10. Perdersi

 

Parte10b.jpg

 

Thomas è di partenza per la Whitefarm. Daniel si è fermato a dormire da lui. Hanno ancora scopato in mattinata, poi sono scesi a colazione.

È presto e ci sono pochi avventori, ma il tema della conversazione è l’assassinio del giornalista. Daniel è interessato a sentire ciò che si dice della storia e non nasconde la sua curiosità. Uno degli avventori ha saputo dello sfregio del corpo di Woolwich e riferisce quanto gli hanno raccontato. Daniel è stupefatto: Thomas non gli ha detto niente della faccenda. Daniel guarda l’amico, che appare anche lui sbigottito, ma quando si accorge che Daniel lo sta fissando, ammicca.

Dopo colazione, Daniel riaccompagna Thomas in camera. Quando sono dentro, chiede:

- Perché l’hai conciato a quel modo?

- Te l’ho detto: volevo essere sicuro che il messaggio arrivasse.

Daniel ride.

- Se è per quello, credo che sia arrivato. Ma tagliargli le mani…

- Erano quelle che usava per scrivere, no?

- Sì, certo. E l’uccello, le palle?

- Uno sfregio. L’ho fatto dopo che l’ho ammazzato, mica quando era ancora vivo. Ma che cazzo… si direbbe che ci tenevi a quel fottuto giornalista.

Daniel scuote la testa e sorride.

- No di certo. Non lo conoscevo neanche. E non è a lui che tengo.

Daniel guarda Thomas e aggiunge:

- Ha avuto quel che si meritava.

- Bene. Adesso, sistemato quel rompicoglioni, posso partire.

Daniel annuisce, ma si rabbuia. Non appare contento della sua partenza, di questo Thomas è sicuro. Ma allora perché ha insistito per farlo partire?

- Allora, ci vedremo tra una decina di giorni.

Daniel guarda fuori dalla finestra senza dire niente, dando le spalle a Thomas. Il suo umore è improvvisamente peggiorato. Thomas non capisce. Osserva:

- Daniel, sei tu che mi hai detto di accettare l’invito di Lablanc. Io non ci tengo ad andare alla Whitefarm. Se vuoi che resti, gli dirò che ho cambiato idea, che è sorto qualche contrattempo. Non ho nessun motivo per volermi allontanare da Kingston.

- No, va bene così, Thomas. Se a New Orleans…

Daniel non dice altro. Alza le spalle.

 

Paul Lablanc e Thomas partono nel primo pomeriggio. Si fermeranno a Spanish Town per la notte e il giorno seguente raggiungeranno la Whitefarm.

Quando si avviano, Paul affronta l’argomento di cui parla tutta Kingston:

- Sa che il suo amico, il giornalista, Woolwich, è stato ucciso questa notte, vero?

Thomas annuisce. Paul nota che sul suo viso sembra passare un’ombra.

- Sì, una morte orrenda. Come si può fare una cosa del genere a un uomo…

- È già il secondo giornalista che viene assassinato. Ma l’altro l’avevano fatto fuori con qualche coltellata. Il povero Woolwich, invece…

Thomas chiede, con finta noncuranza:

- Ha un’idea del perché possano averlo ucciso?

- Credo che avesse scoperto qualche cosa sulla Piccola Tratta. Mi è spiaciuto. Mi stava simpatico.

Thomas annuisce.

- Anche a me, molto.

- Come le ho detto, era stato anche da me, poco dopo il suo arrivo alla Giamaica. Così ha potuto conoscere una piantagione. E poi si è trasferito da Goldberg, un altro piantatore. Chi avrebbe mai detto che avrebbe fatto una fine così orrenda? E perché poi lo avranno conciato in quel modo?

- Credo che sia un avvertimento. Mi ha detto che un altro giornalista è stato ammazzato tempo fa. Adesso questo ammazzato e mutilato. Come dire: non ficcate il naso negli affari nostri. Il messaggio è chiaro. Ma Woolwich non si meritava di fare una fine simile.

 

La sera, a Spanish Town, Paul Lablanc si fa raccontare l’avventura della Mermaid. Thomas non è il tipo da vantarsi, ma Paul sa come si sono svolte le cose e pone domande precise. Pressato da Paul, Thomas fa un racconto dettagliato di tutto quanto è successo.

Quando Thomas ha finito, Paul osserva:

- Con questa impresa è diventato famoso, tenente. Di lei si parla molto, in cerchie sempre più ampie.

Thomas sorride.

- Già, come dice Shakespeare, “La gloria è simile a un cerchio nell’acqua che va sempre allargandosi, sin quando per il suo stesso ingrandirsi si dissolve nel nulla”.

- Ricordo che anche sulla nave l’ho sentita una volta citare Shakespeare. Non credo che sia facile trovare un uomo colto come lei tra i militari. E non solo tra i militari.

Thomas ha raccontato tutto, ma si è dimostrato molto reticente per quanto riguarda l’uomo con cui viaggiava: lo definisce solo un commerciante che lo aveva assoldato per riportare a Kingston la nave che intendeva acquistare a New Orleans.

Su questo Paul non fa domande. Si limita a dire:

- E dopo tutto questo, vuole farmi credere che si dedica al commercio di tessuti, che offre margini di guadagno minimi, con i fortissimi dazi che il governo inglese impone? Signor Hardy, lei mi racconta storie. Rispetto la sua riservatezza, non cercherò di saperne di più e prometto di non tornare sull’argomento. 

Thomas non dice niente. Lablanc è un uomo intelligente e Thomas è sicuro che manterrà la sua promessa.

Nella notte Paul Lablanc non riesce a prendere sonno. Il pensiero va in continuazione a Thomas Hardy. Thomas aveva attirato la sua attenzione già sulla nave, ma quanto gli hanno raccontato dell’avventura sulla Mermaid ha accresciuto il suo interesse. Adesso Paul si rende conto di essere attratto da lui come non gli capitava da molto tempo. Lo desidera, con violenza. Paul rimane disteso sul letto. Si accarezza il cazzo, che si tende in fretta, mentre nella sua mente rivede Thomas.

Paul allontana la mano. Non vuole venire. Thomas Hardy è nella camera accanto, domani sarà alla Whitefarm. Domani. Domani. Thomas Hardy… domani. Paul non vuole perdere tempo: sa di non averne molto a disposizione. Thomas ha parlato di fermarsi una settimana. Domani pomeriggio…

Il giorno successivo raggiungono la Whitefarm in mattinata. Paul sbriga due affari, poi si dedica per intero al suo ospite. A tavola conversano di argomenti diversi.

- Adesso che non possiamo più importare negri dall’Africa, procurarsi nuovi schiavi è diventato un problema. La natalità tra gli schiavi è bassa.

- Ho sentito parlare di donne che uccidono il figlio alla nascita perché non diventi schiavo.

- Talvolta succede anche questo. Altre donne abortiscono: è uno dei motivi per cui non voglio stregoni nella mia piantagione: sono loro che preparano gli intrugli di cui le donne si servono per abortire.

- Sì, anche su questi stregoni ho sentito voci diverse.

- Sì, i negri qui hanno un sacco di superstizioni. Il figlio del signor Goldberg, un piantatore che vive non molto lontano, si diverte a studiarli.

Paul alza le spalle e scuote la testa: l’interesse di Martin Goldberg per i riti dei negri gli è sempre parso assurdo. Paul aggiunge:

- Anche il suo amico, il povero Woolwich, si interessava a queste cerimonie. Non so se gliene ha mai parlato.

Thomas guarda Paul. Dopo un attimo di silenzio, dice:

- Da quando sono arrivato, l’ho incontrato un’unica volta a Kingston, l’altro giorno, ma andavo di fretta e abbiamo scambiato solo due parole. Pensavo che avremmo avuto altre occasioni di rivederci e invece… No, non mi ha detto niente.

- Già. Comunque i negri hanno riti per tutto: per fare figli, per abortire, per far morire qualcuno, per proteggere qualcuno…

Paul ride e prosegue:

- Per conquistare una donna. O un uomo. Insomma, se funzionassero, sarebbe niente male. Ma credo che le bevande per abortire siano l’unica stregoneria che funziona.

- Anche da noi si facevano filtri d’amore e si curavano i malati con le erbe. Sull’efficacia dei filtri d’amore sono molto scettico, ma le erbe… mi sa che i nostri dottori non siano capaci di fare molto meglio.

- Non ho malattie da curare, ma un filtro d’amore che funzionasse, saprei come utilizzarlo. Lei no, tenente?

Thomas scuote la testa. Il pensiero va ad Adam.

- Forse un filtro per far abortire l’amore, come si abortisce un bambino che deve ancora nascere.

Per un momento Thomas pensa che se sua madre avesse preso un filtro per abortire, sarebbe stato meglio, per lei, per suo padre e per Thomas stesso.

- Un filtro d’amore potrebbe servire per ottenere un corpo che si desidera. Ma un filtro per sradicare l’amore… Perché mai? Lei pensa che ne avrebbe bisogno, tenente?

- No, no. Dicevo così per dire.

Paul è perplesso. Thomas Hardy non è uomo da parlare a vanvera. Intanto Thomas sorride e prosegue:

- Non pensavo che mi sarei trovato a parlare con lei di filtri d’amore.

Paul ridacchia.

- No, in effetti come argomento di conversazione è assurdo. Ma i negri hanno molta fiducia in questi stregoni. Un filtro per conquistare una donna o un uomo, un altro filtro per poter scopare con lei o con lui per ore di seguito… Mi scusi per la franchezza, ma siamo tra uomini, spero che non le dispiaccia se mi esprimo liberamente.

Paul finge indifferenza, ma ha deliberatamente parlato di scopare con una donna o con un uomo, per studiare le reazioni di Hardy.

- No, signor Lablanc. Sono abituato a chiamare le cose con il loro nome e non mi disturba sentir parlare in modo schietto.

- Io amo esprimermi francamente quando la situazione lo consente, tenente. Trovo assurdo che nella nostra società non si possano affrontare liberamente certi argomenti, che i nostri comportamenti debbano essere sempre passati al vaglio della Bibbia e della morale corrente. C’è molta ipocrisia in questo.

- Concordo con lei.

- Il desiderio… Siamo liberi di desiderare, no? Perché mai qualche fottuto prete deve venirci a dire che non possiamo scopare, che so?, con un altro uomo ad esempio, se ne abbiamo voglia. Che c’entra la Chiesa con questo?

Thomas annuisce. Paul nota che non appare minimamente scandalizzato dall’affermazione.

- Sì. Personalmente non approvo un rapporto imposto con la violenza, ma quando è una libera scelta, che male c’è? In ogni caso devo confessarle che poco m’importa di ciò che dicono preti o pastori.

Paul è soddisfatto delle risposte di Thomas. Rimane l’interrogativo più importante: Thomas è attratto dagli uomini? Ma questa è una domanda troppo diretta. Paul preferisce rimandarla a più tardi. Osserva:

- Lei non è credente, tenente?

- No. La mia famiglia è anglicana, ma io non ho mai avuto fede.

- I miei erano cattolici, ma dopo quello che ho visto durante le rivolta di Haiti… Se esistesse davvero un Dio onnipotente, dovrebbe essere un gran bastardo per permettere che succedano certe cose.

Thomas ha il suo solito mezzo sorriso.

- In effetti…

 

Subito dopo pranzo Paul invita Thomas:

- Venga con me, le faccio fare un giro per la proprietà.

Paul guida Thomas a vedere la piantagione e la zona dei pascoli. A metà pomeriggio Thomas osserva che il cielo si sta coprendo. Il solito temporale pomeridiano. Ma Paul Lablanc non sembra intenzionato a tornare indietro e si allontana sempre più dalla fattoria, verso un’area dove non ci sono campi coltivati e non si vede neppure bestiame al pascolo.

Thomas pensa che si bagneranno come pulcini. Paul Lablanc dovrebbe saperlo benissimo, visto che vive alla Giamaica, ma sembra non badarci. Thomas non dice niente. D’altronde la temperatura è sempre alta e prendersi un po’ d’acqua non è un grande problema.

Dopo aver percorso un breve tratto, sentono le prime gocce di pioggia. Paul osserva:

- Adesso si scatena, come al solito. C’è un capannone qui vicino. Mi venga dietro.

In pochi minuti raggiungono il capannone, un edificio abbandonato e in parte in rovina. Sembra essere un vecchio fienile.

Conducono i cavalli all’interno e scendono. Paul si mette sulla soglia. Guarda il cielo, coperto da nuvoloni neri, da cui ora scende una pioggia fitta.

- Mi piace la pioggia. Mi piace camminare nudo sotto la pioggia. Che ne dice, signor Hardy? L’ha mai fatto?

- In India quando pioveva rimanevamo volentieri in mutande sotto il monsone. Qualche volta anche nudi, sì, se non c’erano civili nelle vicinanze. Dopo la calura intollerabile dell’estate, il monsone era una benedizione.

- Allora spogliamoci.

Non hanno molti vestiti addosso. Paul si spoglia con movimenti rapidi e guarda il corpo di Thomas emergere dagli abiti. Un torace muscoloso, segnato dalle cicatrici, braccia e gambe robuste. Tutto in quest’uomo trasmette un’impressione di forza, ma anche di eleganza. Sì, Thomas ha l’eleganza naturale che pochissimi uomini posseggono nudi. Questo corpo che porta i segni delle ferite ricevute ha bellezza e vigore, armonia e potenza. È il corpo di un vero maschio.

Thomas si toglie anche le mutande. Paul nota che ha un gran bel cazzo, perfettamente a riposo, ma ugualmente piuttosto voluminoso, come pure i coglioni.

Paul ha la gola secca.

Ride, una risata roca, poi dice:

- Lei si bagnerà i capelli. Io non ho questo problema.

Paul ride di nuovo ed esce dal capannone. Fa qualche passo sotto la pioggia, raggiungendo una radura. Lascia che l’acqua scenda, bagnando il suo corpo, avvolgendolo in una carezza umida.

Thomas segue Paul. Entrambi alzano il viso al cielo e lasciano che l’acqua scorra sui loro volti. Poi Thomas abbassa il capo e si passa le mani sul viso per togliere un po’ dell’acqua.

Paul ha fatto alcuni passi di lato. Allarga le braccia e rimane ancora un momento così, poi si volta e guarda Thomas, che gli sorride. Paul sente il desiderio afferrarlo, una morsa che gli stringe i coglioni e la gola, gli toglie il respiro e gli drizza il cazzo.

Paul si avvicina a Thomas, che lo guarda, senza dire nulla.

Paul scivola in ginocchio davanti a Thomas. Apre la bocca e con le labbra avvolge il cazzo di Thomas.

Da quanto tempo non succhia un cazzo? Da quanto tempo non incontra un uomo come Thomas? No, la domanda è assurda: un uomo come Thomas non l’ha mai incontrato in tutta la sua vita.

Thomas non dice nulla. Rimane immobile. Paul lo guarda, senza lasciare la sua preda. Thomas ha il suo solito mezzo sorriso e accarezza Paul sul capo. Paul lavora con la bocca, sotto la pioggia che scende fitta. Gli piace il calore del cazzo di Thomas, gli piace sentirlo crescere e irrigidirsi nella sua bocca. È bello, è grande, è forte. Paul sa che vorrebbe sentirlo in culo, offrirsi a Thomas, a quest’uomo che lo ha soggiogato. Fin dal primo momento in cui l’ha visto sulla nave Paul ha desiderato Thomas e l’intensità di questa attrazione è andata crescendo. Paul vorrebbe dire a Thomas di prenderlo. Non si è mai offerto a un uomo e una parte di lui ancora esita.

Ogni tanto la bocca di Paul lascia la sua preda ed è la sua lingua ad accarezzare il cazzo, dalla base alla cappella, per poi ridiscendere e scivolare sui coglioni. I denti di Paul mordicchiano il cazzo teso, poi la bocca avvolge nuovamente la cappella, mentre le mani stringono con forza il culo, salgono lungo la schiena, scendono lungo le cosce, due dita scivolano lungo il solco e il medio indugia un attimo sull’apertura, che non cede alla pressione. Thomas appoggia una mano su quella di Paul e l’allontana.

Paul continua a succhiare e leccare.

- Sto per venire, Lablanc.

Paul non si interrompe, prosegue finché non sente la scarica del seme, che gli riempie la bocca. Inghiotte. Succhia le ultime gocce, poi lascia la preda.

Thomas si china su di lui e lo solleva, poi lo fa ruotare. Paul lascia che faccia, incapace di muoversi. Thomas gli passa un braccio intorno alla vita. Ora i loro corpi aderiscono. Paul può sentire il cazzo di Thomas, ancora gonfio di sangue, contro il suo culo. La mano di Thomas afferra il cazzo di Paul, lo stringe con forza, poi lo accarezza, scende ai coglioni, risale, sfregando, finché Paul sente il desiderio tracimare e il piacere avvolgerlo completamente. Gli sembra di non essere in grado di reggere. Si appoggia al corpo di Thomas. Mormora:

- Grazie.

Lascia che l’acqua lo pulisca. Dopo un buon momento, Thomas toglie il braccio che teneva intorno al suo corpo e Paul si stacca. Lentamente si volta.

- Hardy, non so come mi giudicherà.

Thomas scuote la testa.

- Signor Lablanc, non la giudico. Gliel’ho già detto. Per me ognuno dovrebbe essere libero di seguire i suoi desideri. E direi che i nostri desideri si intrecciano.

Paul annuisce. Vorrebbe dire che non è abituato a fare ciò che ha fatto, ma non avrebbe senso. Chiude gli occhi, mentre l’acqua scorre sul suo corpo. Dopo un buon momento riapre gli occhi e si dirige al capannone. Thomas lo segue. Si siedono a terra e aspettano che il temporale si plachi, mentre i loro corpi asciugano. Lo sguardo di Paul corre lungo il corpo di Thomas, si sofferma sulle cicatrici, sulla peluria del petto e del ventre, sul magnifico cazzo. Paul si sente la gola secca. È venuto meno di mezz’ora fa e nuovamente il desiderio gli stringe i coglioni. Che cosa penserà di lui Thomas Hardy? Che è una troia in calore e nient’altro. Paul distoglie lo sguardo. Fissa la pioggia che scende, meno intensa. Ma gli occhi tornano a posarsi su Thomas, che sta contemplando tranquillo il paesaggio sotto la pioggia.

Paul si rende conto che il cazzo gli si sta irrigidendo. Si sente perduto. Ha parlato di filtri d’amore, ma quest’uomo che gli è seduto vicino, questo maschio, gli ha davvero dato un filtro, d’amore e di desiderio.

- Hardy…

Hardy volta il capo verso Paul. Ha occhi chiari, Thomas Hardy, occhi grigio-azzurri.

Paul fissa Thomas negli occhi. Si sente perduto. Ha invitato Thomas Hardy perché lo desiderava, ma solo ora scopre i contorni e l’intensità del proprio desiderio. E ha paura.

Paul china il capo, sgomento. Si accorge di avere il cazzo perfettamente teso. Guarda di nuovo Thomas negli occhi. Si stende sul pavimento e allarga le gambe. Mormora:

- Prendimi, Thomas.

Mai nella sua vita Paul si è offerto a un maschio. L’esperienza atroce di quando è stato violato da ragazzo lo ha segnato. Ha sempre posseduto volentieri un altro uomo: un piacere intenso, che era anche affermazione di virilità e potere. Molto di rado ha preso in bocca il cazzo di un altro uomo. Ma offrirsi, accettare di essere posseduto, gli è sempre sembrato un degradarsi, un segno di inferiorità. In fondo, ha sempre disprezzato coloro che gli si sono offerti. E ora è lui ad offrirsi.

Paul sente il corpo di Thomas premere sul suo, le mani di Thomas scorrere sulla sua schiena. È una vampata di calore che cancella ogni pensiero. Thomas divarica le natiche e sputa sull’apertura. Con due dita sparge la saliva. Ripete l’operazione. E Paul vorrebbe incitarlo, dirgli di sbrigarsi. Ha fretta di precipitare in questo abisso che si spalanca ai suoi piedi.

Thomas si stende su di lui. Contro il buco Paul avverte la pressione decisa del cazzo di Thomas, che lentamente scivola dentro. L’ingresso è molto doloroso: Paul non è abituato e il cazzo che ora scava in lui è grande e vigoroso. Ma, malgrado il dolore, l’ondata di piacere è più forte.

Thomas spinge fino in fondo, molto piano. Il dolore cresce. Paul si morde un labbro per non urlare. Poi Thomas arretra, il dolore si attenua, per riprendere quando Thomas avanza. Ogni spinta è una fitta, ma è anche piacere, un piacere sempre più forte.

Thomas procede a lungo. Il dolore è violento, ora, ma lo è anche il piacere. Thomas accelera il ritmo. Paul ha l’impressione di svenire. Grida:

- Thomas, Thomas.

Sente il seme di Thomas dentro di sé e il proprio spargersi. Chiude gli occhi e per un attimo il mondo scompare.

Quando riacquista coscienza, Thomas è ancora sopra di lui, dentro di lui. Gli sta accarezzando il capo.

Poi Thomas esce e si stende sulla schiena al suo fianco. Paul rimane disteso prono. Si chiede come sia possibile che sia avvenuto ciò che è avvenuto. Non lo avrebbe mai pensato.

Paul guarda Thomas. Chiude gli occhi.

Più tardi Thomas esce. Sta ancora piovendo e Thomas si lava sotto l’acqua. Paul lo guarda dal capannone.

Quando Thomas rientra, Paul si alza. Il dolore al culo è bestiale. Non potrà cavalcare. Anche camminare è difficile.

Paul guarda Thomas. Gli sembra di non essere capace di fare altro. Non riesce a parlare.

È Thomas a spezzare l’incantesimo, dicendo:

- Tutto bene, Lablanc?

Paul annuisce.

- Sì, Hardy. Ho un male bestiale al culo e non so come farò a cavalcare, mi rendo conto che lei mi deve considerare una troia in calore e nient’altro, ma va tutto bene e sarei disposto a farmi fottere un’altra volta subito, ma poi dovrebbe trasportarmi a spalle.

Thomas Hardy scuote la testa.

- Lablanc, abbiamo fatto ciò che entrambi desideravamo. Gliel’ho già detto: non giudico, sarebbe assurdo. Mi spiace per il suo male al culo, non pensavo… ho cercato di essere attento.

- Lo è stato, ma… non è colpa sua.

Paul non se la sente di dire a Thomas che da quarant’anni nessuno lo aveva mai preso. Lo guarda e dice:

- Lei di certo non ha bisogno dei filtri per farsi desiderare, né di quelli per fottere di più. Cazzo!

Thomas Hardy sorride.

Tornano a piedi per un tratto, ma la strada da percorrere è troppo lunga, per cui a un certo punto salgono a cavallo. Quando arrivano alla casa padronale, Paul sale in camera propria e si stende sul letto. Il dolore è ancora forte e Paul si rende conto che è contento che sia così, perché è il segno che Thomas Hardy lo ha preso. Paul si chiede che cosa gli sia successo. Non aveva previsto che sarebbe andata così, non aveva capito quanto forte fosse l’attrazione che provava per Thomas. Thomas Hardy.

Nei giorni seguenti Paul e Thomas sono sempre insieme. Scopano nella camera di Paul o in quella di Thomas. Qualche volta lo fanno anche all’aperto, con molte precauzioni: di fronte a Thomas Paul ha perso ogni pudore, ma non vuole che nessuno scopra che lui si offre al tenente. Qualcuno, vedendoli spesso insieme e sapendo che Paul Lablanc scopa volentieri con gli uomini come con le donne, probabilmente pensa che il padrone fotta l’ospite, ma a nessuno passa per la testa che avvenga il contrario.

La terza notte, dopo che hanno scopato, Paul chiede a Thomas di fermarsi a dormire con lui. Nessun uomo ha mai dormito nel suo letto. Finché è stata viva sua moglie, dormiva al suo fianco. Poi donne, ragazzi e uomini sono passati per il suo letto, ma a nessuno Paul ha mai chiesto di fermarsi.

Thomas accetta. Il mattino, quando si sveglia, Paul guarda Thomas dormire. Lo guarderebbe per ore. Si dice che è perduto: si è innamorato di quest’uomo.

 

Il pomeriggio del quarto giorno Richard Goldberg passa dalla Whitefarm poco prima di pranzo. È diretto a Spanish Town. Si ferma due ore alla fattoria: pranza con Paul e Thomas e chiacchiera un po’ con loro.

Prima di partire, Goldberg chiede a Paul di fargli vedere dei documenti. Paul li va a prendere. Quando scende, vede che Goldberg e Thomas stanno parlando. Niente di strano, ma a Paul sembra che Thomas tenesse d’occhio la porta e che abbia detto qualche cosa a Goldberg per avvisarlo che Paul stava entrando. Paul si dice che la sua impressione dev’essere sbagliata: Goldberg e Thomas non si conoscono e non possono avere niente di particolare da dirsi. Probabilmente è solo suggestione. Paul realizza di essere geloso: non vuole che nessuno si avvicini a Thomas. A questo si è ridotto! Geloso perfino di un uomo come Goldberg, che Thomas ha visto oggi per la prima volta. Eppure Paul si rende conto di osservare Goldberg, di chiedersi se Thomas può trovarlo attraente. 

 

Il giorno seguente, quando tornano alla piantagione dopo un giro mattutino, c’è una lettera per Thomas. Thomas la apre e la scorre.

- Devo tornare a Kingston, Paul.

Paul aggrotta la fronte:

- Cosa?

Con un cenno Thomas indica la lettera che tiene in mano.

- Mi scrivono che è richiesta la mia presenza. Ho un lavoro, Paul, e devo svolgerlo. È meglio che parta subito.

Paul è chiaramente irritato. Dice:

- Verrò con te a Kingston.

Thomas guarda Paul.

- Come vuoi, ma se mi chiamano, significa che stiamo per partire.

- Staremo a vedere.

Mangiano presto e nel primo pomeriggio partono, in modo da arrivare a Kingston in tarda serata.

 

Thomas vorrebbe ritornare nella locanda in cui si è fermato durante i soggiorni precedenti, ma Paul insiste perché si sistemino in un’altra, più accogliente. Thomas è incerto, perché teme che Daniel possa avere obiezioni, ma se necessario potrà sempre spostarsi. E se, come appare probabile, dovrà partire subito, non è così rilevante in che locanda alloggia per una notte.

Paul preferirebbe prendere un’unica camera per entrambi, ma Thomas rifiuta: se Daniel ha bisogno di parlargli, non può esserci nessun altro.

Thomas manda un messaggio a Daniel per dire che è arrivato a Kingston e dargli il suo indirizzo, spiegandogli che Paul Lablanc ha voluto accompagnarlo. Paul invece esce subito dopo aver preso possesso della camera.

Paul rientra dopo un’ora. Appare un po’ teso, ma Thomas ha l’impressione che sia soddisfatto: qualunque cosa sia andato a fare, ha ottenuto il risultato sperato.

Mezz’ora dopo, mentre Paul e Thomas stanno mangiando, arriva la risposta di Daniel. Thomas la apre. Ci sono solo poche righe.

Contrordine. La partenza è rimandata. Torna pure alla Whitefarm. Ti farò sapere quando partiremo.

Thomas è molto perplesso. Il rinvio della partenza di per sé non è così strano, perché si era parlato di una settimana o dieci giorni prima che tutto fosse pronto. Quello che lo colpisce è che Daniel non faccia nessun accenno a rivedersi. Thomas sa benissimo che Daniel è fortemente attratto da lui. Sicuramente Daniel vorrebbe che scopassero insieme. È la presenza di Lablanc a frenarlo? Ma in questo caso Daniel avrebbe potuto dargli un appuntamento per la notte da qualche altra parte, anziché limitarsi a scrivergli che può tornare alla Whitefarm.

Thomas ha un sospetto sui motivi che possono aver spinto Daniel a scrivere un messaggio di questo tipo, ma si guarda bene dal formularlo davanti a Paul. Si limita a dire:

- Non partiamo più. Possiamo tornare alla tua piantagione. Ma che cazzo…

Paul non sembra particolarmente stupito. Si limita a inarcare le sopracciglia e a dire:

- Questa poi! Mi sa che chi si occupa dei tuoi affari abbia le idee un po’ confuse, ma ho promesso che non avrei più toccato l’argomento, per cui lasciamo perdere.

Paul sorride e aggiunge:

- Potremmo approfittare del fatto che ormai siamo qui per fare un giro a Port-Royal, domani mattina.

Il fatto che Paul abbia già una proposta pronta per l’indomani conferma il sospetto di Thomas.

- Port-Royal? La famigerata città dei pirati?

- Sì, quella che la punizione divina rase al suolo, con il gran terremoto, oltre un secolo fa. Era un covo di sodomiti, oltre che di pirati.

Paul ride.

- Ma non sprofondò in mare?

- Sì, il terremoto fece sprofondare sott’acqua gran parte della città e poi altre catastrofi si abbatterono su di essa, impedendone la ricostruzione. Oggi è una piccola cittadina, che non ha nulla dell’antico splendore. Non ci sono più pirati, né mercanti di schiavi. Ma sott’acqua si possono scorgere le rovine dell’antica città.

- Va bene, la vedo volentieri.

Paul sorride e dice:

- Allora questa sera non me lo metti in culo, altrimenti domani non riesco a cavalcare. E neanche domani mattina. Cazzo! Forse ho fatto male a proporti questo giro.

Paul scuote la testa. Ha perso ogni pudore davanti a Thomas. Ha riconosciuto la sua resa completa. Si rende conto che Thomas non lo giudica, ma spesso si chiede che cosa pensa davvero di lui. Thomas non esprime i suoi sentimenti e Paul preferisce non chiedere. Gli basta averlo accanto.

 

Il mattino seguente Paul e Thomas percorrono a cavallo la lunga lingua di terra che protegge la baia di Kingston. In alcuni tratti hanno il mare su entrambi i lati. In altri invece la striscia si allarga e la pista ora costeggia il mare, ora passa all’interno, ma l’acqua è quasi sempre visibile: o quella della baia, sulla destra, o quella del mare aperto, sulla sinistra.

Il sole è ancora basso e all’ombra delle palme la temperatura è piacevole. Paul e Thomas procedono affiancati, chiacchierando, ma la strada da percorrere è lunga e a tratti si lanciano al trotto e al galoppo.

In tarda mattinata raggiungono Port Royal e Paul guida Thomas in una breve visita. Non è davvero rimasto molto da vedere nella cittadina, a parte il Fort Charles, che appare ancora imponente, e alcuni vecchi edifici che lo sprofondamento del terreno ha in parte risparmiato.

Si siedono sui resti di una casa, vicino al forte. Paul osserva:

- E dire che un tempo era uno dei principali porti inglesi nel mondo e una città ricchissima. Che cosa ne rimane?

Thomas scuote la testa.

- Port Royal! Se penso a come me la immaginavo quando leggevo le storie dei pirati!

- Leggevi storie di pirati?

- Certo. Credo di aver letto almeno due volte la Storia generale dei pirati di Johnson.

- A casa tua c’erano molti libri?

- Sì, tantissimi. Mio nonno era stato un grande lettore e da quel che mi dicevano anche mia madre. Mio padre no, lui leggeva poco, ma a casa i libri non mancavano e io passavo le ore in biblioteca.

- È strano, sei un uomo d’azione, hai scelto di seguire la carriera militare. A vederti uno non penserebbe che ami tanto la lettura.

- Ero un bambino molto solitario.

Thomas è a disagio. Nella sua testa si accavallano pensieri disturbanti. Vorrebbe essere altrove, vorrebbe potersene andare. Ma deve portare a termine il suo lavoro.

La voce di Paul lo riporta alla realtà:

- Adesso però mi reciti qualche verso d’amore di Shakespeare.

- D’amore?

- Sì. Non mi dire che non ne sai. Non è possibile. Secondo me conosci tutto Shakespeare a memoria. Voglio sentire qualche bel verso d’amore.

Thomas torna a sedersi. Tace un momento, poi dice:

- Come vuoi: “L’amore guarda non con gli occhi ma con l’anima”. Ti va bene questo?

Paul storce la bocca.

- No, voglio una dichiarazione appassionata.

- “Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore, se mi odi, sarò sempre nella tua mente”.

- Questa va meglio, ma non ci siamo ancora.

Thomas cerca di sorridere. La sensazione di disagio diventa sempre più forte. Sa benissimo perché Paul Lablanc vuole sentirlo recitare versi d’amore e non è contento di questo.

- Sei molto esigente, Paul. Ci riprovo: “Tutti i giorni son notti per me, finché io non ti vedo, e giorni luminosi son le notti quando mi appari in sogno”.

Paul guarda Thomas. Gli piacerebbe che gli dicesse davvero queste parole, ma anche sapendo che sta solo recitando, è bello sentirlo.

- D’accordo, può bastare.

Paul guarda Thomas e gli chiede:

- Hai mai amato, amato davvero e non soltanto desiderato, Thomas?

Thomas guarda verso il mare. Recita ancora, piano, come se parlasse a se stesso.

- “L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è esso? Una follia segreta, fiele che strangola e dolcezza che sana”.

Thomas si alza e dà un calcio a una pietra, che rotola via. Appare un ragno.

Thomas chiede:

- Ci sono molti ragni velenosi, qui? In India tra ragni, serpenti e altri animali dovevi fare sempre attenzione quando ti coricavi. Una volta un mio commilitone si è trovato un ragno nella scarpa e poco è mancato che gli amputassero il piede.

Paul ha capito che Thomas preferisce cambiare argomento. Osserva il ragno.

- Quello è un ragno violino. È velenoso, ma di solito non mortale.

Thomas guarda il ragno scomparire tra le rocce.

- Ragno violino! Che buffo nome.

- Ha una macchia che sembra un violino. È un animale notturno, non ama il calore del giorno. Come dargli torto?

- In effetti ormai fa un caldo fottuto.

Thomas sembra scontento. Paul sospetta di aver risvegliato pensieri poco piacevoli. Thomas ha amato, ma è stato un amore infelice.

- Che ne diresti di bagnarci, Thomas? Un po’ più in là c’è una bella spiaggia.

- Buona idea.

Raggiungono un punto in cui c’è una piccola baia. Il loro arrivo disturba un gruppo di pellicani che si alzano in volo e si allontanano, ma tornano a posarsi poco più lontano.

Legano i cavalli a due mangrovie e si spogliano. Paul contempla Thomas. Questo corpo segnato dalle cicatrici suscita in lui un desiderio violento, assurdo. Ma qui non possono scopare: può arrivare qualcuno.

- Vieni, Thomas. Nuotiamo verso la città. Qua e là sott’acqua si vedono i resti dei vecchi edifici.

Nuotano a lungo, senza allontanarsi dalla costa. In alcuni tratti le rovine di Port Royal sono davvero visibili a pochi metri di profondità. Thomas si immerge per guardare i resti degli edifici. Anche Paul va sott’acqua, ma ad attirare il suo sguardo è Thomas. Questo corpo che nuota gli sembra perfetto. Thomas possiede forza, armonia, virilità, bellezza. Mentre lo contempla, Paul si chiede se non sta perdendo la ragione. Gli sembra di essere ubriaco, ubriaco di Thomas.

Escono dall’acqua. Paul guarda Thomas rivestirsi, poi anche lui si rimette gli abiti. Ha il cazzo mezzo duro, ma dovrà aspettare di essere a Kingston.

Sono entrambi affamati. Trovano una piccola osteria, dove possono bere un bicchiere di vino e mangiare un po’ di pesce pescato in mattinata.

Dopo pranzo si rimettono in strada: vogliono arrivare prima che si scateni il temporale del tardo pomeriggio. Tornano lungo la stessa pista percorsa all’andata, l’unica esistente. Paul è allegro: ride e scherza. Pensa che arrivati alla locanda, saliranno in camera e scoperanno. Percorrerà con la lingua il corpo di Thomas e sentirà il sapore di sale sulla sua pelle. Il cazzo è di nuovo duro. Quando Thomas è vicino a lui, gli succede spesso. Con questa frequenza non gli capitava neanche quando aveva vent’anni.

Arrivano a una svolta della strada. Procedono affiancati, chiacchierando.

Thomas vede un luccichio. Intuisce. Si getta su Paul. Lo sparo risuona nel momento in cui tutti e due stanno cadendo a terra.

- Tutto a posto? Non ti sei fatto male?

- No.

- Rimani acquattato. Io vedo di raggiungere quel tizio.

- No, non ti muovere. È inutile. So benissimo chi è stato. Mi occuperò io di quel bastardo.

Nella voce di Paul vibra la rabbia. Thomas lo guarda, senza dire niente. Quanto è successo è una conferma dei sospetti che nutriva.

Si spostano dietro gli alberi, per essere al riparo. Dopo un momento si sente lo scalpitio di un cavallo lanciato al galoppo e Thomas si spinge in avanti, fino al luogo dove ha visto il luccichio del fucile. Non c’è più nessuno. Thomas e Paul recuperano i cavalli e riprendono a muoversi. Paul è chiaramente furibondo. Thomas non dice nulla. Guarda il cielo che si è rannuvolato. Presto ci sarà tempesta.

Quando giungono a Kingston, Paul si allontana quasi subito. Thomas sale in camera e si stende. Non è stanco, ma vuole riflettere con calma. Ha l’impressione che i pezzi stiano andando tutti al loro posto. Fuori incomincia a piovere: una pioggia violenta, che spazza le strade della città. Thomas si alza e guarda dalla finestra. Il temporale sta trasformando la viuzza in un torrente. Thomas sospetta che si sia scatenata un’altra tempesta, più mortale.

Paul rientra dopo due ore. Bussa alla porta della camera di Thomas, che lo fa entrare. È fradicio. Si spoglia rapidamente, mentre dice:

- Dobbiamo recuperare quello che non abbiamo fatto questa mattina.

Thomas sorride e fa per togliersi la camicia, ma Paul lo ferma:

- No. Voglio farlo io.

Paul si avvicina e incomincia ad aprire la camicia di Thomas. China la testa e appoggia le labbra sul capezzolo destro di Thomas. Lo succhia. Poi passa all’altro. Le sue mani si infilano sotto la camicia, accarezzano il corpo, poi sfilano l’indumento.

Paul scivola in ginocchio. Stringe il culo di Thomas attraverso la stoffa, poi cala i pantaloni e le mutande. Guarda il cazzo di Thomas davanti a sé. Lo prende in bocca e incomincia a succhiare.

 

È ormai notte e in cielo ci sono ancora molte nuvole, che il vento muove rapidamente.

Daniel Hotwell cammina seguendo un sentiero tra orti e capanne ai margini della città. Il terreno è ancora bagnato per la violenta pioggia pomeridiana e ci sono diverse pozzanghere. A tratti si sprofonda nel fango. Daniel si ferma. Si chiede se è il caso di proseguire. È nervoso e sta sudando abbondantemente, anche se la pioggia ha rinfrescato l’aria e non è più tanto caldo. Non sa se fa bene ad andare all’appuntamento fissato. Il messaggio di suo padre conteneva un ordine preciso, che non poteva essere ignorato, ma Daniel è cosciente di correre un grosso rischio. Forse farebbe meglio a tornare indietro e sparire. Ma dove potrebbe andare? E Thomas? Merda!

Daniel si guarda intorno, ma non sembra esserci nessuno. Arriva alla casupola in cui ora si tengono gli incontri. Bussa, tre colpi la prima volta, due la seconda: il segnale convenuto.

Ad aprigli la porta è Elijah, che senza dire nulla si sposta e lo fa entrare. Al vederlo Daniel sente un brivido corrergli lungo la schiena.

Appena Daniel è dentro, Elijah chiude la porta alle sue spalle. L’interno della capanna è buio. Solo una candela sul tavolo getta una luce fioca, sufficiente a vedere che non c’è nessun altro.

- Non c’è…

Daniel non completa la frase. Il pugno che lo prende allo stomaco è un macigno che gli mozza il fiato. Elijah lo colpisce di nuovo. Daniel si piega in due. Il terzo pugno di Elijah lo prende in faccia e lo fa cadere a terra, mentre il sangue cola abbondante dal naso spaccato e da un labbro.

Elijah è sopra di lui. Prima che Daniel sia riuscito a reagire, gli ha tolto la pistola e il coltello. Adesso lo guarda, in piedi, ghignando. Daniel cerca di parlare:

- Elijah, non…

Il calcio ai coglioni fa vorticare il mondo attorno a lui.

Elijah si china su di lui, gli slaccia i pantaloni e lo volta. Daniel sa quello che sta per succedere, ma non ha più le forze per opporsi.

Elijah gli afferra le natiche, le divarica e lo infilza con un’unica spinta. Daniel grida, un urlo di dolore. Per quanto Daniel sia abituato a essere penetrato, il cazzo di Elijah è troppo grande e l’ingresso è stato troppo violento.

Elijah spinge con forza, lacerando le viscere di Daniel, che sprofonda in un vortice di sofferenza, singhiozza e si dibatte inutilmente: il nero non si accorge neppure dei tentativi che Daniel fa di liberarsi. A tratti Daniel ha l’impressione di perdere i sensi, poi riemerge, ma tutto è solo dolore, che sale a ondate dal culo martoriato, dai coglioni spaccati, dal ventre e dal viso.

Infine Elijah viene e il suo seme inonda il culo di Daniel, mescolandosi con il sangue.

Daniel sa che la sua vita è alla fine. Non si stupisce quando Elijah gli passa le mani intorno al collo e incomincia a stringere. Daniel cerca di allentare la stretta che gli blocca il respiro, ma non c’è nulla da fare. Elijah è troppo forte.

Il mondo svanisce in una grande fiamma.

 

Elijah sa che ormai Daniel è morto, ma stringe ancora per un momento. Poi esce da Daniel e guarda il cadavere steso a terra. Scuote il capo. Piscia sul cadavere, dirigendo il getto sulla testa. Poi si tira su i pantaloni e si rassetta.

Elijah avvolge il cadavere di Daniel in un telo, lo lega con una corda e se lo carica in spalla. Sa dove farlo scomparire, in modo che nessuno lo trovi.

Quando ha eseguito il suo compito, Elijah raggiunge una capanna e bussa. Ormai è notte fonda, ma una donna apre subito la porta.

- Avvisa il padrone che ho fatto quando dovevo.

La donna non dice nulla. Prende uno scialle, chiude la porta dietro di sé e si avvia.

 

Nel cuore della notte qualcuno bussa alla porta della camera di Thomas. Thomas si alza e apre. Per un momento ha pensato che potesse trattarsi di Daniel, ma è Paul Lablanc.

- Entra, Paul. Che c’è?

Paul lo guarda, poi annuisce.

- Credo che sia giunto il momento di giocare a carte scoperte. Daniel è morto.

Thomas guarda Paul. Non si mostra stupito.

- L’ho fatto ammazzare io. Era lui che ha cercato di uccidermi, oggi.

Thomas tace. Aspetta una spiegazione.

- Lavori per me, Thomas. Anche se non lo sai.

Thomas annuisce lentamente.

Paul lo guarda, sorride e dice:

- Tu l’avevi già capito. Vero?

Thomas muove di nuovo la testa in un cenno di assenso.

- L’ho pensato. Daniel praticamente ha insistito perché io partissi per la tua fattoria, anche se non avrebbe voluto che io mi allontanassi. Ho pensato che glielo avessi ordinato tu. E tu potevi ordinarglielo solo se lui lavorava per te. E poi, quando siamo arrivati qui, Daniel mi ha scritto che non dovevo più partire. Dovevi averglielo imposto tu. Ho pensato che potesse essere Daniel ad aver sparato oggi.

Paul fissa Thomas.

- Credo che tu sia uno degli uomini più intelligenti che io abbia mai conosciuto. Daniel era geloso. Si era innamorato di te. Come anche Woolwich, secondo me. Come…

Paul non completa la frase. Riprende:

- Ha perso la testa. La gelosia lo ha spinto a farti tornare prima del necessario, per allontanarti da me, e poi a cercare di uccidermi ieri. Non pensavo che arrivasse a tanto. Adesso ha pagato.

Thomas non dice nulla.

- Senti, Thomas, questo significa che dovrai occuparti tu di seguire le operazioni a cui sovrintendeva Daniel. Rimarremo qui a Kingston.

Paul tace un momento, poi prosegue:

- Preferirei che tu non partissi. Non sopporto l’idea che tu possa finire come Jacques La Mort. Ma è necessario. Dopo il disastro della Sirius sono nella merda, pieno di debiti. Quando questa spedizione si sarà conclusa, non continuerai a fare questo lavoro. Ci sono troppi rischi.

- Non ti preoccupare, Paul. Dammi le istruzioni per portare avanti i lavori che sono rimasti in sospeso.

- Domani mattina. Non c’è fretta.

 

Nella settimana seguente Thomas si occupa della vendita delle ultime merci e del reclutamento dell’equipaggio. Non svolge personalmente queste attività, ma controlla coloro a cui Lablanc ha affidato l’incarico.

Ogni giorno lui e Paul scopano, la sera e il mattino. La notte dormono sempre insieme. Paul passa ore a sentire il respiro di Thomas che dorme. Vorrebbe che Thomas non partisse, ma non è possibile: Paul deve saldare i debiti, tra cui quelli che ha contratto proprio per poter finanziare questa spedizione.

Pochi giorni dopo la morte di Daniel, Paul dice a Thomas:

- Partirete domani mattina. Elijah salirà sulla nave nella notte.

Thomas sa chi è Elijah, anche se non l’ha mai visto. Sapeva che avrebbe viaggiato con lui.

 

Elijah ha concluso il rito. Guarda i rami che il fuoco ha annerito senza bruciarli, le bacche che non si sono spaccate liberando i semi, la corda con il nodo che le fiamme non hanno distrutto.

Elijah conosce il significato di questi segni: l’impresa non riuscirà. Il rito propiziatorio non è servito, forze più potenti sono all’opera. Diversi destini si compiranno nei prossimi giorni ed Elijah sospetta che anche la propria vita stia per giungere al termine. Potrebbe non imbarcarsi sulla nave questa notte, tornare sulle Blue Mountains e riprendere la vita libera del maroon, che un giorno ha lasciato per mettersi al servizio dei bianchi, attirato da sogni ingannevoli di ricchezza.

Ma Elijah non è un vile. Andrà avanti per la strada che ha scelto. Nessun uomo sfugge al proprio destino.

Elijah si riveste. Con un bastone sparge ciò che rimane del rito, in modo che nessuno possa leggere ciò che vi è scritto. Elijah scende verso il porto. Si muove con cautela, ma per le strade a quest’ora non c’è nessuno.

Giunge alla nave su cui si imbarcherà. C’è un uomo di guardia. Quando Elijah si avvicina e gli dice la parola d’ordine, l’uomo gli punta contro una pistola. Intorno a lui compaiono dal nulla molti altri uomini. La luce della luna lascia appena intravedere le figure, ma Elijah sa che sono soldati. È stato tradito. La sua vita giunge al termine. Il rito non ha mentito.

 

La prima luce del mattino entra dalla finestra. Paul si sveglia accanto a Thomas. Pensa che Thomas sta per partire, che rischierà la vita.

Anche Thomas si sveglia. Paul lo abbraccia. Thomas si alza per pisciare. Anche Paul si alza, si mette in ginocchio dietro di lui e gli mordicchia il culo, poi fa scorrere la lingua sul solco. Indugia sull’apertura. Desidera Thomas, desidera possederlo, come non ha mai desiderato nulla nella sua vita, ma Thomas si è sempre sottratto. La lingua continua a percorrere il solco, fermandosi ogni volta sull’apertura, premendo, mentre le mani stringono le natiche.

È Thomas a dire:

- Puoi farlo, Paul.

Paul ha l’impressione che il mondo stia vorticando intorno a lui, intorno a questo culo che le sue mani stringono.

Accarezza con un dito l’apertura.

- Thomas! Thomas.

Thomas si china in avanti. Appoggia il torace sul letto, tenendo le ginocchia a terra.

Paul guarda questo culo che gli si offre, che non ha mai pensato di poter un giorno possedere.

Avvicina la cappella, la preme contro l’apertura e lentamente affonda il cazzo nel culo di Thomas. Sente che la carne cede a fatica. Forse Thomas non se l’è mai preso in culo o forse sì, ma di certo non è abituato a farlo. E l’idea di possedere questo maschio che altri hanno certamente desiderato, senza mai poterlo avere, lo stordisce. Thomas lo ama, perché se così non fosse, non gli si offrirebbe. Thomas non è il tipo da lasciarsi possedere solo perché Paul è il suo padrone, di questo Paul è certo. E allora significa che Thomas si sta innamorando di lui.

Ondate di piacere salgono dal cazzo, che Paul spinge in avanti piano, perché non vuole lasciarsi trascinare dal desiderio, non vuole venire troppo presto. Vuole far durare questo momento il più a lungo possibile, perché è il più bello della sua esistenza. Le sue mani percorrono il corpo di Thomas, accarezzano e stringono, mentre il suo cazzo affonda e si ritrae nel culo che a fatica lo accoglie.

A tratti Paul si ferma. Si gode la perfezione di questo abbraccio, il piacere che gli trasmette questo corpo, questo culo che ora è suo, come suo è tutto Thomas, l’uomo che ama e che ora ricambia il suo sentimento. Mormora:

- Thomas.

Poi riprende a muoversi, lentamente, finché sente il piacere travolgerlo, nell’orgasmo più forte che abbia mai provato.

- Grazie, Thomas.

Thomas non dice nulla.

Paul rimane dentro Thomas, finché questi dice:

- Vestiamoci e scendiamo a fare colazione. Tra un’ora devo partire.

Sono appena scesi nella sala della locanda, quando entrano sei soldati e si dirigono verso il loro tavolo.

Prima che Paul faccia in tempo a capire, Thomas estrae la pistola e gliela punta addosso.

- Non ti muovere, Paul, o ti brucio le cervella.

Paul si ferma, paralizzato dallo stupore.

- Che cazzo significa?

- Significa che sei fottuto, Paul, e che finirai appeso. Elijah è stato arrestato mentre cercava di salire sulla nave.

Paul Lablanc è un uomo intelligente. In un attimo intuisce: che ha sbagliato tutto, che Thomas Hardy non è l’uomo che lui pensava fosse, che le cose non stanno come Thomas gli ha fatto credere. Intuisce anche che Thomas gli sta dando una possibilità di non finire impiccato: se si scaglierà su di lui, Thomas lo ucciderà, evitandogli una morte infamante. Paul guarda l’uomo che ama, l’uomo che poco fa gli si è offerto non perché lo amasse, ma perché sapeva che stava per tradirlo. Vorrebbe sapere il perché, mille perché, ma non c’è più tempo, il tempo basta appena per accettare l’offerta di Thomas, che non lo ama, di questo ora Paul è dolorosamente conscio, ma gli offre una via di fuga dall’infamia e dalla sofferenza di essere stato tradito proprio da lui.

Paul si scaglia su Thomas. Thomas spara. Il proiettile si conficca nella fronte di Paul. Thomas lo ha tradito, ma ha mantenuto la sua ultima promessa.

 

Thomas guarda il cadavere di Paul Lablanc steso sul pavimento, il sangue che cola dal buco che il proiettile ha aperto nella fronte.

Thomas ha concluso il suo lavoro. Era un lavoro di merda, il suo, lo sapeva fin dall’inizio. Lo è stato fino all’ultimo.

 

 

 

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Area aperta

Storie

Gallerie

Indice