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  Lo scandalo Shaffield 
 Il
  marchese Anthony Shaffield si stende prono sul
  letto, a gambe larghe. Sorride, soddisfatto. Ha avuto un colpo di culo
  notevole. Questo incontro a due passi da casa è stata una piacevole sorpresa.
  Non se lo sarebbe proprio aspettato. È
  stata una bella chiacchierata e ora sono in questa casa di Soho dove si
  affittano camere per qualche ora. Un posto anonimo, dove nessuno lo conosce.
  Alquanto squallido, ma ad Anthony non importa.  Anthony
  sente la saliva che scende sul solco e che poi viene spalmata intorno
  all’apertura. Poi il cazzo vigoroso preme ed entra. Anthony chiude gli occhi.
  È meraviglioso sentire il calore e la durezza di questo cazzo, che ora prende
  a muoversi dentro il suo culo, dilatandolo e regalandogli piacere. È un buono
  stallone, quello che ora lo prende, con un movimento continuo. Anthony
  non si accorge che l’uomo che lo sta possedendo ha preso un coltello. Solo
  quando l’uomo gli afferra i lunghi capelli e gli solleva la testa, Anthony
  intuisce che c’è qualche cosa che non va, ma è troppo tardi: fa appena in
  tempo a sentire il dolore atroce dello squarcio alla gola. Vorrebbe gridare
  un "No!", che si spegne in un gorgoglio, mentre la coscienza di
  stare morendo lo riempie di terrore. Il
  movimento convulso del corpo dura poco. Il corpo rimane inerte, mentre il
  sangue continua a colare dallo squarcio. L’assassino
  sorride e riprende il movimento, fino a che viene. Poi esce. Si
  alza e guarda il cadavere. Sorride. Si avvicina alla testa del letto. Guarda
  il viso del morto, gli occhi e la bocca spalancati dall’orrore. L’assassino
  piscia sulla testa del cadavere, poi si riveste ed esce. Thomas
  Barnes, direttore del Times, si avvicina alla scrivania di Rodhedly, uno dei giornalisti che seguono i delitti. - Rodhedly, è arrivato un biglietto anonimo. Dice che un
  nobile è stato ucciso. Può andare a controllare? -
  Direttore, devo ancora finire l’articolo sull’incidente ferroviario alla
  stazione di Greenwich. Se c’è davvero un morto, non sarà una faccenda breve. In
  quel momento Adam Woolwich entra nell’ufficio di Rodhedly.
  Vedendolo, Rodhedly suggerisce: -
  Magari può dirlo a Woolwich, signor direttore. Adam
  Woolwich di solito non si occupa dei delitti, ma è senz’altro in grado di
  farlo. È un giornalista molto apprezzato, noto per diverse inchieste. La
  serie di articoli sulla Giamaica lo ha reso un beniamino del pubblico, almeno
  di quello di orientamento più liberale. C’è anche chi lo vede come il fumo
  negli occhi, ma tra i lettori del Times sono molto più numerosi coloro
  che se vedono un suo articolo, si affrettano a leggerlo. Adam
  guarda interrogativamente Barnes. - Un
  biglietto anonimo segnala un nobile assassinato in Broad
  Street, a Soho. Personalmente ho qualche dubbio che la segnalazione sia da
  prendere sul serio, ma il riferimento è molto preciso. Vada a vedere. Adam
  Woolwich prende il biglietto e si segna l’indirizzo. Si fa portare da una carrozza,
  per non perdere tempo. La
  casa è un edificio con diversi piani. È in condizioni di degrado, ma anche
  quando era nuova non era certo un edificio elegante. Che cosa ci farebbe un
  nobile in un posto del genere? La
  porta è aperta, sembra essere una di quelle case in cui le stanze vengono affittate
  singolarmente. Adam sale al secondo piano e raggiunge la terza porta. Adam
  bussa. Nessuna risposta. Adam si chiede che cosa fare. Non può certo forzare
  la porta. Adam
  appoggia la mano sul pomello e spinge leggermente. La porta si apre: non è
  chiusa a chiave.  Adam
  apre completamente. È una piccola stanza, con una sedia, un letto e un
  comodino. Chi ha scritto il biglietto non mentiva: sul letto c’è un corpo e
  il sangue che macchia il lenzuolo ed è colato anche a terra non lascia dubbi
  sul fatto che l’uomo è ormai un cadavere. Adam si avvicina. Guarda il corpo,
  con la gola tagliata, e osserva la stanza. Sulla sedia ci sono gli abiti
  della vittima, piegati. Adam
  esce, richiude la porta. Scrive due righe e chiama una carrozza. Affida al
  cocchiere il biglietto per l’ispettore Thomas Hardy, della polizia
  metropolitana di Londra, da portare alla sede di Whitehall
  Place 4. Adam rientra nell’edificio e sale al
  secondo piano. Si mette davanti alla porta e aspetta. Thomas
  arriva dopo mezz’ora, insieme a tre agenti. Adam lo guarda e sorride. Vedere
  Thomas è sempre una gioia. - Al
  Times è arrivato un’ora fa un biglietto anonimo in cui si diceva che
  in questa stanza c’era il corpo di un uomo assassinato, un nobile. Barnes ha mandato me a verificare. Non era uno scherzo,
  direi. E
  mentre lo dice, Adam spinge la porta. Thomas chiede: - La
  porta era aperta, Adam? Anche
  davanti agli agenti Thomas lo chiama per nome, come fa sempre. Fa parte del
  carattere di Thomas, che non finge. Qualcun altro nella stessa situazione lo
  avrebbe chiamato “Signor Woolwich”, per paura di tradire la loro intimità.  -
  Sì, mi è bastato spingere. -
  Non hai toccato niente, vero? Adam
  ride. -
  Thomas! Mi prendi per scemo? Sul
  viso di Thomas compare un’espressione di dubbio, come se stesse considerando
  l’ipotesi, poi Thomas sorride ed entra. Adam e i tre agenti lo seguono. Thomas
  osserva con cura il morto. La posizione del cadavere, disteso prono, con le
  gambe allargate, non lascia molti dubbi su che cosa stava facendo quando è
  stato ucciso, tanto più che dal buco del culo è colato un po’ di seme. -
  Sgozzato dall’uomo che lo stava possedendo, come Kellington. Uno
  degli agenti osserva: -
  Violentato e ucciso. Thomas
  indica con un cenno del capo gli abiti del morto, disposti con cura su una
  sedia. - Se
  li è tolti lui, non gli sono stati strappati di dosso. E d’altronde, che
  cos’altro sarebbe venuto a fare un nobile o un ricco borghese, perché tale
  deve essere a giudicare dagli abiti, in un posto del genere? A discutere di
  affari steso nudo su un letto? Adam
  sorride. Anche lui ha osservato gli abiti ed è giunto alla stessa conclusione
  di Thomas. Thomas
  infila una mano sotto il ventre del morto e annuisce. -
  Come pensavo. Eccitato. No, nessuno stupro. Un omicidio durante un rapporto
  consensuale. Vediamo di capire chi è il morto. Intanto, Sunders,
  lei vada a chiamare il medico. L’agente
  esce. Thomas esamina la stanza, controllando accuratamente ogni angolo. Poi
  passa alla sedia su cui sono appoggiati gli abiti del morto. Li prende uno
  per uno e li controlla. In una tasca c’è un foglio. Thomas lo tira fuori e
  legge il contenuto. Poi dice: -
  Dev’essere il marchese Anthony Shaffield. Se posso
  dire: merda! Un
  agente scoppia a ridere: non si aspettava dall’ispettore un’espressione
  triviale.  Thomas
  lo fulmina con lo sguardo: -
  Non c’è niente da ridere, Fullton, glielo assicuro. - Mi
  scusi, ispettore. L’altro
  agente annuisce. Uno dei più illustri nobili d’Inghilterra assassinato
  durante un rapporto sessuale dall’uomo che lo stava inculando… i giornali si
  scateneranno e l’opinione pubblica pure, tanto più che è il secondo omicidio
  di questo genere. La prima vittima però era un borghese, un industriale.
  Questo era uno dei nobili più in vista di Londra. Sì, l’ispettore ha ragione:
  merda! Adam
  interviene: -
  Aspetta, Thomas. Ho avuto modo di conoscerlo. Fammi vedere. -
  Guarda, Adam, ma non toccare il corpo. Adam
  si avvicina e osserva il viso del morto. -
  Sì, è lui. Lord Anthony, marchese di Shaffield. Lo
  riconosco. Dicevano che gli piacessero gli uomini.  Thomas
  annuisce. Poi guarda Adam, reprime il sorriso che gli affiora alle labbra e
  dice: -
  Adesso però il giornalista ficcanaso deve andarsene. Adam
  scuote la testa, ridendo. - Ti
  faccio presente che è stato il giornalista ad avvisare la polizia e a
  confermare l’identità della vittima. Senza di lui la polizia… Thomas
  lo interrompe: - La
  polizia gli ha permesso di raccogliere un bel numero di informazioni, che
  potrà gettare in pasto al suo pubblico affamato di scandali. Però adesso il
  giornalista esce da questa stanza in cui non avrebbe mai dovuto entrare e se
  ne va. Ci vedremo in un altro momento, Adam. Adam
  annuisce. Si vedranno questa sera, nella casa in cui vivono insieme. Ma
  questo non è il caso di dirlo davanti agli agenti. È bellissimo pensare che
  questa sera tornando a casa troverà Thomas oppure che sarà lui ad aspettarlo.
  È bello aspettare che Thomas arrivi. Prima
  che Adam esca, Thomas lo chiama: -
  Adam? -
  Dimmi. -
  Voglio il biglietto che è arrivato al Times. Ce l’hai tu? -
  No, l’ho lasciato al giornale. Vedo di procurarmelo. -
  No, di’ che lo lascino in sede. Tanto passerò per capire chi l’ha portato,
  anche se è inutile: se è stato l'assassino a scriverlo, avrà preso le sue
  precauzioni. Adam
  esce dalla stanza, ma non lascia la casa. Fa ancora un giro per l’edificio.
  Da qualche camera si sentono provenire voci, in almeno un caso l’inconfondibile
  ansimare di due persone che scopano. Da una porta esce un giovane uomo, che
  lancia un’occhiata ad Adam e fa per proseguire. Adam
  lo ferma.  -
  Senti, vorrei affittare una stanza qui per domani pomeriggio. A chi devo
  rivolgermi? Il
  giovane non si stupisce della domanda: evidentemente nella casa le stanze
  vengono davvero affittate per qualche ora, come Adam aveva pensato. - Al
  signor Gardener, al piano superiore. È l’ultima
  porta a destra. -
  Grazie. Adam
  sale le scale e raggiunge la porta indicatagli. Bussa. -
  Avanti. La
  stanza in cui Adam entra è più ampia di quella in cui Shaffield
  è stato sgozzato ed è meno spoglia. L’uomo seduto a un tavolino, che scruta
  Adam senza alzarsi, dev’essere sui sessanta. Non ha più capelli, ma ha una
  lunga barba bianca -
  Buongiorno, mi hanno detto che lei affitta stanze in questa casa, anche per
  una giornata, per qualche ora. L’uomo
  ha già valutato la condizione sociale di Adam. Poiché dall’abbigliamento è
  evidente che il cliente è in grado di pagare, risponde: - Sì,
  per chi ha bisogno di dormire una notte o riposare un momento. - A
  me servirebbe per domani pomeriggio. -
  Per domani… - Gardener controlla un registro che ha
  sul tavolo – posso darle una stanza al piano terreno.  -
  Potrebbe andare. - Se
  vuole lenzuola pulite, c’è un supplemento. Adam
  reprime un sorriso. Non aveva pensato di dover pagare un sovrapprezzo per
  avere lenzuola pulite. Ce n’è un altro per una brocca con l’acqua e un
  asciugamano (anche quello pulito, si spera, ma magari esiste anche l’opzione
  per un asciugamano sporco, ma asciutto). Adam
  finge di riflettere un attimo. -
  Sì, credo che vada bene. Però devo prima parlare con un’altra persona. -
  Badi, se viene qualcun altro a chiedermi la stanza, io non la tengo per lei,
  se non mi paga in anticipo.  Adam
  alza le spalle. -
  Non posso decidere adesso. Ripasso dopo. Adam
  scende e torna alla porta della camera dove è stato ucciso Shaffield. Bussa e spinge la porta, senza aspettare che
  qualcuno gli dica di entrare. Thomas
  lo guarda e sbuffa. -
  Che cosa fai ancora qui? Adam
  sorride. -
  Volevo solo dirti che ad affittare le stanze è un certo Gardener,
  che sta al piano di sopra, l’ultima porta a destra. Non gli ho chiesto a chi
  appartiene la casa, non credo che me l’avrebbe detto, né a chi ha affittato
  questa stanza, ma di questo penso che ti occuperai tu. Mi sembra di capire
  che nessuno indaghi su ciò che avviene nelle stanze affittate e che molte
  siano usate per incontri occasionali. Thomas
  annuisce: -
  Adam, ti ringrazio per queste informazioni, che ero in grado di procurarmi da
  solo, ti garantisco, ma se non scompari immediatamente, ti faccio arrestare
  per intralcio alle indagini su un omicidio. Adam
  si finge offeso: -
  L’ingratitudine umana è terribile! -
  Puoi andartene. Adam
  si volta e si allontana, ghignando. Sì, ora può andarsene. Ormai ha tutti gli
  elementi necessari per un articolo che sarà la notizia del giorno. E un buon
  colpo, perché prima che gli altri giornali vengano a conoscenza della morte
  di Shaffield passerà qualche ora. Il Times
  batterà tutti gli altri sul tempo. L’assassinio
  di Anthony Shaffield sarà un bello scandalo. Un
  nobile ucciso dall’uomo con cui aveva un rapporto. E che nobile! Adam
  rientra al giornale e racconta l’accaduto.  -
  Scriva subito l’articolo, Woolwich. Ma… Barnes esita un momento. Adam sa benissimo
  quali dubbi si pone il direttore. -
  Cercherò di non essere troppo esplicito e nemmeno troppo reticente. Ma non è
  che ci possano essere molti dubbi su quello che stava facendo e sul fatto che
  era consenziente. -
  Sì, però… era un nobile. - Se
  preferisce che siano gli altri giornali a dare certi particolari… Adam
  sorride, ironico. Sa benissimo che Barnes non ha
  nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione ghiotta di battere la
  concorrenza. Adam Woolwich è l’unico giornalista a essere stato sul luogo del
  delitto, prima ancora della polizia, l’unico a poter portare una
  testimonianza diretta e non solo riferire ciò che la polizia ha deciso di far
  sapere. -
  No, no, certo. Misuri solo bene le parole, Woolwich. Ma è in grado di farlo,
  quando vuole. -
  Ah, dimenticavo: la polizia vuole il biglietto che annunciava la morte di Shaffield. -
  Certo. Thomas
  Hardy è rientrato nella sede della polizia e ha fatto rapporto direttamente
  al commissario. Sa che il caso, per le circostanze del delitto e per la
  posizione sociale della vittima, avrà una grande risonanza, tanto più che le
  molte analogie con l’omicidio Kellington fanno
  pensare a un unico assassino. Rowan ascolta con attenzione. -
  Hardy, visto che è stato il primo a essere presente sul luogo del delitto e
  che già si occupa del caso Kellington, direi che si
  occuperà lei anche dell’omicidio di lord Shaffield.
   Hardy
  annuisce. Si aspettava una decisione del genere, che è sensata, visto che è
  probabile che l’assassino sia lo stesso. -
  Come desidera, commissario. Rowan non spiega un altro motivo della sua
  decisione: avendo un’idea precisa dei gusti di Hardy, pensa che questo gli
  dia qualche elemento in più per indagare nell’ambiente in cui probabilmente
  sono maturati i due delitti.  Thomas
  Hardy sospetta che ci sia un altro motivo, oltre a quelli esplicitati, ma non
  chiede: ci sono molte cose tra l’ispettore e il commissario che rimangono
  inespresse. Thomas però non è entusiasta all’idea di indagare su questo
  secondo delitto. L’omicidio sicuramente susciterà un grande scandalo, sia per
  la posizione sociale della vittima, sia soprattutto per le circostanze in cui
  è avvenuto, tanto più che è il secondo omicidio di questo genere. La stampa e
  l’opinione pubblica richiederanno a gran voce un colpevole. Thomas non ha
  nessuna intenzione di cercare un capro espiatorio, come farebbero alcuni suoi
  colleghi: vuole scoprire il vero assassino, ma non sarà facile. C’è
  anche un altro fattore che disturba Thomas: come già per Kellington,
  si troverà a indagare nell’ambiente delle relazioni tra uomini. In base alla
  legge inglese si tratta di reati e teoricamente Thomas dovrebbe denunciare
  tutti i casi che scopre, anche se non hanno attinenza con l’omicidio di lord Shaffield. Thomas non ha nessuna intenzione di farlo. Il
  giorno dopo Ernest passa da Bart e gli porge il Times. Non dice niente
  ed esce. Bart
  è stupito. Ieri ha visto Ernest solo il mattino, quando gli ha raccontato
  quello che è successo, e poi in serata, ma Ernest sembrava ancora sconvolto e
  si sono scambiati poche parole. E adesso Ernest è entrato, gli ha chiesto
  come sta e poi gli ha dato il giornale, senza dire altro. Bart
  non legge i giornali, ma non è analfabeta. I titoli del Times gli
  spiegano perché Ernest gli ha dato la copia del quotidiano: lord Anthony Shaffield è stato assassinato ieri pomeriggio. Dalla
  lettura dell’articolo appare chiaro, nonostante il giornalista eviti di dirlo
  direttamente, che è stato sgozzato mentre stava avendo un rapporto sessuale
  con un uomo, in una casa dove si affittano stanze a ore. A
  Bart non spiace che Shaffield sia morto. Ha avuto
  quello che si meritava e la sua scomparsa elimina il pericolo. Ma il
  comportamento di Ernest Becker lo turba. Lord
  Shaffield non aveva figli o parenti stretti. Solo
  alcuni lontani cugini, tra i quali si accende subito un contrasto per
  l’eredità, tanto che, su richiesta del ramo degli Shaffield-Lincoln,
  l’ingresso alla residenza londinese di lord Anthony viene bloccato. Questo
  è un elemento positivo per Thomas: in quanto ispettore che indaga sul caso,
  ha comunque l’autorizzazione a cercare nella casa eventuali elementi utili e
  nello stesso tempo non corre il rischio di essere intralciato nelle sue
  ricerche.  Dalla
  perquisizione non viene fuori nulla di particolarmente interessante: Shaffield non teneva un diario e le lettere conservate
  non contengono nessun elemento che possa fornire qualche indizio.  Thomas
  sa benissimo che lord Shaffield non avrebbe tenuto
  materiale compromettente nei cassetti della scrivania, per quanto chiusi a
  chiave. Perciò cerca nascondigli, soprattutto all’interno dello studio, della
  biblioteca e della camera da letto. Anche se Shaffield
  non teneva un diario, ci dev’essere la collezione a cui fanno riferimento i
  diari di Kellington. E nel nascondiglio potrebbe
  esserci altro materiale utile. Nella
  scrivania dello studio Thomas trova infine uno scomparto segreto, che si apre
  facendo pressione su un perno nascosto dietro un cassetto. Al suo interno ci
  sono due cartelline. Una contiene una ricca collezione di incisioni e
  miniature erotiche maschili: uomini nudi in diverse pose, uomini che si
  masturbano, accoppiamenti di due uomini, vere e proprie orge. Si tratta per
  lo più di opere di modesta fattura, ma due miniature orientali, indiane o
  persiane, sono raffinate e anche alcune altre immagini rivelano una mano
  esperta.  Una
  seconda cartellina contiene invece disegni. Sono soltanto nove e sembrano
  tutti opera dello stesso artista. Raffigurano tutti giovani uomini nudi, in
  piedi o sdraiati sul letto, in quattro casi con il sesso in erezione. I
  disegni sono tracciati con maestria, assai più raffinati di quelli in
  possesso di Kellington. Quattro maschi appaiono una
  sola volta, uno due volte e uno solo tre. Quest’ultimo è un giovane sui
  vent’anni, alto, forte e alquanto ben dotato: sono un mezzo busto, un nudo
  frontale e un nudo sdraiato con il sesso semieretto. Un ultimo disegno,
  separato dagli altri da un cartoncino, rappresenta un uomo meno giovane, sui
  35 anni. È anche lui nudo, ma in una posa classica. Thomas lo guarda con
  attenzione. È di sicuro il più bello tra gli uomini raffigurati, ma non è
  questo a incuriosire Thomas. La faccia è conosciuta. Sì, certo. È lord Ernest
  Becker, conte di Letchworth. Che ci fa il suo
  ritratto nella cartellina? Era anche lui un amante di Shaffield,
  come con ogni probabilità gli altri? Thomas
  ripone al suo posto la collezione e chiude lo scomparto. In un’altra
  situazione, forse gli verrebbe l’idea di sottrarre le cartelle con le immagini,
  per evitare che la memoria del morto venga infangata, ma Shaffield
  è stato assassinato dall’uomo a cui si era offerto e questo è noto a tutti.
  La collezione non aggiunge molto. Al momento di andarsene, Thomas si ferma e
  riflette un momento. Apre nuovamente lo scomparto e tira fuori la cartellina
  con i disegni. Se, come è probabile, sono stati amanti di Shaffield,
  forse può essere utile cercare di scoprire chi sono. Thomas
  richiude lo scomparto. Si chiede divertito che faccia faranno gli eredi quando
  troveranno la collezione. Magari nessuno degli eredi scoprirà l’esistenza del
  nascondiglio e un giorno lontano qualcuno acquisterà la scrivania da un
  antiquario e troverà lo scomparto segreto con la collezione di stampe,
  miniature e incisioni.  Un
  primo interrogatorio dei domestici non porta a nulla: nessuno sembra essere a
  conoscenza dei gusti di lord Shaffield. È naturale
  che il marchese tenesse nascosti i suoi rapporti con uomini, sapendo che
  avrebbe rischiato di essere ricattato. Ma è difficile che non ne sapesse
  nulla neanche Mark Charter, il domestico personale che accompagnava lord Shaffield quando era ospite presso altre famiglie nobili.
   Thomas
  decide perciò di mettere sotto torchio Charter. Costui è chiaramente
  reticente e insiste nel dire che il suo padrone di certo non gli parlava dei
  suoi gusti e delle sue relazioni. Thomas gli dice: -
  Charter, lei sa benissimo le circostanze della morte del suo padrone. E sa
  altrettanto bene quali erano i suoi gusti. Su questo io ho bisogno di
  maggiori informazioni, perché è evidente che l’assassino ha fatto leva sulla
  sua attrazione per gli uomini per avvicinarlo e poi per ucciderlo senza che
  lui sospettasse. Se vuole che io scopra chi ha ucciso il suo padrone, deve
  aiutarmi. -
  Ispettore… io non posso nemmeno dire che il marchese davvero fosse… quello
  che dicono. - Io
  lo posso dire. E non solo per le circostanze della morte. Per la sua
  collezione di incisioni, miniature e stampe, che non lasciano nessun dubbio.
  Charter, io non intendo gettare fango sulla memoria del suo padrone, ci
  pensano già in tanti a farlo. Ma vorrei scoprire chi è stato a ucciderlo ed
  evitare che uccida altri. Per cui, se non è complice dell’assassino, mi dica
  quello che sa. Mark
  è impallidito. - Io
  complice? Ispettore… Thomas
  alza la mano, per bloccarlo. -
  Non credo che lo sia, ma me lo dimostri, collaborando. Mark
  respira a fondo, poi annuisce. -
  Sono a sua disposizione. -
  Allora, in primo luogo le chiedo se le risulta o anche solo sospetta che lord
  Shaffield avesse in questo periodo una relazione,
  frequentasse qualcuno in particolare, in modo continuativo? Mark
  esita un attimo, poi risponde. -
  No, il marchese non mi informava certo di questo, ma non ho notato nessuna
  presenza costante. D’altronde… Mark
  si interrompe. -
  D’altronde? Mark
  esita, poi prosegue: -
  Anche quando c’era qualcuno… Mark
  si ferma di nuovo. Ha deciso di collaborare, ma non è contento di dover
  raccontare certi dettagli. -
  Continui! Se vuole che scopra l’assassino. Mark
  sbuffa, poi prosegue: -
  Anche allora il marchese non disdegnava di cogliere le occasioni che gli si
  presentavano, purché potesse farlo senza correre troppi rischi. Era molto
  attento, non voleva essere oggetto di pettegolezzi. Quando penso a come è
  finito… adesso tutti parlano di lui. Thomas
  annuisce. Ciò che gli dice Mark non semplifica il suo compito, piuttosto lo
  complica. Se fosse possibile individuare un amante, una relazione fissa,
  sarebbe un passo avanti: non è molto probabile che Shaffield
  si recasse con un amante abituale in un posto come quello dove è stato
  ritrovato cadavere; la scelta del locale fa piuttosto pensare a un incontro
  occasionale. Però qualcuno che conosceva le abitudini sessuali del marchese
  potrebbe fornire qualche elemento utile alla soluzione del caso. Thomas
  prosegue: -
  Frequentava bordelli maschili, che lei sappia? -
  Non lo so. Di solito il marchese usava la sua carrozza e spesso si faceva
  accompagnare da me. Preferiva avere un servitore sempre a sua disposizione.
  Talvolta però usciva e non si serviva della carrozza personale. Credo che in
  questi casi, almeno in alcuni, si recasse a qualche incontro, ma non so se
  sia mai stato in un bordello maschile. Ispettore, io non sapevo neanche che
  esistessero bordelli maschili. Lo sento dire da lei adesso per la prima
  volta.  Thomas
  è un po’ perplesso: Mark sembra sincero, ma che a Londra esistano diversi
  bordelli maschili non è un gran segreto. Ce ne sono sempre stati ed è strano
  che Mark non ne abbia mai sentito parlare. In ogni caso non è così
  importante. - E
  gli incontri di lotta? Mark
  aggrotta la fronte. -
  Lord Shaffield si interessava di lotta, so che
  diverse volte ha assistito a incontri, frequentava alcuni posti in cui si
  lottava. Ma non so niente di preciso. Thomas
  tira fuori dalla cartellina che ha portato con sé i diversi ritratti
  maschili. Copre una parte dei disegni, in modo che si veda solo la faccia o
  il busto. Uno per volta li mostra a Mark, che ricorda di aver visto tre di
  questi giovani in anni passati. Per
  ultimo Thomas tira fuori il ritratto a mezzo busto del giovane che appare in
  tre disegni. -
  Conosce questo giovane? - È
  Adrien Bellisle, quello che hanno sgozzato come un
  agnello. Anche il marchese è stato sgozzato, ho saputo. Mark
  non aggiunge altro. Thomas riflette. Non ha collegato l’omicidio di Shaffield e di Kellington con
  quello di Adrien Bellisle, di cui ha sentito
  parlare, ma che è stato seguito da un altro ispettore. Tutti e tre sgozzati,
  in effetti. Dovrà parlare con il collega che ha seguito il caso Bellisle. -
  Che rapporti aveva il marchese con questo Bellisle?
   - Il
  marchese… credo… il marchese doveva aver avuto una relazione con questo
  Adrien, che all’epoca era un protetto di lord Bentham.
  Non posso dire nulla di preciso, piccole cose, ma so che quell’Adrien
  frequentava il marchese, ma credo che lo facesse all’insaputa di lord Bentham, temeva che il conte lo scacciasse. Al marchese
  quell’Adrien piaceva molto, di questo sono sicuro. - E
  poi? -
  Dopo che scoppiò lo scandalo, questo Bellisle venne
  qui, pretese di essere ricevuto dal marchese. - Il
  marchese lo ricevette? -
  Sì. -
  Venne più volte? -
  No, una sola. - Ne
  è sicuro? -
  Sì, della faccenda tra i servitori si parlò molto, questo Bellisle
  si era presentato con arroganza, quasi minaccioso. Thomas
  si dice che Adrien Bellisle sarebbe un buon
  candidato al ruolo di assassino, se non fosse stato ucciso. - Ha
  un’idea di chi possa aver eseguito questo disegno? -
  Credo… credo di sì. Due volte il marchese mi mandò da un pittore, un certo Higgins, che ha il suo studio in Broad
  Street, a Soho. Dovevo ritirare una cartellina e consegnare una certa somma. -
  Ebbe modo di vedere che cosa c’era nella cartellina? -
  No, non mi sarei mai permesso di guardare. In ogni caso era sigillata. Thomas
  sospetta che se la cartellina non fosse stata sigillata, Mark non avrebbe
  evitato di guardare, se non altro per curiosità.  -
  Qual era la cifra che versò? -
  Anche questo non lo so, avevo una busta sigillata. - Il
  pittore non l’aprì davanti a lei per controllare? -
  No, credo che si fidasse del marchese. Ah… non andavo a nome del marchese. Mi
  presentavo per conto del signor Boldshire. -
  Un’ultima cosa. Lord Ernest Becker frequentava questa casa? O incontrava il
  marchese altrove? Mark
  Chester riflette un momento e dice: -
  No, non ricordo di averlo mai visto con il marchese. E qui credo che non sia
  mai venuto.  Infine Thomas chiede: -
  Adesso pensi bene prima di rispondere a questa domanda: ci sono stati
  episodi, nell’ultimo anno, che le hanno fatto pensare che il marchese potesse
  avere incontrato qualcuno con cui aveva rapporti o qualcuno con cui potessero
  essere nati contrasti, proprio per i gusti del marchese? Mark
  riflette, poi dice: -
  Forse, l’autunno scorso, nella tenuta di lord Parry.
  Non so che cosa successe. Un giorno lord Anthony tornò a casa zoppicante.
  Disse di essere caduto da cavallo, ma… credo… doveva aver avuto un rapporto
  violento. Perdeva sangue da dietro, aveva la camicia sporca. -
  Sporca? Per il sangue che perdeva? Mark
  scuote il capo. -
  No, la macchia, una grossa macchia, era sulla schiena, come se… come se
  qualcuno l’avesse usata per pulirsi. -
  Macchia di sangue? -
  Non solo. Thomas
  ha intuito. Chiede, senza esitare: -
  Sangue e merda? Mark
  annuisce. -
  Credo di sì. -
  Era già accaduto che perdesse sangue? Aveva già avuto modo di vedere tracce
  di sangue nella sua biancheria personale? -
  No, assolutamente. Non credo… penso che non sia stato… che lui non volesse. -
  Lei ritiene che il suo padrone possa essere stato stuprato? -
  Credo di sì. - Ha
  un’idea di chi potrebbe essere stato? Mark
  esita un momento. - So
  che pochi giorni prima uno degli stallieri era stato licenziato perché il
  padrone si era lamentato di lui. Un certo Summerscale. - Bartholomew Summerscale? Mark
  guarda Thomas, stupito che conosca il nome dello stalliere. -
  Sì, mi pare proprio che si chiamasse Bartholomew.
  Il marchese diceva che lo stalliere gli aveva risposto malamente. I servitori
  di lord Parry avevano dei dubbi. Mark
  si ferma e si morde il labbro, pentendosi di aver parlato. Thomas chiede
  subito: -
  Quali dubbi? Mark
  prosegue, controvoglia: -
  Dicevano che il marchese stava dietro a questo stalliere e che lui non ne
  voleva sapere. Che lo aveva fatto licenziare ingiustamente. - Il
  marchese non fece mai riferimento a questa faccenda con lei o in sua
  presenza? -
  No, mai. - Mi
  racconti esattamente come andò la faccenda. Mark
  racconta dell’arrivo del marchese e delle sue condizioni, poi dice: - Mi
  disse di chiamare un altro stalliere, Humphrey. Thomas
  coglie immediatamente un’esitazione nella voce di Mark. - Ha
  detto che intendeva collaborare. Mark
  china il capo. - Credo
  che con questo Humphrey avesse già… combinato qualche cosa. Anche l’anno
  precedente. - Ha
  un’idea del perché il marchese la mandò a chiamare questo stalliere, visto
  che non era di certo in condizioni di desiderare un rapporto, da quel che lei
  mi dice? -
  Non lo so, credo che avesse a che fare con quanto era successo. Forse… Mark
  è sempre più a disagio. -
  Forse? -
  Forse era coinvolto. Come le ho detto, credo che con lui si fosse già
  incontrato da qualche parte nei giorni precedenti. Non nella casa.  Thomas
  annuisce. - E
  gli disse di andarlo a chiamare. -
  Sì. - Ha
  un’idea del motivo? -
  No, io… non so proprio. - Va
  bene così, Charter. Lei mi è stato molto utile. Avremo ancora modo di
  parlare. Thomas
  congeda Mark Charter. Thomas
  si dice che Higgins, il pittore, riceverà una
  visita. Forse attraverso di lui sarà possibile scoprire se il marchese ha
  fatto fare altri ritratti in tempi recenti. Probabilmente no, perché in
  questo caso Thomas li avrebbe trovati nella collezione. Tornando
  a casa, Thomas accarezza un’idea, che lo diverte alquanto. A un certo punto
  scoppia a ridere, destando stupore in una donna che passa e lo guarda,
  perplessa. Quando
  arriva a casa, Adam non è ancora rientrato. Al suo ritorno, Thomas gli dice
  subito: -
  Adam, voglio un tuo ritratto. Non un dipinto, un disegno. Un bel disegno di
  te nudo, magari con il cazzo in tiro. Adam
  guarda Thomas stupefatto, poi scoppia a ridere. - Ma
  che cazzo ti prende? - Ti
  do l’indirizzo di un pittore e domani vai da lui. Dici che il signor Boldshire è un tuo amico e che ti ha dato il suo nome.
  Vuoi un ritratto da regalare a… un amico. Ti metti d’accordo con lui per la
  posa. Adam
  scuote la testa. - Mi
  verrebbe da dire che hai bevuto, ma non ti ho mai visto alzare il gomito e mi
  sembra che tu regga benissimo l’alcol. Perciò credo che tu debba darmi una
  spiegazione. Thomas
  racconta ad Adam la scoperta fatta a casa di Shaffield
  e gli fa vedere due dei disegni. -
  Quindi devo lavorare al posto tuo. Certo che voi della polizia avete proprio
  la faccia come il culo… Thomas
  ghigna, poi dice: - Ci
  andrò anch’io da lui, di certo. Ma prima voglio essere sicuro che sia lui il
  disegnatore. Non è una cosa che posso chiedere a un agente, Adam. E,
  conoscendoti, sono sicuro che non ti spiacerà posare nudo. Bada solo di non
  combinare niente con il pittore, perché altrimenti potrebbero esserci
  conseguenze spiacevoli. Per te. Adam
  lo guarda, sorridendo. -
  Sai com’è, se sono lì con il cazzo duro… - Va
  bene, niente cazzo duro. Un normale nudo frontale. -
  Peccato, l’idea mi piaceva. Thomas
  scuote la testa. -
  Non ne dubitavo. Poi
  aggiunge: - Se
  tu ti presenti come un amico di Boldshire, il nome
  che Shaffield usava con il pittore, potrai ottenere
  qualche informazione che a un ispettore lui non darebbe. Voi giornalisti
  siete bravi con le chiacchiere.   Adam
  sorride. - E
  a quanto pare lavoriamo anche gratuitamente per la polizia. Thomas
  non raccoglie e prosegue: -
  Un’ultima cosa: potrebbe sapere che Boldshire in
  realtà era Shaffield. Quindi sta’ attento a ciò che
  dici. Lo
  studio del pittore si trova a Soho, in un edificio basso. Adam fa una prima
  visita a vuoto: Higgins non è nello studio. Nella
  seconda visita invece è più fortunato: è il pittore ad aprirgli la porta. -
  Buongiorno. Mi chiamo Adam Starlight. Ho avuto il
  suo nome dal signor Boldshire, qualche tempo fa. Il
  pittore Charles Higgins saluta e chiede: -
  Come sta il signor Boldshire? Adam
  si dice che o Higgins non era davvero a conoscenza
  del vero nome di Shaffield o finge di non sapere. -
  Non bene, purtroppo. Ma preferisco non parlarne. Il
  pittore non si mostra stupito e non chiede nulla. -
  Come preferisce. - Il
  signor Boldshire mi aveva segnalato il suo
  nominativo. Diceva che lei, oltre a essere un pittore, era un ottimo
  disegnatore. Mi aveva fatto vedere alcuni disegni che lui le aveva
  commissionato.  Higgins annuisce, senza dire niente, ma sembra
  un po’ sulle spine. -
  Vorrei regalare un mio ritratto a un amico. Un ritratto, come quelli che lei
  ha fatto ad alcuni amici del signor Boldshire. - Mi
  spieghi meglio. Adam
  sorride. - Boldshire me li aveva fatti vedere.  Adam
  descrive brevemente due dei ritratti, in modo che Higgins
  capisca che non sta mentendo. Poi conclude: -
  Vorrei un nudo frontale, ma niente di troppo spinto. Il
  pittore si dichiara disponibile. -
  Quando pensa di posare? -
  Per me anche domani. Le va bene? L’indomani
  Adam si presenta puntuale. Non gli spiace posare nudo. Dire che non gli
  spiace è un eufemismo: l’idea lo stuzzica alquanto. Il senso del pudore è una
  qualità che gli ha sempre fatto difetto. E l’idea di poter presentare a
  Thomas un proprio ritratto nudo lo diverte. Discutono
  della posa da assumere. Alla fine decidono che Adam si metterà in piedi, un
  bastone nella destra, la gamba sinistra un po’ indietro, con il piede
  appoggiato su un mattone, il viso leggermente girato verso sinistra. Un nudo
  in stile classico. Adam
  si spoglia in fretta e assume la posizione richiesta. Higgins
  si mette al lavoro. Rimanere a lungo fermi non è comodissimo e Adam si rende
  conto che anche solo tenere il braccio sinistro sollevato diventa con il
  passare del tempo una fatica. Higgins sa che dopo
  un po’ un modello ha bisogno di potersi muovere un momento, per cui gli dice: -
  Adesso può cambiare posizione e sgranchirsi un momento le gambe. Adam
  si muove, piega un po’ le gambe, si massaggia le braccia. -
  Meno male, non ce la facevo più. Non sapevo che il lavoro di modello fosse
  tanto faticoso.  Higgins sorride. - Lo
  è, soprattutto in certe pose. Ma lo è persino se si sta distesi su un letto o
  su un divano. La forzata immobilità dopo un po’ diventa insopportabile. Adam
  annuisce. - Ho
  voluto il ritratto, è la mia giusta punizione. Posso sbirciare? - Ma
  certo. Adam
  dà un’occhiata al disegno, che è a buon punto. Il corpo è delineato con cura
  e il viso, per quanto ancora da ultimare, è perfettamente riconoscibile. Dopo
  un momento in cui entrambi si sono riposati, Higgins
  dice: -
  Pronto? Adam
  sospira. - Se
  è proprio necessario. Higgins sorride. - Lo
  è, non vorrà mica che lasci il ritratto incompleto? -
  Anche le opere incomplete hanno il loro fascino. A
  malincuore Adam riprende la posizione. Higgins però
  non è soddisfatto. -
  No, la gamba sinistra un po’ più girata. E la mano destra più in alto, deve
  impugnare il bastone sopra, quasi all’estremità. Seguendo
  le indicazioni di Higgins, Adam riassume la
  posizione necessaria. In
  due ore il ritratto è pronto. Adam deve riconoscere che il disegno è davvero
  bello: Higgins è bravo ed è di sicuro lui l’autore
  dei due disegni che Thomas gli ha fatto vedere. Adam
  si riveste. Dopo aver pagato, dice: - Mi
  piacerebbe che me ne facesse uno del mio amico, ma escludo che accetti di
  posare. È un peccato. Sì,
  è davvero un peccato. Un bel ritratto di Thomas nudo gli piacerebbe, anche se
  può guardare l’originale tutti i giorni. Intanto
  Thomas parla con Alexander Wilfer, l’ispettore che
  ha seguito il caso dell’omicidio di Adrien Bellisle. -
  No, non riuscimmo a scoprire niente. D’altronde erano mesi che nessuno lo
  vedeva. Non sapevamo dove si fosse nascosto, prima di ricomparire morto.
  Chissà che giri frequentava, quello. Sgozzato da qualche altro sodomita. - Fu
  ucciso davanti alla residenza di lord Bentham, no? -
  Sì, proprio quel Bentham che lo aveva introdotto in
  società. -
  Che cosa riuscì a scoprire? Wilfer ride, una risata amara. -
  Niente, Hardy. Esattamente niente. Né il suo vero nome, perché nessuno lo
  sapeva, né dove fosse rimasto dopo la sua scomparsa dalla società, né chi
  frequentasse. Insomma, niente di niente. D’altronde l’assassino non era certo
  da cercare nei salotti che aveva frequentato per qualche tempo e non sapevamo
  proprio dov’altro indagare. Thomas
  aggrotta la fronte. Nei diari di Kellington il vero
  nome di Adrien era scritto, almeno quello che lui pensava fosse il suo vero
  nome. -
  Avete parlato con Nigel Kellington? -
  Chi? Quello che hanno ammazzato? E perché mai avremmo dovuto parlargli,
  Hardy? Thomas
  incomincia a sospettare che le indagini non siano state molto accurate. -
  Perché era stato lui a introdurre Bellisle in
  società. -
  Non lo sapevo, ma che cosa cambia? Bellisle non
  frequentava più nessun salotto, di certo, lo avevano cacciato come un cane
  rognoso e bene che avevano fatto. Non era il caso di disturbare gente per
  bene per un delitto sicuramente maturato altrove. Thomas
  potrebbe commentare che era l’unico modo per avere qualche informazione sul
  luogo da cui proveniva Bellisle e sulle persone con
  cui poteva essere in contatto, ma non vale la pena. Chiede invece: -
  Avete condotto indagini a Manchester? - A
  Manchester? Ah, sì, dicevano che venisse di lì. Ma nessuno sapeva niente di
  sicuro. No, a Manchester non siamo stati. Che senso avrebbe avuto? L’hanno
  ucciso a Londra, no? Di Wilfer Thomas non ha mai sentito parlare molto bene, ma
  adesso ne capisce il motivo. | |||||||||