'è preoccupato.

- Lei è maledettamente intelligente, ispettore.

- Lo è stato anche lei.

- Evidentemente meno di lei.

Thomas sorride. Poi dice:

- Ha voglia di raccontarmi tutto?

Adrien guarda Thomas Hardy. Quest’uomo lo ha fottuto, mandando a monte i suoi piani. Adrien sa che finirà sulla forca per causa di questo ispettore. Risponde, senza nascondere la propria ostilità:

- Perché mai dovrei?

- Perché forse posso darle una mano.

Adrien sorride, un sorriso ironico.

- Non mi prenda per il culo, ispettore. Finirò impiccato. Lo so benissimo.

- Sì, su questo non esistono dubbi.

- E allora? In che cosa potrebbe darmi una mano?

- A evitare che sua madre venga a sapere della morte di suo fratello per mano sua e poi della sua esecuzione.

Adrien fissa Thomas. Davvero maledettamente intelligente.

- Pensa che sia possibile?

- Lo è, signor Normand. A me come ispettore interessa che l’assassino sia stato scoperto e che venga assicurato alla giustizia. Poco m’importa se sarà processato come Peter Ronaldson o come Adrien Normand.

- Per salire alla forca un nome vale l’altro.

Thomas annuisce.

- Esatto, ma di questi omicidi si è parlato in tutto il paese e se risulterà che a compierli è stato Adrien Normand, lo verrà a sapere anche sua madre, questo è sicuro.

Adrien storce la bocca in un sorriso amaro.

- Lei ha tutti gli assi in mano, ispettore.

- Ma lei mi ha dato molto filo da torcere, devo riconoscere.

Adrien annuisce.

- Da dove vuole che inizi? Dal mio trasferimento a Londra?

- No. Credo di avere le informazioni essenziali sui motivi per cui è stato costretto a lasciare Manchester con Kellington e sulla sua presenza nella società londinese tra ottobre e febbraio dell’anno scorso. So dei suoi rapporti con lord Bentham, ovviamente, e di quelli con lord Shaffield. Mi interessa sapere ciò che successe dopo che Bentham l’allontanò.

Adrien si gratta la nuca e abbassa lo sguardo. Rimane un momento assorto nei suoi pensieri, poi si scuote e incomincia a raccontare:

- Mi trasferii in un piccolo appartamento a Paddington. Da Bentham avevo ottenuto una forte somma: devo riconoscere che fu generoso. Ottenni ancora di più da Shaffield. Non certo per amore, anche se prima che la verità venisse fuori, lui si dichiarava follemente innamorato: sembrava che non potesse vivere senza di me. Dopo che ebbe saputo, mi considerava una merda, niente di più: il suo amore era evaporato molto in fretta. Io però avevo alcuni suoi biglietti. Niente di particolare, ma più che sufficienti per provare la nostra relazione. Io non avevo più nulla da perdere, lui tutto. Fu un ricatto, velato, ma chiarissimo. Quando capì, lo vidi fremere di rabbia, ma fu costretto a cedere.

Adrien sorride: a Shaffield l'ha fatta pagare due volte, prima con i soldi, poi con la vita. Adrien prosegue:

- A quel punto avevo parecchio denaro, di che vivere per qualche anno. Avrei potuto investirlo in qualche commercio. Lo feci.

Adrien ride e dice:

- Lei sa in quale.

Thomas annuisce e dice:

- O’Brian, Patrick O’Brian, intendeva lasciare l’Inghilterra per gli USA e rifarsi una vita. Cercava qualcuno a cui cedere il bordello e trovò lei. Come vi conosceste?

- Bentham mi aveva parlato di questo bordello, che talvolta frequentava. Un giorno, poco prima che mi scacciasse, mi disse che forse il bordello avrebbe chiuso perché il gestore intendeva lasciare l'Inghilterra. Per quello contattai O'Brian quando dovetti lasciare la casa di Bentham: poteva essere un buon affare. Sapevo come funzionava un bordello, questo doveva essere di buona qualità, se era frequentato da Bentham, e io avevo alcune idee per migliorarlo e ampliare il giro di attività.

- In quel periodo la raggiunse suo fratello, nell'appartamento di Paddington, di cui sua madre gli aveva dato l’indirizzo. Si rivolse al portinaio, che lo fece salire da lei. Ho parlato anche con lui e sono sicuro che la riconoscerà.

Adrien guarda Thomas e dice:

- Accidenti! Lei sa un sacco di cose. Che cosa sa di mio fratello?

Thomas risponde:

- Che non siete mai andati d’accordo, per non dire che vi detestavate, pur essendo gemelli, ma non siete davvero cresciuti insieme. Che Paul ebbe alcuni guai con la giustizia e preferì andarsene negli Stati Uniti. Che tornò, passò da sua madre e venne a cercare lei. Poi, secondo una lettera che lei ha scritto a sua madre, sarebbe ripartito per New York, con i soldi che lei gli aveva dato. Ma in realtà era stato sgozzato da lei davanti al cancello del palazzo di lord Bentham. Non è così?

Adrien sorride:

- Sa tutto, ispettore. Mio fratello era… vorrei dire un figlio di puttana, ma non voglio usare questa espressione per riguardo a mia madre. Quando fu costretto a partire per l’America, tirai un sospiro di sollievo. Pensai che non lo avremmo più rivisto, speravo che venisse ammazzato in qualche rissa o magari all’ovest, dagli indiani. Quando Bentham mi sbatté fuori, feci l’errore di dare a mia madre il mio nuovo indirizzo. Paul era in America e non pensavo che potesse tornare. Mio fratello invece ritornò in Inghilterra: da quel poco che mi disse, credo che lo avessero sbattuto fuori dagli Stati Uniti. 

Adrien ha una smorfia.

- Naturalmente passò da mia madre per avere ospitalità e chiedere dei soldi. Scoprì che io ne mandavo regolarmente a mia madre e decise di venirmi a cercare. Quando si presentò alla mia porta, sul momento non lo riconobbi: aveva una fitta barba scura e i capelli molto corti, esattamente come me adesso.

Adrien sorride:

- Naturalmente voleva soldi, tanti soldi. E poi sarebbe tornato a chiederne altri e altri ancora. Sapevo che non me ne sarei potuto liberare, se non scappando lontano. E in ogni caso lui si sarebbe stabilito da mia madre e si sarebbe bevuto tutti i soldi che io le avrei mandato. Era cordiale, contava di poter vivere alle mie spalle e io sentivo di odiarlo con tutto me stesso.

Adrien si interrompe. Guarda fuori dalla finestra: è buio, ormai, buio pesto.

Poi riprende:

- Fu quando disse che vedendoci insieme nessuno ci avrebbe presi per gemelli, che mi venne l’idea. Avevo deciso di vendicarmi di Kellington, ma sapevo che avrebbero subito pensato a me. Paul mi dava la possibilità di prendere due piccioni con una fava: sbarazzarmi di lui e garantirmi che nessuno pensasse a me se Kellington fosse stato ucciso. Mi finsi disponibile nei suoi confronti. Gli dissi che gli avrei fatto guadagnare molto di più di quanto potevo dargli io. Gli avrei fatto conoscere l’uomo che mi dava i soldi, quelli che mandavo a mia madre. Gli dissi di radersi, perché il mio protettore non amava le barbe. Poi gli feci indossare l’abito che mi aveva fatto fare Kellington. Erano le tre di notte, ma gli dissi che tanto i nobili passavano la notte a divertirsi e che avremmo incontrato il conte al ritorno da una delle feste a cui partecipava.

Adrien pensa all'ingenuità di suo fratello, che si credeva tanto furbo ed era cascato nella trappola senza nessun sospetto.

- Lo portai davanti a casa di Bentham, nel cuore della notte, e, mentre gli facevo vedere la villa, lo sgozzai. Sapevo che l’omicidio avrebbe definitivamente compromesso la reputazione del conte e intanto la morte di Adrien de Bellisle evitava che qualcuno potesse pensare a me di fronte agli omicidi che avevo in mente. In quel momento avevo già deciso di uccidere Kellington, ma pensavo anche a Shaffield. Quanto a Bentham… non avevo preso una decisione.

Adrien si interrompe nuovamente.

- Vorrei bere, ispettore.

- Le faccio portare un po' d'acqua.

Dopo aver bevuto, Adrien riprende.

- Mi lasciai crescere la barba e mi tagliai i capelli. Intanto conclusi le trattative con Patrick O’Brian per rilevare il bordello. Lo presi in mano, rinnovai la merce, avviai altre iniziative. Al bordello evitavo di farmi vedere dai clienti: qualcuno sicuramente mi aveva visto in società e anche se con la barba e i capelli corti era difficile che mi riconoscessero, preferivo non correre rischi. Per quello quando aprii un locale clandestino dove si lottava, misi a disposizione delle maschere, idea che piacque a diversi nobili e borghesi. Il mio vice, Spade, era molto in gamba.

Dopo un attimo di pausa, Adrien chiede:

- Finiranno tutti in carcere, vero? Gli uomini che lavorano al bordello, intendo. Condannati a morte e impiccati anche loro.

Thomas guarda Adrien, serio.

- Indagavo su tre omicidi, non sulla prostituzione maschile. Domani comunicherò ai miei colleghi, quelli che si occupano di questi reati, che ho scoperto l'esistenza di un bordello per sodomiti. Ma temo che coloro che si prostituivano se ne siano già andati.

Adrien ride.

- Di sicuro, ispettore. E lei lo sa benissimo. Non ci tiene a vedere impiccare qualche puttana, vero?

- No, Normand. Non ci tengo a vedere impiccare nessuno e men che mai gente che non ha mai fatto male ad altri.

- Così ha dato loro la possibilità di scomparire nel nulla. Non credo che i suoi colleghi saranno contenti.

Thomas alza le spalle.

- In fondo il bordello cessa la sua attività, il gestore viene arrestato. Mi sembra un ottimo risultato.

Adrien scuote la testa, sorridendo. Poi torna serio.

- Decisi che era ora di uccidere Kellington. Non fu difficile, non lo fu per nessuno di loro: li conoscevo tutti abbastanza per sapere come muovermi. Aspettai Kellington davanti alla sua abitazione. Mi presentai come il fratello di Adrien e gli dissi che lo avevo aspettato vicino a casa, perché temevo di disturbare. Dissi che le ultime notizie che avevo ricevuto da… me stesso risalivano a quando Adrien era sotto la sua protezione. Gli feci capire che sapevo benissimo di che protezione si trattava e che invidiavo mio fratello.

- Lui non sospettò niente?

- Quando mi incontrò, no, ne sono sicuro. Io avevo imparato come muovermi nell’alta società, Bentham mi aveva insegnato a badare a tutta una serie di dettagli: proprio per questo mi era facile muovermi come un uomo del popolo che invece non ha mai frequentato l’alta società. Qualche termine pesante, di quelli che a Kellington piaceva sentire, modi grezzi, di chi ignora le regole elementari dei salotti. Gli piacqui subito, molto, non vedeva l'ora di portarmi a letto, di farsi fottere da me.

Adrien sorride di nuovo.

- Conversammo un momento. Lui sondò il terreno e mi propose di incontrarlo qualche ora dopo nell’appartamento che teneva per i suoi incontri. Io mi mostrai molto perplesso, come se temessi di non trovare il posto: a Londra non avevo mai messo piede prima, avevo fatto fatica a trovare la sua casa, anche se avevo l’indirizzo. Mi diede due monete per prendere una carrozza e farmi portare a un appartamento dove ero stato molte volte.

Adrien ride.

- Ci ritrovammo vicino all’appartamento, salimmo insieme. Di sicuro non sospettò di nulla fino al momento in cui… Era inginocchiato davanti a me, non devo dirle che cosa stava facendo, vero, ispettore?

- Non occorre. Mi è chiaro.

- A quel punto mi guardò e… sul ventre ho un segno, la cicatrice di una piccola ferita, appena un graffio, che mi feci quando stavo con lui. Credo che sia stata quella a tradirmi. Me ne resi conto dalla sua faccia: aveva capito che ero io. Pensavo che si rivestisse, che mi allontanasse, mi stavo chiedendo se non saltargli addosso e ucciderlo, ma lui si limitò ad annuire, come se sapesse che l’avrei ucciso e lo accettasse. E quando gli presi la testa per i capelli per tagliargli la gola, gridò il mio nome. Non so… questo non riuscii a spiegarmelo.

- Sì, la riconobbe perché aveva visto il cadavere di suo fratello all’obitorio e aveva notato che quella cicatrice non c’era. Sul momento aveva pensato che la ferita fosse guarita senza lasciare traccia. Vedendola, capì che l’uomo che aveva davanti era lei e non suo fratello. Probabilmente si rese conto che era stato lei a uccidere Paul e che intendeva ammazzare anche lui.

- Ma non si sottrasse.

- No. Era attratto dalla morte e stanco di vivere. Per questo accettò. Ormai era quello che voleva.

Adrien è perplesso.

- Credo che abbia ragione, ispettore, però... Sì, dev'essere così.

Thomas chiede:

- Anche con lord Shaffield usò la stessa tattica?

- Sì, a lui piacevano gli uomini un po’ rudi e non mi fu difficile presentarmi come il fratello di Adrien. Un fratello meno grezzo di quello che aveva incontrato Kellington, ma comunque sempre rozzo. Gli dissi che Adrien mi aveva scritto di lui, che lo descriveva come molto più attraente di Bentham. Aggiunsi che non conoscevo Bentham, ma che ero sicuro che Adrien avesse ragione. Shaffield era presuntuoso, convinto che nessuno potesse resistergli.

- E anche con lui tutto filò liscio.

- Shaffield inizialmente era perplesso, ma non era il tipo da rifiutare. Con lui non ci furono problemi, ma volevo che il suo cadavere venisse ritrovato in quel posto squallido, che alla sua morte in quelle condizioni venisse data la massima pubblicità. Per quello avvisai il giornale.

- E ottenne il risultato voluto.

Adrien sorride. La lettura dei giornali in quel periodo deve avergli dato non poca soddisfazione.

- Già.

- E con lord Bentham?

- Con lui era molto impegnativo. Bentham mi conosceva molto bene. Ma proprio perché mi conosceva a fondo, la sfida mi tentava. Una sfida come quella che mi aveva portato nel cuore dell’aristocrazia inglese. Mi presentai pulito: un fratello povero, ma che ha cura di sé e non è rozzo.

- Con lord Bentham però non tutto filò liscio come con Shaffield.

- No. Eravamo stati insieme troppo a lungo. Per quanto fossi molto attento e fingessi di non conoscere la casa, a un certo punto, quando ormai eravamo a letto, sospettò qualche cosa. Troppo tardi per salvarsi, ma mi ferì.

Thomas annuisce. Adrien chiede:

- Le ho detto tutto quello che voleva sapere?

- Quasi. Ancora due cose. La prima è il ruolo di Harry O’Brian in tutto questo.

Adrien alza le spalle.

- O’Brian lavorava da lord Tumblestone, in Irlanda. Lì aveva incontrato Bentham, che lo aveva convinto ad avere un rapporto con lui. Ma Tumblestone era arrivato e così, per salvare la faccia, Bentham si era inventato un tentativo di violenza e O’Brian era dovuto fuggire. Arrivò da me cercando lo zio. Inizialmente pensai di servirmi di lui per attirare Bentham, ma il conte non frequentava il giro che avevo creato, benché lo avessi invitato attraverso uno dei miei uomini: probabilmente aveva paura di essere riconosciuto o che magari ci fosse una retata. Ormai la sua reputazione era compromessa ed era diventato molto cauto. 

- E allora rinunciò a servirsi di O'Brian?

- Diciamo che lo tenni a disposizione, convinto che mi sarebbe potuto tornare utile. Infine decisi di far ricadere su di lui l’omicidio che avevo in mente. Prima tolsi a lui e Wheelsand il salvagente che avevo offerto, in modo che si trovassero ridotti alla fame. La partenza di lord Becker privò Wheelsand della sua principale fonte di guadagno.

- Becker intendeva aiutarlo, ma lei intercettò la lettera.

- Sa anche questo! Certo, ha trovato la lettera da me. Sì, è così. Ormai questi delitti avevano destato un tale scalpore che era necessario trovare un colpevole: offrirne uno era il modo migliore per evitare ogni rischio di essere scoperto.

Thomas annuisce. Gli fa ribrezzo l’idea che Bellisle/Ronaldson abbia deciso di mandare a morte O’Brian per eliminare i rischi, alquanto ridotti, di essere scoperto. Ma in fondo è stata proprio la manovra che lo ha perduto.

Adrien prosegue:

- Poi suggerii a Wheelsand la possibilità di svaligiare la villa di Bentham. Gli dissi che avevo saputo di questa villa da un amante di Bentham, il figlio di un falegname che lavorava nel bordello. Indicai anche il momento adatto per il furto: la sera del giorno in cui intendevo uccidere il conte. Se qualche cosa fosse andato storto, li avrei avvisati di cambiare giorno. Quando li vidi arrivare, avvisai la polizia, contando che venissero sorpresi, ma riuscirono a fuggire. Allora mandai la lettera in cui segnalavo che la refurtiva era nell’abitazione di Wheelsand. Contavo che venissero entrambi arrestati.

Adrien fa una pausa, si versa un bicchiere d’acqua, e riprende:

- Quanto era accaduto da lord Tumblestone sarebbe saltato fuori, se necessario avrei scritto una lettera anonima a lord Tumblestone, ma ero sicuro che non ce ne sarebbe stato bisogno: del caso si sarebbe comunque parlato anche in Irlanda. Se O’Brian conosceva già Bentham e aveva perso il posto per colpa sua, questo costituiva un buon movente per un omicidio. Il fatto che fosse un sodomita rendeva più facile attribuirgli anche gli altri due omicidi. C’erano dei problemi, lo sapevo: O’Brian avrebbe potuto parlare degli incontri di lotta, ma non era probabile che lo facesse. E in ogni caso il bordello dell’Irlandese vanta protezioni molto in alto, credo che lei sappia anche questo, visto che sembra sapere tutto.

Thomas annuisce. Per quanto la manovra gli appaia disgustosa, Thomas non può non ammirare l’abilità con cui Adrien Normand ha costruito il suo piano.

Thomas osserva:

- Ma quando arrivammo a casa di Wheelsand, O’Brian non c’era.

- Già. In ogni caso c'era la refurtiva.

Thomas annuisce. Aveva sospettato che fosse andata così e dopo l'incontro con O'Brian sapeva anche il motivo per cui Harry sarebbe stato un buon capro espiatorio.

Adrien chiede:

- La seconda cosa che voleva sapere?

- Lei contattò lord Becker dopo che fu cacciato da lord Bentham.

Sul viso di Adrien appare una contrazione.

Thomas prosegue:

- Poi però non ebbe più contatti con lui o mi sbaglio?

- No. Il giorno in cui dovevamo vederci arrivò mio fratello. L’ultima persona al mondo con cui avrei voluto metterlo in contatto era lord Becker. E dopo la... la mia morte, non potei più farmi vivo.

- Non pensava di uccidere anche lui?

- Lui? No, di sicuro. Perché mai? Lord Becker non mi aveva mai fatto nulla. Non credo che abbia mai fatto male a nessuno. È una persona incredibile, disponibile e generosa.

Adrien scuote la testa. Pensa a Ernest Becker. Dopo averlo visto lottare con il Nero, il desiderio di rivederlo era diventato incontenibile. Si era persino appostato vicino alla casa, nella speranza di vederlo uscire, anche se non aveva senso e quando lo aveva davvero visto, che si dirigeva verso di lui, si era allontanato in fretta. Accarezzava l’idea di poter un giorno presentarsi anche a lui come il fratello di Adrien e di riuscire a diventare suo amico, suo amante. Un sogno difficile da realizzare, ma forse non impossibile.

Thomas riflette un momento, poi dice:

- Va bene. Come le ho promesso, io non la metterò sotto accusa per l’omicidio di suo fratello, in fondo non interessa a nessuno. Lei si presenterà come Paul Ronaldson e inventerà qualche storia per spiegare i tre omicidi. Ad esempio questa: lei aveva una relazione con Adrien Bellisle e quando questi venne ucciso, decise di vendicarlo, uccidendo i tre uomini con cui aveva avuto rapporti.

Adrien annuisce.

- Potrebbe essere.

- Concorderemo insieme tutti gli elementi essenziali e alcuni dettagli, ma non credo che sia difficile. Adesso però, signor Normand, le propongo un altro patto.

Adrien guarda Thomas, perplesso. Thomas prosegue:

- Lei di certo ha del denaro da parte. Io mi impegno a provvedere a far arrivare questo denaro, in quote periodiche, a sua madre, in modo che pensi che suo figlio Adrien è ancora vivo. Posso anche spedirle delle lettere che lei scriverà prima della fine del processo e farle arrivare altro denaro dall’America, se lei lo desidera, perché pensi che Paul stia facendo fortuna.

- Perché farebbe questo?

- Perché lei in cambio farà qualche cosa per me.

 

C’è una grande folla per l’udienza preliminare del processo a Greg Wheelsand, il sodomita pluriomicida. Molti si sono messi in fila fin dalla notte per assistere: alle sette c’erano già diverse centinaia di curiosi; poi sono arrivate le carrozze, da cui sono scesi uomini e donne in abiti eleganti. Niente di strano, visto che le tre vittime erano esponenti delle classi superiori. E poi i grandi processi attirano sempre un pubblico numeroso, di tutte le classi sociali.

Adesso davanti al tribunale ci si muove a fatica. La gente inganna l’attesa parlando del feroce assassino:

- Dicono che lottasse nudo e poi si prostituisse. Pensare che esiste gente del genere nel nostro paese!

- Di sicuro è lui l’assassino anche degli altri due, lord Shaffield e l’industriale.

- No, Shaffield l’ha ucciso lo stalliere, quello che è scappato e non si sa dove si nasconda.

- Ma figurati, il modo in cui è stato ucciso è lo stesso. Questo bastardo qui li ha uccisi tutti e tre.

- Magari erano complici. Pare che anche lo stalliere facesse parte del giro delle lotte clandestine. E di sicuro si prostituiva anche lui.

- Quello però è stato più furbo ed è riuscito a scappare.

- Già, perché quel coglione di Hardy non l’ha arrestato quando avrebbe potuto farlo. Che la paghiamo a fare, la polizia, se si lascia scappare sotto il naso gli assassini?

Tra le persone in attesa c'è anche Harry O'Brian, che nasconde a fatica la sua disperazione. Ogni parola che sente su Greg è una pugnalata. Vorrebbe reagire, ma sa che non può permetterselo.

Le porte si aprono e una parte della folla può infine entrare. Harry approfitta senza remore della sua alta statura e della sua forza per farsi avanti a spintoni e raggiungere un buon posto. Non gli importa nulla delle proteste, non gli importa nulla degli altri, del mondo, della vita. Ha bisogno di vedere Greg.

Nell’aula le panche riservate al pubblico sono piene di giornalisti inglesi, ma anche stranieri: dell’angelo sterminatore di Londra hanno parlato la stampa francese e quella tedesca. Ci sono anche diverse personalità di rilievo, curiose di assistere al processo e di vedere questo spietato assassino.

Il chiacchiericcio della folla si spegne di colpo quando Wheelsand viene introdotto: finalmente coloro che sono riusciti a entrare possono vedere l’uomo più odiato di Londra. I più rimangono delusi, perché si aspettavano un’incarnazione del male più spettacolare: un mostro è un mostro, ma questo sembra un uomo qualunque.

Greg cerca tra il pubblico Harry: è sicuro di vederlo e in effetti lo trova in una delle prime file. Cerca di sorridergli: un mezzo sorriso, appena accennato, brevissimo, per evitare che altri se ne accorgano.

L’udienza serve per determinare se istruire il processo, dopo aver sentito le testimonianze. Ci sono l’accusatore della Corona e l’avvocato che ha il compito di difendere Wheelsand. Ma prima che l’udienza abbia inizio, Hardy si avvicina al giudice e gli dice qualche cosa. Il giudice appare alquanto stupito. Parlano un buon momento insieme. Poi il giudice chiama l’accusatore e si intreccia un breve dialogo a tre.

Infine il giudice annuncia:

- Prima di procedere, ascolteremo una testimonianza che, secondo l’ispettore Hardy, rende inutile istruire un processo.

Ci sono alcune esclamazioni in sala, poi un mormorio generale, che presto diventa un vociare confuso. Che cosa significa? È una procedura alquanto strana, non si è mai vista una cosa del genere in tribunale. Inutile istruire il processo, senza neanche fare l’udienza preliminare? Che cosa vuole dire? È assurdo! Ma Hardy è l’ispettore che ha seguito il caso, insieme a Wilfer. I lettori del Times sono sicuri che Hardy ha i suoi buoni motivi, altri invece lo ritengono un incapace: Hardy non è riuscito a scoprire il colpevole, è Wilfer quello in gamba.

Il giudice impone il silenzio. Il testimone viene introdotto.

Greg Wheelsand guarda l’uomo che entra. È Ronaldson, il gestore del bordello dell’Irlandese. Che c’entra? Greg guarda Thomas Hardy. I loro sguardi si incrociano un attimo. Una speranza si accende in Greg.

Su invito del giudice, il testimone inizia a parlare.

- Mi chiamo Paul Ronaldson e ho ucciso il signor Kellington, lord Shaffield e lord Bentham.

C’è un mormorio in aula e il giudice richiama il pubblico all’ordine. In pochi minuti, superato lo stupore iniziale, tutti tacciono: vogliono ascoltare.

- L’ispettore Hardy, che è riuscito a risalire a me, mi ha invitato, per sgravarmi la coscienza, a spiegare in questa sede che cosa ho fatto e scagionare così un innocente. Non parlerò dei primi due omicidi, perché non riguardano questo processo.

Dopo un attimo di pausa, in un silenzio assoluto, Adrien prosegue:

- Uccisi lord Bentham e poi presi dalla casa gli oggetti di valore di cui conoscevo l’esistenza. Forzai una finestra perché credessero all’arrivo di un ladro. Poi mi allontanai e, dopo aver nascosto la refurtiva, avvisai un agente di aver visto due uomini scavalcare il muro della villa: volevo che il cadavere venisse ritrovato.

Ronaldson conclude:

- Più tardi diedi la refurtiva a un ragazzo, perché la portasse da Greg Wheelsand, a nome di un suo conoscente. Scrissi all’ispettore Hardy una lettera in cui gli dicevo che la refurtiva era a casa di Wheelsand, contando che venisse accusato dell’omicidio e del furto.

Greg non ha distolto lo sguardo un attimo da Ronaldson. Quest’uomo sta mentendo e lo sta salvando, accollandosi un altro crimine. Non cambia nulla per lui: l’assassinio di Bentham e degli altri lo porterà direttamente alla forca. Ma perché ha raccontato di aver commesso lui il furto? Greg guarda Thomas Hardy e incrocia nuovamente il suo sguardo. Greg ha l’impressione che l’ispettore gli sorrida leggermente. Hardy è la risposta alla domanda che Greg si poneva. Greg prova una gratitudine infinita per quest’uomo, che ha mantenuto la sua parola ed è andato molto oltre.

Di colpo si rende conto di essere un uomo libero: non ci sarà un processo, non c’è stato un furto nella palazzina di proprietà di Bentham, è stata solo una messinscena dell’assassino, non finirà sulla forca per aver rubato, spinto dalla fame. Greg cerca Harry con lo sguardo. Lo vede sbalordito e felice.

 

Quando Ronaldson è stato condotto via e il giudice ha deciso che non si terrà nessun processo, Hardy si avvicina a Greg e gli dice:

- Vorrei parlarle un momento. So che adesso ha solo voglia di andarsene, ma non le ruberò più di dieci minuti.

Greg sorride.

- Tutto il tempo che vuole, ispettore.

- Allora do ordine che le portino le sue cose direttamene dalla cella in un ufficio qui: non sto a farla venire alla sede della polizia.

 

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