11 – Pagine di diario In
primo luogo Thomas fa una breve ricognizione di tutto il materiale. I volumi,
quarantadue in tutto, sono libri erotici, alcuni illustrati, altri no,
rilegati con copertine che portano titoli di romanzi pubblicati nell’ultimo
secolo. Thomas li accantona. Li controllerà più tardi alla ricerca di
eventuali dediche o carte dimenticate o infilate per qualche motivo tra le
pagine, ma per il momento non è certo il materiale più interessante. I
quattro raccoglitori contengono immagini diverse: miniature, alcune
sicuramente indiane o persiane, qualcuna tratta da vecchi volumi europei;
incisioni, talvolta a colori; disegni e acquarelli. Quelle inserite in tre
dei raccoglitori presentano uomini nudi, spesso intenti ad accoppiarsi.
Nell’ultimo raccoglitore invece sono presenti scene di prigionia o esecuzioni
capitali: uomini, molto spesso anch’essi nudi, legati in una cella o
nell’atto di essere giustiziati. Thomas
passa ai diari. I testi sono quasi tutti datati e coprono un periodo di
quattro anni, ma non in modo continuativo: tra una data e la successiva
possono passare anche parecchi giorni. Una rapida scorsa rivela che non si
tratta di diari in cui Nigel racconta la sua vita giorno per giorno. Sembrano
essere esclusivamente il resoconto di avventure erotiche. Non solo avventure
reali: molte pagine, senza data, contengono storie o fantasie, in cui
talvolta ricorre il nome di Nigel, talvolta no. La
lettura integrale dei diari richiederebbe parecchio tempo. Thomas intende
farsi un’idea dei due volumi più vecchi e leggere in modo più accurato
l’ultimo. I
primi due diari forniscono un quadro completo dei gusti di Nigel Kellington e delle sue avventure erotiche, ma da una rapida
scorsa non emergono molti elementi utili: Nigel frequentava il bordello
dell’Irlandese e aveva molti incontri occasionali. Nessun uomo è citato per
un periodo molto lungo: qualche settimana, un mese o poco più al massimo.
Questo rende più esile la speranza di scoprire l’assassino attraverso i
diari. Bisognerà
controllare se i nomi citati ricorrono anche in seguito, cioè se a Nigel
capitava di riprendere i rapporti con vecchi amanti. Molte
pagine contengono fantasie di violenza e di morte. Il
terzo volume copre l’ultimo anno e mezzo e si apre con il mese di settembre.
C’è un’altra descrizione di una visita al bordello dell’Irlandese, con tutti
i dettagli del rapporto con un gallese. Un po’ più avanti Nigel racconta di
un viaggio a Manchester e della sua visita a una casa dove diversi giovani si
prostituivano. Thomas dà una rapida scorsa. L‘occhio gli cade sul nome di
Adrien Bellisle: il giovane assassinato qualche
tempo fa. Thomas si dice che dovrà parlarne con il collega che ha seguito il
caso. Dev’essere Wilfer, se ricorda bene: un
ispettore di cui Thomas non ha nessuna stima. Si
tratta di un assassinio, per cui Thomas ritorna indietro e legge la parte che
precede il viaggio a Manchester. Manchester
è un buco di culo di posto. Chi potrebbe aver voglia di viverci? Ralph è un
coglione a rimanerci. Chi è questo Ralph? Thomas non ricorda di aver
visto il nome sfogliando i volumi precedenti, ma questo significa poco. I
nomi sono tanti, molti con ogni probabilità fasulli: non ci si presenta con
il proprio nome e cognome a qualcuno con cui si scopa nei cessi pubblici. Visto
che devo andarci ne approfitterò per fare un salto alla Casa rossa. L’ultima
volta c’era un operaio che si vendeva, un ragazzo che non doveva avere più di
sedici anni, ma con un cazzo… Seguono
diversi dettagli, su cui Thomas sorvola. Il diario riprende dopo cinque
giorni, al ritorno da Manchester: evidentemente Nigel non si portava dietro
il diario quando era in viaggio. Non
mi lamenterò più quando devo andare a Manchester. Manchester rimane quel buco
di culo che è sempre stata, ma nella merda ho trovato un gioiello. Sono
andato alla Casa rossa la seconda sera. Mister Alfred mi ha detto che aveva
merce buona, un giovane francese di alto lignaggio, la cui famiglia era
andata in rovina a causa della rivoluzione. Non ci ho creduto, ma ero curioso
di vedere questo Adrien de Bellisle, come si fa
chiamare. Kellington descrive l’incontro e la scopata,
concludendo: Adrien
ha uno dei più bei cazzi del mondo. Thomas
si dice che certamente di cazzi Nigel aveva un’esperienza sufficientemente
ampia da poter fornire una valutazione attendibile. Non
credo proprio che sia un nobile francese, come dice, ma non me ne fotte un
cazzo. L’altro
ieri sono tornato: partivo il mattino dopo per Londra e volevo farmi fottere
un’altra volta da questo giovane stallone. Il
rapporto viene descritto con dovizia di particolari. Poi Nigel prosegue: Avevamo
appena finito, quando abbiamo sentito dei rumori: era arrivata la polizia.
Per fortuna la camera che mi aveva riservato mister Alfred era sul retro.
Siamo usciti dalla finestra, che dava su un piccolo cortile, e di lì,
attraverso un corridoio abbiamo raggiunto un’altra porta, sbucando in una via
che non conoscevo. Adrien mi ha fatto da guida fino a che siamo stati a
distanza di sicurezza. Adrien
era molto spaventato. Mi ha detto che tenevano d’occhio il bordello e
sospettavano di lui e di altri. Se lo avessero preso, sarebbe finito in
prigione. Adrien era sicuro che lo avrebbero deportato in Australia. Doveva
lasciare Manchester a ogni costo. Gli avevo detto che sarei partito il giorno
dopo e mi ha chiesto di aiutarlo. Mi sono detto: perché no? Un magnifico
stallone, me lo porto a Londra, me lo gusto qualche tempo e poi può cercarsi
qualche bordello in cui lavorare. Thomas
scorre il resto: dopo il ritorno a Londra, Adrien viene ospitato tre notti,
poi mandato in una pensioncina, perché: …
anche se fotte come un toro da monta, non è l’unico uomo al mondo e
preferisco avere l’appartamento libero: non si sa mai. “Non
si sa mai” è proprio solo un modo di dire: in realtà Nigel doveva sapere
benissimo che l’appartamento gli sarebbe servito. Infatti riceve diversi
altri uomini in quel periodo, anche se ogni giorno vede Adrien. Questi fa
pressione su Nigel perché lo aiuti. Nigel gli acquista un abito e lo porta in
società. Quella sera stessa lo vede andarsene con Bentham. Io
l’ho vestito e quello stronzo se n’è andato con Bentham.
Un po’ mi fa incazzare, perché Adrien è bravo a scopare. Ma non me ne fotte
niente: ci sono altri cazzi al mondo. Thomas
ha ormai capito che quella di Nigel non è un’affermazione teorica, ma il
risultato di un sistematico lavoro di ricerca. E
poi l’idea che il raffinato lord Bentham, l’arbitro
del gusto, che dai Parry si muove come fosse Iddio
sceso sulla terra, che proprio lord Bentham si
prenda questa puttana, mi diverte. Il
nome di Adrien non compare più per molte pagine. Ci sono molti altri incontri
fugaci, visite al bordello, qualche incursione a Limehouse,
dove più volte Nigel si fa fottere e poi pisciare addosso (o viceversa o le
due cose contemporaneamente: Nigel ha un buon grado di elasticità). Poi
riappare Adrien, che in una serata dai Parry si
comporta in modo altezzoso. Nigel decide che farà la sua piccola inchiesta a
Manchester. Non
sono riuscito a ritrovare mister Alfred, che è stato arrestato. L’unico altro
bordello rimasto è quello a St Peter’s Field. Ci
sono andato e ho ritrovato un altro degli uomini che si vendevano alla Casa
rossa, Edward. Un magnifico maschio, mi aveva colpito subito. Io
gli ho chiesto di Adrien e lui mi ha risposto che quando la polizia aveva
fatto irruzione, Adrien era riuscito a scappare, come aveva fatto anche lui:
la retata era stata organizzata male, la polizia non sapeva del cortile sul
retro, da cui si passava in un’altra casa. Comunque anche lui conta di
andarsene da Manchester, perché teme che la polizia lo possa scoprire. Vuole
venire a Londra. Gli ho consigliato il bordello dell’Irlandese, che ha sempre
merce di qualità. Mi ha ringraziato. Se l’Irlandese lo prende, mi posso far
scopare qualche volta. Ha un gran bel cazzo, grosso, duro, caldo. Ed è un
vero porco. Detto da Kellington, è
senz’altro un giudizio attendibile. Di
Adrien Edward sapeva che era figlio di un mercante della città, che si era
impiccato per i debiti, e di una lavandaia francese, che il mercante aveva
conosciuto al termine delle guerre napoleoniche e portato in Inghilterra,
senza sposarla. Quando il mercante si era ammazzato lui e il gemello erano
rimasti senza niente e a un certo punto Adrien aveva incominciato a vendersi.
Se penso che quello stronzo mi ha guardato come se fossi una merda e lui è
soltanto un bastardo, figlio di una lavandaia. Pare che non si chiami Bellisle, ma Normand, come la
madre: il padre non li ha mai riconosciuti. Ma lo sputtano ben bene, domani
sera dai Parry. Sulla
serata c’è molto poco: Nigel si limita a dire di aver raccontato quanto
sapeva, infiorando un po’ il tutto. Il
nome di Adrien è citato ancora due volte, circa due mesi dopo la serata in
cui Nigel ha raccontato ciò che sapeva di lui. Paul
mi ha raccontato di aver visto lord Becker uscire dalla National Gallery con
Adrien Bellisle. Questa sera lo racconto dai Parry. Dirò che li ho visti io. Adrien ed Ernest Becker.
La puttana e il più bel nobile d’Inghilterra. Mi piace pensare che Ernest
Becker fotte Adrien, che glielo mette in culo fino in fondo. Sono sicuro che
lo fa urlare di piacere. Ernest Becker è un tale maschio! L’ultimo
riferimento ad Adrien porta la data di otto giorni dopo: Adrien
Bellisle è stato trovato morto davanti al cancello
della residenza di Bentham. Quando l’ho saputo, ho
subito chiesto a Noland di farmi entrare questa
notte. Noland non voleva: dice che è un omicidio,
non un’esecuzione, che il cadavere è a disposizione della polizia, che non
vuole correre rischi. Una manovra per ricavare qualche cosa di più. Alla fine
si è lasciato convincere, ma gli ho dovuto dare parecchio. Questa sera ci
vado. A
che cosa si riferiva Kellington? Si direbbe che
volesse andare all’obitorio. Chi è questo Noland?
Il custode o un suo aiutante, probabilmente. Adrien
era steso sul tavolo. Aveva i capelli corti. E una cicatrice in fronte che
non gli avevo mai visto. Era parecchio che non lo vedevo nudo, da quando se
n’era andato con Bentham. Era cambiato, vorrei
quasi dire sciupato. Da Bentham di certo stava
bene, ma dopo che il conte lo ha cacciato deve aver avuto una vita grama. Il
segno della piccola ferita al ventre invece non c’era più: era infine
guarita. Mi
sarebbe piaciuto che avesse avuto il cazzo duro, ma era moscio. Comunque era
un bel cazzo. Non ho potuto fermarmi a lungo. Noland
era sulle spine e mi ha costretto a venire via quasi subito. Non ho potuto
neanche farmi una sega. Thomas
si dice che dovrebbe controllare chi è questo Noland,
ma probabilmente per l’inchiesta non ha nessuna importanza. Passa oltre. Le
pagine di diario sono alternate ad altre, senza date, che sembrano essere
fantasie erotiche. Uno
schiavo mi aiuta a caricarmi in spalla il palo che mi trafiggerà. È pesante
e, per quanto io sia forte, non riuscirei a portarlo, se lo schiavo non mi
aiutasse a reggerlo. Bestemmio, mentre cerco di trovare la posizione giusta
per poter sostenere il palo. Una frustata al culo mi ricorda che devo
muovermi. - Avanti, cane! Mi
avvio lungo la pista che sale al castello. La giornata è calda, il palo è
pesante. Presto sono tutto bagnato dal sudore che mi appiccica i capelli al
capo e cola dalla fronte fino a perdersi tra la barba, che scorre in fitti
rivoli sul petto, facendo luccicare la peluria scura. Il palo mi pesa sulla
spalla, sfregando contro la pelle e provocando abrasioni. Cerco di non
mostrare segni di debolezza e mi sforzo di camminare a passo sicuro, malgrado
la fatica. La strada è breve, ma mi appare interminabile: eppure ciò che mi
aspetta è molto peggio di questa camminata sotto il peso del palo e il sole
che sembra schiacciare a terra ogni cosa. Raggiungiamo
infine le rovine del forte. Posso posare il palo. Mi legano subito le mani
dietro la schiena, in modo che non possa più fare nulla. Uno degli schiavi
depone a terra un arnese di legno che ha portato con sé, una specie di grossa
sella, piuttosto alta. Perdo il controllo della vescica e il piscio scende
abbondante a terra. Non mi accorgo nemmeno dell’ampia pozza che si sta
formando ai miei piedi. Mi
afferrano, mi dibatto, ma è inutile. Non posso fare nulla per sottrarmi al
supplizio, lo so, ma il mio corpo rifiuta lo scempio a cui è destinato.
Bestemmio, più volte, insulto questi fottuti turchi, che infine mi
costringono a inginocchiarmi e ad appoggiarmi con il torace sulla sella. Due
di loro premono sulla mia testa, impedendomi di alzarla, e un terzo mi blocca
il collo con una specie di forcone le cui punte si infilano nel suolo. Altri
due mi tengono ferme le gambe e passano le corde alle caviglie. Tirano verso
l’esterno, in modo da divaricare bene le gambe e le natiche. -
Bastardi! Un
uomo si inginocchia dietro di me. Mi tendo. Avverto la pressione di una punta
che mi entra in culo. Bestemmio ancora, mentre la lama affonda poi, con un
movimento brusco, risale, squarciando l’apertura. Urlo, un grido di puro
dolore. Il sangue cola abbondante. L’uomo si alza. Il mio culo è pronto ad
accogliere il palo. Gli
uomini prendono il legno e lo mettono in posizione, la punta acuminata contro
l’apertura sanguinante. Sento la pressione del palo che tra poco entrerà
dentro di me, regalandomi una morte terribile. Il boia dà un colpo secco e il
palo mi entra in culo. Grido. La
fantasia si interrompe a metà pagina. Al fondo la pagina è un po’ rovinata.
Osservandola Thomas nota che è una macchia chiara, come un cerchio. Sperma. Nella
pagina seguente la fantasia riprende, ma Thomas si limita a dare una rapida
scorsa: Nigel immagina di essere impalato e di agonizzare tre giorni sotto il
sole cocente. Sotto c’è uno spazio vuoto, in cui c’è di nuovo una macchia. Thomas
cerca nella cartellina con le immagini di esecuzioni capitali. C’è una serie
di stampe che rappresentano un impalamento di prigionieri: le modalità sono
quelle descritte da Nigel nella sua fantasia. La stessa sequenza ritorna in
alcuni disegni, degli originali, in cui vi è un solo prigioniero, nudo.
L’uomo assomiglia molto a Nigel. Nigel Kellington
si è fatto ritrarre come uno dei condannati? Esistono
anche altri disegni in cui appare Nigel: in uno lo si vede con le mani legate
dietro la schiena, appoggiato a una scala; in un altro è impiccato; un terzo
rappresenta Nigel, un cazzo da toro, duro, con il corpo trafitto da frecce,
come san Sebastiano. I
disegni sono di discreta fattura. Un’altra
pagina mostra l’interesse di Nigel per i cadaveri. Noland mi ha fatto entrare nella camera
mortuaria. Ho dato al custode una moneta e lui ci ha lasciati soli. Il cadavere
dell’assassino era coperto da un lenzuolo. Si vedevano solo il viso
congestionato, con la lingua che sporgeva tra i denti, e il collo con il
segno della corda che l’ha spezzato. Noland ha tolto il lenzuolo. L’impiccato
aveva un magnifico cazzo duro. Sapevo che spesso agli impiccati viene duro. Ho
detto a Noland di aspettarmi fuori. Mi sono
spogliato completamente. Mi sono preso il cazzo in mano e guardando il
cadavere mi sono fatto una magnifica sega. Devo
farmi fare un disegno da impiccato, con il cazzo duro. Un bel modo di morire.
E anche un disegno steso sul tavolo dell’obitorio. Quello
dell’impiccato, Thomas l’ha già visto. C’è anche Nigel come cadavere sul
tavolo dell’obitorio: un disegno anticipatore, anche se nella realtà invece
del segno della corda sul collo, c’è stato uno squarcio. Thomas
scorre altre pagine. La vita erotica di Nigel Kellington
era piuttosto intensa, per usare un eufemismo, e ricorrevano le stesse
situazioni. Thomas cerca novità, che forniscano qualche nuova traccia utile
alla ricerca dell’assassino. Il
nuovo gestore del bordello dell’Irlandese è Ronaldson.
Non si fa mai vedere in giro e delega tutto a Spade, ma ci sa fare. Ha
rinnovato la merce, tra l’altro ha preso anche lo Scozzese, che avevo
conosciuto al porto, e si possono fare molte più cose. In
effetti Kellington racconta alcune sedute di sesso
violento, umiliazione e blande torture. Altre informazioni riguardano invece
la raccolta di disegni e stampe. Sono
riuscito a soffiare a lord Shaffield una miniatura
indiana per cui lui avrebbe pagato volentieri. Groove
ovviamente non ha fatto il nome di Shaffield, ma so
benissimo che è lui il cliente a cui riserva questi pezzi, l’ho visto uscire
dal negozio una volta con una cartellina sotto braccio. Shaffield di certo non sa che Groove propone
prima a me i pezzi che poi gli vende, quando io non li prendo. Nella
miniatura si vedono due uomini nudi, con molti gioielli, che scopano. Uno dei
due, con un turbante coperto di pietre preziose, fotte l’altro, che è disteso
su un cuscino. L’uomo che viene inculato ha lunghi capelli neri e la barba:
non è un ragazzo, come spesso si vede in queste opere. Ha anche lui il cazzo
duro, un grosso cazzo che mi fa venire l’acquolina. Thomas
si chiede se per Kellington ci fossero anche cazzi
che non facevano venire l’acquolina: quelli grossi, duri e sporchi erano i
suoi preferiti, ma a quanto pare c’era posto per tutti nella bocca, in culo o
tra le dita di Kellington. La
miniatura è tratta da un manoscritto arabo delle “Trenta e una notte”, un testo
che mi piacerebbe leggere, ma non è tradotto in inglese. Groove dice che non
saprebbe come procurarselo. Thomas
cerca la miniatura nella collezione di Kellington.
La riconosce facilmente. Thomas
sbuffa. A parte le pagine su Bellisle, su cui dovrà
confrontarsi con il collega che ha seguito il caso, non emerge molto. Tanto
varrebbe prendere uno dei quaranta e passa volumi della collezione di Kellington e leggere quello. Ronaldson organizza incontri di lotta in cui i
contendenti si affrontano nudi. Quell’uomo è un genio. Il locale al porto
chiuderà presto, dopo che aprirà l’altro. Non vedo l’ora. Ieri sera al porto
ho visto Ernest Becker che assisteva ai combattimenti. Lui non si copre il
viso. Credo che sia il maschio più affascinante che io abbia mai visto. Segue
una fantasia in cui lord Becker è il protagonista. Ernest
Becker. Penso alle sue mani che mi spogliano… Thomas
passa oltre. Nigel
descrive in ogni dettaglio gli incontri organizzati da Ronaldson
nel nuovo locale: il primo, in cui poi si è fatto fottere da uno dei
lottatori e da un altro degli uomini del bordello dell’Irlandese, e i
successivi. Si direbbe che non se ne perdesse uno. Magari a uno di questi
incontri può aver incontrato il suo assassino. Thomas legge, saltando le
dettagliate descrizioni delle scopate. Ieri
sera sono andato al terzo incontro di lotta organizzato da Ronaldson. Nel primo incontro erano il Rosso e il Nero ad
affrontarsi. Li avevo già visti tutti e due, ma vederli lottare uno contro l’altro
è stato davvero splendido: un colosso nero di pelo e un altro di pelo rosso
che lottano nudi. C’era
anche Becker: aveva la maschera, ma non si era preoccupato di coprirsi bene e
con quei capelli biondi e la barba era perfettamente riconoscibile. Mi sono
seduto vicino a lui. Mi piace moltissimo. Secondo me anche a lui piacciono
gli uomini, altrimenti non frequenterebbe questi giri. Ma l’unica volta in
cui mi sono avvicinato non mi è sembrato per nulla interessato. Certo, non
sono bello io, lo so benissimo. La prossima volta che lo vedo, ci riprovo. Ho
chiesto a Spade se i due lottatori erano in vendita. Non so che cosa darei
per farmi fottere dal Nero, che ha un cazzo magnifico. Magari il Nero che me
lo mette in culo e il Rosso che se lo fa succhiare. Spade mi ha detto che per
il momento i due non vogliono vendersi, ma in futuro non può escluderlo: sono
poveri e senza un lavoro. Prima o poi saranno costretti a cedere. Thomas
ha un gesto di rabbia. Lo angoscia l’idea che la miseria costringa un uomo a vendersi
e il pensiero che Nigel Kellington contasse proprio
su questo lo disgusta. Ronaldson mi ha proposto un giamaicano, uno
schiavo che è venuto a Londra con il padrone e quando la schiavitù è stata
abolita ha deciso di fermarsi qui. Non avevo mai scopato con un negro. Si
chiama Caesar e Ronaldson dice che è un mandingo,
una tribù africana famosa perché gli uomini hanno corpi muscolosi e grandi
cazzi. La
descrizione del cazzo è molto dettagliata: Thomas è sicuro che potrebbe
riconoscere il giamaicano dal cazzo, se avesse occasione di vederlo, ma
questo non lo aiuta molto nell’indagine. Thomas
è quasi alla fine del diario, ma non ha trovato niente di davvero utile.
L’ultima pagina datata del diario, risale a due giorni prima dell’omicidio.
Contiene qualche annotazione insignificante e poi prosegue: Venerdì
torno a Lisson Grove: c’è
un altro incontro di lotta, a cui conto di assistere. Questa volta voglio
combinare qualche cosa: è troppo tempo che non scopo. “È
troppo tempo che non scopo”. Dalla data dell’ultima scopata, al
bordello dell’Irlandese, sono passati quattro giorni, ma in effetti per Nigel
Kellington doveva essere un tempo piuttosto lungo. Ho
saputo che Ernest Becker va spesso dai Moryson, un
salotto frequentato da artisti. Devo riuscire a farmi invitare. Groove mi ha
detto che ci va anche un pittore che conosce, Higgins.
Devo contattarlo. C’è
ancora una fantasia, senza data. Thomas dà una rapida occhiata e vede il nome
di Ernest. Ernest Becker, con ogni probabilità. Thomas
si mette a leggere. Fuori
i soldati turchi sorvegliano la torre. Quando arriveranno i rinforzi
attaccheranno e ci cattureranno. Ci impaleranno: una morte orrenda. Dico: -
Possiamo lanciarci all’attacco e cercare di farci uccidere. Ernest
è perplesso. -
Sì, possiamo farlo. Ma sai anche tu che hanno l’ordine di prenderci vivi. Il
comandante vuole che la nostra morte sia un esempio per tutti gli inglesi. E
noi abbiamo solo i coltelli. Non gli sarà difficile catturarci. Se non
fossero dei vigliacchi, non aspetterebbero i rinforzi. -
Già. E poi non mi piace l’idea che siano quei bastardi a fotterci. -
Anche se non ti piace, è quello che succederà. Ernest
mi fissa, sorride e dice: -
Forse c’è un’altra via, Nigel. - E
sarebbe? - Possiamo
affrontarci in un duello, io e te. Uno dei due troverà una morte onorevole,
per mano di un vero uomo. Perché io e te siamo due veri uomini. Guardo
Ernest. L’idea di affrontarlo in duello non mi dispiace. Morire per mano sua
sarebbe una bella morte. E ucciderlo… sì, lo confesso: ucciderlo mi
piacerebbe. -
Una sfida, quindi. -
Sì, Nigel. Chi di noi due è il più forte? Chi di noi due affonderà il
coltello nella carne dell’altro? - Il
vincitore avrà in premio il palo. Ernest
ride. -
Sì, è il premio per il più forte. Ma ci aggiungerei anche altro. -
Che cosa? - Il
culo dello sconfitto. Lo
guardo, paralizzato. Ernest sorride. - Lo
desideri, Nigel. Hai voglia di fottermi, come io ho voglia di fottere te.
L’ultima scopata. Siamo tutti e due maschi e l’idea di farci fottere non ci
va. Ma quando avrai preso tre coltellate in pancia, quello che ti va o non ti
va non avrà più molta importanza. - Lo
stesso vale per te, Ernest. -
Certo, Nigel. Vale anche per me. Preferirei che fossi tu a uccidermi, ma
lotterò fino all’ultimo per gustare il tuo culo prima di tagliarti la gola. Sono
disorientato, ma la proposta mi tenta. - E
io farò lo stesso. Ernest
è attratto da me, l’ho capito da tempo, come io lo sono da lui. È un maschio
magnifico, forte. Più volte ho pensato che mi sarebbe piaciuto scopare con
lui. Fotterlo. Forse farmi fottere. Sì, posso ammetterlo. Che senso ha
mentirmi, ora? Mi sarebbe piaciuto anche farmi fottere. Se mi batterà, prima
di morire sentirò il suo cazzo in culo. Il pensiero di battermi con lui, in
una sfida mortale, in cui in palio per tutti e due ci sono la vita e il culo,
mi eccita. Il cazzo si sta tendendo. Mi
spoglio, rimanendo nudo davanti a lui. Vedo il suo sguardo indugiare sul mio
cazzo, che ormai è pieno di sangue. -
Spogliati, Ernest. Ernest
annuisce. Lo guardo, guardo il corpo vigoroso di questo splendido maschio
trentenne, le braccia forti, le gambe possenti, il cazzo che sta tendendosi.
Un superbo maschio da fottere. O da cui farsi fottere. Mi
chino a prendo il coltello. Lancio un’occhiata fuori dalla finestra. I turchi
sono sempre al loro posto. Sanno che non abbiamo lance, ma preferiscono non
avvicinarsi. Mi volto verso Ernest. Anche lui ha il coltello in mano. Il
coltello e il cazzo, due magnifiche armi che minacciano il mio ventre e il
mio culo. Ci
mettiamo al centro della stanza. Ci guardiamo. Gli sorrido. -
Ernest, se mi ucciderai, è un bel modo di finire, per mano di un maschio che
ha coraggio e vigore e sarò volentieri la tua preda. Se ti ucciderò, lo farò
con altrettanto piacere , godendo nel prenderti e poi nel tagliarti la gola,
perché sei davvero un maschio. Ernest
mi sorride. - Lo
stesso vale per me, Nigel. Ci
guardiamo, muovendoci piano, in cerchio, come in una danza. Ora abbiamo tutti
e due il cazzo duro. Quel cazzo mi entrerà in culo o lo metterò io in culo a
lui. Quel coltello mi squarcerà il petto o sarà il mio a recidergli la gola. Ernest
scatta in avanti e vibra un fendente, muovendosi rapido, ma non mi sorprende.
Lo scanso e a mia volta cerco di colpirlo. Lui si sottrae facilmente e si
lancia ancora su di me. Questa volta la punta mi sfiora appena, aprendo una
piccola ferita sulla destra, sotto il capezzolo. Contrattacco, ma lui mi
sfugge, arretrando. Avanza
di nuovo fulmineo e questa volta poco manca che la lama non mi prenda in
pieno, ma mi sottraggo con un salto all’indietro e reagisco attaccando. Ora
sono io a colpirlo, ma è solo un piccolo taglio sulla spalla destra, da cui
cola un po’ di sangue. Ernest
ride. -
Tutto lì? E
mentre lo dice, si lancia su di me. Faccio appena in tempo a deviare la lama
e a scartare di lato. Di nuovo una piccola ferita al fianco destro. - Tu
non stai facendo di meglio. Ernest
ride di nuovo. -
No, è vero. La
lotta continua. Nel caldo soffocante di questa giornata i nostri corpi sono
madidi di sudore. Gli vedo sul petto e sul ventre le gocce che scendono tra i
peli. Anche la fronte è imperlata. Ernest suda abbondantemente, ma anch’io
sono bagnato e la presa sulla lama è meno salda. Cambio il pugnale di mano,
con un gesto che lo sorprende. Guizza di lato, lontano dalla mia lama, poi mi
attacca. Faccio
per colpirlo, ma sento la sua mano afferrarmi il polso, mentre ruota su se
stesso. Guardo il suo corpo coperto da una patina umida, il suo cazzo teso
allo spasimo, grande, minaccioso. Devo bloccargli la mano prima che finisca
di girarsi e mi colpisca, ma qualche cosa dentro di me cede. Ernest è uno
splendido maschio. Sarà lui a stuprarmi e uccidermi. La mia mano libera si
muove un attimo troppo tardi e la sua lama mi apre il ventre, affondando fino
all’impugnatura. -
Merda! Sento
il dolore, atroce. Ma non è solo dolore. È anche piacere. Mi piego in avanti,
barcollo. Il pugnale mi scivola tra le dita. Lui mi avvicina a sé, in una
stretta che è un abbraccio, estrae la lama e l’affonda nuovamente, poco
sotto. Il
dolore percorre tutto il mio corpo. -
Bravo, Ernest. Vorrei
chiedergli di colpirmi ancora e, come se avesse capito, ritira il coltello e
per la terza volta mi squarcia il ventre, più sotto, a fianco del cazzo,
ancora teso. -
Bravo! Solo
le sue braccia mi sostengono, le braccia del mio assassino, le braccia del
maschio che tra poco mi fotterà. -
Ernest… Lui
accompagna la mia caduta. Mi trovo disteso a terra, il viso contro il pavimento. Ernest
mette le sue mani sul mio culo, lo sento allargare le natiche e poi una nuova
lacerazione: il suo cazzo che entra nel mio culo, strappandomi un urlo. -
Merda! È
entrato con violenza e il dolore è bestiale, ma so che voglio questo dolore
atroce, che non cancella il piacere che provo. Ernest
mi fotte con energia. Mi afferra i capelli, mi solleva la testa e mi
sussurra: - Lo
senti il mio cazzo, in culo, Nigel? Lo senti? -
Sì, Ernest. Va bene così. Hai vinto. Essere
fottuti da lui è una sensazione intensissima. Non ho mai provato nulla del
genere. Mi ha colpito a morte e ora mi sta fottendo. Lo fa con furia,
lasciandosi guidare solo dal desiderio. Affonda il cazzo e poi lo ritrae, in
una cavalcata selvaggia che vorrei non finisse mai. Non diciamo quasi nulla.
Ernest a tratti emette un gemito e io esclamo: - Merda! Penso
che vorrei che mi fottesse per sempre, ma il mio tempo è giunto alla fine.
Sento che il piacere esplode e anche lui mi viene in culo, spingendo ancora. Si abbatte
su di me. Rimane un momento così, incapace di muoversi. Poi
mi accarezza la testa. Sussurra: -
Ora di crepare, Nigel. -
Sì, Ernest. Sono contento che sia tu a farlo. -
Addio Nigel. Addio. Il
suo cazzo è ancora nel mio culo. Duro. L’idea di uccidermi glielo ha fatto
tornare duro come una sbarra di ferro. Con un movimento rapido del pugnale mi
taglia la gola. Un breve rantolo e tutto svanisce. Di
nuovo la macchia sulla pagina, ma più estesa. Non è solo una macchia, è una
scritta. Thomas decifra le lettere. È un’unica parola, un nome: Ernest B. Thomas
rimane a guardare nel vuoto. Nigel Kellington aveva
fantasie molto violente, di stupro e di morte. Non sono recenti: qualcuna c’è
anche nel primo volume dei diari. Però nell’ultimo volume sono molte di più.
Le fantasie di stupro e percosse venivano a volte realizzate. Nulla fa
pensare che Nigel intendesse farsi uccidere: in qualche modo la violenza e la
morte lo eccitavano, ma non scrive mai nulla da cui trapeli l’intenzione di
farsi ammazzare. Certo è alquanto strano che nell’ultima pagina del diario
Nigel immagini di essere stuprato e sgozzato da Ernest Becker. Non più di due
giorni dopo, forse quello stesso giorno, qualcuno ha davvero sgozzato Nigel Kellington mentre lo possedeva. Ernest
Becker non poteva sapere delle fantasie di Nigel: dal diario è chiaro che non
si frequentavano. Ma Nigel era intenzionato a entrare in contatto con lui. E
allora? Adam
torna a casa e trova Thomas intento a osservare alcune miniature e disegni.
Li osserva e ride. -
Che cos’è questa roba? -
Sono miniature e incisioni erotiche. -
Fino lì c’ero arrivato da solo. Thomas
si mostra stupito. -
Però! Sei più intelligente di quanto pensassi, Adam. Adam
è sul punto di scoppiare di nuovo a ridere, ma cerca di nasconderlo. -
Stai investendo i tuoi risparmi ? O è che con l’età non ti tira più e hai
bisogno di qualche stimolo? La
provocazione è del tutto gratuita: solo ieri sera Adam ha avuto modo di
sperimentare che Thomas non ha nessun problema del genere. Thomas
lo guarda e replica: -
Sai com’è, devo pur tirarmi su con qualche cosa di stimolante, considerato
che ciò che ho a disposizione è piuttosto… come dire? Thomas
lascia la frase in sospeso, ma la sua espressione è eloquente. Questa volta
Adam non riesce a trattenere la risata. Poi dice, ancora ghignando: -
Che cazzo è? L’avete sequestrata? -
No, diciamo che era una collezione privata, ma il proprietario è morto e la
vedova preferisce non avere questo materiale per casa. - Te
l’ha regalato? - Mi
ha chiesto di farlo sparire, come volevo. - Kellington, vero? Thomas
alza lo sguardo su Adam. -
Sai che non parlo del mio lavoro con i giornalisti. -
Però devi riconoscere che i giornalisti sono intelligenti. Sul
viso di Thomas compare un’espressione di grande scetticismo. -
Alcuni, forse. Di sicuro non tutti. Adam
ride di nuovo, poi incomincia a guardare le immagini. -
Questa potrebbe darci qualche idea… Dopo
aver osservato alcune immagini, Adam prende uno dei volumi dei diari, ma
Thomas interviene, serio: -
No, Adam, quelli no. È materiale che nessun altro deve vedere. - Va
bene. I libri posso guardarli? -
Certo. Adam
incomincia a sfogliare i libri. Ogni tanto scoppia a ridere. A un certo punto
declama, ad alta voce: - Il conte si era messo abiti che
Joseph non gli aveva mai visto, probabilmente capi di vestiario che non usava
più. Joseph gli afferrò gli indumenti e incominciò a strapparglieli di dosso.
Il conte cercò di opporsi, ma Joseph era molto più forte. Joseph lacerò
completamente la camicia, poi spinse il conte a terra e gli tolse i
pantaloni. Quando ormai gli erano rimasti soltanto i mutandoni, il conte
riuscì ad alzarsi e finse di voler scappare. Joseph lo afferrò e gli strappò
anche l'ultimo indumento, poi lo spinse a terra. Lo bloccò gettandosi su di
lui e lo infilzò, spingendo il grosso cazzo a fondo nel culo del conte. Il
conte ebbe un guizzo e gridò, ma Joseph iniziò a fotterlo senza badarci.
Guardò gli indumenti del conte sparsi intorno, su cui le sue mani luride
avevano lasciato il segno. Guardò quel corpo che ora stava possedendo, che le
sue mani stringevano e sporcavano. Proseguì nella sua opera a lungo, finché
non sentì che il conte stava venendo. Allora con poche spinte concluse,
riempiendogli il culo del suo sborro caldo. Ora Joseph aveva bisogno di
pisciare e avrebbe voluto lavarsi, ma sapeva che doveva essere il conte a
dirgli di alzarsi e andarsene, perciò rimase immobile, il cazzo ancora dentro
il culo del conte. Dopo un lungo momento, il conte disse: - Pisciami in culo,
Joseph. Non era mai successo prima, ma Joseph
sapeva che doveva obbedire al conte. Il cazzo aveva perso durezza e
consistenza e Joseph poté eseguire l'ordine. Incominciò a pisciare. Sentire
la vescica svuotarsi era un piacere. Joseph proseguì, finché ebbe finito. Adam
ride e osserva: -
Questo non l’abbiamo mai fatto. Thomas
lo guarda, con un’espressione alquanto scettica. - Ti
piacerebbe? Adam
ridacchia. L'idea lo incuriosisce, ma non è molto convinto. Dice la verità: -
Non saprei. Finché non lo provo non lo posso sapere. -
Una di queste sere lo facciamo. Io faccio Joseph. -
Ma… Thomas
non lo lascia finire: -
Finché non hai provato, non puoi sapere se ti piace o no. Adam
scuote la testa. Fa per andarsene, ma gli viene in mente che deve dire una
cosa a Thomas. - Domani
sera sono fuori. Abbiamo saputo di un giro di incontri clandestini di lotta. Thomas
è stupito. - Ce
ne sono diversi in tutta Londra. Che cosa c’è di tanto interessante in
questo? Adam
risponde, serio: -
Sai che non parlo del mio lavoro con i poliziotti. Questa
volta è Thomas che scoppia a ridere. Adam aggiunge: -
Questo pare essere un po’ particolare. - In
che senso? -
Pare che ci siano anche incontri in cui i lottatori si affrontano nudi. E
dietro ci dev’essere anche un giro di prostituzione, qualcuno insinua che
forse ci siano anche casi di sfruttamento di ragazzi. Abbiamo saputo che
domani sera c’è un incontro e intendo andare a curiosare. Thomas
si dice che con ogni probabilità si tratta del giro in cui bazzicava Kellington: è difficile che ce ne siano due a Londra con
queste caratteristiche. Domani sera Adam avrà una sorpresa. Il
mattino seguente Thomas passa dal libraio Groove. Non si aspetta molto da
lui: ciò che c’è da sapere è scritto nei diari di Kellington.
Ma nessuna pista va trascurata. -
Buongiorno, signor Groove. L’uomo
guarda Thomas, perplesso. -
Buongiorno. In che cosa posso esserle utile? C’è
altra gente nel locale, per cui Thomas parla a bassa voce. -
Sono l’ispettore Thomas Hardy, della polizia municipale di Londra. Ho bisogno
di parlare con lei con calma. Groove
è inquieto, anche se lo nasconde con un sorriso. Dice al garzone di badare ai
clienti e fa accomodare Thomas nel retrobottega. -
Lei ha un’idea del motivo per cui sono qui, signor Groove? -
No, io no. Come potrei? Thomas
ha un sorriso ironico e dice: - E
se le dicessi che sto indagando sulla morte del signor Kellington,
uno dei suoi migliori clienti? Groove
preferisce dare una risposta molto generica: - Il
signor Kellington? Non conosco nessuno con questo
nome. Non è
strano: probabilmente Kellington si presentava con
un altro nome. -
Forse non si presentava così. Un uomo non molto alto, di corporatura
massiccia, capelli corti, barba e baffi di color castano scuro, ma ormai
grigi. Molto ricco. -
C’era un cliente che corrisponde alla sua descrizione, ma a me diceva di
chiamarsi Ashburne. Acquistava libri. -
Libri, incisioni, miniature, tutti dello stesso tipo, direi. Di un tipo che
di solito non viene messo in mostra, che di certo non ha negli scaffali, ma
probabilmente qui nel retrobottega, non in vista. Groove
ora è chiaramente a disagio. -
Ispettore, io… ho venduto del materiale… -
Parecchio materiale. Lei era il suo principale fornitore e senza dubbio lui
era uno dei suoi migliori clienti. O mi sbaglio? Groove
si rende conto che ormai è inutile fingere di non sapere che il sedicente Ashburne era in realtà Nigel Kellington,
del cui omicidio Groove ha letto sui giornali. -
No, era un buon cliente. Io… -
Lei gli ha venduto parecchio materiale violando le leggi del regno. Ma,
signor Groove, questo non mi interessa molto. Indago su un omicidio e chiedo
la massima collaborazione. È suo interesse raccontarmi tutto quello che sa. Groove
è sempre più a disagio. - Da
quel che mi dice, lei sa già tutto, ispettore. È vero che ho venduto al
signor Ashburne, no, Kellington
alcuni libri e immagini. Era lui che mi chiedeva di procurarglieli. Nel mio
lavoro si viene in contatto con tanta gente e, non volendo scontentare un
ottimo cliente, confesso di avergli passato alcuni materiali. Forse non avrei
dovuto farlo. -
No, certamente non avrebbe dovuto, ma non è questo il problema. Mi dica quali
erano i suoi rapporti con il signor Kellington. Groove
respira a fondo, poi dice: -
Veniva qui regolarmente, mi chiedeva stampe e libri. -
Questo lo so. In primo luogo vorrei sapere se qui lo ha mai visto parlare con
altri che avessero gli stessi gusti. -
No, signor ispettore. Che cosa dice? Il signor… Kellington
veniva da solo e controllava che nessuno potesse sentire quello che mi
diceva. -
Non c’era nessun altro che sapesse? -
No, assolutamente no. -
Un’altra domanda: l’ha visto in tempi recenti? Nei
diari Kellington dice di essere passato da Groove
una settimana prima di essere ucciso. - È
passato di qui una settimana fa. -
Era da solo? - Sì,
il signor Kellington veniva sempre da solo. -
Sempre? Non l’ha mai visto con qualcuno? -
No, mai. Come
sospettava, non ha ottenuto nessuna informazione utile. Thomas chiede ancora: -
Era sempre lei che gli procurava le scene di esecuzioni capitali, vero? -
Sì, il signor Kellington diceva che gli
interessavano le tecniche di esecuzione nella storia. Thomas
si chiede se Groove sospettasse la natura dell’interesse di Kellington per le esecuzioni capitali, ma non ha nessuna
importanza, per cui non intende chiedere altro. Groove però prosegue: -
Anche il libro che ha scritto… Groove
si interrompe, rendendosi conto di aver detto di più di quello che avrebbe
dovuto. -
Che ha scritto? Il signor Kellington ha scritto un
libro? Con
ogni probabilità Groove si sta maledicendo per la proprio idiozia. Ma ormai è
troppo tardi per fare marcia indietro. Dice: -
Sì, il libro di uno che finisce prigioniero dei Turchi, dev’essere tra i
libri rilegati. Thomas
si ricorda un titolo. Chiede, per sicurezza: - Mi
dica il titolo esatto. -
Proprio esatto non ricordo, era… Storia del cavaliere… che venne catturato
dai Turchi e dopo essere stato lo schiavo del sultano venne da lui impalato.
Qualche cosa del genere. Thomas
ha l’impressione di aver visto questo titolo tra i volumi di Kellington. - Ed
è opera del signor Kellington. Le diede lui il
manoscritto? Groove
deglutisce. -
No, no, mi diede il testo che aveva già fatto stampare. Thomas
fissa Groove negli occhi. -
Non menta, Groove. Corre meno rischi a dirmi la verità. Sto indagando su un
omicidio, non su stamperie clandestine, ma se scoprissi che mi ha nascosto
qualche cosa, potrei dire due parole ai colleghi che si occupano di queste
cose: sarebbero ben felici di fare quattro chiacchiere con lei. La
minaccia è chiarissima. Groove prende un fazzoletto dalla tasca e si asciuga
il sudore. -
Non posseggo una stamperia, ispettore. Quando il signor Kellington
mi portò il manoscritto, gli diedi il nome di un conoscente che sapeva come
contattare una stamperia… per quel tipo di libri. Thomas
fissa Groove, senza dire nulla. -
Glielo giuro, ispettore, non so altro. Thomas
scuote la testa. -
Era lei che si occupava della rilegatura dei libri, mettendo titoli che non
destassero sospetti, vero? Non è
una vera domanda. Thomas è sicuro della risposta. Groove
annuisce. -
Sì. Il signor Kellington sceglieva un libro e io
provvedevo a farlo rilegare con il titolo di qualche romanzo. - Li
sceglieva lei, i titoli da mettere? -
Sì, certo. Il signor Kellington non credo che
leggesse molto, al di fuori di quei libri che si faceva rilegare da me. Groove
aggiunge: -
Ispettore, so che non avrei dovuto, ma mi spiaceva scontentare un cliente. Thomas
ha un’idea. - Il
signor Kellington aveva anche dei disegni, non delle
stampe, dei disegni originali, quelli con scene di esecuzione. Lei sa chi li
ha fatti? Groove
si passa un dito tra il colletto della camicia e il collo. - Il
signor Kellington mi aveva chiesto se conoscevo
qualcuno disponibile a fare dei disegni, ispirati ad alcune opere in suo
possesso. Avevo cercato per lui, alla fine avevo trovato un illustratore di
libri. Thomas
si fa dare il nome, ma per il momento non pensa di cercare l’artista:
probabilmente non ne vale la pena. Non è certo un pittore che Kellington ha invitato nel suo appartamento e non è un
ritratto quello che stava facendo quando lo hanno ammazzato. Anche se… Il
disegnatore che ha rappresentato quelle scene era a conoscenza dei gusti di Kellington. E anche chi ha composto il libro per la
stampa. -
Un’ultima cosa. Il libro che Kellington scrisse, a
quando risale? -
Non più di due o tre mesi fa. - Va
bene, allora mi dia anche l’indirizzo della stamperia. E lasci perdere il
conoscente che sapeva a chi rivolgersi. Come
Thomas ha intuito, Groove conosce l’indirizzo della tipografia, che stampa
materiali diversi e anche testi illegali. A
casa Thomas prende il libro, il cui titolo esatto è Storia dell’ufficiale
N.K. che venne catturato dai Turchi e dopo essere stato loro schiavo venne
fatto impalare dal sultano. Le iniziali sono N.K., Nigel Kellington, ovviamente. Thomas non ci aveva badato,
scorrendo i titoli dei libri. Thomas
sfoglia il volume. Ci sono alcune immagini, probabilmente della stessa mano
che ha disegnato Kellington messo a morte o
cadavere. Dai disegni sono state ricavate incisioni. La
vicenda è quella di un ufficiale inglese che viene catturato da una banda di
briganti turchi e subisce ogni sorta di umiliazione. Ogni giorno viene
violentato, spesso in gruppo, costretto a bere il piscio dei soldati,
picchiato. I primi giorni l’uomo cerca di mantenere un minimo di dignità, ma
poi cede completamente, obbedendo a ogni richiesta. Dopo
diversi mesi di questa vita, i soldati turchi scovano i briganti, che vengono
impalati. Il prigioniero inglese viene portato a Costantinopoli, dove il
sultano lo prende nel suo harem. Ma l’ufficiale cerca la morte e tradisce più
volte il sultano finché, scoperto, non viene anche lui impalato. La
storia è narrata in prima persona, come un diario, concluso in prigione la
notte prima dell’esecuzione. L’impalamento è descritto in ogni dettaglio da
un marinaio inglese, che assiste al supplizio. La scena eccita il testimone,
tanto che questi viene durante l’impalamento. Nei due giorni successivi, il
marinaio rimane a lungo a guardare l’agonia dell’ufficiale e poi torna a casa
e si masturba. N.K. muore solo il terzo giorno. Il marinaio torna ancora a
guardare il corpo e a seguirne il disfacimento. Thomas
non legge per intero il volume, ma nelle pagine la degradazione del protagonista
è ancora maggiore di ciò che appare nei diari di Kellington. |
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