14 - Lo scandalo Shaffield

 

 

Il marchese Anthony Shaffield si stende prono sul letto, a gambe larghe. Sorride, soddisfatto. Ha avuto un colpo di culo notevole. Questo incontro a due passi da casa è stata una piacevole sorpresa. Non se lo sarebbe proprio aspettato.

È stata una bella chiacchierata e ora sono in questa casa di Soho dove si affittano camere per qualche ora. Un posto anonimo, dove nessuno lo conosce. Alquanto squallido, ma ad Anthony non importa.

Anthony sente la saliva che scende sul solco e che poi viene spalmata intorno all’apertura. Poi il cazzo vigoroso preme ed entra. Anthony chiude gli occhi. È meraviglioso sentire il calore e la durezza di questo cazzo, che ora prende a muoversi dentro il suo culo, dilatandolo e regalandogli piacere. È un buono stallone, quello che ora lo prende, con un movimento continuo.

Anthony non si accorge che l’uomo che lo sta possedendo ha preso un coltello. Solo quando l’uomo gli afferra i lunghi capelli e gli solleva la testa, Anthony intuisce che c’è qualche cosa che non va, ma è troppo tardi: fa appena in tempo a sentire il dolore atroce dello squarcio alla gola. Vorrebbe gridare un "No!", che si spegne in un gorgoglio, mentre la coscienza di stare morendo lo riempie di terrore.

Il movimento convulso del corpo dura poco. Il corpo rimane inerte, mentre il sangue continua a colare dallo squarcio.

L’assassino sorride e riprende il movimento, fino a che viene. Poi esce.

Si alza e guarda il cadavere. Sorride. Si avvicina alla testa del letto. Guarda il viso del morto, gli occhi e la bocca spalancati dall’orrore.

L’assassino piscia sulla testa del cadavere, poi si riveste ed esce.

 

Thomas Barnes, direttore del Times, si avvicina alla scrivania di Rodhedly, uno dei giornalisti che seguono i delitti.

- Rodhedly, è arrivato un biglietto anonimo. Dice che un nobile è stato ucciso. Può andare a controllare?

- Direttore, devo ancora finire l’articolo sull’incidente ferroviario alla stazione di Greenwich. Se c’è davvero un morto, non sarà una faccenda breve.

In quel momento Adam Woolwich entra nell’ufficio di Rodhedly. Vedendolo, Rodhedly suggerisce:

- Magari può dirlo a Woolwich, signor direttore.

Adam Woolwich di solito non si occupa dei delitti, ma è senz’altro in grado di farlo. È un giornalista molto apprezzato, noto per diverse inchieste. La serie di articoli sulla Giamaica lo ha reso un beniamino del pubblico, almeno di quello di orientamento più liberale. C’è anche chi lo vede come il fumo negli occhi, ma tra i lettori del Times sono molto più numerosi coloro che se vedono un suo articolo, si affrettano a leggerlo.

Adam guarda interrogativamente Barnes.

- Un biglietto anonimo segnala un nobile assassinato in Broad Street, a Soho. Personalmente ho qualche dubbio che la segnalazione sia da prendere sul serio, ma il riferimento è molto preciso. Vada a vedere.

Adam Woolwich prende il biglietto e si segna l’indirizzo. Si fa portare da una carrozza, per non perdere tempo.

La casa è un edificio con diversi piani. È in condizioni di degrado, ma anche quando era nuova non era certo un edificio elegante. Che cosa ci farebbe un nobile in un posto del genere?

La porta è aperta, sembra essere una di quelle case in cui le stanze vengono affittate singolarmente. Adam sale al secondo piano e raggiunge la terza porta.

Adam bussa. Nessuna risposta. Adam si chiede che cosa fare. Non può certo forzare la porta.

Adam appoggia la mano sul pomello e spinge leggermente. La porta si apre: non è chiusa a chiave.

Adam apre completamente. È una piccola stanza, con una sedia, un letto e un comodino. Chi ha scritto il biglietto non mentiva: sul letto c’è un corpo e il sangue che macchia il lenzuolo ed è colato anche a terra non lascia dubbi sul fatto che l’uomo è ormai un cadavere. Adam si avvicina. Guarda il corpo, con la gola tagliata, e osserva la stanza. Sulla sedia ci sono gli abiti della vittima, piegati.

Adam esce, richiude la porta. Scrive due righe e chiama una carrozza. Affida al cocchiere il biglietto per l’ispettore Thomas Hardy, della polizia metropolitana di Londra, da portare alla sede di Whitehall Place 4. Adam rientra nell’edificio e sale al secondo piano. Si mette davanti alla porta e aspetta.

 

Thomas arriva dopo mezz’ora, insieme a tre agenti. Adam lo guarda e sorride. Vedere Thomas è sempre una gioia.

- Al Times è arrivato un’ora fa un biglietto anonimo in cui si diceva che in questa stanza c’era il corpo di un uomo assassinato, un nobile. Barnes ha mandato me a verificare. Non era uno scherzo, direi.

E mentre lo dice, Adam spinge la porta. Thomas chiede:

- La porta era aperta, Adam?

Anche davanti agli agenti Thomas lo chiama per nome, come fa sempre. Fa parte del carattere di Thomas, che non finge. Qualcun altro nella stessa situazione lo avrebbe chiamato “Signor Woolwich”, per paura di tradire la loro intimità.

- Sì, mi è bastato spingere.

- Non hai toccato niente, vero?

Adam ride.

- Thomas! Mi prendi per scemo?

Sul viso di Thomas compare un’espressione di dubbio, come se stesse considerando l’ipotesi, poi Thomas sorride ed entra. Adam e i tre agenti lo seguono.

Thomas osserva con cura il morto. La posizione del cadavere, disteso prono, con le gambe allargate, non lascia molti dubbi su che cosa stava facendo quando è stato ucciso, tanto più che dal buco del culo è colato un po’ di seme.

- Sgozzato dall’uomo che lo stava possedendo, come Kellington.

Uno degli agenti osserva:

- Violentato e ucciso.

Thomas indica con un cenno del capo gli abiti del morto, disposti con cura su una sedia.

- Se li è tolti lui, non gli sono stati strappati di dosso. E d’altronde, che cos’altro sarebbe venuto a fare un nobile o un ricco borghese, perché tale deve essere a giudicare dagli abiti, in un posto del genere? A discutere di affari steso nudo su un letto?

Adam sorride. Anche lui ha osservato gli abiti ed è giunto alla stessa conclusione di Thomas.

Thomas infila una mano sotto il ventre del morto e annuisce.

- Come pensavo. Eccitato. No, nessuno stupro. Un omicidio durante un rapporto consensuale. Vediamo di capire chi è il morto. Intanto, Sunders, lei vada a chiamare il medico.

L’agente esce. Thomas esamina la stanza, controllando accuratamente ogni angolo. Poi passa alla sedia su cui sono appoggiati gli abiti del morto. Li prende uno per uno e li controlla. In una tasca c’è un foglio. Thomas lo tira fuori e legge il contenuto. Poi dice:

- Dev’essere il marchese Anthony Shaffield. Se posso dire: merda!

Un agente scoppia a ridere: non si aspettava dall’ispettore un’espressione triviale.

Thomas lo fulmina con lo sguardo:

- Non c’è niente da ridere, Fullton, glielo assicuro.

- Mi scusi, ispettore.

L’altro agente annuisce. Uno dei più illustri nobili d’Inghilterra assassinato durante un rapporto sessuale dall’uomo che lo stava inculando… i giornali si scateneranno e l’opinione pubblica pure, tanto più che è il secondo omicidio di questo genere. La prima vittima però era un borghese, un industriale. Questo era uno dei nobili più in vista di Londra. Sì, l’ispettore ha ragione: merda!

Adam interviene:

- Aspetta, Thomas. Ho avuto modo di conoscerlo. Fammi vedere.

- Guarda, Adam, ma non toccare il corpo.

Adam si avvicina e osserva il viso del morto.

- Sì, è lui. Lord Anthony, marchese di Shaffield. Lo riconosco. Dicevano che gli piacessero gli uomini.

Thomas annuisce. Poi guarda Adam, reprime il sorriso che gli affiora alle labbra e dice:

- Adesso però il giornalista ficcanaso deve andarsene.

Adam scuote la testa, ridendo.

- Ti faccio presente che è stato il giornalista ad avvisare la polizia e a confermare l’identità della vittima. Senza di lui la polizia…

Thomas lo interrompe:

- La polizia gli ha permesso di raccogliere un bel numero di informazioni, che potrà gettare in pasto al suo pubblico affamato di scandali. Però adesso il giornalista esce da questa stanza in cui non avrebbe mai dovuto entrare e se ne va. Ci vedremo in un altro momento, Adam.

Adam annuisce. Si vedranno questa sera, nella casa in cui vivono insieme. Ma questo non è il caso di dirlo davanti agli agenti. È bellissimo pensare che questa sera tornando a casa troverà Thomas oppure che sarà lui ad aspettarlo. È bello aspettare che Thomas arrivi.

Prima che Adam esca, Thomas lo chiama:

- Adam?

- Dimmi.

- Voglio il biglietto che è arrivato al Times. Ce l’hai tu?

- No, l’ho lasciato al giornale. Vedo di procurarmelo.

- No, di’ che lo lascino in sede. Tanto passerò per capire chi l’ha portato, anche se è inutile: se è stato l'assassino a scriverlo, avrà preso le sue precauzioni.

Adam esce dalla stanza, ma non lascia la casa. Fa ancora un giro per l’edificio. Da qualche camera si sentono provenire voci, in almeno un caso l’inconfondibile ansimare di due persone che scopano. Da una porta esce un giovane uomo, che lancia un’occhiata ad Adam e fa per proseguire.

Adam lo ferma.

- Senti, vorrei affittare una stanza qui per domani pomeriggio. A chi devo rivolgermi?

Il giovane non si stupisce della domanda: evidentemente nella casa le stanze vengono davvero affittate per qualche ora, come Adam aveva pensato.

- Al signor Gardener, al piano superiore. È l’ultima porta a destra.

- Grazie.

Adam sale le scale e raggiunge la porta indicatagli. Bussa.

- Avanti.

La stanza in cui Adam entra è più ampia di quella in cui Shaffield è stato sgozzato ed è meno spoglia. L’uomo seduto a un tavolino, che scruta Adam senza alzarsi, dev’essere sui sessanta. Non ha più capelli, ma ha una lunga barba bianca

- Buongiorno, mi hanno detto che lei affitta stanze in questa casa, anche per una giornata, per qualche ora.

L’uomo ha già valutato la condizione sociale di Adam. Poiché dall’abbigliamento è evidente che il cliente è in grado di pagare, risponde:

- Sì, per chi ha bisogno di dormire una notte o riposare un momento.

- A me servirebbe per domani pomeriggio.

- Per domani… - Gardener controlla un registro che ha sul tavolo – posso darle una stanza al piano terreno.

- Potrebbe andare.

- Se vuole lenzuola pulite, c’è un supplemento.

Adam reprime un sorriso. Non aveva pensato di dover pagare un sovrapprezzo per avere lenzuola pulite. Ce n’è un altro per una brocca con l’acqua e un asciugamano (anche quello pulito, si spera, ma magari esiste anche l’opzione per un asciugamano sporco, ma asciutto).

Adam finge di riflettere un attimo.

- Sì, credo che vada bene. Però devo prima parlare con un’altra persona.

- Badi, se viene qualcun altro a chiedermi la stanza, io non la tengo per lei, se non mi paga in anticipo.

Adam alza le spalle.

- Non posso decidere adesso. Ripasso dopo.

 

Adam scende e torna alla porta della camera dove è stato ucciso Shaffield. Bussa e spinge la porta, senza aspettare che qualcuno gli dica di entrare.

Thomas lo guarda e sbuffa.

- Che cosa fai ancora qui?

Adam sorride.

- Volevo solo dirti che ad affittare le stanze è un certo Gardener, che sta al piano di sopra, l’ultima porta a destra. Non gli ho chiesto a chi appartiene la casa, non credo che me l’avrebbe detto, né a chi ha affittato questa stanza, ma di questo penso che ti occuperai tu. Mi sembra di capire che nessuno indaghi su ciò che avviene nelle stanze affittate e che molte siano usate per incontri occasionali.

Thomas annuisce:

- Adam, ti ringrazio per queste informazioni, che ero in grado di procurarmi da solo, ti garantisco, ma se non scompari immediatamente, ti faccio arrestare per intralcio alle indagini su un omicidio.

Adam si finge offeso:

- L’ingratitudine umana è terribile!

- Puoi andartene.

Adam si volta e si allontana, ghignando. Sì, ora può andarsene. Ormai ha tutti gli elementi necessari per un articolo che sarà la notizia del giorno. E un buon colpo, perché prima che gli altri giornali vengano a conoscenza della morte di Shaffield passerà qualche ora. Il Times batterà tutti gli altri sul tempo.

L’assassinio di Anthony Shaffield sarà un bello scandalo. Un nobile ucciso dall’uomo con cui aveva un rapporto. E che nobile!

 

Adam rientra al giornale e racconta l’accaduto.

- Scriva subito l’articolo, Woolwich. Ma…

Barnes esita un momento. Adam sa benissimo quali dubbi si pone il direttore.

- Cercherò di non essere troppo esplicito e nemmeno troppo reticente. Ma non è che ci possano essere molti dubbi su quello che stava facendo e sul fatto che era consenziente.

- Sì, però… era un nobile.

- Se preferisce che siano gli altri giornali a dare certi particolari…

Adam sorride, ironico. Sa benissimo che Barnes non ha nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione ghiotta di battere la concorrenza. Adam Woolwich è l’unico giornalista a essere stato sul luogo del delitto, prima ancora della polizia, l’unico a poter portare una testimonianza diretta e non solo riferire ciò che la polizia ha deciso di far sapere.

- No, no, certo. Misuri solo bene le parole, Woolwich. Ma è in grado di farlo, quando vuole.

- Ah, dimenticavo: la polizia vuole il biglietto che annunciava la morte di Shaffield.

- Certo.

 

Thomas Hardy è rientrato nella sede della polizia e ha fatto rapporto direttamente al commissario. Sa che il caso, per le circostanze del delitto e per la posizione sociale della vittima, avrà una grande risonanza, tanto più che le molte analogie con l’omicidio Kellington fanno pensare a un unico assassino.

Rowan ascolta con attenzione.

- Hardy, visto che è stato il primo a essere presente sul luogo del delitto e che già si occupa del caso Kellington, direi che si occuperà lei anche dell’omicidio di lord Shaffield.

Hardy annuisce. Si aspettava una decisione del genere, che è sensata, visto che è probabile che l’assassino sia lo stesso.

- Come desidera, commissario.

Rowan non spiega un altro motivo della sua decisione: avendo un’idea precisa dei gusti di Hardy, pensa che questo gli dia qualche elemento in più per indagare nell’ambiente in cui probabilmente sono maturati i due delitti.

Thomas Hardy sospetta che ci sia un altro motivo, oltre a quelli esplicitati, ma non chiede: ci sono molte cose tra l’ispettore e il commissario che rimangono inespresse. Thomas però non è entusiasta all’idea di indagare su questo secondo delitto. L’omicidio sicuramente susciterà un grande scandalo, sia per la posizione sociale della vittima, sia soprattutto per le circostanze in cui è avvenuto, tanto più che è il secondo omicidio di questo genere. La stampa e l’opinione pubblica richiederanno a gran voce un colpevole. Thomas non ha nessuna intenzione di cercare un capro espiatorio, come farebbero alcuni suoi colleghi: vuole scoprire il vero assassino, ma non sarà facile.

C’è anche un altro fattore che disturba Thomas: come già per Kellington, si troverà a indagare nell’ambiente delle relazioni tra uomini. In base alla legge inglese si tratta di reati e teoricamente Thomas dovrebbe denunciare tutti i casi che scopre, anche se non hanno attinenza con l’omicidio di lord Shaffield. Thomas non ha nessuna intenzione di farlo.

 

Il giorno dopo Ernest passa da Bart e gli porge il Times. Non dice niente ed esce.

Bart è stupito. Ieri ha visto Ernest solo il mattino, quando gli ha raccontato quello che è successo, e poi in serata, ma Ernest sembrava ancora sconvolto e si sono scambiati poche parole. E adesso Ernest è entrato, gli ha chiesto come sta e poi gli ha dato il giornale, senza dire altro.

Bart non legge i giornali, ma non è analfabeta. I titoli del Times gli spiegano perché Ernest gli ha dato la copia del quotidiano: lord Anthony Shaffield è stato assassinato ieri pomeriggio. Dalla lettura dell’articolo appare chiaro, nonostante il giornalista eviti di dirlo direttamente, che è stato sgozzato mentre stava avendo un rapporto sessuale con un uomo, in una casa dove si affittano stanze a ore.

A Bart non spiace che Shaffield sia morto. Ha avuto quello che si meritava e la sua scomparsa elimina il pericolo. Ma il comportamento di Ernest Becker lo turba.

 

Lord Shaffield non aveva figli o parenti stretti. Solo alcuni lontani cugini, tra i quali si accende subito un contrasto per l’eredità, tanto che, su richiesta del ramo degli Shaffield-Lincoln, l’ingresso alla residenza londinese di lord Anthony viene bloccato.

Questo è un elemento positivo per Thomas: in quanto ispettore che indaga sul caso, ha comunque l’autorizzazione a cercare nella casa eventuali elementi utili e nello stesso tempo non corre il rischio di essere intralciato nelle sue ricerche.

Dalla perquisizione non viene fuori nulla di particolarmente interessante: Shaffield non teneva un diario e le lettere conservate non contengono nessun elemento che possa fornire qualche indizio.

Thomas sa benissimo che lord Shaffield non avrebbe tenuto materiale compromettente nei cassetti della scrivania, per quanto chiusi a chiave. Perciò cerca nascondigli, soprattutto all’interno dello studio, della biblioteca e della camera da letto. Anche se Shaffield non teneva un diario, ci dev’essere la collezione a cui fanno riferimento i diari di Kellington. E nel nascondiglio potrebbe esserci altro materiale utile.

Nella scrivania dello studio Thomas trova infine uno scomparto segreto, che si apre facendo pressione su un perno nascosto dietro un cassetto. Al suo interno ci sono due cartelline. Una contiene una ricca collezione di incisioni e miniature erotiche maschili: uomini nudi in diverse pose, uomini che si masturbano, accoppiamenti di due uomini, vere e proprie orge. Si tratta per lo più di opere di modesta fattura, ma due miniature orientali, indiane o persiane, sono raffinate e anche alcune altre immagini rivelano una mano esperta.

Una seconda cartellina contiene invece disegni. Sono soltanto nove e sembrano tutti opera dello stesso artista. Raffigurano tutti giovani uomini nudi, in piedi o sdraiati sul letto, in quattro casi con il sesso in erezione. I disegni sono tracciati con maestria, assai più raffinati di quelli in possesso di Kellington. Quattro maschi appaiono una sola volta, uno due volte e uno solo tre. Quest’ultimo è un giovane sui vent’anni, alto, forte e alquanto ben dotato: sono un mezzo busto, un nudo frontale e un nudo sdraiato con il sesso semieretto. Un ultimo disegno, separato dagli altri da un cartoncino, rappresenta un uomo meno giovane, sui 35 anni. È anche lui nudo, ma in una posa classica. Thomas lo guarda con attenzione. È di sicuro il più bello tra gli uomini raffigurati, ma non è questo a incuriosire Thomas. La faccia è conosciuta. Sì, certo. È lord Ernest Becker, conte di Letchworth. Che ci fa il suo ritratto nella cartellina? Era anche lui un amante di Shaffield, come con ogni probabilità gli altri?

Thomas ripone al suo posto la collezione e chiude lo scomparto. In un’altra situazione, forse gli verrebbe l’idea di sottrarre le cartelle con le immagini, per evitare che la memoria del morto venga infangata, ma Shaffield è stato assassinato dall’uomo a cui si era offerto e questo è noto a tutti. La collezione non aggiunge molto. Al momento di andarsene, Thomas si ferma e riflette un momento. Apre nuovamente lo scomparto e tira fuori la cartellina con i disegni. Se, come è probabile, sono stati amanti di Shaffield, forse può essere utile cercare di scoprire chi sono.

Thomas richiude lo scomparto. Si chiede divertito che faccia faranno gli eredi quando troveranno la collezione. Magari nessuno degli eredi scoprirà l’esistenza del nascondiglio e un giorno lontano qualcuno acquisterà la scrivania da un antiquario e troverà lo scomparto segreto con la collezione di stampe, miniature e incisioni.

 

Un primo interrogatorio dei domestici non porta a nulla: nessuno sembra essere a conoscenza dei gusti di lord Shaffield. È naturale che il marchese tenesse nascosti i suoi rapporti con uomini, sapendo che avrebbe rischiato di essere ricattato. Ma è difficile che non ne sapesse nulla neanche Mark Charter, il domestico personale che accompagnava lord Shaffield quando era ospite presso altre famiglie nobili.

Thomas decide perciò di mettere sotto torchio Charter. Costui è chiaramente reticente e insiste nel dire che il suo padrone di certo non gli parlava dei suoi gusti e delle sue relazioni. Thomas gli dice:

- Charter, lei sa benissimo le circostanze della morte del suo padrone. E sa altrettanto bene quali erano i suoi gusti. Su questo io ho bisogno di maggiori informazioni, perché è evidente che l’assassino ha fatto leva sulla sua attrazione per gli uomini per avvicinarlo e poi per ucciderlo senza che lui sospettasse. Se vuole che io scopra chi ha ucciso il suo padrone, deve aiutarmi.

- Ispettore… io non posso nemmeno dire che il marchese davvero fosse… quello che dicono.

- Io lo posso dire. E non solo per le circostanze della morte. Per la sua collezione di incisioni, miniature e stampe, che non lasciano nessun dubbio. Charter, io non intendo gettare fango sulla memoria del suo padrone, ci pensano già in tanti a farlo. Ma vorrei scoprire chi è stato a ucciderlo ed evitare che uccida altri. Per cui, se non è complice dell’assassino, mi dica quello che sa.

Mark è impallidito.

- Io complice? Ispettore…

Thomas alza la mano, per bloccarlo.

- Non credo che lo sia, ma me lo dimostri, collaborando.

Mark respira a fondo, poi annuisce.

- Sono a sua disposizione.

- Allora, in primo luogo le chiedo se le risulta o anche solo sospetta che lord Shaffield avesse in questo periodo una relazione, frequentasse qualcuno in particolare, in modo continuativo?

Mark esita un attimo, poi risponde.

- No, il marchese non mi informava certo di questo, ma non ho notato nessuna presenza costante. D’altronde…

Mark si interrompe.

- D’altronde?

Mark esita, poi prosegue:

- Anche quando c’era qualcuno…

Mark si ferma di nuovo. Ha deciso di collaborare, ma non è contento di dover raccontare certi dettagli.

- Continui! Se vuole che scopra l’assassino.

Mark sbuffa, poi prosegue:

- Anche allora il marchese non disdegnava di cogliere le occasioni che gli si presentavano, purché potesse farlo senza correre troppi rischi. Era molto attento, non voleva essere oggetto di pettegolezzi. Quando penso a come è finito… adesso tutti parlano di lui.

Thomas annuisce. Ciò che gli dice Mark non semplifica il suo compito, piuttosto lo complica. Se fosse possibile individuare un amante, una relazione fissa, sarebbe un passo avanti: non è molto probabile che Shaffield si recasse con un amante abituale in un posto come quello dove è stato ritrovato cadavere; la scelta del locale fa piuttosto pensare a un incontro occasionale. Però qualcuno che conosceva le abitudini sessuali del marchese potrebbe fornire qualche elemento utile alla soluzione del caso.

Thomas prosegue:

- Frequentava bordelli maschili, che lei sappia?

- Non lo so. Di solito il marchese usava la sua carrozza e spesso si faceva accompagnare da me. Preferiva avere un servitore sempre a sua disposizione. Talvolta però usciva e non si serviva della carrozza personale. Credo che in questi casi, almeno in alcuni, si recasse a qualche incontro, ma non so se sia mai stato in un bordello maschile. Ispettore, io non sapevo neanche che esistessero bordelli maschili. Lo sento dire da lei adesso per la prima volta.

Thomas è un po’ perplesso: Mark sembra sincero, ma che a Londra esistano diversi bordelli maschili non è un gran segreto. Ce ne sono sempre stati ed è strano che Mark non ne abbia mai sentito parlare. In ogni caso non è così importante.

- E gli incontri di lotta?

Mark aggrotta la fronte.

- Lord Shaffield si interessava di lotta, so che diverse volte ha assistito a incontri, frequentava alcuni posti in cui si lottava. Ma non so niente di preciso.

Thomas tira fuori dalla cartellina che ha portato con sé i diversi ritratti maschili. Copre una parte dei disegni, in modo che si veda solo la faccia o il busto. Uno per volta li mostra a Mark, che ricorda di aver visto tre di questi giovani in anni passati.

Per ultimo Thomas tira fuori il ritratto a mezzo busto del giovane che appare in tre disegni.

- Conosce questo giovane?

- È Adrien Bellisle, quello che hanno sgozzato come un agnello. Anche il marchese è stato sgozzato, ho saputo.

Mark non aggiunge altro. Thomas riflette. Non ha collegato l’omicidio di Shaffield e di Kellington con quello di Adrien Bellisle, di cui ha sentito parlare, ma che è stato seguito da un altro ispettore. Tutti e tre sgozzati, in effetti. Dovrà parlare con il collega che ha seguito il caso Bellisle.

- Che rapporti aveva il marchese con questo Bellisle?

- Il marchese… credo… il marchese doveva aver avuto una relazione con questo Adrien, che all’epoca era un protetto di lord Bentham. Non posso dire nulla di preciso, piccole cose, ma so che quell’Adrien frequentava il marchese, ma credo che lo facesse all’insaputa di lord Bentham, temeva che il conte lo scacciasse. Al marchese quell’Adrien piaceva molto, di questo sono sicuro.

- E poi?

- Dopo che scoppiò lo scandalo, questo Bellisle venne qui, pretese di essere ricevuto dal marchese.

- Il marchese lo ricevette?

- Sì.

- Venne più volte?

- No, una sola.

- Ne è sicuro?

- Sì, della faccenda tra i servitori si parlò molto, questo Bellisle si era presentato con arroganza, quasi minaccioso.

Thomas si dice che Adrien Bellisle sarebbe un buon candidato al ruolo di assassino, se non fosse stato ucciso.

- Ha un’idea di chi possa aver eseguito questo disegno?

- Credo… credo di sì. Due volte il marchese mi mandò da un pittore, un certo Higgins, che ha il suo studio in Broad Street, a Soho. Dovevo ritirare una cartellina e consegnare una certa somma.

- Ebbe modo di vedere che cosa c’era nella cartellina?

- No, non mi sarei mai permesso di guardare. In ogni caso era sigillata.

Thomas sospetta che se la cartellina non fosse stata sigillata, Mark non avrebbe evitato di guardare, se non altro per curiosità.

- Qual era la cifra che versò?

- Anche questo non lo so, avevo una busta sigillata.

- Il pittore non l’aprì davanti a lei per controllare?

- No, credo che si fidasse del marchese. Ah… non andavo a nome del marchese. Mi presentavo per conto del signor Boldshire.

- Un’ultima cosa. Lord Ernest Becker frequentava questa casa? O incontrava il marchese altrove?

Mark Chester riflette un momento e dice:

- No, non ricordo di averlo mai visto con il marchese. E qui credo che non sia mai venuto.

 Infine Thomas chiede:

- Adesso pensi bene prima di rispondere a questa domanda: ci sono stati episodi, nell’ultimo anno, che le hanno fatto pensare che il marchese potesse avere incontrato qualcuno con cui aveva rapporti o qualcuno con cui potessero essere nati contrasti, proprio per i gusti del marchese?

Mark riflette, poi dice:

- Forse, l’autunno scorso, nella tenuta di lord Parry. Non so che cosa successe. Un giorno lord Anthony tornò a casa zoppicante. Disse di essere caduto da cavallo, ma… credo… doveva aver avuto un rapporto violento. Perdeva sangue da dietro, aveva la camicia sporca.

- Sporca? Per il sangue che perdeva?

Mark scuote il capo.

- No, la macchia, una grossa macchia, era sulla schiena, come se… come se qualcuno l’avesse usata per pulirsi.

- Macchia di sangue?

- Non solo.

Thomas ha intuito. Chiede, senza esitare:

- Sangue e merda?

Mark annuisce.

- Credo di sì.

- Era già accaduto che perdesse sangue? Aveva già avuto modo di vedere tracce di sangue nella sua biancheria personale?

- No, assolutamente. Non credo… penso che non sia stato… che lui non volesse.

- Lei ritiene che il suo padrone possa essere stato stuprato?

- Credo di sì.

- Ha un’idea di chi potrebbe essere stato?

Mark esita un momento.

- So che pochi giorni prima uno degli stallieri era stato licenziato perché il padrone si era lamentato di lui. Un certo Summerscale.

- Bartholomew Summerscale?

Mark guarda Thomas, stupito che conosca il nome dello stalliere.

- Sì, mi pare proprio che si chiamasse Bartholomew. Il marchese diceva che lo stalliere gli aveva risposto malamente. I servitori di lord Parry avevano dei dubbi.

Mark si ferma e si morde il labbro, pentendosi di aver parlato. Thomas chiede subito:

- Quali dubbi?

Mark prosegue, controvoglia:

- Dicevano che il marchese stava dietro a questo stalliere e che lui non ne voleva sapere. Che lo aveva fatto licenziare ingiustamente.

- Il marchese non fece mai riferimento a questa faccenda con lei o in sua presenza?

- No, mai.

- Mi racconti esattamente come andò la faccenda.

Mark racconta dell’arrivo del marchese e delle sue condizioni, poi dice:

- Mi disse di chiamare un altro stalliere, Humphrey.

Thomas coglie immediatamente un’esitazione nella voce di Mark.

- Ha detto che intendeva collaborare.

Mark china il capo.

- Credo che con questo Humphrey avesse già… combinato qualche cosa. Anche l’anno precedente.

- Ha un’idea del perché il marchese la mandò a chiamare questo stalliere, visto che non era di certo in condizioni di desiderare un rapporto, da quel che lei mi dice?

- Non lo so, credo che avesse a che fare con quanto era successo. Forse…

Mark è sempre più a disagio.

- Forse?

- Forse era coinvolto. Come le ho detto, credo che con lui si fosse già incontrato da qualche parte nei giorni precedenti. Non nella casa.

Thomas annuisce.

- E gli disse di andarlo a chiamare.

- Sì.

- Ha un’idea del motivo?

- No, io… non so proprio.

- Va bene così, Charter. Lei mi è stato molto utile. Avremo ancora modo di parlare.

Thomas congeda Mark Charter.

Thomas si dice che Higgins, il pittore, riceverà una visita. Forse attraverso di lui sarà possibile scoprire se il marchese ha fatto fare altri ritratti in tempi recenti. Probabilmente no, perché in questo caso Thomas li avrebbe trovati nella collezione.

 

Tornando a casa, Thomas accarezza un’idea, che lo diverte alquanto. A un certo punto scoppia a ridere, destando stupore in una donna che passa e lo guarda, perplessa.

Quando arriva a casa, Adam non è ancora rientrato. Al suo ritorno, Thomas gli dice subito:

- Adam, voglio un tuo ritratto. Non un dipinto, un disegno. Un bel disegno di te nudo, magari con il cazzo in tiro.

Adam guarda Thomas stupefatto, poi scoppia a ridere.

- Ma che cazzo ti prende?

- Ti do l’indirizzo di un pittore e domani vai da lui. Dici che il signor Boldshire è un tuo amico e che ti ha dato il suo nome. Vuoi un ritratto da regalare a… un amico. Ti metti d’accordo con lui per la posa.

Adam scuote la testa.

- Mi verrebbe da dire che hai bevuto, ma non ti ho mai visto alzare il gomito e mi sembra che tu regga benissimo l’alcol. Perciò credo che tu debba darmi una spiegazione.

Thomas racconta ad Adam la scoperta fatta a casa di Shaffield e gli fa vedere due dei disegni.

- Quindi devo lavorare al posto tuo. Certo che voi della polizia avete proprio la faccia come il culo…

Thomas ghigna, poi dice:

- Ci andrò anch’io da lui, di certo. Ma prima voglio essere sicuro che sia lui il disegnatore. Non è una cosa che posso chiedere a un agente, Adam. E, conoscendoti, sono sicuro che non ti spiacerà posare nudo. Bada solo di non combinare niente con il pittore, perché altrimenti potrebbero esserci conseguenze spiacevoli. Per te.

Adam lo guarda, sorridendo.

- Sai com’è, se sono lì con il cazzo duro…

- Va bene, niente cazzo duro. Un normale nudo frontale.

- Peccato, l’idea mi piaceva.

Thomas scuote la testa.

- Non ne dubitavo.

Poi aggiunge:

- Se tu ti presenti come un amico di Boldshire, il nome che Shaffield usava con il pittore, potrai ottenere qualche informazione che a un ispettore lui non darebbe. Voi giornalisti siete bravi con le chiacchiere. 

Adam sorride.

- E a quanto pare lavoriamo anche gratuitamente per la polizia.

Thomas non raccoglie e prosegue:

- Un’ultima cosa: potrebbe sapere che Boldshire in realtà era Shaffield. Quindi sta’ attento a ciò che dici.

 

Lo studio del pittore si trova a Soho, in un edificio basso. Adam fa una prima visita a vuoto: Higgins non è nello studio. Nella seconda visita invece è più fortunato: è il pittore ad aprirgli la porta.

- Buongiorno. Mi chiamo Adam Starlight. Ho avuto il suo nome dal signor Boldshire, qualche tempo fa.

Il pittore Charles Higgins saluta e chiede:

- Come sta il signor Boldshire?

Adam si dice che o Higgins non era davvero a conoscenza del vero nome di Shaffield o finge di non sapere.

- Non bene, purtroppo. Ma preferisco non parlarne.

Il pittore non si mostra stupito e non chiede nulla.

- Come preferisce.

- Il signor Boldshire mi aveva segnalato il suo nominativo. Diceva che lei, oltre a essere un pittore, era un ottimo disegnatore. Mi aveva fatto vedere alcuni disegni che lui le aveva commissionato.

Higgins annuisce, senza dire niente, ma sembra un po’ sulle spine.

- Vorrei regalare un mio ritratto a un amico. Un ritratto, come quelli che lei ha fatto ad alcuni amici del signor Boldshire.

- Mi spieghi meglio.

Adam sorride.

- Boldshire me li aveva fatti vedere.

Adam descrive brevemente due dei ritratti, in modo che Higgins capisca che non sta mentendo. Poi conclude:

- Vorrei un nudo frontale, ma niente di troppo spinto.

Il pittore si dichiara disponibile.

- Quando pensa di posare?

- Per me anche domani. Le va bene?

L’indomani Adam si presenta puntuale. Non gli spiace posare nudo. Dire che non gli spiace è un eufemismo: l’idea lo stuzzica alquanto. Il senso del pudore è una qualità che gli ha sempre fatto difetto. E l’idea di poter presentare a Thomas un proprio ritratto nudo lo diverte.

Discutono della posa da assumere. Alla fine decidono che Adam si metterà in piedi, un bastone nella destra, la gamba sinistra un po’ indietro, con il piede appoggiato su un mattone, il viso leggermente girato verso sinistra. Un nudo in stile classico.

Adam si spoglia in fretta e assume la posizione richiesta. Higgins si mette al lavoro. Rimanere a lungo fermi non è comodissimo e Adam si rende conto che anche solo tenere il braccio sinistro sollevato diventa con il passare del tempo una fatica. Higgins sa che dopo un po’ un modello ha bisogno di potersi muovere un momento, per cui gli dice:

- Adesso può cambiare posizione e sgranchirsi un momento le gambe.

Adam si muove, piega un po’ le gambe, si massaggia le braccia.

- Meno male, non ce la facevo più. Non sapevo che il lavoro di modello fosse tanto faticoso.

Higgins sorride.

- Lo è, soprattutto in certe pose. Ma lo è persino se si sta distesi su un letto o su un divano. La forzata immobilità dopo un po’ diventa insopportabile.

Adam annuisce.

- Ho voluto il ritratto, è la mia giusta punizione. Posso sbirciare?

- Ma certo.

Adam dà un’occhiata al disegno, che è a buon punto. Il corpo è delineato con cura e il viso, per quanto ancora da ultimare, è perfettamente riconoscibile.

Dopo un momento in cui entrambi si sono riposati, Higgins dice:

- Pronto?

Adam sospira.

- Se è proprio necessario.

Higgins sorride.

- Lo è, non vorrà mica che lasci il ritratto incompleto?

- Anche le opere incomplete hanno il loro fascino.

A malincuore Adam riprende la posizione. Higgins però non è soddisfatto.

- No, la gamba sinistra un po’ più girata. E la mano destra più in alto, deve impugnare il bastone sopra, quasi all’estremità.

Seguendo le indicazioni di Higgins, Adam riassume la posizione necessaria.

In due ore il ritratto è pronto. Adam deve riconoscere che il disegno è davvero bello: Higgins è bravo ed è di sicuro lui l’autore dei due disegni che Thomas gli ha fatto vedere.

Adam si riveste. Dopo aver pagato, dice:

- Mi piacerebbe che me ne facesse uno del mio amico, ma escludo che accetti di posare. È un peccato.

Sì, è davvero un peccato. Un bel ritratto di Thomas nudo gli piacerebbe, anche se può guardare l’originale tutti i giorni.

 

Intanto Thomas parla con Alexander Wilfer, l’ispettore che ha seguito il caso dell’omicidio di Adrien Bellisle.

- No, non riuscimmo a scoprire niente. D’altronde erano mesi che nessuno lo vedeva. Non sapevamo dove si fosse nascosto, prima di ricomparire morto. Chissà che giri frequentava, quello. Sgozzato da qualche altro sodomita.

- Fu ucciso davanti alla residenza di lord Bentham, no?

- Sì, proprio quel Bentham che lo aveva introdotto in società.

- Che cosa riuscì a scoprire?

Wilfer ride, una risata amara.

- Niente, Hardy. Esattamente niente. Né il suo vero nome, perché nessuno lo sapeva, né dove fosse rimasto dopo la sua scomparsa dalla società, né chi frequentasse. Insomma, niente di niente. D’altronde l’assassino non era certo da cercare nei salotti che aveva frequentato per qualche tempo e non sapevamo proprio dov’altro indagare.

Thomas aggrotta la fronte. Nei diari di Kellington il vero nome di Adrien era scritto, almeno quello che lui pensava fosse il suo vero nome.

- Avete parlato con Nigel Kellington?

- Chi? Quello che hanno ammazzato? E perché mai avremmo dovuto parlargli, Hardy?

Thomas incomincia a sospettare che le indagini non siano state molto accurate.

- Perché era stato lui a introdurre Bellisle in società.

- Non lo sapevo, ma che cosa cambia? Bellisle non frequentava più nessun salotto, di certo, lo avevano cacciato come un cane rognoso e bene che avevano fatto. Non era il caso di disturbare gente per bene per un delitto sicuramente maturato altrove.

Thomas potrebbe commentare che era l’unico modo per avere qualche informazione sul luogo da cui proveniva Bellisle e sulle persone con cui poteva essere in contatto, ma non vale la pena. Chiede invece:

- Avete condotto indagini a Manchester?

- A Manchester? Ah, sì, dicevano che venisse di lì. Ma nessuno sapeva niente di sicuro. No, a Manchester non siamo stati. Che senso avrebbe avuto? L’hanno ucciso a Londra, no?

Di Wilfer Thomas non ha mai sentito parlare molto bene, ma adesso ne capisce il motivo.

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Area aperta

Storie

Gallerie

Indice