11. L’impiccagione

 

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Nella fattoria dei Goldberg l’agitazione della notte si è calmata. Nella casa ora c’è silenzio. Alcuni riposano, per recuperare il sonno perso, e chi si muove lo fa in silenzio, per non disturbare chi dorme.

Il bambino è nato. Non è stato un parto difficile, ma il travaglio è durato a lungo e Fanny è affaticata. Ora riposa.

Frank Miller bussa alla porta. Quando gli viene detto di entrare, apre e avanza sorridendo.

- Ottime notizie anche per lei, signor Woolwich: oggi torna in libertà.

Frank è rilassato e sereno. Adam invece è irritato e non nasconde il suo nervosismo.

- Spero che mi spiegherà perché cazzo mi ha tenuto prigioniero qui.

In un'altra situazione forse Adam non si esprimerebbe così con Frank, ma non ne può più.

Frank sorride.

- Ho già cercato di spiegarle, ma lei non mi sembra intenzionato a capire.

Adam scuote la testa. È esasperato.

- Ho capito, ho accettato le sue spiegazioni, se così si possono chiamare, anche se non spiegano un cazzo. Ho accettato le sue condizioni. Sono rimasto qui come prigioniero senza farmi vedere da nessuno, ma adesso vorrei avere una spiegazione che sia davvero tale.

- Come le ho detto, hanno cercato di ucciderla due volte e qualcuno ha rischiato grosso per salvarla in entrambe le occasioni. Se si fosse scoperto che lei era ancora vivo, il suo salvatore avrebbe fatto una brutta fine e la banda che gestiva il traffico di schiavi non sarebbe stata sgominata. Adesso che tutto si è concluso ritorna libero. Oggi avremo il piacere di averla a tavola con noi.

- Vedo che le spiegazioni non sono il suo forte, signor Miller.

Miller ride:

- Dopo pranzo arriverà mio suocero, con l’uomo che l’ha salvata. E poiché è stato lui a permettere la cattura dei negrieri, avrà di prima mano tutte le notizie che le servono per il suo giornale. Mio suocero le darà altri dettagli. E spero che ci perdonerà per questa prigionia, che è stata pesante per lei, ma ha messo molto a disagio anche noi: ci siamo sentiti tutti in colpa, anche se non c’era altra soluzione. Ora può fare un giro, andare a cavallo, bagnarsi in un torrente: tutto quello che vuole. Non corre più rischi.

La prospettiva non è spiacevole, dopo questi giorni in cui Adam è rimasto chiuso in una stanza, vedendo solo i membri della famiglia. Ma Adam è ancora irritato e si limita a bofonchiare, poco convinto:

- Grazie.

Frank ride:

- Mi fa pensare che preferirebbe un incontro di pugilato con me.

Ad Adam sfugge un sorriso.

- Le dirò che non mi spiacerebbe.

- Per potermi picchiare. Lo so. Capisco il suo punto di vista. Se vuole lo facciamo, ma non colpisca troppo pesante: non vorrei che mio figlio si ritrovasse orfano il giorno della nascita.

Adam ride.

- Lasciamo perdere. Ma solo per suo figlio. Farò un giro a cavallo.

- Prenda Black Star. Ha giusto bisogno di essere cavalcata un po’.

 

Adam è contento di uscire. Decide di andare al torrente, dove si è bagnato alcune volte con Martin e anche con Frank durante la sua prima visita alla fattoria. Ma il pensiero ritorna continuamente a ciò che è successo e che Adam non sa spiegare. Ricorda che Thomas Hardy gli ha fatto bere un sonnifero. Allora ha pensato che fosse un veleno, ma se così fosse stato, sarebbe morto.

Che cosa è successo poi? Adam ricorda di essersi risvegliato legato e imbavagliato, in uno spazio oscuro, in movimento: un carro, come ha scoperto poi, in cui era nascosto. Un viaggio infernale, in cui gli hanno dato da bere due volte e gli hanno permesso di pisciare. E infine sono arrivati alla fattoria, dove Richard Goldberg e Frank si sono scusati con lui e gli hanno chiesto la promessa di non uscire dalla camera e non farsi vedere per nessuna ragione, per evitare di mettere in pericolo se stesso e questo fantomatico salvatore.

In questi dieci giorni Frank, Martin e Fanny sono passati regolarmente a trovarlo. Martin e Fanny hanno trascorso molte ore con lui, ma entrambi ignoravano i motivi della sua prigionia. Frank li conosceva, ma ha scelto di non dire niente.

Adam vorrebbe capire. Frank gli ha parlato di qualcuno che lo ha salvato due volte. È Thomas stesso, che si è pentito all’ultimo minuto o che, più probabilmente, fin dall’inizio non mirava a ucciderlo, ma soltanto addormentarlo per poterlo allontanare da Kingston? L’idea che Thomas non volesse avvelenarlo, ma solo salvarlo è quella che suscita meno sofferenza. Oppure è qualcuno che è intervenuto per salvarlo da Thomas, quando lui aveva già perso i sensi? In questo caso Adam non sa chi potrebbe essere.

E il secondo salvataggio a cui hanno accennato sia Goldberg, sia Frank? Probabilmente dev’essere avvenuto la sera in cui hanno ucciso un uomo a pochi passi da lui. Forse quell’uomo voleva ucciderlo. Adam se l’era ritrovato alle sue spalle.

E c’è un’altra domanda che ritorna ossessiva: che ne è di Thomas? Lavora davvero per i negrieri? Perché Adam sa di essere ancora innamorato di lui. Per Thomas sarebbe meglio essere rimasto ucciso in qualche scontro, piuttosto che finire impiccato come negriero. Ma l’idea che Thomas possa essere morto gli è intollerabile, come l’idea che sia ancora vivo e rischi di venire condannato a morte.

 

Quando, poco dopo pranzo, Goldberg arriva con Thomas Hardy, Adam prova un senso di sollievo infinito. Goldberg gli dice:

- Ecco l’uomo che l’ha salvata due volte.

- Lei, Hardy!? Cazzo! Cazzo!

Thomas sorride. Lo stupore di Adam lo diverte, ma il luccichio che gli vede negli occhi gli fa capire che Adam nasconde le sue emozioni più profonde.

- Signor Woolwich, mi devo scusare se con lei ho usato procedure un po’ irregolari, ma la sua vita era in pericolo e non avevo alternativa: o lasciare che la uccidessero o salvarla, ma farla credere morto.

- Mi ha dato un sonnifero…

- Sì, dovevo farle perdere i sensi. Il mio complice doveva crederla morto, perché non sospettasse nulla. E poi ha preso il suo posto.

- Ha preso il mio posto? In che senso?

- L’ho ucciso e ho fatto credere che fosse lei.

- Ma come ha fatto?

- Mettendogli vicino i suoi vestiti, tagliandogli le mani, perché una aveva due dita mozzate, e bruciando il corpo, in modo che nessuno potesse riconoscere i suoi lineamenti.

Goldberg osserva, con un ghigno:

- E facendo anche alcune altre cose, che senza dubbio i lettori del suo giornale vorranno sapere.

Thomas fa un gesto, come a scacciare una mosca fastidiosa.

- Non mi sono divertito, per nulla, ma doveva apparire uno sfregio. Non potevo limitarmi alle mani, Hotwell e Lablanc avrebbe potuto sospettare.

- Lablanc?

- Era lui l'organizzatore della tratta.

- Cazzo! Questa, poi!

Adam scuote la testa, incredulo. È stato ospite di Lablanc, ha scopato con lui e ora viene a sapere che era lui l’uomo di cui cercava di scoprire l’identità. Adam chiede.

- Che ne è di lui?

- È morto.

Thomas esita un attimo, poi aggiunge:

- Ha cercato di uccidermi quando ha scoperto come stavano le cose e ho dovuto sparargli.

Adam annuisce. Ora che finalmente può avere risposta, mille domande gli si affollano in testa:

- E l’altro salvataggio?

Thomas guarda Goldberg e scuote la testa:

- Lei non sa proprio stare zitto!

Goldberg ride di nuovo:

- Ha a che fare con un giornalista, deve dargli tutti i dettagli, altrimenti i lettori penseranno che non è ben informato.

Thomas scuote la testa e si rivolge ad Adam:

- Ci fu un altro tentativo di ucciderla, qualche sera prima, ma io sparai al sicario.

- L’uomo che trovarono morto quella sera in cui sentii lo sparo nel vicolo. Cazzo, Thomas! Mi hai fatto da angelo custode.

Adam è passato al tu, senza badarci. Aggiunge:

- Ma adesso voglio sapere. Credo di averne diritto, dopo che sono stato tenuto prigioniero.

È Richard Goldberg a rispondere:

- Sì, credo che ne abbia il diritto. Partirò dal principio. Lei sa che il giornalista ucciso qui alla Giamaica circa un anno fa era il figlio del proprietario del Morning. I Doane sono una delle famiglie più ricche di New York e il padre non intendeva certo lasciare invendicata la morte del figlio. Due uomini si occuparono di investigare sull’omicidio. Ottennero alcuni risultati importanti: in primo luogo confermarono che l’assassinio era legato alla piccola tratta, quella da Haiti a New Orleans; poi scoprirono i nomi di alcune persone implicate, tra cui quello di un uomo di Londra che aveva reclutato Jacques La Mort; infine trovarono una lista dei finanziatori della tratta.

Goldberg si ferma e rivolge uno sguardo interrogativo a Thomas, che annuisce.

- Gli dica pure la verità.

Goldberg prosegue:

- Tra i finanziatori che avevano investito i loro capitali in questa impresa, vi era il padre del signor Hardy. Questo ci servì in seguito.

Adam lo interrompe:

- “Ci” servì? Lei che ruolo ha in questa faccenda?

- La mia famiglia è imparentata con i Doane: Gerald Doane era un nipote di mia moglie. I Doane fecero riferimento a me per avere qualcuno nell’isola che li aiutasse a scoprire la verità. Solo io e i colonnelli Brown e Fitzroy eravamo informati del ruolo del tenente Hardy.

Adam annuisce. Goldberg riprende:

- I due investigatori non riuscirono a scoprire l’identità dell’organizzatore della tratta. Le autorità avevano sperato che la rivelasse Jacques La Mort, ma questi era rimasto ucciso nell’attacco alla Sirius, prima che il giovane Doane venisse assassinato. Decidemmo allora di trovare qualcuno che potesse infiltrarsi nella banda, prendendo il posto di La Mort, in modo da poter risalire al trafficante.

Adam si rivolge a Thomas.

- Quel qualcuno è stato lei, Thomas Hardy.

Goldberg conferma:

- Sì, era la persona adatta. Militare, coraggioso, onesto e sommerso dai debiti del padre, mi scuso se dico anche questo, tenente Hardy. Il fatto di essere il figlio di un uomo che aveva investito nella tratta rendeva più credibile la sua richiesta di entrare nell’affare, per recuperare quanto il padre aveva perso. Per metterlo alla prova, gli proposi di diventare negriero e mancò poco, pochissimo, che non mi saltasse al collo. Vero, signor Hardy?

Thomas sorride e annuisce:

- Sì, è vero. Se avesse insistito ancora, invece di limitarmi a metterla alla porta, credo che le avrei spaccato la faccia. Ha rischiato grosso.

- Capii di aver trovato la persona giusta e gli spiegai il suo ruolo. Accettò.

Goldberg si alza.

- Adesso però la lascio con il suo salvatore. Può davvero ringraziarlo: si è assunto rischi non da poco per evitare che venisse ucciso. Rimango a sua disposizione per qualunque chiarimento: come ha giustamente detto, glielo devo per averla tenuta prigioniero tutto questo tempo.

Adam ride. Adam è felice. Guarda Thomas e pensa che lo ama, che è davvero l’uomo che ha sempre pensato che fosse e che adesso potranno amarsi tranquillamente. Ma Thomas lo ama? Thomas l’ha salvato due volte, ma questo non vuol dire molto: Thomas è generoso. Sulla nave hanno scopato più volte, ma…

Adam si dice che avranno modo di parlarne.

Più tardi Adam e Thomas passeggiano da soli nella tenuta. Adam si è fatto raccontare tutti i dettagli che riporterà nei suoi articoli, ma adesso ci sono domande più personali, a cui vorrebbe una risposta.

- Non ti chiedo perché non mi hai raccontato che cosa venivi a fare: è naturale che dovessi essere molto prudente.

- Neanche tu mi hai raccontato la verità, perché non sei venuto qui solo per un’inchiesta sulla vita nelle piantagioni. O mi sbaglio?

- Non ti sbagli, Thomas. E credo che non sia necessario spiegarti i miei motivi.

- No, infatti.

- Ma tu sembravi molto contrariato. Non eri contento di questo compito.

- No, infatti, non lo ero per nulla. Non mi piaceva l’idea di mentire, di fingere di essere quello che non sono, di colpire alle spalle. Te lo dico sinceramente: nulla di ciò che ho fatto qui mi piace.

- Neanche aver salvato me?

Thomas scuote la testa.

- Neanche quello. È lo stesso discorso che vale per tutto il resto. Salvarti era importantissimo, ma ho ucciso due uomini a tradimento e questo non mi è piaciuto.

- Erano due assassini.

- Sì, lo so.

- E hai permesso di sgominare la tratta.

- Sì, l’obiettivo era giusto, ma i mezzi mi ripugnavano, Adam.

È la prima volta che Thomas lo chiama Adam da quando l’Argus è arrivata alla Giamaica ed è bellissimo sentirlo pronunciare il suo nome. Adam si volta a guardare i fiori del mahoe, per nascondere l’emozione che prova. Poi scuote la testa e dice:

- Quando siamo scesi dalla nave… cazzo! Thomas, mi hai liquidato…

- Non volevo metterti in pericolo. Vicino a me lo saresti stato, Adam.

Adam guarda Thomas. Vorrebbe dirgli di amarlo, ma ora ha paura. Mormora:

- Mi piaci quando mi chiami Adam.

- È un bel nome, Adam. È davvero un bel nome ed è adatto a te.

- E perché mai?

- Perché in Adam c’è tutta l’innocenza del giardino dell’Eden.

Adam scuote la testa e ride.

- Dopo quello che abbiamo fatto sulla nave…

- È esattamente quello che voglio dire. C’è in te una purezza, che gli uomini di solito hanno perso. Tu hai l’innocenza primordiale, in cui i giochi del piacere non avevano un retaggio di peccato, vergogna, sensi di colpa e altre stupidaggini. È qualche cosa che mi ha colpito subito in te: l’assoluta naturalezza di ciò che è naturale, la serenità...

Adam guarda Thomas e di colpo si rende conto di avere le lacrime agli occhi. Thomas se ne accorge:

- Che cosa succede, Adam?

Adam scuote la testa.

- Grazie, Thomas.

- Per averti salvato? L’avresti fatto anche tu al mio posto.

- Non per quello.

- Per che cosa?

- Di esserci.

Thomas non dice nulla. Con due dita accarezza la fronte e i capelli di Adam. Non possono fare altro, ora: non sono lontano dalla casa, ci sono diverse persone che potrebbero vederli. Ma a questo piccolo gesto di intimità, Adam ha sentito il cuore prendere a battere all’impazzata.

Adam sorride e dice:

- Vorrei… questa sera, Thomas, in camera tua o in camera mia… ne hai voglia?

- E me lo chiedi? Ho pensato molto a te in questo periodo, anche se speravo che tu mi dimenticassi.

- Dimenticarti? Thomas!

Thomas guarda lontano.

- Lablanc, Hotwell, tutti e due erano fortemente attratti da me. E sono morti entrambi. Non porto fortuna a chi mi vuole bene, Adam.

Adam ripensa alle parole del myal. Prende una mano di Thomas e la stringe.

 

Dopo cena Adam vorrebbe salire subito in camera con Thomas, ma non vuole mostrarsi scortese nei confronti dei Goldberg, per cui lui e Thomas rimangono a chiacchierare con gli altri. Per fortuna sono tutti piuttosto stanchi: Richard è appena tornato da Kingston; la signora Goldberg e Frank sono rimasti svegli buona parte della notte precedente per il parto di Fanny. I Goldberg si ritirano presto. Thomas e Adam raggiungono le loro camere, che sono vicine.

Adam apre la porta della sua stanza e dice:

- Vieni da me, Thomas.

Thomas entra. Adam chiude la porta e vi si appoggia. Ha l’impressione di non riuscire a stare in piedi. Thomas gli sorride, gli si avvicina, gli prende il viso tra le mani e lo bacia sulla bocca. Adam schiude le labbra e la lingua di Thomas si fa avanti. Adam chiude gli occhi. Thomas lo sta baciando, le sue mani gli accarezzano il viso e ora scendono al torace, ai fianchi. Thomas… il corpo che preme contro il suo, mentre si baciano appassionatamente, è quello di Thomas. Thomas lo desidera, Thomas lo ha salvato due volte, Thomas, Thomas, Thomas…

Thomas sfila la camicia di Adam, poi gli abbassa i pantaloni e le mutande. Lo stringe nuovamente, le sue mani gli afferrano il culo, poi risalgono in una carezza. Thomas lo desidera, Thomas lo ama, non glielo ha detto, ma lo ama. Hanno rischiato entrambi la vita, ma ora sono insieme e sono liberi. Le oscure minacce dei myal non hanno importanza, ormai non esistono più pericoli, ormai possono amarsi liberamente.

Adam incomincia a spogliare Thomas. Gli toglie la camicia e le sue dita accarezzano le cicatrici, poi aprono la fibbia della cintura e abbassano pantaloni e mutande con un unico movimento. Adam guarda il cazzo di Thomas, che si drizza, rigido e forte. Adam scivola in ginocchio. Ora lo guarda, a una spanna dal viso. Avvicina la bocca e le labbra lo avvolgono. Adam ne sente il gusto, il calore, la consistenza, l’odore.

Thomas gli accarezza la testa, gli scompiglia i capelli. Adam succhia la cappella. Thomas lo lascia fare. Si china su di lui e le sue mani scorrono lungo la schiena di Adam, raggiungono il culo, due dita scivolano lungo il solco. Adam lascia la presa. Mormora:

- Thomas.

Thomas lo fa alzare. Lo bacia ancora, mentre una mano gli accarezza il cazzo e l’altra scivola sul culo. Adam sente il desiderio stringerlo in una morsa. Quando la bocca di Thomas si stacca dalla sua, sussurra:

- Prendimi, Thomas.

Thomas annuisce. Gli prende una mano e lo guida al letto. Adam si stende prono, allargando le gambe. Thomas si mette su di lui. Gli bacia il collo, gli morde una spalla, gli passa la lingua lungo la schiena e poi tra le natiche.

- Thomas.

E infine Adam sente il cazzo di Thomas premere contro l’apertura e lentamente entrare dentro di lui.

 

Due giorni dopo Adam e Thomas prendono congedo dai Goldberg e partono per Kingston, dove contano di organizzare il viaggio di ritorno a Londra. Martin li accompagna: suo padre gli ha affidato alcune incombenze da svolgere a Spanish Town e a Kingston e Martin è ben contento di stare ancora un po’ con Adam, che considera un amico, e con Thomas, che è curioso di conoscere meglio.

A Kingston scoprono che dieci giorni dopo partirà per Londra una nave che trasporta anche passeggeri. Adam e Thomas trovano una cabina doppia: l’ideale per loro. Adam è felice all’idea di viaggiare con Thomas fino a Londra, di svegliarsi con lui ogni mattina, di addormentarsi vicino a lui ogni sera, di scopare con lui ogni volta che ne hanno voglia.

Martin decide di fermarsi a Kingston con Thomas e Adam fino alla loro partenza.

Il giorno stesso del loro arrivo, Thomas, Adam e Martin ricevono dal comandante della guarnigione l’invito ad assistere all’esecuzione di Elijah: Elijah è già stato condannato a morte quando è stato catturato la prima volta e un nuovo processo non serve. La sentenza verrà eseguita il giorno seguente e l’impiccagione non sarà pubblica, ma si terrà all’interno del forte: in questo periodo di forti tensioni tra gli schiavi, il comandante non vuole che l’esecuzione di un nero diventi pretesto per nuovi disordini.

Adam è contrario alla pena di morte e preferirebbe rifiutare l’invito, ma Thomas sceglie di andare: non ci tiene a vedere impiccare un uomo, ma rifiutare gli sembrerebbe scortese nei confronti del comandante.

 

Nella cella Elijah attende la morte. È sicuro che qualcuno ha tradito e sa che l’uomo per cui lavorava è stato ucciso. Dai brandelli di conversazione tra le guardie, sospetta che il responsabile sia l’uomo che avrebbe dovuto comandare la spedizione, Hardy.

Elijah sa che morirà domani, ma vuole vendicare la morte di Lablanc e la propria. Non può compiere nessun rito: non ha nulla di ciò che servirebbe. Ma domani scaglierà la sua maledizione su quell’uomo, che già suo padre maledisse alla sua nascita. E lo strumento della sua vendetta sarà il suo seme, quello che verserà quando la vita si spegnerà: il seme di un uomo impiccato può portare la morte.

 

Il mattino dopo, molto presto, Thomas, Adam e Martin raggiungono il forte. Nel cortile ci sono una ventina di spettatori, in maggioranza militari.

Il condannato esce da una porta e attraversa il cortile, accompagnato da quattro soldati. È a torso nudo e ha le mani legate dietro la schiena.

Elijah sale sul palco, spinto dai soldati. Non mostra traccia di paura.

Quando è in piedi sulla botola guarda gli spettatori che sono di fronte a lui. Vede Thomas e lo fissa. Nel suo sguardo si legge un odio implacabile.

Mentre il boia gli passa il cappio intorno al collo e lo stringe, Elijah incomincia a parlare, senza distogliere un attimo lo sguardo da Thomas. Thomas non capisce ciò che Elijah sta dicendo, coglie solo la parola "morte", ripetuta più volte. Thomas ha l’impressione che gli manchi il fiato. Elijah pronuncia parole che sembrano formule magiche. Quando, a un segnale del tenente Pyle, uno dei soldati aziona la botola ed Elijah cade fino a che la corda non lo blocca, le parole si perdono in un gorgoglio. Elijah ha un collo taurino e per un bel momento non si muove: sembra che la corda non stringa a sufficienza e il torace si solleva ancora nella respirazione. Elijah suda e goccioline di sudore gli scivolano dalla fronte fino alle spesse sopracciglia e lungo il petto muscoloso, lasciando una traccia che luccica al sole, fino a perdersi nel viluppo di peli del ventre che emerge dai pantaloni abbassati. Elijah fissa davanti a sé e il suo sguardo carico di odio sembra voler schiacciare Thomas.

Poi, la corda comincia a stringere, tirata dal peso del colosso, ed Elijah incomincia a respirare a fatica, ma si muove appena, piccole scosse che fanno oscillare lentamente la corda, come se avesse il singhiozzo. Agita quattro volte le gambe, allargandole, in un movimento rapido, ma poco accentuato. La bocca gli si apre, nello sforzo di respirare, e dall’angolo della bocca cola un po’ di saliva, che dal mento scivola sul torace. Poi i movimenti rallentano e si fermano. Elijah rimane immobile, lo sguardo fisso nel vuoto. Thomas si chiede se Elijah non sia già morto: possibile che un colosso come quello, con quel collo che pare il ceppo di un albero, sia crepato così, in pochi minuti? Eppure non dà segno di vita, dondolando appena leggermente, appeso alla corda che gli stringe il collo.

Ma mentre tutti fissano il corpo di Elijah e già due soldati, a un cenno dell’ufficiale, si stanno avvicinando al nero, di colpo la grande danza comincia. Con un movimento brusco Elijah ripiega le gambe davanti, sollevando le ginocchia fin quasi alla vita. Poi le lascia andare e si mette a scalciare come se cercasse di camminare nell’aria, spingendo una gamba avanti e una indietro. La folle corsa prosegue per diversi minuti e si interrompe solo quando Elijah piega le gambe una seconda volta sollevando le ginocchia, più in alto ancora della volta precedente, fino al torace, poi le lascia andare. Le gambe riprendono a muoversi in modo frenetico, ma questa volta allargandosi per una dozzina di volte, per poi richiudersi. Una terza volta le gambe si piegano insieme e si sollevano verso l’alto, ma solo fino all’altezza dell’ombelico. Poi ognuna prende a muoversi indipendentemente dall’altra: ora una gamba viene proiettata in avanti e l’altra indietro o una di lato e l’altra avanti. I movimenti diventano sempre più frenetici e scomposti: non è più una corsa, né un divaricarsi delle gambe, ma un disordinato susseguirsi di brevi scatti e movimenti più lunghi, in tutte le direzioni.

La grande danza di Elijah sembra interminabile. Il movimento rabbioso lo fa sudare abbondantemente e ora il petto e il viso sono ricoperti da una patina luccicante. Gocce di sudore schizzano dalla fronte e dal torace fino a terra, rigagnoli di sudore scorrono lungo il petto e l’addome fino ai pantaloni.

Il viso di Elijah comincia ad arrossarsi. Dalla bocca, aperta nello sforzo di respirare, l’abbondante saliva forma un ruscello che con una cascata dal mento raggiunge il torace. Elijah continua a dibattersi, scalciando disperatamente. C’è troppa energia vitale in quel corpo, ma la morte non molla la presa. Il sudore ora scende continuo lungo il torace e il ventre, impregnando i pantaloni, che nel movimento frenetico si sono abbassati. Anche il viso, sempre più rosso, è inondato di rivoli di sudore che si mescolano alla saliva. Gli occhi sembrano schizzare fuori dalle orbite e la lingua appare tra i denti.

Elijah scalcia ancora, ma con minore decisione di prima, anche se a tratti una sgroppata più violenta proietta una gamba verso l’esterno o in avanti. Dai pantaloni abbassati emerge il cazzo, rigido. Ad un certo punto il movimento di Elijah si arresta. C’è ancora un leggero ondeggiare, un sussulto del corpo, un fremito che lo percorreva tutto, poi l’immobilità: quest’agonia interminabile sembra essersi compiuta.

Thomas fa due passi in avanti. Non è una decisione: è un movimento impulsivo. Thomas avanza ancora. Adam lo guarda stupito.

Il corpo di Elijah si muove ancora. Si arcua leggermente all’indietro e dal cazzo il seme schizza in alto, per ricadere sul viso di Thomas. Thomas chiude gli occhi. Il mondo ondeggia paurosamente. Thomas perde i sensi e cade al suolo.

Martin Goldberg e Adam accorrono, mentre il corpo di Elijah si scuote ancora due volte, poi rimane immobile.

Adam e Martin hanno sollevato Thomas. Martin gli pulisce il viso. Thomas riapre gli occhi. Il capitano si è avvicinato.

- Tutto bene, tenente?

Thomas annuisce.

- Io... non so... mi scuso...

Il capitano annuisce, senza dire niente. Adam e Martin accompagnano Thomas a lavarsi. I soldati rimangono a guardare il cadavere di Elijah: il collo robusto che la corda ha allungato in modo grottesco; il viso congestionato, su cui spiccano in rilievo, alle tempie e in mezzo alla fronte, le vene gonfie di sangue; la lingua che sporge dalla bocca e sembra scura, di un colore quasi bluastro. Dal cazzo ora il piscio cola abbondante, scorre dai pantaloni inzuppati e scende a terra, formando una pozza.

 

Gli spettatori se ne vanno.

Greg Pyle fa togliere il cadavere. Di solito i corpi rimangono esposti a lungo, come monito per tutti i cittadini, ma in questo caso l’esecuzione è avvenuta all’interno del forte e lasciare il morto penzolare non avrebbe nessun senso. Pyle manda due soldati a scavare la fossa.

Durante la seconda prigionia di Elijah, il responsabile della sorveglianza era un altro ufficiale e Greg si è sempre tenuto alla larga dalla cella: voleva evitare di alimentare chiacchiere che già circolano. Greg desidera solo che le circostanze della fuga di Elijah siano dimenticate.

Greg guarda il cadavere appeso, il grande cazzo che sporge, i pantaloni inzuppati di piscio. Il desiderio si impadronisce di lui, è una forza che soffoca ogni altra. Vorrebbe recidere la corda e inculare ancora una volta questo maschio, ma non è possibile. 

Greg rimane a fissare il corpo di Elijah.

Quando i due soldati arrivano, ringhia:

- Quanto ci avete messo!

- Scusi, signor tenente, ma il prigioniero è grosso e abbiamo dovuto scavare parecchio.

- Calatelo.

Il corpo di Elijah viene deposto a terra e la corda tolta.

- Prendetelo per le braccia e portatelo alla fossa.

I due soldati afferrano i polsi di Elijah e trascinano il cadavere. Greg li segue. Per l’attrito con il terreno i pantaloni del morto si abbassano, scoprendo completamente il culo. Greg sorride.

Giunti alla fossa, uno dei soldati si china per rimettere a posto i pantaloni del morto, ma Greg dice:

- Lascia stare. Questo pezzo di merda potete buttarlo così, tanto…

Greg alza le spalle. Gli uomini trascinano Elijah a fianco della fossa e poi uno dei due con un calcio lo fa rotolare dentro. Il cadavere cade a faccia in giù. Greg guarda il culo.

I soldati incominciano a gettare la terra sul corpo.

Greg guarda il cadavere scomparire sotto le palate, poi raggiunge la propria camera. Chiude la porta. Si spoglia rapidamente e si stende sul letto. Incomincia ad accarezzarsi il cazzo, mentre nella mente rivede il culo di Elijah.

 

Thomas, Martin e Adam lasciano la fortezza e raggiungono una taverna. Thomas è ancora molto scosso, ma si sta riprendendo.

- Non so che cosa mi sia preso. Era come... come se mi chiamasse. E io non riuscivo a dire di no...

Martin annuisce:

- Quell'uomo era un obeah e aveva molto potere.

- Un obeah?

- Diciamo uno stregone. Forse lei non crede a queste pratiche e penso che anch'io se vivessi a Londra non ci crederei, ma qui ho visto cose...

Martin scuote la testa e aggiunge:

- Non avrebbe dovuto assistere all'esecuzione, Hardy.

- Il capitano mi aveva invitato. Non pensavo...

La giornata trascorre senza che accada nulla di notevole, ma Adam si rende conto che Thomas è molto turbato, anche se lo nasconde, e che Martin appare preoccupato. Adam non darebbe peso a ciò che è avvenuto, ma dopo la sua esperienza con i myal non sa bene che cosa pensare.

La sera Adam vorrebbe fare l’amore, ma Thomas appare molto provato e Adam non dice nulla.

Thomas si corica presto, ma si addormenta molto tardi. Ed Elijah ritorna nei suoi sogni. Thomas assiste nuovamente all’esecuzione, vede il nero che sta danzando appeso al cappio. Ma Elijah ha liberato le mani e ora non è più appeso: con la corda ancora al collo, avanza verso Thomas, che non può muoversi. Elijah è davanti a lui, gli occhi che sporgono, iniettati di sangue, la bocca aperta, la saliva che cola da un angolo. Elijah mette le mani intorno al collo di Thomas, che sente il fiato mancargli. Thomas cerca di allontanare le dita che stringono, ma è impossibile. Thomas cerca di urlare, ma non ha più fiato.

Thomas si sveglia urlando. È stato un incubo, solo un incubo.

È quasi mattina quando Thomas riesce a riprendere sonno. Nel sogno è sera e Thomas cammina in una terra priva di vegetazione. Avanza a fatica, perché a ogni passo gli sembra di sprofondare. Thomas capisce di trovarsi in un cimitero. Vorrebbe tornare indietro, ma non può. Sa che Elijah è sepolto in una delle tombe che si aprono intorno a lui. Ogni tomba è una fossa che non è stata richiusa. Thomas avanza ancora, ma ormai sprofonda fino al ginocchio. Davanti a lui c’è una tomba profonda e una mano scura, ancora sporca di terra, si appoggia sull’orlo della fossa. Thomas sa che è Elijah. Non riesce più a muoversi. Guarda Elijah che emerge dalla fossa, nudo, il grande cazzo gonfio di sangue, tutto sporco di terra. Elijah non ha più gli occhi, ma ride, mentre avanza, le mani protese verso Thomas.

Thomas sente che il fiato gli manca. Thomas urla e si sveglia in un lago di sudore. Sta rabbrividendo.

 

Thomas scende per fare colazione. Goldberg arriva poco dopo.

- Hardy, che le succede? È molto pallido.

Thomas alza le spalle.

- Niente di particolare. Una notte di incubi che mi hanno impedito di riprendere sonno.

Goldberg lo guarda, poi chiede, piano:

- Ha sognato il negro, vero? Il Toro.

Thomas fissa Martin, interdetto. Come ha fatto a capire? Risponde:

- Sì, due volte.

- E in quei due sogni le capitava qualche cosa di terribile, vero?

Thomas è a disagio.

- Sì, ma non è niente di particolare. Sono solo le tensioni di questi ultimi mesi e l’esecuzione, ieri.

Goldberg scuote la testa.

- Hardy, quell’uomo ha lanciato una maledizione su di lei. I suoi incubi non sono un caso.

- Goldberg, non credo a queste cose.

Martin sorride:

- Già, lei è un uomo razionale. Purtroppo la ragione non è uno strumento sufficiente per capire ciò che accade qui. Hardy, mi scusi se glielo dico: non sottovaluti ciò che sta succedendo. Se questi incubi continueranno, occorrerà intervenire, con strumenti che lei giudicherà assurdi, ma sono gli unici che possono servire.

Thomas è perplesso. È convinto che gli incubi siano solo la conseguenza di un periodo di tensioni, culminato nella giornata di ieri: nelle prossime notti recupererà il sonno perso.

Si limita a dire:

- Non dica nulla ad Adam. Non voglio che si preoccupi.

Per tutto il giorno Thomas è stanco e nervoso. Adam intuisce che qualche cosa non va e chiede, ma Thomas dice solo di aver dormito male.

Nelle due notti seguenti gli incubi ritornano, sempre più frequenti e violenti. Thomas dorme pochissimo e le sue condizioni peggiorano rapidamente.

- Hardy, bisogna intervenire.

Thomas non vorrebbe, ma anche Adam insiste.

- Thomas, sei sconvolto. Non ha senso andare avanti così.

Thomas scuote la testa, ma chiede, rassegnato:

- Che cosa penserebbe di fare, Goldberg?

- Venite con me alla fattoria. Parleremo con il myal.

- Rischiamo di perdere la nave.

- Partiamo subito. Vedremo che cosa dice il myal. Il tempo per andare e tornare c’è.

È Adam a rispondere:

- Prepariamo subito i bagagli. Possiamo lasciare qui quello che non ci serve.

Thomas lo guarda, scuote di nuovo il capo e dice:

- E va bene.

La sera stessa del loro arrivo si tiene la cerimonia richiesta da Martin. Oltre a Thomas ci sono solo Adam e Martin.

I due assistenti del myal hanno preparato l’occorrente: una torcia per illuminare, un braciere con un piccolo fuoco, un bacile con l’acqua.

Thomas si siede tra il braciere, che è stato accesso, e il bacile. Adam e Martin rimangono indietro. Il myal viene a sedersi ai piedi del guaiaco. Fissa a lungo Thomas, senza dire nulla.

Il myal ordina a Thomas di togliersi la camicia. Thomas esegue. Il myal prende dal braciere un ramo acceso e traccia un cerchio nell’aria, intorno al viso di Thomas. La fiamma sfiora i capelli e il mento.

Il myal prende il bacile e spegne il fuoco versandovi sopra un po’ d’acqua. Il fumo che si alza è scuro e denso e sembra avvolgere Thomas. Adam si chiede come sia possibile che da quel piccolo fuoco ora si sprigioni tanto fumo.

Il myal prende un po’ di cenere e traccia cinque croci: sulla fronte, sul collo, sul torace all’altezza del cuore, alla base dello sterno e sul ventre. Scuote la testa.

Prende il bacile e getta l’acqua su Thomas, che chiude gli occhi. Poi il myal guarda Thomas attentamente e parla. Thomas non capisce ciò che l’uomo dice, ad eccezione della parola morte, che ricorre molte volte.

Il fumo è sempre più denso. Thomas tossisce. Il myal stende il braccio. Thomas scivola a terra. Il myal si alza e si allontana.

Martin e Adam si avvicinano e guardano Thomas. Le cinque croci sono tutte perfettamente visibili. Adam rabbrividisce.

Thomas si alza. Si sente intorpidito. Fa fatica a muoversi. Guarda Martin interrogativamente.

- Andiamo alla casa, Hardy. Dobbiamo parlarne con calma.

Thomas prende la camicia e si dirigono all’abitazione padronale.

Thomas si infila la camicia. Adam guarda le croci sul collo e sulla fronte. Si rende conto che la sola vista lo angoscia.

- Forse è meglio che ti lavi, Thomas.

Thomas non capisce. Martin spiega:

- Se vuole può togliersi le croci che il myal ha tracciato.

Thomas annuisce. Lancia un’occhiata ad Adam e sale in camera a lavarsi.

Adam guarda Martin.

- Martin…

Non riesce a continuare. Un senso di angoscia lo schiaccia. Martin dice solo:

- Interverremo, Adam.

Thomas ritorna e chiede:

- Allora, Goldberg?

- La maledizione del Toro non va sottovalutata. È un pericolo mortale. Può essere allontanato solo da una cerimonia, in cui qualcuno dovrà vegliare su di lei, proteggendola. Non è un rito semplice e il myal che è qui non ha il potere necessario per eseguirlo. Bisogna rivolgersi al myal delle Blue Mountains.

- Questo significherebbe altro tempo e perdere la nave.

- Ci sono altre navi, Hardy. Andarsene dalla Giamaica non le permetterà di sfuggire alla maledizione. Partecipi a queste cerimonia. È l’unica via.

Thomas è incerto. Adam insiste:

- Fallo, Thomas.

Goldberg dice ancora:

- Qualcuno deve accompagnarla e vegliare su di lei. Posso farlo io.

Adam interviene

- Lo posso fare io, l’ho già fatto una volta. Voglio dire: ho già partecipato a una cerimonia con quel myal. Thomas, non puoi continuare così.

Thomas annuisce.

- Va bene.

Thomas sale a coricarsi. Come ogni notte ormai il pensiero di addormentarsi lo fa rabbrividire, ma forse la cerimonia che Martin organizzerà permetterà di allontanare gli incubi.

Non è molto che Thomas è addormentato quando l’incubo ritorna. Come altre volte Elijah avanza verso di lui. C’è molto sangue intorno alla sua bocca. In ognuna delle mani Elijah stringe qualche cosa. Quando è a pochi passi da lui Elijah lancia i due oggetti ai piedi di Thomas. Sono le teste di Adam e di Martin.

Thomas si sveglia urlando. È la prima volta che altri sono coinvolti nei sogni in cui appare Elijah. Thomas si siede su una poltrona. Anche se è esausto, non intende cercare di dormire ancora.

Il mattino dopo parla a Martin.

- Non organizzi nessuna cerimonia. Non voglio che né lei, né Adam corriate dei rischi per me.

Martin lo guarda.

- Hardy, è necessario.

- No, non voglio. Non voglio. Tornerò in Inghilterra. Il cambiamento di ambiente scaccerà questi incubi.

Adam scende poco dopo. Si accorge subito che qualche cosa non va.

- Che cosa è successo, Thomas?

- Niente, ma non si farà nessuna cerimonia. Torniamo a Londra, Adam.

Martin scuote la testa.

- Hardy, lei non può continuare così.

Hardy sorride, un sorriso triste che Adam conosce bene.

- Me lo dite tutti e due. Non posso continuare così.

- Peggio di così, Thomas…

- Finché possiamo dire: “Questo è il peggio”, vuol dir che il peggio ancora può venire. Questo è dal Re Lear.

Adam chiude gli occhi. È esasperato. Non riesce a capire perché Thomas abbia cambiato idea.

Thomas è irremovibile.

Adam va a preparare il bagaglio. Martin parla ancora con Thomas.

- Questa sua decisione dipende da un incubo, vero, Hardy?

Thomas guarda Martin senza dire nulla.

- Lei ha sognato che succedeva qualche cosa anche a noi, vero?

Thomas annuisce.

- Sì, ha indovinato, Goldberg. E non voglio che altri corrano rischi.

- Non si lasci spaventare da questi incubi. Forse l’incubo che ha avuto questa notte voleva proprio scoraggiarla dallo svolgere la cerimonia che potrebbe salvarla.

- Può essere, ma non intendo mettere nessuno in pericolo.

- Non è detto che…

Thomas lo interrompe:

- Goldberg, lei può garantirmi che lei o Adam non correreste nessun pericolo?

Martin esita. Ha ben presente ciò che Adam gli ha raccontato della cerimonia sulle Blue Mountains. Sa che Adam correrebbe un rischio mortale.

- Non ci sono garanzie in queste situazioni.

- E allora non ne parliamo più. Goldberg, sarò molto chiaro con lei. So benissimo che rischio la vita, ma non intendo accettare che qualcun altro la rischi al mio posto.

Martin non dice più nulla. Sa che le parole sarebbero inutili. Mentre Adam e Thomas si preparano per la partenza, Martin si rivolge al myal.

- L’uomo che ha partecipato alla cerimonia ieri sera non vuole recarsi dal myal delle montagne, perché teme di mettere a rischio la vita di colui che lo accompagnerà.

Il myal annuisce.

- Sì, è così.

- Non c’è modo di intervenire, di impedire che la maledizione lo uccida?

- Solo il rito può salvarlo.

- Non vuole che rischiamo per lui.

- Non c’è altra via. Dovrà tornare qui.

- Ma vivrà abbastanza o la maledizione lo ucciderà prima?

- Tu vuoi che si salvi?

- Sì.

- Di’ all’altro uomo di venire da me. È lui che deve dare la sua vita.

Martin è angosciato. Non sa che cosa fare, ma ritiene di non avere il diritto di scegliere. Raggiunge Adam.

- Adam, rinunciando alla cerimonia, Hardy corre un pericolo mortale. Il myal mi ha detto che se vuoi salvarlo, devi andare da lui, dal myal. Ma…

Adam non lo lascia neppure finire:

- Vado subito.

- Adam, il myal ha detto anche che tu devi dare la tua vita.

Adam lo guarda e lentamente annuisce:

- Sì, lo ha detto anche il myal della Blue Mountains. Intendo farlo, purché possa salvarlo.

Adam si presenta al myal, che gli fa segno di inginocchiarsi. Quando è ai suoi piedi, il myal prende un coltello e recide una ciocca di capelli di Adam. Poi chiede:

- Sei disposto a morire per salvarlo?

- Sì.

Il myal annuisce e si allontana, tenendo in mano la ciocca di capelli recisi.

Tre giorni prima della partenza della nave Thomas e Adam sono a Kingston. Il comandante li invita a cena. Tutti notano che Thomas è fisicamente molto provato. Dopo cena, alcuni gli chiedono.

- Tenente Hardy, non sta bene?

- È un periodo in cui faccio fatica a dormire.

Thomas non direbbe niente, ma Adam interviene. Spera ancora che Thomas cambi idea. Adam racconta brevemente ciò che succede. Gli ufficiali sono molto scettici sulle cerimonie indigene, anche se due di loro, che sono alla Giamaica da più tempo, dicono di aver visto i myal guarire malati che nessun medico riusciva a curare.

Adam spiega che Thomas dovrebbe partecipare a una cerimonia, in cui qualcuno dovrebbe vegliare su di lui. Anche se sa che non avverrà, spera che qualcuno convinca Thomas a sottoporsi alla cerimonia insieme a lui.

Il tenente Greg Pyle ha seguito tutto il discorso. Gli sembra un’occasione per mettersi in buona luce e recuperare la stima dei suoi superiori. Adesso che Elijah è stato impiccato, la faccenda della fuga può essere dimenticata.

Greg si offre:

- Se vuole farlo, l’accompagnerò io, tenente Hardy.

- La ringrazio, ma non voglio mettere a rischio la vita di nessuno.

Greg insiste. Di fronte al rifiuto di Thomas, conclude:

- Se cambia idea, me lo faccia sapere.

Nella notte Thomas sogna di nuovo. Elijah appare, uscendo dalla tomba, ma tra lui e Thomas si frappone Greg Pyle. Elijah vorrebbe avanzare, ma non riesce ed è costretto a tornare nella tomba.

Thomas dorme tranquillo tutta la notte, come non gli accadeva dall’esecuzione di Elijah. Si sveglia tardi, riposato. Che cosa vuol dire il sogno?

Ci sono ancora due giorni prima della partenza della nave. Thomas si chiede che cosa fare. Adam si rende conto che Thomas appare meno affaticato e gli chiede se è riuscito a dormire. Thomas si limita a confermare di aver riposato bene, ma non racconta nulla del sogno.

Nel pomeriggio Greg Pyle passa a trovare Thomas. È sicuro che accompagnare Thomas sia un buon mezzo per far dimenticare quello che è successo. Perciò si dichiara disponibile a partecipare alla cerimonia e insiste perché Thomas accetti.

Thomas esita e dice che ci vuole pensare ancora un giorno.

Nella notte il sogno ritorna e nuovamente Greg Pyle si frappone tra Thomas ed Elijah. Il giorno dopo, quando Greg torna alla carica, Thomas dice:

- Accetto la sua proposta.

Adam è contento che Thomas abbia deciso di sottoporsi al rito: sa che è l’unico modo perché possa liberarsi dagli incubi che lo stanno uccidendo. Ma non capisce perché abbia deciso di farsi accompagnare da uno sconosciuto.

Thomas gli dice sinceramente:

- Nei sogni questo ufficiale compare e impedisce al Toro di avvicinarsi. Dormo tranquillo.

Adam annuisce.

- Va bene. Diciamo al comandante della nave che non partiremo.

- No, Adam, tu partirai. Non ha senso che tu rimanga qui. Ti cercherò al mio ritorno, Adam.

Adam preferirebbe aspettare che Thomas svolga la cerimonia, anche se sa che una sua ulteriore permanenza alla Giamaica potrebbe causargli qualche problema al giornale.

Tornare con Thomas liberato dai suoi incubi sarebbe stata una luna di miele, un amarsi senza problemi, senza ansie. E un tempo per progettare il futuro, perché Adam vuole un futuro con Thomas, una vita con lui.

Adam si sente ricacciato indietro. Sorride a fatica, mentre dice:

- Mi spiace che non torniamo insieme, ma non voglio impormi. Ti aspetto a Londra, Thomas.

Poi la paura ha il sopravvento e Adam chiede:

- Verrai, Thomas?

Thomas lo guarda serio:

- È quanto desidero, con tutto me stesso, Adam. Ma non dipende da me.

Thomas abbraccia Adam. Nessuno dei due dice nulla. Stretto tra le braccia di Thomas, per un momento Adam recupera la serenità, ma al momento di imbarcarsi sulla nave si sente sprofondare in una disperazione senza fine. 

 

Thomas e Greg accompagnano Martin fino alla fattoria dei Goldberg.

Martin parla con il myal. Dice che il suo amico ha accettato di sottoporsi alla cerimonia e che lo accompagnerà un ufficiale: bisogna prendere accordi con il myal delle Blue Mountains.

Thomas e Greg rimangono alcuni giorni alla fattoria, in attesa che il myal abbia organizzato il rito. Thomas è sereno: dorme bene la notte e quando l’incubo ritorna, Greg si frappone tra lui ed Elijah. Di giorno Greg e Thomas girano per la tenuta, ma Thomas si rende conto di avere ben poco in comune con il tenente, che gli appare molto limitato e pieno di pregiudizi. Sta molto più volentieri con Martin, di cui apprezza l’intelligenza e la cultura, con Frank, a cui si sente più affine per tanti aspetti, e con lo stesso Richard Goldberg. Come Adam, Thomas scopre in Fanny una donna di grande sensibilità e intelligenza. Anche la signora Goldberg, con cui non ha molte occasioni di parlare, gli fa un’impressione molto positiva.

Il giorno della partenza, Martin ringrazia il myal.

- Grazie. Spero che la cerimonia liberi il mio amico dagli incubi che lo tormentano.

Il myal scuote la testa.

- I sogni ingannano.

Martin rimane senza parole. Non ha mai raccontato al myal dei sogni che hanno indotto Thomas ad accettare la proposta del tenente Pyle. Ora si chiede se non avvisare Thomas e Pyle, ma il myal sembra leggere nei suoi pensieri.

- Ciò che deve compiersi avverrà. Non cercare di interferire, perché sarebbe inutile. Un’antica maledizione pesa e nulla può impedire che si realizzi.

A Martin Greg Pyle non piace: prova un’istintiva antipatia per quest’uomo, ma non se la sente di lasciarlo andare a morire senza avvisarlo. Decide di parlargli, in un momento in cui Thomas non sia presente: sa benissimo che se riferisse a Thomas quello che gli ha detto il myal, Thomas si rifiuterebbe di partecipare alla cerimonia che può salvarlo.

- Tenente, prima di partire lei deve rendersi conto che correrà dei rischi.

- E quali? Pensa che stiano tramando qualche cosa? Vogliono tenderci un agguato?

- No, no di certo. Ma la cerimonia è pericolosa. Ci sono in gioco forze oscure che…

Greg lo interrompe:

- Signor Goldberg, non credo a tutte queste stupidaggini. I negri sono superstiziosi perché sono come bambini. Ma noi siamo adulti.

Martin si rende conto che è inutile parlare. Eppure il dialogo con Greg lo induce a pensare che il tenente correrà davvero un grave pericolo, proprio perché non è in grado di capire la portata della cerimonia.

- Tenente, segua le istruzioni che riceverà per la cerimonia. Non farlo sarebbe pericoloso.

Greg fa un gesto con la mano, come a scacciare un insetto fastidioso.

- Ma sì, ma sì. Farò quello che mi diranno.

Martin si rende conto che è inutile insistere.

 

Il viaggio fino alle Blue Mountains si svolge senza problemi. Martin accompagna Thomas e Greg fino alla fattoria di Norton, ma è angosciato, gli sembra di tradire Thomas e questo ufficiale che conosce poco.

Thomas invece è sereno. Ogni notte il sogno ritorna e la presenza di Pyle si frappone tra Elijah e Thomas. Thomas dorme tranquillo e recupera le forze.

Charles Norton li accoglie con una certa diffidenza, che viene aumentata dalle poche parole pronunciate a tavola da Greg. Invece nei confronti di Thomas, Charles sembra provare una simpatia istintiva.

La cerimonia si svolge in una vallata, vicino al torrente, in un luogo diverso da quello dove si è recato Adam. Seguendo le istruzioni, Thomas e Greg raggiungono senza difficoltà un’ampia radura al cui centro sorge un albero di guaiaco. In lontananza si vede il mare.

Thomas e Greg si siedono e attendono. Devono rimanere in silenzio. Greg si annoia. Non poter parlare gli dà fastidio, ma Thomas rimane immobile e tace, per cui Greg non dice nulla.

Senza che nessuno dei due lo abbia visto arrivare, un uomo compare davanti a loro. Indossa solo un perizoma, ma ha una maschera che copre il volto. Sul corpo sono tracciati segni bianchi.

- Spogliatevi.

Thomas ubbidisce. Greg lo imita, un po’ incerto. Si sente a disagio. Si chiede se ha avuto una buona idea ad offrirsi. Poi si dice che sono tutte cazzate. Ora sono entrambi nudi. Greg osserva che Thomas Hardy è davvero un gran maschio e che ha un bel culo. Greg pensa che lo gusterebbe volentieri. Magari… si vedrà.

L’officiante traccia con un bastone un cerchio intorno all’albero di guaiaco. Sull’erba la punta lascia un segno appena visibile.

L’uomo prende una fiaschetta che ha con sé, versa un po’ di liquido in una scodella e la porge a Thomas.

- Bevi.

Thomas esegue. Il myal prosegue:

- Entrando nel cerchio, il sonno scenderà su di te e la tua vita sarà nelle mani del fratello che veglierà su di te.

Thomas annuisce ed entra nel cerchio.

L’uomo fissa Greg.

- Se accetterai di entrare nel cerchio, ti impegnerai a vegliare su tuo fratello. La sua vita è minacciata e se tu veglierai su di lui, anche la tua lo sarà. Il tuo impegno è: “Io veglio su mio fratello”. Pronuncialo prima di entrare.

Greg è perplesso. La cerimonia gli sembra una stupidaggine, ma ha preso l’impegno, per cui non può tirarsi indietro.

Dice:

- Io veglio su mio fratello.

- Non potrete uscire dal cerchio prima che spunti il nuovo giorno, a meno che non decidiate di rinunciare. Ricordati il tuo giuramento, guardiano. Lo spirito della morte verrà dal fiume, là dove si immergono le anime. Addio.

L’uomo si allontana.

Thomas si stende e sente una sonnolenza impadronirsi di lui. Poco dopo si addormenta.

Greg guarda il corpo steso accanto al suo. Un gran bel maschio, di quelli che piacciono a lui. Magari…

La notte è silenziosa. Non c’è un filo di vento, non si sentono canti di uccelli o altri versi di animali. L’unico rumore è quello dell’acqua che scorre.

Ora Greg Pyle è inquieto. Non gli piace starsene nudo e senza armi in questo fottuto posto che potrebbe essere pieno di maroon.

Man mano che il tempo passa e non succede nulla, Greg si tranquillizza. Tutta la manfrina della cerimonia dev’essere solo fumo negli occhi. La luna illumina il corpo di Thomas. Greg lo guarda. Pensa che una bella scopata sarebbe proprio quello che ci vuole.

Nel sonno Thomas si gira su un fianco e Greg gli guarda il culo. Gli piace questo culo. Gli piace questo maschio.

- Tenente Hardy!

Thomas non sembra sentire.

- Tenente Hardy!

Greg mette una mano sulla spalla di Thomas e lo scuote, ma Thomas dorme di un sonno profondo. Probabilmente nella bevanda che gli ha dato l’officiante c’era una sostanza soporifera. Meglio così.

Greg accarezza il culo di Thomas, poi un dito scivola lungo il solco, fino all’apertura. Greg lo toglie e lo avvicina al viso. Sputa sulle dita e se le inumidisce. Poi la mano accarezza di nuovo il culo. Greg spinge il dito a forzare l’apertura. La carne oppone resistenza. Il tenente Hardy non dev’essere il tipo che se lo piglia in culo. Ma adesso gli tocca. Greg ride. Mormora:

- C’è un prezzo da pagare per liberarti dagli incubi, Hardy. Il tuo culo, Hardy.

E mentre lo dice, un’ombra copre la luce della luna. Greg solleva lo sguardo. Intorno a lui ci sono diversi uomini, il viso coperto da una maschera.

 

I demoni tornano e Thomas si agita nel sonno. Urla, più volte. Si sveglia, tutto sudato. È buio pesto: la luna è tramontata o è coperta dalle nuvole. Non si vede neppure una stella. Tutt’intorno c’è silenzio. Lontano si sente un grido, ripetuto, che a Thomas appare umano, ma forse è solo un verso animale.

Thomas non sa dove sia Greg. Si mette a sedere. Cerca di calmarsi, respirando a fondo. Dopo un po’ si stende nuovamente. Il suo sonno si riempie di incubi. Thomas si sveglia altre volte. Vicino a lui non sembra esserci nessuno.

Quando infine Thomas si desta con la luce del giorno, vede di fianco a sé Greg Pyle. Il corpo non presenta ferite, ma uno sguardo agli occhi sbarrati è sufficiente a Thomas per capire che l’ufficiale è morto.

 

 

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