9. Morte di un giornalista Daniel
arriva a Kingston. Per tutto il viaggio da New Orleans è stato di pessimo
umore. Separarsi da Thomas gli è costato moltissimo. Si ritroveranno, quando
Thomas arriverà a Kingston, ma Daniel sa che possono verificarsi mille
contrattempi, più o meno gravi. Lo preoccupa soprattutto la possibilità che
la nave venga intercettata e controllata dalla Royal Navy, nel qual caso, se
le armi venissero scoperte, Thomas finirebbe in prigione. E questo non è
neppure il rischio maggiore: durante il viaggio possono imbattersi in una
tempesta o in uno dei terribili uragani che periodicamente colpiscono la
regione e provocano il naufragio di molte navi. Appena
sbarcato Daniel manda un servitore ad avvisare il padre del suo arrivo.
L’uomo arriva il giorno seguente. Daniel
fa una relazione dettagliata su tutto quanto hanno fatto. Suo padre è già
informato dell’avventura sulla Mermaid: la notizia è circolata
nell’isola. Però vuole sapere i dettagli e spesso interrompe la relazione di
Daniel per porre alcune domande. Come
in altre occasioni, Daniel deve anche presentare un rendiconto dettagliato
delle spese sostenute. Questa è la parte che a Daniel dà più fastidio, ma sa
che non può sottrarsi. Alla
fine il padre gli chiede: - E
che impressione ti ha fatto Hardy? È
una domanda superflua: dal racconto di Daniel è emersa chiaramente
l’ammirazione che il giovane prova per il tenente. -
Uno in gamba. Ha i coglioni e sa quello che vuole. Suo
padre annuisce. -
L’avevo pensato. Bene. Poi
ridacchia e aggiunge: - Ed
è bravo a fottere, vero? Te lo leggo in faccia. Daniel
lo guarda, infastidito. Risponde, con un sogghigno provocatorio: -
Sì, decisamente. È molto meglio di te. Suo
padre sorride e scuote la testa. -
Allora dovrò provarlo. Daniel
alza le spalle, anche se lo infastidisce l'idea che suo padre possa scopare
con Thomas. Si rende conto di non voler condividere Thomas con nessun altro.
È la prima volta che gli capita. Dice, cercando di non lasciar trapelare la
propria irritazione: -
Non credo proprio che se lo faccia mettere in culo. -
Vedremo. In qualche modo, conto di verificare. Poi
l’uomo prosegue: -
Dai, spogliati, che in attesa che arrivi il tuo bel tenente ti va bene anche
il mio, di cazzo. Daniel
annuisce. È vero, dopo questi giorni di forzata astinenza, ha voglia di
scopare e suo padre lo fa benissimo. L’uomo
si sta spogliando con gesti tranquilli. Daniel fa altrettanto. Si mette a
quattro zampe. Suo padre lo prende sempre così e a Daniel piace. A Daniel
scopare piace sempre, ma se ci fosse Thomas, Daniel non si offrirebbe a
nessun altro. Daniel
sente le dita umide che preparano l’apertura, poi suo padre si stende su di
lui e Daniel sente il cazzo premere sull’anello di carne e poi penetrare
lentamente. È, come sempre, una sensazione splendida. Daniel geme: non
nasconde il piacere che prova, non avrebbe senso. Il cazzo avanza, fino in
fondo, e Daniel nuovamente geme. Poi la cavalcata ha inizio. Il cazzo si
spinge avanti, finché i coglioni non toccano il culo di Daniel, poi si
ritrae. Due volte esce e poi affonda con un movimento deciso, che strappa nuovi
gemiti a Daniel. È bello, maledettamente bello. Suo padre è un figlio di
puttana, ma ci sa fare a scopare, questo non si può proprio negare. Non è
come Thomas, ma Thomas è diverso da tutti gli uomini che Daniel ha avuto modo
di conoscere nella sua vita. Daniel scaccia il pensiero di Thomas: vuole
godersi questa scopata, questo cazzo che affonda nel suo culo, queste mani
che gli stringono le natiche e ora passano avanti, afferrano il cazzo e lo
accarezzano ruvidamente. Suo
padre procede a lungo e Daniel sente il piacere crescere e infine deflagrare.
Poco dopo l’uomo imprime al movimento un’accelerazione brusca e viene, con
una serie di spinte violente. Rimane un momento disteso su Daniel, poi esce. Mentre
si riveste, dice: -
Aspettiamo che Hardy arrivi. Quando sarà qui, prenderemo contatti con il
nostro uomo a Saint Domingue, per preparare la spedizione, mentre Hardy vende
la merce. Daniel
osserva che suo padre, come quasi tutti i piantatori della sua generazione,
chiama ancora Haiti con il vecchio nome coloniale di Saint Domingue.
D’altronde il nuovo stato non ha ottenuto il riconoscimento internazionale.
Per i più, è solo una colonia francese ribelle. Anche
Adam è arrivato a Kingston, dopo due giorni di sosta a Spanish Town. Il
governatore gli ha dato una lettera di presentazione per il colonnello
Fitzroy, comandante della guarnigione. Adam prende contatto con lui e gli
spiega che sta indagando sulla tratta. Fitzroy legge la lettera del
governatore, ma non nasconde il suo scetticismo sulle possibilità di Adam di
scoprire l’organizzatore. -
Abbiamo indagato a lungo e ci hanno provato anche due investigatori mandati
dalla famiglia del giornalista ucciso. Quasi nessuno sa e quei pochi che
sanno, si guardano bene dal rivelare le informazioni in loro possesso. -
Naturalmente. Ma non intendo lasciarmi scoraggiare dalle difficoltà. È il mio
lavoro e cercherò di svolgerlo nel miglior modo possibile. Il
colonnello storce la bocca. - Lo
capisco, ma è alquanto pericoloso. Rischia di fare la fine di Doane, senza
riuscire a scoprire nulla. -
Sono venuto qui per questo. So che dovrò fare attenzione, soprattutto se
scoprirò qualche cosa. Ma non intendo rinunciare. -
Come vuole lei. - Le
chiederei un favore. - Mi
dica. Il governatore mi scrive di aiutarla e lo faccio volentieri. Adam
è sicuro che il colonnello non ha nessuna voglia di dargli una mano, ma la
lettera del governatore lo costringe a mostrarsi disponibile. -
Vorrei avere una descrizione accurata del negro catturato, quell’Elijah che è
riuscito a fuggire. Il
colonnello esita un momento, poi dice: - Le
faccio chiamare l’ufficiale Pyle, che si è occupato degli interrogatori del
negro. Il
colonnello convoca il tenente e dopo averlo presentato ad Adam, congeda
entrambi. Adam
esce con il tenente e in una taverna vicino alla caserma si fa raccontare del
nero che è stato catturato sulla Sirius. La descrizione che Greg Pyle
fornisce conferma il sospetto che Adam già aveva: con ogni probabilità l’uomo
che ha visto non lontano dalla piantagione di Paul Lablanc è proprio Elijah,
il Toro. Adam pone anche qualche domanda sull’interrogatorio, ma Greg gli
dice che Elijah ha sempre negato di sapere l’identità dell’organizzatore
della tratta. Infine
Adam chiede: - E
come ha fatto a fuggire? Adam
si accorge subito che Greg Pyle si è irrigidito. La sua risposta è molto
vaga: -
Sorprese una delle guardie, di notte. Poi
Pyle aggiunge: -
Purtroppo ero io il responsabile e per la sua fuga venni pure punito. Adam
non insiste: non gli interessa approfondire le circostanze della fuga. Si
chiede se dire di aver visto l’uomo al laghetto, ma non servirebbe a molto:
con ogni probabilità Elijah non è rimasto nell’area in cui Adam l’ha visto. Adam
affronta anche l’argomento della tratta, ma Greg non ha nessuna informazione
in più di quelle che Adam già possiede. Chiacchierano ancora un momento, poi
Greg dice: - E
comunque, signor Woolwich, spero solo di andarmene di qui al più presto. -
Non si trova bene alla Giamaica? -
No, per niente. E non ho voglia di ammuffire per sempre in questa cittadina
di merda, dove ti rubano persino la camicia. Il
riferimento alla camicia riporta il pensiero di Adam alla cerimonia di
Elijah. È stato Greg Pyle a lasciarsi scappare Elijah. La cerimonia potrebbe
avere avuto come oggetto proprio Greg… -
Una camicia? Non mi dica che le hanno rubato una camicia!? -
Sì, qualche settimana fa mi è scomparsa una camicia. Ma si rende conto,
signor Woolwich? Una camicia! Perfino una camicia ti rubano, in questo posto
di merda. Adam
annuisce. Il sospetto che aveva, ora è una certezza. Qualcuno ha rubato la
camicia su richiesta di Elijah. O magari è stato Elijah stesso, anche se ad
Adam sembra difficile che il nero abbia rischiato di farsi catturare per
prendere la camicia che gli serviva per la cerimonia. E
l’avvertimento di Crosstree doveva proprio essere una minaccia. Crosstree è
probabilmente implicato nella piccola tratta: o è l’uomo che la organizza o è
un suo complice. Ma Adam non ha nessuna prova che avvalori i suoi sospetti. A
Kingston Adam non ha molte occasioni di partecipare a cene o ricevimenti: la
capitale è Spanish Town e là risiedono il governatore e gli ufficiali di alto
grado e hanno una casa diverse famiglie di piantatori. Kingston è il porto e
il principale centro commerciale, dove vivono soprattutto mercanti, marinai e
pescatori. Per Adam però è il posto adatto per indagare sui movimenti delle
navi e cercare di scoprire qualche cosa sulla piccola tratta. La
sera si reca spesso in una delle taverne del porto, l’Old Sailor, dove chiacchiera
con gli avventori. Non è difficile raccogliere informazioni, assecondando la
loquacità dei marinai con l’offerta di qualche bicchiere di rhum. Nessuno
sa chi sia ad organizzare la tratta, e se qualcuno lo sapesse non lo
racconterebbe, ma Adam ha modo di ricostruire l’ultima spedizione dei
negrieri, quella che si è conclusa con la cattura della Sirius e l’impiccagione
dell’equipaggio. Jacques La Mort aveva reclutato personalmente il suo
equipaggio: alcuni marinai provenivano dagli Stati Uniti, altri invece da
Kingston. La nave avrebbe dovuto portare il suo carico a New Orleans, dove i
neri sarebbero stati venduti e i marinai statunitensi sarebbero sbarcati, in
attesa di una nuova spedizione. Ma tra
gli statunitensi e i giamaicani non correva buon sangue. In uno dei bordelli
era scoppiata una rissa e un marinaio di New Orleans, un certo Pierre
Legrand, aveva preso a pugni uno dei giamaicani, William Shepard, lasciandolo
a terra sanguinante, con il naso rotto, un labbro spaccato e qualche costola
a pezzi. William aveva giurato di fargliela pagare, ma Jacques La Mort si era
rifiutato di prendere provvedimenti e aveva licenziato William, perché non
era più in grado di viaggiare. Il giorno in cui la nave era partita, William aveva
spiattellato quello che sapeva in una taverna, forse perché si era ubriacato,
forse perché voleva vendicarsi: qualcuno lo aveva riferito alle autorità e la
Sirius era finita in trappola. Adam
decide di cercare William. Un pescatore gli indica la taverna dove l’uomo va
spesso a bere. Adam
si presenta la sera successiva. Chiede all’oste di William Shepard. L’uomo è
seduto a un tavolo con un bicchiere di vino. Adam gli si avvicina e gli
chiede se può sedersi con lui. William lo guarda, diffidente. -
Perché vuoi sederti qui? Adam
gioca a carte scoperte, ormai. -
Sono un giornalista inglese e vorrei che tu mi raccontassi un po’ di cose
sulla spedizione della Sirius. - E
perché cazzo dovrei raccontare qualche cosa a un fottuto giornalista? L’accoglienza
non è propriamente cordiale, ma Adam non si scoraggia. -
Perché potrei offrirti da bere e magari anche da mangiare. Io non ho ancora
cenato. Se vuoi tenermi compagnia… L’offerta
sembra rendere William più disponibile. In
effetti, dopo una cena relativamente abbondante e qualche bicchiere di vino,
William appare molto più disponibile. -
Jacques La Mort ti aveva reclutato personalmente? -
Sì, era lui che cercava gli uomini, ma era una testa di cazzo, prendersi quei
fottuti americani, quel francese di merda, poi… - Tu
lo conoscevi già prima, questo La Mort? -
No, lui non era mica di qui. - E
come faceva a sapere a chi rivolgersi? Se parlava con le persone sbagliate, rischiava
di farsi denunciare. -
Andava a colpo sicuro, quello. Qualcuno gli diceva con chi parlare. -
Hai un’idea di chi fosse questa persona, quello che gli suggeriva con chi
parlare? -
Cazzo vuoi che ne sappia? - E
quello che chiamavano il Toro, l’hai mai visto? -
No, so che doveva salire sulla nave la sera della partenza, ma io ormai avevo
rotto con quegli stronzi. E meno male, che rischiavo di finire come loro. Ben
gli sta a quel bastardo del francese. Ho proprio goduto a vederlo appeso. Mi
spiace solo che sia crepato con il cazzo duro, ma quando l’ho visto, i vermi
glielo stavano già mangiando. -
Sì, parlami di questo tipo. Era un figlio di puttana, vero? Il
colloquio procede, senza portare nessuna informazione significativa, ma
nell’articolo sulla cattura della Sirius,
Adam inserirà anche la testimonianza di William. È
tardi quando Adam rientra alla locanda dove alloggia. Le strade sono buie e Adam
sa benissimo che le sue indagini lo espongono a rischi. Gira con la pistola e
fa attenzione a come si muove. Nella taverna beve sempre poco, per essere
perfettamente lucido. Pochi
giorni dopo l’arrivo di Daniel, anche Thomas Hardy sbarca a Kingston, dopo un
viaggio durante il quale non si sono verificati inconvenienti. Anche il
controllo doganale viene superato senza problemi: le armi non vengono
scoperte. Alcune pistole le portano addosso i marinai statunitensi, come se
fossero di loro proprietà: non è strano che cittadini statunitensi abbiano
armi fabbricate negli Stati Uniti. Le altre armi, quelle destinate
all’equipaggio che verrà assoldato a Kingston, sono state facilmente nascoste
tra i tessuti portati da New Orleans: non sono molte. Daniel
è contento di ritrovare Thomas: lo ha atteso con impazienza. E non è solo il
desiderio di scopare di nuovo con il tenente, Daniel lo sa benissimo. Ciò che
prova per Thomas è molto più forte e anche solo averlo a fianco gli fa
piacere. Daniel
lo raggiunge al porto non appena viene informato dell’arrivo della nave.
Quando le operazioni di controllo sono concluse, Daniel si allontana con
Thomas e raggiunge la locanda dove alloggia. Per strada Daniel si informa sul
viaggio, ma non appena sono in camera dice: - E
adesso lascia perdere il viaggio. È ben altro quello che mi interessa, ora. Thomas
annuisce. -
Certo. Vuoi che ti reciti Shakespeare, no? Daniel
ride. - Tu
non ridi mai, Thomas, ma il senso dell’umorismo certo non ti manca. -
Non è Shakespeare che vuoi? Allora non capisco proprio… -
Cercherò di fartelo capire, Thomas Hardy. Daniel
si avvicina a Thomas. Reprime l’impulso di baciarlo e gli sfila la giacca e
poi la camicia. Ma quando lo vede a torso nudo, si avvicina e lo bacia sulla
bocca. È il primo uomo che bacia, anche se si vergognerebbe a confessarlo.
Certamente non ha mai baciato suo padre, né nessuno degli uomini a cui si è
offerto. Ma di loro non gli importava nulla. Thomas
accetta il bacio. Forse è un po’ stupito di questa manifestazione, ma non lo
dimostra. Non è mai facile capire che cosa prova. Daniel
si toglie la camicia e poi slaccia i pantaloni di Thomas. Li abbassa insieme
alle mutande e si inginocchia. Guarda davanti al suo viso il cazzo di Thomas,
dell’uomo di cui si è innamorato, e lo prende in bocca. Lo sente irrigidirsi
e crescere di volume. Lo mordicchia leggermente. Thomas gli molla uno
scappellotto. Daniel mordicchia di nuovo. -
Piantala! Daniel
riprende a succhiare, cercando di inghiottire il più possibile il cazzo e poi
lasciandolo andare. È bellissimo. Le sue mani stringono il culo di Thomas,
risalgono alla vita, passano davanti, accarezzano la peluria sul torace,
stringono i capezzoli. Daniel griderebbe il nome di Thomas, ma il cazzo che
la sua bocca avvolge non gli permette di parlare. Daniel
si stacca. Senza alzarsi, guarda in viso Thomas. -
Thomas… Vorrebbe
dirgli che lo ama, ma qualche cosa lo blocca. Che cosa prova Thomas per lui?
Prova qualche cosa? -
Prendimi, Thomas. Daniel
si abbassa i pantaloni e le mutande e appoggia il torace sul letto. Thomas
sputa sull’apertura, la stuzzica con due dita e quando è ben umida, avanza il
cazzo, entrando piano e poi spingendo fino in fondo. Daniel ha l’impressione
che il mondo intorno scompaia. Chiude gli occhi e si abbandona completamente
alle sensazioni che prova. Le mani di Thomas che lo accarezzano, il corpo di
Thomas che preme sul suo, il cazzo di Thomas che affonda nel suo culo. Daniel
non vuole altro dalla vita. Non ha mai provato tanto piacere, non si è mai
abbandonato a un uomo come si abbandona a Thomas, all’uomo che ama. Quando,
dopo una lunga cavalcata, Thomas viene dentro di lui, Daniel sente il proprio
piacere crescere ancora e infine sciogliersi in un orgasmo violento. -
Stringimi, Thomas. Thomas
lo abbraccia. Daniel chiude gli occhi. Più tardi scoperanno ancora, ma stare
così, adesso, è il paradiso. Dopo
che hanno scopato, Daniel comunica a Thomas che dormirà in un’altra locanda. - È
meglio che non ci vedano troppo insieme. -
Posso dormire sulla nave, come tutto l’equipaggio. -
No, non ha senso. Voglio poterti raggiungere quando serve, senza dover salire
sulla nave. Nessuno mi deve vedere su quella nave. Se siamo tutti e due a
Kingston, in due locande diverse, ci possiamo trovare più facilmente. - Va
bene, come preferisci. - Tu
non hai voglia di vedermi spesso? Daniel
l’ha detto con un sorriso ironico, ma si rende conto che la risposta di
Thomas gli sta a cuore, più di quanto non voglia ammettere. Thomas
sorride e dice: - Ma
certo. A
Daniel non basta, ma prima che Daniel possa aggiungere qualche cosa, Thomas
cambia argomento, chiedendo: -
Quando pensi che partirò per Haiti? - Ci
vorrà un po’. Bisogna vendere le merci, perché se non lo facessimo, si
chiederebbero perché le hai portate alla Giamaica. Ma soprattutto dobbiamo
organizzare la spedizione. I tempi sono lunghi, ma abbiamo visto che senza un
lavoro di preparazione, rischiamo di perdere uomini e soldi per procurarci un
bottino di scarso valore. -
Che cosa intendi per “organizzare la spedizione”? -
Non ha senso avvicinarsi all’isola, sbarcare e attaccare un villaggio a
casaccio, dove magari ci sono solo una dozzina di negri o magari ci sono
invece duecento negri, tra cui molti armati. Tieni conto che molti negri
hanno armi. -
Certo, capisco bene. E allora? -
C’è un uomo a Haiti che ci fornisce le informazioni necessarie perché la
spedizione funzioni. Aveva contattato
uno stregone per l’ultimo affare: quello si era impegnato a radunare un po’
di maschi nudi e senza armi e tutto era filato liscio, ma sai com’è finita:
c’è stato l’intervento della Royal Navy, i negri sono stati liberati e
rimandati a terra. Quando sono tornati ai loro villaggi hanno preso questo
stregone e… gliel’hanno fatta pagare, in un modo atroce. I negri sono
terribili quando si vendicano. Per fortuna non hanno beccato anche il nostro
uomo. -
Allora questo tizio dovrà escogitare qualche altro piano. Ma senza l’aiuto di
uno stregone non mi sembra facile. - Se
non riesce a fare di più, ci fornirà qualche indicazione utile sul villaggio
da attaccare, né troppo grande, né troppo piccolo, e sull’occasione in cui
agire, magari durante una festa o alla messa. Rimaniamo in attesa. Meglio
impiegare più tempo e ottenere un buon risultato, no? E poi noi sappiamo come
passare il tempo, vero? Thomas
annuisce. -
Credo di avere qualche idea sulle tue intenzioni. Più
tardi Daniel se ne va, a malincuore. Thomas
si siede e guarda nel vuoto. Non gli importa di Daniel. Scopa volentieri con
lui, ma lo considera una parte del proprio lavoro. E non è contento che
Daniel si stia affezionando a lui. Thomas sa benissimo di non essere mai
stato realmente amato nella sua vita, ma da quando è partito per i Caraibi,
prima Adam, poi Daniel si sono dimostrati fortemente attratti da lui. Thomas
si rende conto che entrambi si sono innamorati. Spera vivamente che Adam lo
abbia dimenticato. Quanto a Daniel, non può farci niente. Una
sera Adam rientra piuttosto tardi. Davanti a lui un mercante sta tornando a
casa, accompagnato da un servitore che tiene una lanterna. L’uomo sembra fare
la stessa strada di Adam, che lo segue a una certa distanza: preferisce
rimanere nell’ombra, anche se approfitta volentieri della lanterna che
illumina la strada. Per via
incrociano un uomo, una figura massiccia. La luce lo illumina per un momento
e Adam lo riconosce immediatamente: è l’uomo che ha visto al laghetto vicino
alla Whitefarm, Elijah il Toro. Adam svolta in un vicolo e si nasconde dietro
l’angolo, dove l’oscurità è più fitta. Elijah
prosegue per la sua strada. Adam esce dal vicolo e lo segue. Non è facile
pedinarlo nel buio della notte: se gli sta troppo vicino, Adam rischia che
Elijah si accorga di lui. Se rimane a distanza, è facile che lo perda. Elijah
non sembra sospettare di essere seguito. Si dirige verso la campagna, in un’area
in cui ci sono orti e casupole che spesso sono solo baracche. Non c’è nessuno
e non ci sono luci. Adam si muove con estrema cautela, cercando di non fare
rumore. Ha impugnato la pistola: sa di correre un pericolo mortale, ma spera
di scoprire dove si nasconde quest’uomo, probabilmente l’unico che può
permettere di risalire all’organizzatore della tratta. Adam
si accorge che la notte è diventata più chiara: è sorta la luna. È solo una
falce, ma il buio è meno fitto. È più facile seguire Elijah, ma è anche
maggiore il rischio che lui se ne accorga. Elijah
ha preso un viottolo tra i campi. Ora la sua sagoma è perfettamente visibile.
Adam aspetta che Elijah abbia svoltato oltre uno steccato. Sa che percorrendo
lo stesso viottolo non potrà nascondersi. Se Elijah si è accorto di lui,
potrà sparargli e ucciderlo facilmente. Adam si guarda intorno. Non c’è modo
per attraversare i campi rimanendo nell’ombra. Se non si muove in fretta,
rischia di perdere Elijah. Adam
stringe la pistola e avanza rapidamente, fino a raggiungere lo steccato.
Sporge la testa con prudenza. Lo steccato proietta la sua ombra sul sentiero,
ma oltre lo steccato, Adam può vedere la figura massiccia di Elijah: il nero
non sembra essersi accorto di lui. Ora è fermo davanti a una casupola e sta
bussando a una finestra debolmente illuminata. La porta si apre ed Elijah
entra. Adam
raggiunge rapidamente la casupola. Rimanendo nell’ombra guarda dalla
finestra. Elijah è a colloquio con un uomo che non deve avere più di
venticinque anni e un altro, sui cinquanta, calvo e con una fitta barba. Adam
ritorna sui suoi passi, badando a memorizzare bene il percorso. Raggiunge il
forte e chiede di parlare con urgenza con il comandante. Il colonnello
Fitzroy è assente, per cui viene chiamato l’ufficiale che lo sostituisce, il
tenente Greg Pyle. Adam
spiega rapidamente: - Ho
incontrato vicino alla taverna dell’Old Sailor l’uomo che chiamano il Toro,
quello che avevate catturato e che è scappato. Greg
Pyle sobbalza. Catturare Elijah e in qualche modo cancellare la macchia che
pesa sulla sua carriera sarebbe un colpo di culo. Ma si tratta davvero di
Elijah il Toro? Come fa Woolwich a dirlo, visto che non lo conosceva e ha
chiesto a lui di descriverlo? - Ne
è sicuro? Di negri ce ne sono tanti… -
Sì, sono sicuro, l’avevo già visto, poi le spiego. È proprio lui. L’ho
seguito. Si è incontrato con altri due uomini in una casupola ai margini
della città. Se ci muoviamo subito possiamo catturarlo. Greg
raccoglie immediatamente otto soldati. Adam li guida lungo la strada che
conduce alla casupola. Sono
giunti al sentiero tra i campi, quando oltre lo steccato spunta la sagoma di
Elijah. -
Eccolo! Elijah
li ha visti e in un attimo balza indietro, scomparendo. Pyle grida: -
Fermo! Tutti
i soldati si lanciano all’inseguimento. Oltre lo steccato però non si vede
più nessuno. Intorno ci sono casupole, orti, recinti, piccoli sentieri. -
Merda! Cercatelo! Dovete prenderlo. -
Tenente, mandi qualcuno alla casa. Quella là. Magari ci sono ancora i
complici. Pyle
manda due soldati alla casa, mentre gli altri si sguinzagliano alla ricerca
di Elijah. Adam
aspetta. I due soldati che sono andati alla casa ritornano con un
prigioniero: uno dei due uomini che Adam ha visto, quello più anziano. Il
sangue gli cola dal naso e dalla bocca. Uno
dei soldati dice: -
Questo fottuto bastardo ha cercato di saltarci addosso. Adam
annuisce. Ascolta i suoni. Ogni tanto si sentono le voci dei soldati in
lontananza, ma man mano che il tempo passa è chiaro che Elijah è ormai sfuggito
alla cattura. Pyle
ritorna, furente. La cattura dell’altro uomo è una magra consolazione,
rispetto a quanto sperava il tenente. Il
giorno dopo Daniel raggiunge Thomas, come fa ogni giorno. Thomas si accorge
subito che Daniel è furibondo. -
Ieri sera ho incontrato Elijah per prendere accordi. Poco è mancato che non
ci arrestassero. -
Cazzo! Come mai? - Un
giornalista bastardo ha riconosciuto Elijah e lo ha seguito fino alla casa di
Ronny. Thomas
pensa immediatamente ad Adam, ma non chiede nulla. Si limita a commentare: -
Merda! -
Per fortuna quando il bastardo è tornato con i soldati, io ero già andato
via. Hanno incrociato Elijah, ma lui è riuscito a scappare. Hanno beccato
solo Ronny. - Un
bel guaio. Che cosa sa questo Ronny? -
Pochissimo. Non è in grado di risalire a me o a Elijah. Usiamo la sua casa
per trovarci perché è isolata e nessuno ci vede. Ma quel figlio di puttana
del giornalista ha incrociato Elijah. L’aveva già visto. Sapevo che è un tipo
curioso, da qualche tempo va in giro a porre domande sui nostri affari, ma
non pensavo che potesse incontrare Elijah e soprattutto riconoscerlo. Non so
come cazzo ha fatto. Elijah si tiene alla larga da Kingston, di solito,
soprattutto dopo che è stato catturato. Ma quel figlio di puttana lo aveva
già visto. A questo
punto Thomas chiede: -
Chi è? Il giornalista, intendo. - Un
certo Adam Woolwich. Thomas
alza le sopracciglia. -
Woolwich? Era sull’Argus, la nave con cui sono arrivato io. Daniel
guarda Thomas. -
Sulla tua stessa nave? Questa, poi! -
Non è che ci siano molte navi da Londra alla Giamaica. -
No, è vero. Comunque quel figlio di puttana va eliminato. -
Vuoi che ci pensi io? Per me sarebbe facile avvicinarlo: non sospetterebbe di
certo. Daniel
fa un cenno di diniego. -
No, ho già affidato l’incarico a Clap, uno dei nostri uomini, quello che hai
visto ieri. Ha provveduto lui a quell'altro, quello di New York. Questa sera
lo aspetta lungo la strada che dalla taverna conduce alla locanda dove
alloggia. Quel bastardo fa troppe domande ed è sveglio. -
Non c’è il rischio che Ronny fornisca qualche informazione utile ai militari?
-
No, te l’ho già detto. -
Anche se non sa risalire a te, ti ha visto ed è in grado di descriverti. Daniel
alza le spalle. -
No, è abbastanza furbo da descrivermi in un modo diverso da come sono. Il
problema è se mi ha visto anche il giornalista. Per quello lo facciamo fuori
questa sera. Thomas
annuisce. -
Sì, mi sembra l’unica cosa da fare. Peccato, mi era simpatico. Adam
è di nuovo alla taverna. La spedizione notturna è al centro delle
discussioni. Il nome di Adam è trapelato, ma i clienti sembrano non sapere
che l’uomo di cui si parla è l’avventore che offre spesso da bere a qualcuno
e ama molto chiacchierare. È però probabile che già ora in città qualcuno lo
sappia e in ogni caso prima o poi la voce circolerà: Adam si rende conto che
non potrà ricavare più molte informazioni qui all’Old Sailor. Dovrà cambiare
taverna, sperando di non essere riconosciuto. E in ogni caso i rischi sono
aumentati. Adam
ascolta ciò che viene raccontato. Ronald Highway, detto Ronny, è uno dei
tanti che vivono di espedienti e di lavoretti poco puliti. Non riscuote
grande simpatia, perché ha un pessimo carattere, perciò il suo arresto lascia
indifferenti i frequentatori della taverna. Su
Elijah detto il Toro circolano molte voci, ma nessuno lo conosce
personalmente. - Io
l’ho incontrato, una volta, poco prima che la Sirius partisse. -
Sì, sì. Le solite vanterie, Mancino. Te lo sei inventato. -
Porcoddio! L’ho visto con questi occhi vicino alla nave. Un gigante, due
spalle larghe… non è un caso se l’hanno chiamato il Toro. Un
altro avventore, ormai mezzo ubriaco, osserva: - Ma
no, l’hanno chiamato il Toro perché ha un cazzo lungo un piede ed è capace di
fottere per due ore di seguito. Mancino
guarda l’uomo che ha parlato e dice: - E
tu come lo sai, Gerry? Te l’ha messo in culo? Tutti
ridono alla battuta, meno Gerry. -
Stronzo! In culo te lo fai mettere tu, Mancino. La
discussione si sta trasformando in un litigio. Adam si stacca dal gruppo. Sta
pensando di andarsene, tanto questa sera non otterrà niente. E per lui è
meglio non rientrare tanto tardi. Sicuramente c’è chi lo vorrebbe vedere
morto. Vicino
a lui due marinai discutono. Adam sente quello che dicono, senza badarci, ma
una frase lo fa sobbalzare. - Ci
vorrebbe uno deciso per quel lavoro, come quel tizio, Hardy, quello della Mermaid. Adam
non sa di che lavoro si tratti e non gli importa, ma il sentire nominare
Thomas gli procura una fitta. L’altro
marinaio risponde: -
Sì, come lui. Jonas potrebbe chiedergli. So che adesso è qui a Kingston. Adam
chiude gli occhi. Poi li riapre. Cerca di calmarsi. Il suo cuore ha
incominciato a battere all’impazzata. Thomas è qui a Kingston! Qui! Adam
vuole vederlo. Si
volta verso l’uomo e dice: -
Thomas Hardy? Lo conosco. È qui a Kingston? -
Sì. Me l’ha detto il mio amico Ben. Hardy gli ha salvato la pelle. Adam
annuisce. Ben dev’essere il marinaio della Mermaid, l’unico superstite
dell’equipaggio. - Lo
rivedrei volentieri. Ha un’idea di dove posso trovarlo? E
mentre lo dice, Adam sente che il cuore sta correndo all’impazzata. Basta il
pensiero di rivedere Thomas per fargli questo effetto? Il
marinaio guarda Adam, diffidente. -
Non so. Ben mi ha detto di averlo visto, ma non so dove alloggia. - E
il suo amico, questo Ben, lui dove sta? Magari mi potrebbe aiutare. -
Ben si è imbarcato questa mattina. Adam
annuisce. Il dolore è tanto violento da mozzargli il fiato. Adam beve un
bicchiere. Lo ama a questo punto? Sì, lo sa benissimo. Thomas
è a Kingston. Kingston non è una grande città. Adam intende cercarlo. In
qualche modo lo troverà. Adam
saluta e lascia la taverna. Esce nella strada. Scaccia il pensiero di Thomas.
Non vuole distrarsi: sa che la sua vita è in pericolo. Si guarda intorno. Si
avvia, camminando rasente al muro, dove l’ombra è più fitta. Ogni
tanto, negli angoli più bui, si volta per controllare che non ci sia nessuno.
A un certo punto sente dei passi dietro di sé. Qualcuno lo sta seguendo? Adam
impugna la pistola che porta sempre con sé. Procede
con cautela. Dopo aver svoltato in una stradina, si infila sotto l’arco di un
passaggio coperto, immerso nel buio. Qualcuno è arrivato all’angolo e ora si
sporge con cautela. Adam può scorgere la testa che appare, appena visibile
alla debole luce lunare. Adam
stringe la pistola e rimane immobile nell’oscurità. La testa scompare. C’è
un momento di silenzio. Adam non si muove. Poco
dopo avverte un rumore alle sue spalle. Fa appena in tempo a voltarsi, quando
risuona lo sparo. Un
corpo cade a terra e rimane immobile. Una pozza di sangue si allarga sotto la
testa dell’uomo. - È
in camera il signor Hardy? -
Sì. Non l’ho visto uscire. Daniel
sale e bussa alla camera di Thomas, ma nessuno risponde. Daniel
bussa di nuovo. Si sta chiedendo dove possa essere andato Thomas e soprattutto
come mai il locandiere non l’abbia visto uscire, quando Thomas apre la porta. -
Pensavo che non ci fossi. Ho bussato due volte. - Mi
ero steso sul letto per riposare un momento quando sono rientrato e mi sono
addormentato, tutto vestito. Adesso che hai bussato mi sono svegliato, ma non
sapevo se qualcuno aveva davvero battuto alla porta o se era stato nel sogno.
Non capivo come mai fosse buio. Cazzo! Devo aver dormito qualche ora. Vieni
dentro. O dobbiamo uscire? -
No, no. Daniel
entra. Thomas chiude la porta dietro di sé. Daniel
sorride. -
Avevo voglia di festeggiare l’eliminazione del giornalista bastardo. Thomas
sorride. -
Clap ha fatto quanto doveva? -
Sì, mi hanno riferito poco fa che hanno ritrovato un cadavere vicino al
porto. - È
filato tutto liscio? Clap non ha avuto problemi a sorprenderlo? -
Penso di no, visto che l’ha ammazzato. -
Come sarebbe a dire, “penso di no”, Daniel? Clap non è tornato a riferire? -
No, non so dove sia finito. - Spero
che sia tutto filato liscio: Woolwich mi sembrava uno sveglio. Daniel
è perplesso. - Se
ti dico che hanno trovato il corpo. No, nessun problema. Clap è in gamba,
Thomas. Ti ho già detto che ha fatto fuori quell'altro figlio di puttana. Certamente
ha fatto secco anche questo. Magari è andato a ubriacarsi in qualche bettola
e adesso dorme. Thomas
annuisce. -
Può darsi. L’importante è che Woolwich non possa più fare danni. Daniel
conclude: - Adesso
voglio festeggiare. E tu sai come. -
Credo di saperlo, sì. E non è Shakespeare. L’indomani
mattina, il cadavere ritrovato la notte in una stradina viene identificato
come quello di Albert Stonarm, detto Clap. Qualcuno gli ha sparato una
pallottola in testa. Nessuno sa chi possa averlo ucciso. Daniel
ha trascorso la notte con Thomas: separarsi da lui gli è difficile, vorrebbe
trascorrere insieme a Thomas tutto il tempo disponibile prima della partenza
della nave. Solo quando raggiunge la locanda dove alloggia, scopre che Clap è
morto. È furibondo. Prima di pranzo ripassa da Thomas. -
Avevi visto giusto: è successo un bel casino. Quel bastardo ha ammazzato
Clap. -
Cosa? -
Sì, lo hanno trovato morto. Merda! Bisognerà trovare qualcun altro per far
fuori quel figlio di puttana. - Lo
farò io, ma non ora. Lasciamo passare un po’ di tempo. Adesso starà in
guardia più che mai. Tra qualche giorno, quando magari penserà che ci abbiamo
rinunciato. - Se
mi ha visto… -
Non farti vedere in giro per due o tre giorni. -
No, certo. Daniel
esita un attimo, poi aggiunge: -
Nel primo pomeriggio vai alla nave a fare un giro di controllo. - Va
bene. Nel
pomeriggio vicino al porto Thomas incontra Paul Lablanc. -
Tenente Hardy! Sono contento di vederla qui a Kingston. Ho sentito meraviglie
di lei e della sua impresa dopo il naufragio della Mermaid. Thomas
alza le spalle. - Ho
fatto quanto potevo. -
Che non è stato certo poco! Ma mi piacerebbe parlare un po’ con lei, con
calma. Perché non viene nella mia fattoria, signor Hardy? L’ho già invitata una
volta, ma allora non poteva. Sarei lieta di ospitarla qualche giorno e
rinnovare l’amicizia. Anche il signor Woolwich è stato mio ospite, quando è
arrivato. Per
un attimo Thomas rivede Adam, il suo sorriso allegro, ma ricaccia il
pensiero. Sorride a Lablanc. - La
ringrazio per l’invito, signor Lablanc, ma sto occupandomi della vendita
delle merci e, anche se non ripartiremo subito, non posso permettermi di lasciare
Kingston. Lablanc
scuote la testa. -
Tenente, mi scusi se glielo dico, ma non me la vedo proprio come mercante di
tessuti. -
Non è il mio mestiere, lo ammetto, ma in qualche modo bisogna arrangiarsi
nella vita. -
Questo può raccontarlo a qualcun altro. Sono sicuro che questo commercio è
solo un paravento per altre attività. Thomas
guarda Lablanc, perplesso. Poi sorride, ironico: - Le
garantisco che non vendo liquori di contrabbando. E che la nave con cui
viaggio non è un bordello clandestino. -
Peccato, magari avrei fatto un salto a vedere la merce. Paul
Lablanc ride, poi aggiunge: -
Sono sicuro che sarebbe di ottima qualità. Ma lasciamo perdere. Le rinnovo
l’invito a venire da me. Probabilmente torno alla Whitefarm già dopodomani.
Parta insieme a me. Prometto di non chiederle niente del suo lavoro. -
Non credo proprio di poter lasciare Kingston. -
Parli con le persone per cui lavora e faccia in modo di ottenere una
settimana di riposo. In fondo è arrivato alla Giamaica la sera ed è ripartito
il mattino dopo. Ha affrontato banditi, salvato se stesso e altri: direi che
un po’ di riposo se l’è meritato. Thomas
scuote la testa: esclude di chiedere. Però dice: -
Vedremo. Grazie comunque per l’invito. È molto gentile da parte sua. Daniel
lo raggiunge in serata, come al solito. -
Che cosa conti di fare in questi giorni, Thomas? Thomas
non capisce. - In
che senso? - In
questi giorni di attesa. Prima di dieci giorni non partiamo. -
Che cosa vuoi che faccia? Rimango qui, no? - Se
vuoi, puoi girare liberamente per qualche giorno. -
Non credi che l’equipaggio vada tenuto d’occhio? - Ci
penserà Phil. - Si
direbbe che tu voglia mandarmi via. -
Non hai tutti i torti, Thomas. Thomas
guarda Daniel perplesso, senza dire nulla. Daniel spiega: - La
faccenda della Mermaid si è risaputa, Ben dev’essere un chiacchierone
e in ogni caso quello Strout era noto qui alla Giamaica e della sua morte si
è parlato parecchio. Sei diventato famoso. - E
allora? - E
allora tutto sommato è meglio se stai un po’ lontano dai curiosi. Thomas
guarda Daniel. C’è qualche cosa che non lo convince: a parte il fatto che
alla Whitefarm, da Lablanc, entrerà comunque in contatto con diverse persone,
che problema c’è se qualcuno si interessa a lui? Ma se Daniel vuole che lui
parta, non c’è motivo per opporsi: non è nel suo interesse irritare Daniel,
che non è il suo padrone, ma ne fa le veci. - Va
bene. Ho incontrato il signor Lablanc, non so se lo conosci, che mi ha
invitato nella sua piantagione, ma gli ho detto che non posso allontanarmi da
Kingston. Lui ha insistito. Thomas
non prosegue: attende che Daniel si esprima. -
Credo che faresti bene ad accettare. Mi sembra un’ottima idea. Puoi fermarti
una settimana, dieci giorni. Se ci fossero delle novità, ti faccio arrivare
un messaggio. Thomas
ha l’impressione che Daniel non sia sincero. Qual è il vero motivo per cui lo
allontana? Daniel
prosegue: -
Mentre tu sei alla Whitefarm, provvederò a far eliminare quel figlio di
puttana del giornalista. Non mi sento tranquillo sapendo che con ogni
probabilità mi ha visto. Affiderò l’incarico a Robert, uno in gamba,
disponibile per questi lavoretti. Thomas
scuote la testa. -
No, questa volta me ne occupo io, Daniel, prima di partire. Non voglio che ci
siano altri errori. Lo faccio domani sera, così evitiamo nuovi problemi. -
Come preferisci, Thomas. Daniel
ride e aggiunge: -
Bada solo a non farti ammazzare pure tu. Ci tengo a te. Thomas
sorride. -
Non mi succederà niente. Woolwich non diffida di me. Gli stavo simpatico.
Anche lui mi stava simpatico, ma mi rendo conto che non c’è altra soluzione.
Lo attirerò in un posto dove posso eliminarlo. -
Preferirei che prendessi con te Robert. -
Come vuoi. Il
giorno dopo Adam incrocia Thomas Hardy. Si ferma e gli sorride, incapace di
dire alcunché. Sperava di poterlo incontrare, da quando ha saputo che era a
Kingston lo ha cercato, ma trovarselo di fronte gli ha tolto la parola. -
Woolwich, che piacere vederla! Thomas
gli porge la mano. Adam la guarda per un attimo e poi la stringe, con un
movimento brusco. -
Thomas, Hardy. Io… Adam
non riesce a parlare. Come è possibile che quest’uomo abbia il potere di
paralizzarlo? Adam non è mai stato timido o insicuro, ma di fronte a Thomas
si sente un bambinetto. Thomas
gli dice: -
Woolwich, io sono di fretta, ma avrei piacere di parlarle tranquillamente.
Possiamo darci un appuntamento per questa sera? O ha da fare? Adam
scuote la testa. È felice che Thomas proponga un incontro. -
No, no, sono libero. -
Allora, senta, nella taverna del Black Stallion, è un postaccio, ma mi farò
dare una cameretta dove staremo tranquilli. Quando arriva, chieda all’oste
del signor Sandstone, d’accordo? Adam
annuisce. Sa dov’è la taverna, nella zona del porto. -
Un’ultima cosa, Woolwich. Non dica a nessuno che ci vediamo questa sera. Le
spiegherò poi. C’è gente che… non mi vuole bene, mettiamola così. Non mi
metta in pericolo. Ora
Adam è preoccupato. -
No, di sicuro. Questa sera però mi spiegherà. -
Sì, sì. A questa sera, verso le nove, va bene? Al Black Stallion. Thomas
stringe la mano ad Adam e si allontana. Rivede il sorriso fiducioso di Adam.
Gli spiace ingannare il giornalista in questo modo, ma non c’è altra via. Thomas
raggiunge Robert, l’uomo che si deve occupare della faccenda insieme a lui.
Gli dà istruzioni precise: non ci devono essere errori. Thomas
va alla nave. È di umore cupo. Quello che farà questa sera gli pesa
moltissimo, ma deve farlo. È necessario. Merda! Perché ha accettato questo
lavoro? Thomas conosce benissimo la risposta: perché non aveva nessuna altra
possibilità di garantire un futuro dignitoso ai suoi fratelli. E anche adesso
non ci sono altre vie d’uscita. Adam
è felice all’idea di rivedere Thomas. L’accenno dell’amico ai pericoli che
corre lo ha reso un po’ inquieto, ma adesso che sta per ritrovarlo, la gioia
spinge ogni altra preoccupazione in secondo piano. Adam è impaziente di vedere
Thomas, di abbracciarlo. Spera che potranno scopare, è ciò che più desidera
in questo momento. Ma mentre formula il pensiero, Adam si rende conto che non
è vero: il corpo di Thomas accende il suo desiderio, ma ciò che Adam davvero vorrebbe
è sentire che Thomas gli vuole bene, sapere che il suo amore è ricambiato. Il
Black Stallion si trova non lontano dal porto, in una zona degradata e
alquanto malfamata: quando Adam ha chiesto dove si trovava la locanda, gli
hanno consigliato di muoversi con prudenza, se proprio doveva andare da
quelle parti. Il
temporale pomeridiano è stato più intenso del solito le stradine sono piene
di fango. Qua e là ci sono marinai, puttane e qualche brutto ceffo che guarda
Adam, chiaramente valutando se e come cercare di spennarlo. Di certo Thomas
avrebbe potuto scegliere un posto migliore, ma se è in pericolo, è logico che
prenda le sue precauzioni. Adam
entra nella locanda. L’aria è satura di fumo e l’odore di abiti bagnati e
poco puliti è più forte di quello dell’alcol. Adam
si rivolge all’oste. -
Devo vedere il signor Standstone. L’oste
squadra Adam, poi fa un cenno con la testa, indicando una scala. -
Secondo porta a destra. La
scala è alquanto malandata e un gradino è rotto. C’è un forte odore di
piscio: qualcuno deve aver svuotato la vescica proprio sulla scala. Mentre
sale Adam si chiede quale pericolo abbia indotto Thomas a rifugiarsi in un
postaccio come questo. Giunto
alla seconda porta a destra, Adam bussa. Thomas apre. Ha una pistola in mano,
ma vedendo Adam la mette via. -
Venga avanti, Woolwich. Mi scusi, ma devo prendere le mie precauzioni. La
stanza è spoglia. Oltre a un letto malandato, ci sono solo un tavolo con una
bottiglia di vino e due sedie in pessime condizioni. - Si
sieda. Adam
annuisce. Vorrebbe abbracciare Thomas. È rimasto oltre un mese senza vederlo
e adesso vorrebbe stringerlo, sentire il calore del suo corpo. Ma non vuole
imporgli un’intimità a cui Thomas in questo momento non sembra interessato. Thomas
si siede. Davanti a lui c’è un bicchiere pieno. Thomas prende la bottiglia e
versa un po’ di vino ad Adam, che intanto dice: -
Sono contento di vederla, Hardy. Ho sentito della storia della Mermaid.
Complimenti! Thomas
beve dal suo bicchiere. -
Beva anche lei, Woolwich. Non è un gran vino, ma dobbiamo festeggiare il
nostro incontro. Adam
beve. In effetti il vino non è granché, ha un retrogusto amarognolo, ma Adam
non ci bada. Guarda Thomas, perché poterlo guardare è una gioia infinita.
Sorride. -
Hardy! Che bello rivederla, dopo tutto questo tempo. -
Non è mica passato così tanto tempo. Adam
annuisce. Quanto tempo è passato? Un mese circa. Per lui è stato un periodo
lunghissimo. Il fatto che per Thomas non sia così significa che ciò che Adam
prova non è condiviso. Adam si sforza di sorridere ancora e dice: - Mi
racconti. Che cosa ha fatto in questo periodo? Poi
il pensiero va a ciò che Thomas ha detto in mattinata. Il sorriso scompare. - Mi
ha parlato di un pericolo che la minaccia. Di che cosa si tratta? Thomas
ha il suo solito mezzo sorriso. -
Credo che in questo momento lei corra più pericoli di me, Woolwich. Adam
annuisce. Uno strano torpore lo sta invadendo. -
Sì, credo che vogliano farmi fuori. Magari sono gli stessi… Adam
non riesce a completare la frase. C’è qualche cosa che non va. Chiude gli
occhi. Li riapre. La stanza sembra oscillare e Thomas sorride. -
Lei è troppo curioso, Woolwich. Adam
capisce, di colpo. Nel vino c’è un veleno. Thomas lo ha avvelenato. Il
pensiero che Thomas sia tra quelli che vogliono la sua morte è una lama che
gli squarcia il cuore, molto più dolorosa della coscienza che è arrivata la
fine. Thomas è un negriero. Thomas, l’uomo che ama. Thomas lo uccide, come
aveva previsto il myal. Adam cerca di soffocare la sofferenza nella rabbia: - E
lei… è un fot… tuto figlio… di putta…na, Hardy. Thomas
ha una mezza risata roca. -
Gliel’avevo detto. Adam
solleva una mano, che ricade. Sprofonda in un dolore senza fine. Si aggrappa
al tavolo per non cadere. Thomas è in piedi accanto a lui. Poi tutto
scompare. Thomas
bussa alla parete destra della stanza: tre colpi, poi una pausa e di nuovo
tre colpi. Poco dopo la porta si apre ed entra Robert, che lancia un’occhiata
al corpo steso a terra e sorride. -
Hai già fatto tutto, a quel che vedo. -
Sì, adesso bisogna occuparsi del cadavere. - Lo
faccio sparire. -
No, lo devono ritrovare. Thomas
ha finito di sistemare legna sul cadavere. Guarda la catasta e scuote la
testa. Non è pentito di quello che ha fatto, sa che non c’era altra strada,
ma non ne è contento. Quello che sta facendo è un lavoro di merda, lo sapeva
fin dall’inizio, ma non pensava di dover giungere a questo punto. In guerra
ha sempre affrontato i nemici a viso aperto, in uno scontro alla pari, non è
abituato a uccidere a tradimento. Thomas
si china e accende il fuoco. Si allontana rapidamente: anche se il posto è
isolato, qualcuno potrebbe essere attirato dalle fiamme. Dopo aver percorso
due miglia, prende una grossa pietra e la infila nel sacco che porta con sé,
senza guardare ciò che ci ha già messo. Anche questo… Ma era necessario. Getta
il sacco in una pozza profonda. Raggiunge il suo cavallo, sale e si dirige
nella casa dove Daniel gli ha dato appuntamento. Appena
arriva, Daniel chiede: -
Tutto a posto? Ci siete riusciti? -
Sì, fatto. Mi sono occupato personalmente della faccenda e ti posso garantire
che non sentirai più parlare di quel fottuto giornalista. Non da vivo,
almeno. Da morto credo proprio che se ne parlerà e anche parecchio. -
Non avete fatto scomparire il cadavere? -
No, l’abbiamo lasciato in un posto dove lo ritroveranno. -
Non era meglio gettarlo in acqua con una pietra? Faranno un sacco di casino a
Londra, per un altro fottuto giornalista ammazzato. Ci romperanno i coglioni. Thomas
alza le spalle. -
Quello lo faranno in ogni caso. Pensi davvero che se Woolwich fosse soltanto
scomparso, cambierebbe qualche cosa? Meglio mandare un messaggio chiaro. E
direi che l’ho fatto. Thomas
sorride, il suo mezzo sorriso sempre uguale. - Va
bene. Io l’avrei fatto scomparire, ma va bene così. Il
mattino successivo David, il garzone della locanda dove alloggiava Adam,
entra nell’ufficio di Greyland, il proprietario, e lo guarda, stralunato.
Sembra incapace di profferire parola. -
Che hai, David? Hai visto un morto? -
Hanno trovato il cadavere del giornalista, il signor Woolwich. Lo hanno… Dio
mio! David
si porta le mani al viso, poi corre fuori. Fa appena in tempo ad arrivare
alla porta, che comincia a vomitare. Greyland
raggiunge David. -
Che cazzo è successo? David
è pallidissimo. -
L’hanno ammazzato, gli hanno tagliato le mani… lo hanno… David
si volta e ha un altro conato di vomito, ma non esce più nulla. Scuote la
testa. Ha le lacrime agli occhi. Greyland
chiede: -
Lascia perdere. Come l’hai saputo? David
scuote la testa, poi riesce a dire: - La
taverna. Il re di quadri. Greyland
annuisce. -
Vatti a stendere un momento David. Uscendo
dalla locanda, Greyland dice alla serva di pulire dove David ha vomitato.
Arriva alla taverna. Non ha bisogno di chiedere chi ha visto qualche cosa,
perché i clienti del Re di quadri sono tutti intorno a un uomo che sta
raccontando e gli pongono domande. - Il
cadavere è mezzo carbonizzato. Se non era per gli abiti, che gli avevano
tolto e hanno abbandonato lì vicino, con il cazzo che lo riconoscevano. - Ma
l’hai visto? - Ti
dico che ero là quando sono arrivati i soldati. C’erano gli abiti accatastati
di fianco e il corpo bruciato. Lo avevano coperto di legna, perché bruciasse
meglio. - Ma
prima… davvero gli hanno fatto… Non ci credo. - Ti
dico che l’ho visto io. Mi sono avvicinato. Gli hanno tagliato le mani,
l’uccello e le palle. E poi hanno dato fuoco al corpo. -
Sono bestie, non uomini. -
Quello era troppo curioso. |
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