11 – Pagine di diario

 

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In primo luogo Thomas fa una breve ricognizione di tutto il materiale. I volumi, quarantadue in tutto, sono libri erotici, alcuni illustrati, altri no, rilegati con copertine che portano titoli di romanzi pubblicati nell’ultimo secolo. Thomas li accantona. Li controllerà più tardi alla ricerca di eventuali dediche o carte dimenticate o infilate per qualche motivo tra le pagine, ma per il momento non è certo il materiale più interessante. 

I quattro raccoglitori contengono immagini diverse: miniature, alcune sicuramente indiane o persiane, qualcuna tratta da vecchi volumi europei; incisioni, talvolta a colori; disegni e acquarelli. Quelle inserite in tre dei raccoglitori presentano uomini nudi, spesso intenti ad accoppiarsi. Nell’ultimo raccoglitore invece sono presenti scene di prigionia o esecuzioni capitali: uomini, molto spesso anch’essi nudi, legati in una cella o nell’atto di essere giustiziati.

Thomas passa ai diari. I testi sono quasi tutti datati e coprono un periodo di quattro anni, ma non in modo continuativo: tra una data e la successiva possono passare anche parecchi giorni. Una rapida scorsa rivela che non si tratta di diari in cui Nigel racconta la sua vita giorno per giorno. Sembrano essere esclusivamente il resoconto di avventure erotiche. Non solo avventure reali: molte pagine, senza data, contengono storie o fantasie, in cui talvolta ricorre il nome di Nigel, talvolta no.

La lettura integrale dei diari richiederebbe parecchio tempo. Thomas intende farsi un’idea dei due volumi più vecchi e leggere in modo più accurato l’ultimo.

I primi due diari forniscono un quadro completo dei gusti di Nigel Kellington e delle sue avventure erotiche, ma da una rapida scorsa non emergono molti elementi utili: Nigel frequentava il bordello dell’Irlandese e aveva molti incontri occasionali. Nessun uomo è citato per un periodo molto lungo: qualche settimana, un mese o poco più al massimo. Questo rende più esile la speranza di scoprire l’assassino attraverso i diari.

Bisognerà controllare se i nomi citati ricorrono anche in seguito, cioè se a Nigel capitava di riprendere i rapporti con vecchi amanti.

Molte pagine contengono fantasie di violenza e di morte.

Il terzo volume copre l’ultimo anno e mezzo e si apre con il mese di settembre. C’è un’altra descrizione di una visita al bordello dell’Irlandese, con tutti i dettagli del rapporto con un gallese. Un po’ più avanti Nigel racconta di un viaggio a Manchester e della sua visita a una casa dove diversi giovani si prostituivano. Thomas dà una rapida scorsa. L‘occhio gli cade sul nome di Adrien Bellisle: il giovane assassinato qualche tempo fa. Thomas si dice che dovrà parlarne con il collega che ha seguito il caso. Dev’essere Wilfer, se ricorda bene: un ispettore di cui Thomas non ha nessuna stima.

Si tratta di un assassinio, per cui Thomas ritorna indietro e legge la parte che precede il viaggio a Manchester.

Manchester è un buco di culo di posto. Chi potrebbe aver voglia di viverci? Ralph è un coglione a rimanerci.

Chi è questo Ralph? Thomas non ricorda di aver visto il nome sfogliando i volumi precedenti, ma questo significa poco. I nomi sono tanti, molti con ogni probabilità fasulli: non ci si presenta con il proprio nome e cognome a qualcuno con cui si scopa nei cessi pubblici.

Visto che devo andarci ne approfitterò per fare un salto alla Casa rossa. L’ultima volta c’era un operaio che si vendeva, un ragazzo che non doveva avere più di sedici anni, ma con un cazzo…

Seguono diversi dettagli, su cui Thomas sorvola. Il diario riprende dopo cinque giorni, al ritorno da Manchester: evidentemente Nigel non si portava dietro il diario quando era in viaggio.

Non mi lamenterò più quando devo andare a Manchester. Manchester rimane quel buco di culo che è sempre stata, ma nella merda ho trovato un gioiello. Sono andato alla Casa rossa la seconda sera. Mister Alfred mi ha detto che aveva merce buona, un giovane francese di alto lignaggio, la cui famiglia era andata in rovina a causa della rivoluzione. Non ci ho creduto, ma ero curioso di vedere questo Adrien de Bellisle, come si fa chiamare.

Kellington descrive l’incontro e la scopata, concludendo:

Adrien ha uno dei più bei cazzi del mondo.

Thomas si dice che certamente di cazzi Nigel aveva un’esperienza sufficientemente ampia da poter fornire una valutazione attendibile.

Non credo proprio che sia un nobile francese, come dice, ma non me ne fotte un cazzo.

L’altro ieri sono tornato: partivo il mattino dopo per Londra e volevo farmi fottere un’altra volta da questo giovane stallone.

Il rapporto viene descritto con dovizia di particolari. Poi Nigel prosegue:

Avevamo appena finito, quando abbiamo sentito dei rumori: era arrivata la polizia. Per fortuna la camera che mi aveva riservato mister Alfred era sul retro. Siamo usciti dalla finestra, che dava su un piccolo cortile, e di lì, attraverso un corridoio abbiamo raggiunto un’altra porta, sbucando in una via che non conoscevo. Adrien mi ha fatto da guida fino a che siamo stati a distanza di sicurezza.

Adrien era molto spaventato. Mi ha detto che tenevano d’occhio il bordello e sospettavano di lui e di altri. Se lo avessero preso, sarebbe finito in prigione. Adrien era sicuro che lo avrebbero deportato in Australia. Doveva lasciare Manchester a ogni costo. Gli avevo detto che sarei partito il giorno dopo e mi ha chiesto di aiutarlo. Mi sono detto: perché no? Un magnifico stallone, me lo porto a Londra, me lo gusto qualche tempo e poi può cercarsi qualche bordello in cui lavorare.

Thomas scorre il resto: dopo il ritorno a Londra, Adrien viene ospitato tre notti, poi mandato in una pensioncina, perché:

… anche se fotte come un toro da monta, non è l’unico uomo al mondo e preferisco avere l’appartamento libero: non si sa mai.

“Non si sa mai” è proprio solo un modo di dire: in realtà Nigel doveva sapere benissimo che l’appartamento gli sarebbe servito. Infatti riceve diversi altri uomini in quel periodo, anche se ogni giorno vede Adrien. Questi fa pressione su Nigel perché lo aiuti. Nigel gli acquista un abito e lo porta in società. Quella sera stessa lo vede andarsene con Bentham.

Io l’ho vestito e quello stronzo se n’è andato con Bentham. Un po’ mi fa incazzare, perché Adrien è bravo a scopare. Ma non me ne fotte niente: ci sono altri cazzi al mondo.

Thomas ha ormai capito che quella di Nigel non è un’affermazione teorica, ma il risultato di un sistematico lavoro di ricerca.

E poi l’idea che il raffinato lord Bentham, l’arbitro del gusto, che dai Parry si muove come fosse Iddio sceso sulla terra, che proprio lord Bentham si prenda questa puttana, mi diverte.

 

Il nome di Adrien non compare più per molte pagine. Ci sono molti altri incontri fugaci, visite al bordello, qualche incursione a Limehouse, dove più volte Nigel si fa fottere e poi pisciare addosso (o viceversa o le due cose contemporaneamente: Nigel ha un buon grado di elasticità).

Poi riappare Adrien, che in una serata dai Parry si comporta in modo altezzoso. Nigel decide che farà la sua piccola inchiesta a Manchester.

Non sono riuscito a ritrovare mister Alfred, che è stato arrestato. L’unico altro bordello rimasto è quello a St Peter’s Field. Ci sono andato e ho ritrovato un altro degli uomini che si vendevano alla Casa rossa, Edward. Un magnifico maschio, mi aveva colpito subito.

Io gli ho chiesto di Adrien e lui mi ha risposto che quando la polizia aveva fatto irruzione, Adrien era riuscito a scappare, come aveva fatto anche lui: la retata era stata organizzata male, la polizia non sapeva del cortile sul retro, da cui si passava in un’altra casa. Comunque anche lui conta di andarsene da Manchester, perché teme che la polizia lo possa scoprire. Vuole venire a Londra. Gli ho consigliato il bordello dell’Irlandese, che ha sempre merce di qualità. Mi ha ringraziato. Se l’Irlandese lo prende, mi posso far scopare qualche volta. Ha un gran bel cazzo, grosso, duro, caldo. Ed è un vero porco.

Detto da Kellington, è senz’altro un giudizio attendibile.

Di Adrien Edward sapeva che era figlio di un mercante della città, che si era impiccato per i debiti, e di una lavandaia francese, che il mercante aveva conosciuto al termine delle guerre napoleoniche e portato in Inghilterra, senza sposarla. Quando il mercante si era ammazzato lui e il gemello erano rimasti senza niente e a un certo punto Adrien aveva incominciato a vendersi. Se penso che quello stronzo mi ha guardato come se fossi una merda e lui è soltanto un bastardo, figlio di una lavandaia. Pare che non si chiami Bellisle, ma Normand, come la madre: il padre non li ha mai riconosciuti. Ma lo sputtano ben bene, domani sera dai Parry.

Sulla serata c’è molto poco: Nigel si limita a dire di aver raccontato quanto sapeva, infiorando un po’ il tutto.

Il nome di Adrien è citato ancora due volte, circa due mesi dopo la serata in cui Nigel ha raccontato ciò che sapeva di lui.

 

Paul mi ha raccontato di aver visto lord Becker uscire dalla National Gallery con Adrien Bellisle. Questa sera lo racconto dai Parry. Dirò che li ho visti io. Adrien ed Ernest Becker. La puttana e il più bel nobile d’Inghilterra. Mi piace pensare che Ernest Becker fotte Adrien, che glielo mette in culo fino in fondo. Sono sicuro che lo fa urlare di piacere. Ernest Becker è un tale maschio!

L’ultimo riferimento ad Adrien porta la data di otto giorni dopo:

Adrien Bellisle è stato trovato morto davanti al cancello della residenza di Bentham. Quando l’ho saputo, ho subito chiesto a Noland di farmi entrare questa notte. Noland non voleva: dice che è un omicidio, non un’esecuzione, che il cadavere è a disposizione della polizia, che non vuole correre rischi. Una manovra per ricavare qualche cosa di più. Alla fine si è lasciato convincere, ma gli ho dovuto dare parecchio. Questa sera ci vado.

A che cosa si riferiva Kellington? Si direbbe che volesse andare all’obitorio. Chi è questo Noland? Il custode o un suo aiutante, probabilmente.

Adrien era steso sul tavolo. Aveva i capelli corti. E una cicatrice in fronte che non gli avevo mai visto. Era parecchio che non lo vedevo nudo, da quando se n’era andato con Bentham. Era cambiato, vorrei quasi dire sciupato. Da Bentham di certo stava bene, ma dopo che il conte lo ha cacciato deve aver avuto una vita grama. Il segno della piccola ferita al ventre invece non c’era più: era infine guarita.

Mi sarebbe piaciuto che avesse avuto il cazzo duro, ma era moscio. Comunque era un bel cazzo. Non ho potuto fermarmi a lungo. Noland era sulle spine e mi ha costretto a venire via quasi subito. Non ho potuto neanche farmi una sega.

Thomas si dice che dovrebbe controllare chi è questo Noland, ma probabilmente per l’inchiesta non ha nessuna importanza. Passa oltre.

 

Le pagine di diario sono alternate ad altre, senza date, che sembrano essere fantasie erotiche.

Uno schiavo mi aiuta a caricarmi in spalla il palo che mi trafiggerà. È pesante e, per quanto io sia forte, non riuscirei a portarlo, se lo schiavo non mi aiutasse a reggerlo. Bestemmio, mentre cerco di trovare la posizione giusta per poter sostenere il palo. Una frustata al culo mi ricorda che devo muovermi. - Avanti, cane!

Mi avvio lungo la pista che sale al castello. La giornata è calda, il palo è pesante. Presto sono tutto bagnato dal sudore che mi appiccica i capelli al capo e cola dalla fronte fino a perdersi tra la barba, che scorre in fitti rivoli sul petto, facendo luccicare la peluria scura. Il palo mi pesa sulla spalla, sfregando contro la pelle e provocando abrasioni. Cerco di non mostrare segni di debolezza e mi sforzo di camminare a passo sicuro, malgrado la fatica. La strada è breve, ma mi appare interminabile: eppure ciò che mi aspetta è molto peggio di questa camminata sotto il peso del palo e il sole che sembra schiacciare a terra ogni cosa.

Raggiungiamo infine le rovine del forte. Posso posare il palo. Mi legano subito le mani dietro la schiena, in modo che non possa più fare nulla. Uno degli schiavi depone a terra un arnese di legno che ha portato con sé, una specie di grossa sella, piuttosto alta. Perdo il controllo della vescica e il piscio scende abbondante a terra. Non mi accorgo nemmeno dell’ampia pozza che si sta formando ai miei piedi.

Mi afferrano, mi dibatto, ma è inutile. Non posso fare nulla per sottrarmi al supplizio, lo so, ma il mio corpo rifiuta lo scempio a cui è destinato. Bestemmio, più volte, insulto questi fottuti turchi, che infine mi costringono a inginocchiarmi e ad appoggiarmi con il torace sulla sella. Due di loro premono sulla mia testa, impedendomi di alzarla, e un terzo mi blocca il collo con una specie di forcone le cui punte si infilano nel suolo. Altri due mi tengono ferme le gambe e passano le corde alle caviglie. Tirano verso l’esterno, in modo da divaricare bene le gambe e le natiche.

- Bastardi!

Un uomo si inginocchia dietro di me. Mi tendo. Avverto la pressione di una punta che mi entra in culo. Bestemmio ancora, mentre la lama affonda poi, con un movimento brusco, risale, squarciando l’apertura. Urlo, un grido di puro dolore. Il sangue cola abbondante. L’uomo si alza. Il mio culo è pronto ad accogliere il palo.

Gli uomini prendono il legno e lo mettono in posizione, la punta acuminata contro l’apertura sanguinante. Sento la pressione del palo che tra poco entrerà dentro di me, regalandomi una morte terribile. Il boia dà un colpo secco e il palo mi entra in culo. Grido.

La fantasia si interrompe a metà pagina. Al fondo la pagina è un po’ rovinata. Osservandola Thomas nota che è una macchia chiara, come un cerchio. Sperma.

Nella pagina seguente la fantasia riprende, ma Thomas si limita a dare una rapida scorsa: Nigel immagina di essere impalato e di agonizzare tre giorni sotto il sole cocente. Sotto c’è uno spazio vuoto, in cui c’è di nuovo una macchia.

 

Thomas cerca nella cartellina con le immagini di esecuzioni capitali. C’è una serie di stampe che rappresentano un impalamento di prigionieri: le modalità sono quelle descritte da Nigel nella sua fantasia. La stessa sequenza ritorna in alcuni disegni, degli originali, in cui vi è un solo prigioniero, nudo. L’uomo assomiglia molto a Nigel. Nigel Kellington si è fatto ritrarre come uno dei condannati?

Esistono anche altri disegni in cui appare Nigel: in uno lo si vede con le mani legate dietro la schiena, appoggiato a una scala; in un altro è impiccato; un terzo rappresenta Nigel, un cazzo da toro, duro, con il corpo trafitto da frecce, come san Sebastiano.

I disegni sono di discreta fattura.

 

Un’altra pagina mostra l’interesse di Nigel per i cadaveri.

Noland mi ha fatto entrare nella camera mortuaria. Ho dato al custode una moneta e lui ci ha lasciati soli.

Il cadavere dell’assassino era coperto da un lenzuolo. Si vedevano solo il viso congestionato, con la lingua che sporgeva tra i denti, e il collo con il segno della corda che l’ha spezzato.

Noland ha tolto il lenzuolo. L’impiccato aveva un magnifico cazzo duro. Sapevo che spesso agli impiccati viene duro.

Ho detto a Noland di aspettarmi fuori. Mi sono spogliato completamente. Mi sono preso il cazzo in mano e guardando il cadavere mi sono fatto una magnifica sega.

Devo farmi fare un disegno da impiccato, con il cazzo duro. Un bel modo di morire. E anche un disegno steso sul tavolo dell’obitorio.

Quello dell’impiccato, Thomas l’ha già visto. C’è anche Nigel come cadavere sul tavolo dell’obitorio: un disegno anticipatore, anche se nella realtà invece del segno della corda sul collo, c’è stato uno squarcio.

 

Thomas scorre altre pagine. La vita erotica di Nigel Kellington era piuttosto intensa, per usare un eufemismo, e ricorrevano le stesse situazioni. Thomas cerca novità, che forniscano qualche nuova traccia utile alla ricerca dell’assassino.

 

Il nuovo gestore del bordello dell’Irlandese è Ronaldson. Non si fa mai vedere in giro e delega tutto a Spade, ma ci sa fare. Ha rinnovato la merce, tra l’altro ha preso anche lo Scozzese, che avevo conosciuto al porto, e si possono fare molte più cose.

In effetti Kellington racconta alcune sedute di sesso violento, umiliazione e blande torture. Altre informazioni riguardano invece la raccolta di disegni e stampe.

Sono riuscito a soffiare a lord Shaffield una miniatura indiana per cui lui avrebbe pagato volentieri.

Groove ovviamente non ha fatto il nome di Shaffield, ma so benissimo che è lui il cliente a cui riserva questi pezzi, l’ho visto uscire dal negozio una volta con una cartellina sotto braccio.

Shaffield di certo non sa che Groove propone prima a me i pezzi che poi gli vende, quando io non li prendo.

Nella miniatura si vedono due uomini nudi, con molti gioielli, che scopano. Uno dei due, con un turbante coperto di pietre preziose, fotte l’altro, che è disteso su un cuscino. L’uomo che viene inculato ha lunghi capelli neri e la barba: non è un ragazzo, come spesso si vede in queste opere. Ha anche lui il cazzo duro, un grosso cazzo che mi fa venire l’acquolina.

Thomas si chiede se per Kellington ci fossero anche cazzi che non facevano venire l’acquolina: quelli grossi, duri e sporchi erano i suoi preferiti, ma a quanto pare c’era posto per tutti nella bocca, in culo o tra le dita di Kellington.

La miniatura è tratta da un manoscritto arabo delle “Trenta e una notte”, un testo che mi piacerebbe leggere, ma non è tradotto in inglese. Groove dice che non saprebbe come procurarselo.

Thomas cerca la miniatura nella collezione di Kellington. La riconosce facilmente. 

Thomas sbuffa. A parte le pagine su Bellisle, su cui dovrà confrontarsi con il collega che ha seguito il caso, non emerge molto. Tanto varrebbe prendere uno dei quaranta e passa volumi della collezione di Kellington e leggere quello.

 

Ronaldson organizza incontri di lotta in cui i contendenti si affrontano nudi. Quell’uomo è un genio. Il locale al porto chiuderà presto, dopo che aprirà l’altro. Non vedo l’ora. Ieri sera al porto ho visto Ernest Becker che assisteva ai combattimenti. Lui non si copre il viso. Credo che sia il maschio più affascinante che io abbia mai visto.

Segue una fantasia in cui lord Becker è il protagonista.

Ernest Becker. Penso alle sue mani che mi spogliano…

Thomas passa oltre.

Nigel descrive in ogni dettaglio gli incontri organizzati da Ronaldson nel nuovo locale: il primo, in cui poi si è fatto fottere da uno dei lottatori e da un altro degli uomini del bordello dell’Irlandese, e i successivi. Si direbbe che non se ne perdesse uno. Magari a uno di questi incontri può aver incontrato il suo assassino. Thomas legge, saltando le dettagliate descrizioni delle scopate.

 

Ieri sera sono andato al terzo incontro di lotta organizzato da Ronaldson. Nel primo incontro erano il Rosso e il Nero ad affrontarsi. Li avevo già visti tutti e due, ma vederli lottare uno contro l’altro è stato davvero splendido: un colosso nero di pelo e un altro di pelo rosso che lottano nudi.

C’era anche Becker: aveva la maschera, ma non si era preoccupato di coprirsi bene e con quei capelli biondi e la barba era perfettamente riconoscibile. Mi sono seduto vicino a lui. Mi piace moltissimo. Secondo me anche a lui piacciono gli uomini, altrimenti non frequenterebbe questi giri. Ma l’unica volta in cui mi sono avvicinato non mi è sembrato per nulla interessato. Certo, non sono bello io, lo so benissimo. La prossima volta che lo vedo, ci riprovo.

Ho chiesto a Spade se i due lottatori erano in vendita. Non so che cosa darei per farmi fottere dal Nero, che ha un cazzo magnifico. Magari il Nero che me lo mette in culo e il Rosso che se lo fa succhiare. Spade mi ha detto che per il momento i due non vogliono vendersi, ma in futuro non può escluderlo: sono poveri e senza un lavoro. Prima o poi saranno costretti a cedere.

Thomas ha un gesto di rabbia. Lo angoscia l’idea che la miseria costringa un uomo a vendersi e il pensiero che Nigel Kellington contasse proprio su questo lo disgusta.

Ronaldson mi ha proposto un giamaicano, uno schiavo che è venuto a Londra con il padrone e quando la schiavitù è stata abolita ha deciso di fermarsi qui. Non avevo mai scopato con un negro.

Si chiama Caesar e Ronaldson dice che è un mandingo, una tribù africana famosa perché gli uomini hanno corpi muscolosi e grandi cazzi.

La descrizione del cazzo è molto dettagliata: Thomas è sicuro che potrebbe riconoscere il giamaicano dal cazzo, se avesse occasione di vederlo, ma questo non lo aiuta molto nell’indagine.

Thomas è quasi alla fine del diario, ma non ha trovato niente di davvero utile. L’ultima pagina datata del diario, risale a due giorni prima dell’omicidio. Contiene qualche annotazione insignificante e poi prosegue:

Venerdì torno a Lisson Grove: c’è un altro incontro di lotta, a cui conto di assistere. Questa volta voglio combinare qualche cosa: è troppo tempo che non scopo.

“È troppo tempo che non scopo”. Dalla data dell’ultima scopata, al bordello dell’Irlandese, sono passati quattro giorni, ma in effetti per Nigel Kellington doveva essere un tempo piuttosto lungo.

Ho saputo che Ernest Becker va spesso dai Moryson, un salotto frequentato da artisti. Devo riuscire a farmi invitare. Groove mi ha detto che ci va anche un pittore che conosce, Higgins. Devo contattarlo.

 

C’è ancora una fantasia, senza data. Thomas dà una rapida occhiata e vede il nome di Ernest. Ernest Becker, con ogni probabilità.

Thomas si mette a leggere.

 

Fuori i soldati turchi sorvegliano la torre. Quando arriveranno i rinforzi attaccheranno e ci cattureranno. Ci impaleranno: una morte orrenda.

Dico:

- Possiamo lanciarci all’attacco e cercare di farci uccidere.

Ernest è perplesso.

- Sì, possiamo farlo. Ma sai anche tu che hanno l’ordine di prenderci vivi. Il comandante vuole che la nostra morte sia un esempio per tutti gli inglesi. E noi abbiamo solo i coltelli. Non gli sarà difficile catturarci. Se non fossero dei vigliacchi, non aspetterebbero i rinforzi.

- Già. E poi non mi piace l’idea che siano quei bastardi a fotterci.

- Anche se non ti piace, è quello che succederà.

Ernest mi fissa, sorride e dice:

- Forse c’è un’altra via, Nigel.

- E sarebbe?

- Possiamo affrontarci in un duello, io e te. Uno dei due troverà una morte onorevole, per mano di un vero uomo. Perché io e te siamo due veri uomini.

Guardo Ernest. L’idea di affrontarlo in duello non mi dispiace. Morire per mano sua sarebbe una bella morte. E ucciderlo… sì, lo confesso: ucciderlo mi piacerebbe.

- Una sfida, quindi.

- Sì, Nigel. Chi di noi due è il più forte? Chi di noi due affonderà il coltello nella carne dell’altro?

- Il vincitore avrà in premio il palo.

Ernest ride.

- Sì, è il premio per il più forte. Ma ci aggiungerei anche altro.

- Che cosa?

- Il culo dello sconfitto.

Lo guardo, paralizzato. Ernest sorride.

- Lo desideri, Nigel. Hai voglia di fottermi, come io ho voglia di fottere te. L’ultima scopata. Siamo tutti e due maschi e l’idea di farci fottere non ci va. Ma quando avrai preso tre coltellate in pancia, quello che ti va o non ti va non avrà più molta importanza.

- Lo stesso vale per te, Ernest.

- Certo, Nigel. Vale anche per me. Preferirei che fossi tu a uccidermi, ma lotterò fino all’ultimo per gustare il tuo culo prima di tagliarti la gola.

Sono disorientato, ma la proposta mi tenta.

- E io farò lo stesso.

Ernest è attratto da me, l’ho capito da tempo, come io lo sono da lui. È un maschio magnifico, forte. Più volte ho pensato che mi sarebbe piaciuto scopare con lui. Fotterlo. Forse farmi fottere. Sì, posso ammetterlo. Che senso ha mentirmi, ora? Mi sarebbe piaciuto anche farmi fottere. Se mi batterà, prima di morire sentirò il suo cazzo in culo. Il pensiero di battermi con lui, in una sfida mortale, in cui in palio per tutti e due ci sono la vita e il culo, mi eccita. Il cazzo si sta tendendo.

Mi spoglio, rimanendo nudo davanti a lui. Vedo il suo sguardo indugiare sul mio cazzo, che ormai è pieno di sangue.

- Spogliati, Ernest.

Ernest annuisce. Lo guardo, guardo il corpo vigoroso di questo splendido maschio trentenne, le braccia forti, le gambe possenti, il cazzo che sta tendendosi. Un superbo maschio da fottere. O da cui farsi fottere.

Mi chino a prendo il coltello. Lancio un’occhiata fuori dalla finestra. I turchi sono sempre al loro posto. Sanno che non abbiamo lance, ma preferiscono non avvicinarsi. Mi volto verso Ernest. Anche lui ha il coltello in mano. Il coltello e il cazzo, due magnifiche armi che minacciano il mio ventre e il mio culo.

Ci mettiamo al centro della stanza. Ci guardiamo. Gli sorrido.

- Ernest, se mi ucciderai, è un bel modo di finire, per mano di un maschio che ha coraggio e vigore e sarò volentieri la tua preda. Se ti ucciderò, lo farò con altrettanto piacere , godendo nel prenderti e poi nel tagliarti la gola, perché sei davvero un maschio.

Ernest mi sorride.

- Lo stesso vale per me, Nigel.

Ci guardiamo, muovendoci piano, in cerchio, come in una danza. Ora abbiamo tutti e due il cazzo duro. Quel cazzo mi entrerà in culo o lo metterò io in culo a lui. Quel coltello mi squarcerà il petto o sarà il mio a recidergli la gola.

Ernest scatta in avanti e vibra un fendente, muovendosi rapido, ma non mi sorprende. Lo scanso e a mia volta cerco di colpirlo. Lui si sottrae facilmente e si lancia ancora su di me. Questa volta la punta mi sfiora appena, aprendo una piccola ferita sulla destra, sotto il capezzolo. Contrattacco, ma lui mi sfugge, arretrando.

Avanza di nuovo fulmineo e questa volta poco manca che la lama non mi prenda in pieno, ma mi sottraggo con un salto all’indietro e reagisco attaccando. Ora sono io a colpirlo, ma è solo un piccolo taglio sulla spalla destra, da cui cola un po’ di sangue.

Ernest ride.

- Tutto lì?

E mentre lo dice, si lancia su di me. Faccio appena in tempo a deviare la lama e a scartare di lato. Di nuovo una piccola ferita al fianco destro.

- Tu non stai facendo di meglio.

Ernest ride di nuovo.

- No, è vero.

La lotta continua. Nel caldo soffocante di questa giornata i nostri corpi sono madidi di sudore. Gli vedo sul petto e sul ventre le gocce che scendono tra i peli. Anche la fronte è imperlata. Ernest suda abbondantemente, ma anch’io sono bagnato e la presa sulla lama è meno salda. Cambio il pugnale di mano, con un gesto che lo sorprende. Guizza di lato, lontano dalla mia lama, poi mi attacca.

Faccio per colpirlo, ma sento la sua mano afferrarmi il polso, mentre ruota su se stesso. Guardo il suo corpo coperto da una patina umida, il suo cazzo teso allo spasimo, grande, minaccioso. Devo bloccargli la mano prima che finisca di girarsi e mi colpisca, ma qualche cosa dentro di me cede. Ernest è uno splendido maschio. Sarà lui a stuprarmi e uccidermi. La mia mano libera si muove un attimo troppo tardi e la sua lama mi apre il ventre, affondando fino all’impugnatura.

- Merda!

Sento il dolore, atroce. Ma non è solo dolore. È anche piacere. Mi piego in avanti, barcollo. Il pugnale mi scivola tra le dita. Lui mi avvicina a sé, in una stretta che è un abbraccio, estrae la lama e l’affonda nuovamente, poco sotto.

Il dolore percorre tutto il mio corpo.

- Bravo, Ernest.

Vorrei chiedergli di colpirmi ancora e, come se avesse capito, ritira il coltello e per la terza volta mi squarcia il ventre, più sotto, a fianco del cazzo, ancora teso.

- Bravo!

Solo le sue braccia mi sostengono, le braccia del mio assassino, le braccia del maschio che tra poco mi fotterà.

- Ernest…

Lui accompagna la mia caduta. Mi trovo disteso a terra, il viso contro il pavimento.

Ernest mette le sue mani sul mio culo, lo sento allargare le natiche e poi una nuova lacerazione: il suo cazzo che entra nel mio culo, strappandomi un urlo.

- Merda!

È entrato con violenza e il dolore è bestiale, ma so che voglio questo dolore atroce, che non cancella il piacere che provo.

Ernest mi fotte con energia. Mi afferra i capelli, mi solleva la testa e mi sussurra:

- Lo senti il mio cazzo, in culo, Nigel? Lo senti?

- Sì, Ernest. Va bene così. Hai vinto.

Essere fottuti da lui è una sensazione intensissima. Non ho mai provato nulla del genere. Mi ha colpito a morte e ora mi sta fottendo. Lo fa con furia, lasciandosi guidare solo dal desiderio. Affonda il cazzo e poi lo ritrae, in una cavalcata selvaggia che vorrei non finisse mai. Non diciamo quasi nulla. Ernest a tratti emette un gemito e io esclamo: - Merda!

Penso che vorrei che mi fottesse per sempre, ma il mio tempo è giunto alla fine. Sento che il piacere esplode e anche lui mi viene in culo, spingendo ancora.

Si abbatte su di me. Rimane un momento così, incapace di muoversi.

Poi mi accarezza la testa. Sussurra:

- Ora di crepare, Nigel.

- Sì, Ernest. Sono contento che sia tu a farlo.

- Addio Nigel. Addio.

Il suo cazzo è ancora nel mio culo. Duro. L’idea di uccidermi glielo ha fatto tornare duro come una sbarra di ferro. Con un movimento rapido del pugnale mi taglia la gola. Un breve rantolo e tutto svanisce.

 

Di nuovo la macchia sulla pagina, ma più estesa. Non è solo una macchia, è una scritta. Thomas decifra le lettere. È un’unica parola, un nome: Ernest B.

Thomas rimane a guardare nel vuoto. Nigel Kellington aveva fantasie molto violente, di stupro e di morte. Non sono recenti: qualcuna c’è anche nel primo volume dei diari. Però nell’ultimo volume sono molte di più. Le fantasie di stupro e percosse venivano a volte realizzate. Nulla fa pensare che Nigel intendesse farsi uccidere: in qualche modo la violenza e la morte lo eccitavano, ma non scrive mai nulla da cui trapeli l’intenzione di farsi ammazzare. Certo è alquanto strano che nell’ultima pagina del diario Nigel immagini di essere stuprato e sgozzato da Ernest Becker. Non più di due giorni dopo, forse quello stesso giorno, qualcuno ha davvero sgozzato Nigel Kellington mentre lo possedeva.

Ernest Becker non poteva sapere delle fantasie di Nigel: dal diario è chiaro che non si frequentavano. Ma Nigel era intenzionato a entrare in contatto con lui. E allora?

 

Adam torna a casa e trova Thomas intento a osservare alcune miniature e disegni. Li osserva e ride.

- Che cos’è questa roba?

- Sono miniature e incisioni erotiche.

- Fino lì c’ero arrivato da solo.

Thomas si mostra stupito.

- Però! Sei più intelligente di quanto pensassi, Adam.

Adam è sul punto di scoppiare di nuovo a ridere, ma cerca di nasconderlo.

- Stai investendo i tuoi risparmi ? O è che con l’età non ti tira più e hai bisogno di qualche stimolo?

La provocazione è del tutto gratuita: solo ieri sera Adam ha avuto modo di sperimentare che Thomas non ha nessun problema del genere.

Thomas lo guarda e replica:

- Sai com’è, devo pur tirarmi su con qualche cosa di stimolante, considerato che ciò che ho a disposizione è piuttosto… come dire? 

Thomas lascia la frase in sospeso, ma la sua espressione è eloquente. Questa volta Adam non riesce a trattenere la risata. Poi dice, ancora ghignando:

- Che cazzo è? L’avete sequestrata?

- No, diciamo che era una collezione privata, ma il proprietario è morto e la vedova preferisce non avere questo materiale per casa.

- Te l’ha regalato?

- Mi ha chiesto di farlo sparire, come volevo.

- Kellington, vero?

Thomas alza lo sguardo su Adam.

- Sai che non parlo del mio lavoro con i giornalisti.

- Però devi riconoscere che i giornalisti sono intelligenti.

Sul viso di Thomas compare un’espressione di grande scetticismo.

- Alcuni, forse. Di sicuro non tutti.

Adam ride di nuovo, poi incomincia a guardare le immagini.

- Questa potrebbe darci qualche idea…

Dopo aver osservato alcune immagini, Adam prende uno dei volumi dei diari, ma Thomas interviene, serio:

- No, Adam, quelli no. È materiale che nessun altro deve vedere.

- Va bene. I libri posso guardarli?

- Certo.

Adam incomincia a sfogliare i libri. Ogni tanto scoppia a ridere. A un certo punto declama, ad alta voce:

- Il conte si era messo abiti che Joseph non gli aveva mai visto, probabilmente capi di vestiario che non usava più. Joseph gli afferrò gli indumenti e incominciò a strapparglieli di dosso. Il conte cercò di opporsi, ma Joseph era molto più forte. Joseph lacerò completamente la camicia, poi spinse il conte a terra e gli tolse i pantaloni. Quando ormai gli erano rimasti soltanto i mutandoni, il conte riuscì ad alzarsi e finse di voler scappare. Joseph lo afferrò e gli strappò anche l'ultimo indumento, poi lo spinse a terra. Lo bloccò gettandosi su di lui e lo infilzò, spingendo il grosso cazzo a fondo nel culo del conte. Il conte ebbe un guizzo e gridò, ma Joseph iniziò a fotterlo senza badarci. Guardò gli indumenti del conte sparsi intorno, su cui le sue mani luride avevano lasciato il segno. Guardò quel corpo che ora stava possedendo, che le sue mani stringevano e sporcavano. Proseguì nella sua opera a lungo, finché non sentì che il conte stava venendo. Allora con poche spinte concluse, riempiendogli il culo del suo sborro caldo. Ora Joseph aveva bisogno di pisciare e avrebbe voluto lavarsi, ma sapeva che doveva essere il conte a dirgli di alzarsi e andarsene, perciò rimase immobile, il cazzo ancora dentro il culo del conte. Dopo un lungo momento, il conte disse: - Pisciami in culo, Joseph.

Non era mai successo prima, ma Joseph sapeva che doveva obbedire al conte. Il cazzo aveva perso durezza e consistenza e Joseph poté eseguire l'ordine. Incominciò a pisciare. Sentire la vescica svuotarsi era un piacere. Joseph proseguì, finché ebbe finito.

 

Adam ride e osserva:

- Questo non l’abbiamo mai fatto.

Thomas lo guarda, con un’espressione alquanto scettica.

- Ti piacerebbe?

Adam ridacchia. L'idea lo incuriosisce, ma non è molto convinto. Dice la verità:

- Non saprei. Finché non lo provo non lo posso sapere.

- Una di queste sere lo facciamo. Io faccio Joseph.

- Ma…

Thomas non lo lascia finire:

- Finché non hai provato, non puoi sapere se ti piace o no.

Adam scuote la testa. Fa per andarsene, ma gli viene in mente che deve dire una cosa a Thomas.

- Domani sera sono fuori. Abbiamo saputo di un giro di incontri clandestini di lotta.

Thomas è stupito.

- Ce ne sono diversi in tutta Londra. Che cosa c’è di tanto interessante in questo?

Adam risponde, serio:

- Sai che non parlo del mio lavoro con i poliziotti.

Questa volta è Thomas che scoppia a ridere. Adam aggiunge:

- Questo pare essere un po’ particolare.

- In che senso?

- Pare che ci siano anche incontri in cui i lottatori si affrontano nudi. E dietro ci dev’essere anche un giro di prostituzione, qualcuno insinua che forse ci siano anche casi di sfruttamento di ragazzi. Abbiamo saputo che domani sera c’è un incontro e intendo andare a curiosare.

Thomas si dice che con ogni probabilità si tratta del giro in cui bazzicava Kellington: è difficile che ce ne siano due a Londra con queste caratteristiche. Domani sera Adam avrà una sorpresa.

 

Il mattino seguente Thomas passa dal libraio Groove. Non si aspetta molto da lui: ciò che c’è da sapere è scritto nei diari di Kellington. Ma nessuna pista va trascurata.

- Buongiorno, signor Groove.

L’uomo guarda Thomas, perplesso.

- Buongiorno. In che cosa posso esserle utile?

C’è altra gente nel locale, per cui Thomas parla a bassa voce.

- Sono l’ispettore Thomas Hardy, della polizia municipale di Londra. Ho bisogno di parlare con lei con calma.

Groove è inquieto, anche se lo nasconde con un sorriso. Dice al garzone di badare ai clienti e fa accomodare Thomas nel retrobottega.

- Lei ha un’idea del motivo per cui sono qui, signor Groove?

- No, io no. Come potrei?

Thomas ha un sorriso ironico e dice:

- E se le dicessi che sto indagando sulla morte del signor Kellington, uno dei suoi migliori clienti?

Groove preferisce dare una risposta molto generica:

- Il signor Kellington? Non conosco nessuno con questo nome.

Non è strano: probabilmente Kellington si presentava con un altro nome.

- Forse non si presentava così. Un uomo non molto alto, di corporatura massiccia, capelli corti, barba e baffi di color castano scuro, ma ormai grigi. Molto ricco.

- C’era un cliente che corrisponde alla sua descrizione, ma a me diceva di chiamarsi Ashburne. Acquistava libri.

- Libri, incisioni, miniature, tutti dello stesso tipo, direi. Di un tipo che di solito non viene messo in mostra, che di certo non ha negli scaffali, ma probabilmente qui nel retrobottega, non in vista.

Groove ora è chiaramente a disagio.

- Ispettore, io… ho venduto del materiale…

- Parecchio materiale. Lei era il suo principale fornitore e senza dubbio lui era uno dei suoi migliori clienti. O mi sbaglio?

Groove si rende conto che ormai è inutile fingere di non sapere che il sedicente Ashburne era in realtà Nigel Kellington, del cui omicidio Groove ha letto sui giornali.

- No, era un buon cliente. Io…

- Lei gli ha venduto parecchio materiale violando le leggi del regno. Ma, signor Groove, questo non mi interessa molto. Indago su un omicidio e chiedo la massima collaborazione. È suo interesse raccontarmi tutto quello che sa.

Groove è sempre più a disagio.

- Da quel che mi dice, lei sa già tutto, ispettore. È vero che ho venduto al signor Ashburne, no, Kellington alcuni libri e immagini. Era lui che mi chiedeva di procurarglieli. Nel mio lavoro si viene in contatto con tanta gente e, non volendo scontentare un ottimo cliente, confesso di avergli passato alcuni materiali. Forse non avrei dovuto farlo.

- No, certamente non avrebbe dovuto, ma non è questo il problema. Mi dica quali erano i suoi rapporti con il signor Kellington.

Groove respira a fondo, poi dice:

- Veniva qui regolarmente, mi chiedeva stampe e libri.

- Questo lo so. In primo luogo vorrei sapere se qui lo ha mai visto parlare con altri che avessero gli stessi gusti.

- No, signor ispettore. Che cosa dice? Il signor… Kellington veniva da solo e controllava che nessuno potesse sentire quello che mi diceva.

- Non c’era nessun altro che sapesse?

- No, assolutamente no.

- Un’altra domanda: l’ha visto in tempi recenti?

Nei diari Kellington dice di essere passato da Groove una settimana prima di essere ucciso.

- È passato di qui una settimana fa.

- Era da solo?

- Sì, il signor Kellington veniva sempre da solo.

- Sempre? Non l’ha mai visto con qualcuno?

- No, mai.

Come sospettava, non ha ottenuto nessuna informazione utile. Thomas chiede ancora:

- Era sempre lei che gli procurava le scene di esecuzioni capitali, vero?

- Sì, il signor Kellington diceva che gli interessavano le tecniche di esecuzione nella storia.

Thomas si chiede se Groove sospettasse la natura dell’interesse di Kellington per le esecuzioni capitali, ma non ha nessuna importanza, per cui non intende chiedere altro. Groove però prosegue:

- Anche il libro che ha scritto…

Groove si interrompe, rendendosi conto di aver detto di più di quello che avrebbe dovuto.

- Che ha scritto? Il signor Kellington ha scritto un libro?

Con ogni probabilità Groove si sta maledicendo per la proprio idiozia. Ma ormai è troppo tardi per fare marcia indietro. Dice:

- Sì, il libro di uno che finisce prigioniero dei Turchi, dev’essere tra i libri rilegati.

Thomas si ricorda un titolo. Chiede, per sicurezza:

- Mi dica il titolo esatto.

- Proprio esatto non ricordo, era… Storia del cavaliere… che venne catturato dai Turchi e dopo essere stato lo schiavo del sultano venne da lui impalato. Qualche cosa del genere.

Thomas ha l’impressione di aver visto questo titolo tra i volumi di Kellington.

- Ed è opera del signor Kellington. Le diede lui il manoscritto?

Groove deglutisce.

- No, no, mi diede il testo che aveva già fatto stampare.

Thomas fissa Groove negli occhi.

- Non menta, Groove. Corre meno rischi a dirmi la verità. Sto indagando su un omicidio, non su stamperie clandestine, ma se scoprissi che mi ha nascosto qualche cosa, potrei dire due parole ai colleghi che si occupano di queste cose: sarebbero ben felici di fare quattro chiacchiere con lei.

La minaccia è chiarissima. Groove prende un fazzoletto dalla tasca e si asciuga il sudore.

- Non posseggo una stamperia, ispettore. Quando il signor Kellington mi portò il manoscritto, gli diedi il nome di un conoscente che sapeva come contattare una stamperia… per quel tipo di libri.

Thomas fissa Groove, senza dire nulla.

- Glielo giuro, ispettore, non so altro.

Thomas scuote la testa.

- Era lei che si occupava della rilegatura dei libri, mettendo titoli che non destassero sospetti, vero?

Non è una vera domanda. Thomas è sicuro della risposta.

Groove annuisce.

- Sì. Il signor Kellington sceglieva un libro e io provvedevo a farlo rilegare con il titolo di qualche romanzo.

- Li sceglieva lei, i titoli da mettere?

- Sì, certo. Il signor Kellington non credo che leggesse molto, al di fuori di quei libri che si faceva rilegare da me.

Groove aggiunge:

- Ispettore, so che non avrei dovuto, ma mi spiaceva scontentare un cliente.

Thomas ha un’idea.

- Il signor Kellington aveva anche dei disegni, non delle stampe, dei disegni originali, quelli con scene di esecuzione. Lei sa chi li ha fatti?

Groove si passa un dito tra il colletto della camicia e il collo.

- Il signor Kellington mi aveva chiesto se conoscevo qualcuno disponibile a fare dei disegni, ispirati ad alcune opere in suo possesso. Avevo cercato per lui, alla fine avevo trovato un illustratore di libri.

Thomas si fa dare il nome, ma per il momento non pensa di cercare l’artista: probabilmente non ne vale la pena. Non è certo un pittore che Kellington ha invitato nel suo appartamento e non è un ritratto quello che stava facendo quando lo hanno ammazzato. Anche se… Il disegnatore che ha rappresentato quelle scene era a conoscenza dei gusti di Kellington. E anche chi ha composto il libro per la stampa.

- Un’ultima cosa. Il libro che Kellington scrisse, a quando risale?

- Non più di due o tre mesi fa.

- Va bene, allora mi dia anche l’indirizzo della stamperia. E lasci perdere il conoscente che sapeva a chi rivolgersi.

Come Thomas ha intuito, Groove conosce l’indirizzo della tipografia, che stampa materiali diversi e anche testi illegali.

 

A casa Thomas prende il libro, il cui titolo esatto è Storia dell’ufficiale N.K. che venne catturato dai Turchi e dopo essere stato loro schiavo venne fatto impalare dal sultano. Le iniziali sono N.K., Nigel Kellington, ovviamente. Thomas non ci aveva badato, scorrendo i titoli dei libri.

Thomas sfoglia il volume. Ci sono alcune immagini, probabilmente della stessa mano che ha disegnato Kellington messo a morte o cadavere. Dai disegni sono state ricavate incisioni.

La vicenda è quella di un ufficiale inglese che viene catturato da una banda di briganti turchi e subisce ogni sorta di umiliazione. Ogni giorno viene violentato, spesso in gruppo, costretto a bere il piscio dei soldati, picchiato. I primi giorni l’uomo cerca di mantenere un minimo di dignità, ma poi cede completamente, obbedendo a ogni richiesta.

Dopo diversi mesi di questa vita, i soldati turchi scovano i briganti, che vengono impalati. Il prigioniero inglese viene portato a Costantinopoli, dove il sultano lo prende nel suo harem. Ma l’ufficiale cerca la morte e tradisce più volte il sultano finché, scoperto, non viene anche lui impalato.

La storia è narrata in prima persona, come un diario, concluso in prigione la notte prima dell’esecuzione. L’impalamento è descritto in ogni dettaglio da un marinaio inglese, che assiste al supplizio. La scena eccita il testimone, tanto che questi viene durante l’impalamento. Nei due giorni successivi, il marinaio rimane a lungo a guardare l’agonia dell’ufficiale e poi torna a casa e si masturba. N.K. muore solo il terzo giorno. Il marinaio torna ancora a guardare il corpo e a seguirne il disfacimento.

Thomas non legge per intero il volume, ma nelle pagine la degradazione del protagonista è ancora maggiore di ciò che appare nei diari di Kellington.

 

 

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