8. Riti

 

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Adam lascia la Whitefarm con Martin Goldberg. Martin gli piace molto come persona. Anche fisicamente non è male. Ha barba e capelli di un castano chiaro e occhi azzurri, ma è alquanto stempiato, pur essendo ancora molto giovane.

Attraversano una regione collinosa, con poche piantagioni. Martin racconta:

- Il primo dei Goldberg a stabilirsi alla Giamaica fu un mio antenato, che comprò una vasta area oltre centocinquant'anni fa, quando l'isola passò dalla Spagna all'Inghilterra. Le terre vicino a quella che è oggi Spanish Town costavano molto, per cui preferì acquistare una proprietà più isolata e meno facilmente raggiungibile, ma più vasta.

- Non avete avuto difficoltà con i maroon? Siete vicini ad aree dove sono numerosi, no?

- Sì, parecchi maroon vivono più a nord e soprattutto ad ovest, ma non abbiamo mai avuto problemi. Alcuni vengono nella piantagione per farsi curare dal nostro myal. Mio padre non ha mai ostacolato queste pratiche, né le cerimonie notturne che si tengono e a cui partecipano anche molti negri che non sono nostri schiavi. Ciò ci ha permesso di stabilire buoni rapporti con i maroon.

- Una scelta molto saggia, direi. Ma l'essere lontani da Spanish Town non è stato un problema nemmeno durante la grande rivolta di Natale?

Martin Goldberg alza le spalle.

- No, noi non abbiamo avuto grandi problemi. Le dirò, nella nostra piantagione gli schiavi sono sempre stati trattati in modo umano, a differenza di quanto avviene in altre. Di fatto, li stiamo preparando a diventare uomini liberi.

Martin descrive la situazione. La piantagione è proprietà di suo padre, Richard.

- È stato lui a cambiare le condizioni degli schiavi. Da giovane trascorse due anni negli Stati Uniti, a Boston. La morte improvvisa di mio nonno lo costrinse a tornare e portò con sé una moglie e nuove idee.

- Sua madre è americana, quindi?

- Sì. Abbiamo diversi parenti negli Stati Uniti, anche perché mio fratello maggiore si è sposato a New York: ha conosciuto la sua attuale moglie mentre era in visita dagli zii e... non è più tornato alla Giamaica, se non per brevi periodi.

- Quindi è lei ad affiancare suo padre nella conduzione della piantagione? O ci sono altri fratelli?

- No, io do una mano, ma chi davvero se ne occupa è mio cognato. È molto più portato di me per questo lavoro. Io... non sono tagliato. Mi incuriosiscono molto di più le credenze dei negri, i loro riti, che spesso vengono dall'Africa, ma si sono mescolati con il Cristianesimo, con tradizioni locali... c'è un po' di tutto. Ho più la stoffa dello studioso che del piantatore. Per fortuna mio cognato è la persona adatta ad affiancare mio padre.

Adam chiede:

- E come mai ha incominciato a interessarsi dei riti dei neri?

- Ho avuto modo di assistere all'attività di questo myal, almeno a quelle che non si svolgono in segreto. Le ho trovate affascinanti e ho visto diversi schiavi guarire dopo aver preso parte ai riti. Questo mi ha incuriosito e ho cercato di saperne di più. Gli schiavi hanno finito per accettare la mia presenza. Di solito sono diffidenti nei confronti dei bianchi, ma ormai mi considerano uno di loro. Non fanno più caso al colore della mia pelle.

Martin ride. Ha una bella risata, allegra. Adam domanda ancora:

- Pensa che riuscirò a farmi raccontare qualche cosa e ad assistere alle cerimonie?

- Sì, farò da intermediario, chiedendo al myal. Non credo che dirà di no. Qualche volta mio cognato ha assistito: anche lui era curioso di capire. Mio fratello invece non ne ha mai voluto sapere: dice che sono solo superstizioni.

Chiacchierano ancora a lungo. A un certo punto Adam chiede:

- Lei è mai stato in Inghilterra?

- No. Avrei dovuto partire quando scoppiò la grande rivolta. Mio padre avrebbe preferito che io partissi lo stesso: anche se da noi gli schiavi erano tranquilli, sarebbe stato contento di sapere che almeno due dei suoi figli erano al sicuro, uno a New York e uno a Londra. Ma io non ne volli sapere. Mi sarebbe sembrato di tradire.

Adam annuisce. Capisce benissimo la scelta di Martin.

Martin prosegue:

- Di recente mio padre è stato a Londra, per affari, ma non mi ha proposto di accompagnarlo. E so che quando non mi invita, significa che non mi vuole tra i piedi.

- Adesso però suo padre è tornato.

- Sì, è arrivato qualche settimana fa, poco prima di lei. In effetti se non ci sono novità, credo che l’anno prossimo andrò a Londra. Sono l’unico della famiglia a non averci mai messo piede, ormai. Ma le dirò, Woolwich…

Martin si ferma, come incerto.

- Sì, Goldberg? Mi dica.

- Quello che davvero mi piacerebbe è andare a Haiti, per confrontare i riti degli hûngun con quelli del myal e degli obeah.

- Gli hûngun?

- I loro sacerdoti. Gli schiavi portati a Haiti dai francesi non provenivano dalle stesse regioni di quelli portati alla Giamaica dagli inglesi. Ma credo che un confronto tra i loro riti e quelli praticati qui sarebbe interessante.

- Sì, lo credo anch’io.

Goldberg aggiunge:

- E soprattutto vorrei andare in Africa, nella Guinea, per scoprire le credenze che hanno in quella regione, da cui provengono molti schiavi della Giamaica. Ma non credo che ci riuscirò mai.

- Perché dice questo?

- Mio padre sarebbe disposto a pagarmi due anni in giro per l’Europa, ma neanche un giorno nelle foreste africane. Lo giudica troppo pericoloso. E credo che abbia ragione. Ma mi piacerebbe lo stesso partire.

 

Alla piantagione Adam fa conoscenza con la famiglia di Martin: il padre Richard, il cognato Frank e la sorella Fanny. Tutti accolgono cortesemente l’ospite inatteso che Martin ha portato con sé e la prima impressione che Adam si fa dei Goldberg è molto favorevole.

Nei primi due giorni di permanenza di Adam nella proprietà, Martin lo accompagna in giro e gli fa conoscere molti di coloro che vi lavorano. A tutti Martin spiega che Adam è un giornalista e che vuole conoscere la vita nelle piantagioni della Giamaica e che perciò andrà in giro a fare domande. Frank è molto indaffarato, ma quando Adam e Martin arrivano dove sta lavorando, è sempre disponibile a fornire informazioni. Ad Adam Frank piace molto: è un uomo con le idee chiare, energico e deciso.

Il terzo giorno a colazione Martin dice:

- Woolwich, adesso conosce la piantagione e chi vi lavora conosce lei. Io sono a sua disposizione se vuole che l’accompagni, ma lei può andare dove vuole.

 

Parlando con i sorveglianti e gli schiavi, Adam trova una conferma di quanto Martin gli ha raccontato: gli schiavi della piantagione godono di ampia libertà di movimento, non subiscono punizioni corporali e ricevono anche un piccolo salario.

Adam ne discute con Richard Goldberg e con Frank Miller.

- Perché avete scelto di pagare una certa somma agli schiavi?

È Goldberg a rispondere:

- La schiavitù ha fatto il suo tempo e gli schiavi presto saranno liberi. Dobbiamo prepararci a questo cambiamento.

Frank aggiunge:

- È bene che si abituino a ricevere un salario, legato al loro lavoro.

- Questo però aumenta i costi di produzione.

- Sì, certamente, ma quando gli schiavi saranno liberi sarà più facile che rimangano nella piantagione.

- Gli altri piantatori con cui ho parlato pensano tutti che la liberazione degli schiavi metterà in crisi l’economia dell’isola.

Frank interviene nuovamente:

- Non c’è dubbio, ma questa è la direzione in cui ci muoviamo e allora l’unica cosa da fare è prepararsi.

Fanny è incinta e ormai non manca più molto al parto. Inizialmente Adam scambia con lei qualche parola per cortesia, ma si accorge presto che è una donna intelligente e un’ottima osservatrice. Parlare con lei si rivela sempre stimolante.

- Non le pesa vivere qui?

Fanny ride. Ha una bella risata.

- Sono nata qui e sono sempre vissuta qui. Riconosco che New York è affascinante e amo i concerti e i teatri e le feste, ma dopo dieci giorni mi viene una terribile nostalgia di casa.

- Capisco che per lei sia la sua casa, ma è una proprietà abbastanza isolata, in questi tempi turbolenti. Non ha avuto paura, durante la grande rivolta di Natale?

- Tutti noi avevamo paura, anche se i negri qui erano tranquilli.

- Mi stupisce che i suoi non l’abbiano mandata almeno a Spanish Town.

Fanny ride di nuovo.

- Signor Woolwich, non è facile mandarmi da qualche parte, se non sono d’accordo.

- Qui era in pericolo.

- Qui c’era mio marito, c’erano mio padre, mia madre e mio fratello. Era l’unico posto in cui aveva senso che io stessi.

Adam capisce il punto di vista di Fanny.

C’è un momento di silenzio, poi Fanny chiede:

- Lei è sempre vissuto a Londra, signor Woolwich?

- Sì. Ho trascorso qualche periodo fuori città, ho viaggiato in Europa e nel Mediterraneo, ma la mia vita è a Londra. Sono un cittadino, anche se, come tanti cittadini, adoro la campagna. Diciamo che in Inghilterra è più facile godere della campagna e della città. Qui la scelta è più radicale. A meno di non considerare una città Spanish Town.

Fanny scuote il capo:

- Per pensare che Spanish Town sia una città, bisogna non aver mai messo piede fuori dalla Giamaica.

 

Il giorno seguente Martin gli dice:

- Questa notte il myal officerà una cerimonia. Ha piacere di assistere?

- Certamente! Di che cosa si tratta?

- Di un rito per un bambino che ha compiuto novanta giorni. Qui i negri sono tutti cristiani, ma di solito tengono molto anche a queste cerimonie pagane. Comunque il myal invoca anche i santi, in particolare san Giovanni Battista. Dà una patina cristiana a una cerimonia pagana.

- Mi piacerebbe davvero assistere. Ma, mi dica, i pastori non hanno nulla a ridire su queste pratiche?

- Alcuni storcono la bocca, ma cercare di proibirle non avrebbe senso. I più saggi le tollerano e cercano di ridurne l’uso.

- Sono curioso di vedere questa cerimonia.

- È molto semplice, Woolwich. Non è un sacrificio rituale come quello a cui ha assistito, non è un grande rito pubblico. È una cerimonia privata, a cui partecipano coloro che lo desiderano. Non si aspetti grandi cose.

- Per incominciare andrà benissimo.

- Oggi accompagno Frank nella foresta dove ci riforniamo di legname. Ci sono da fare alcuni controlli. È un’area che non le ho fatto visitare. Vuole venire con noi?

- Volentieri.

È la prima volta che Frank li accompagna e Adam ha occasione di parlare con lui a lungo. Adam si trova bene con lui, come con Martin, anche se i due cognati sono molto diversi. Martin è piuttosto uno studioso, riflessivo e tranquillo, che si esprime in modo sempre pacato e preciso. Frank è un uomo con un forte senso pratico, di temperamento sanguigno, che spesso si esprime in modo rude. Come maschio Frank gli piace molto.

Nel bosco, Martin gli fornisce informazioni sulla flora e sulla fauna dell’isola, facendogli osservare piante e animali. Frank invece gli racconta dei problemi legati allo sfruttamento forestale.

In tarda mattinata, conclusi i controlli, Frank propone di bagnarsi in uno dei torrenti che scendono dalla collina, formando pozze in cui è possibile immergersi. Lasciano i cavalli vicino e sulla riva si spogliano. Martin ha un corpo armonioso e snello: è senza dubbio un bell’uomo, anche se fisicamente non è il tipo di maschio che piace ad Adam. Frank è piuttosto massiccio e alquanto villoso, non è bello, ma Adam lo apprezza. È anche alquanto dotato.

Si immergono nell’acqua, che è fresca. Sguazzano un po’, poi escono e si stendono.

Frank dice:

- Bagnarsi in queste giornate è una meraviglia.

Martin osserva:

- Mi sa che tu non ti prendi spesso un momento di pausa per bagnarti. Sei sempre lì a lavorare.

Frank ride.

- Non mi sottovalutare. Ogni tanto un bel bagno me lo faccio anch’io.

Adam non dice niente. Il corpo nudo di Frank steso vicino a lui accende il suo desiderio. Adam preferisce guardare il cielo, per evitare di ritrovarsi con un’erezione imbarazzante.

Guardando in alto Adam scorge un uccellino con le penne di un verde intenso e una macchia rossa sotto il becco. Lo indica ai suoi compagni:

- Che bello quell’uccello!

Gli risponde Frank:

- È un todi verde.

Martin aggiunge:

- Per i negri qui è un uccello sacro. Le sue piume sono usate in diverse cerimonie. Quelle verdi sono un simbolo di vita. Quelle rosse dell’amore che dà la vita. Sono considerate i talismani più potenti, ma chi uccide un todi per procurarsele va incontro alla morte. Neppure i myal possono farlo.

- E allora, come è possibile procurarsele? Catturando l’uccello e spiumandolo quando è ancora vivo?

- No, no. Perderebbero tutto il loro potere. Si possono raccogliere solo quelle che si trovano, perché allora sono un’offerta degli spiriti. Ma non è facile trovarne, soprattutto quelle rosse. E servono solo le piume, le penne non hanno nessun potere. Perciò per i filtri d’amore si usano i semi del mahoe, che si possono raccogliere. Ma non hanno il potere delle piume rosse del todi.

Frank ride e osserva:

- Martin è un’enciclopedia vivente. Qualunque cosa voglia sapere della flora o della fauna, della storia o degli usi dei negri della Giamaica, può rivolgersi a lui, signor Woolwich.

- Non mi prendere in giro, Frank.

- Non ti sto prendendo in giro. Dico sul serio. E credo che il signor Woolwich abbia già avuto modo di accorgersene.

Adam sorride e dice:

- Sì, l’avevo pensato anch’io.

Frank si alza. Ora Adam può vederlo da sotto e non riesce a non fissare il cazzo vigoroso.

- Per me è ora di andare, ma voi potete rimanere.

Martin chiede:

- Che cosa preferisce fare, Woolwich?

Adam si rende conto che il suo corpo sta reagendo. È meglio rivestirsi.

- Mi muoverei volentieri.

E mentre lo dice, Adam si alza e si infila le mutande. Poi indossa pian piano gli altri indumenti, mentre il suo sguardo indugia su Frank, che si sta anche lui rivestendo. Quando hanno finito di rivestirsi, Adam ha il cazzo duro, ma gli abiti lo nascondono.

 

La sera Martin e Adam raggiungono il luogo della cerimonia, che si trova oltre le abitazioni degli schiavi, ai margini del bosco. Una torcia legata a un palo illumina lo spiazzo. Ci sono già alcune persone sedute, tutte rivolte nella stessa direzione. Martin e Adam si siedono vicini, dietro gli altri partecipanti. La gente chiacchiera sottovoce. Nell'area davanti agli schiavi seduti c'è uno sgabello, a destra del quale due uomini stanno accatastando un po' di legna. Poi uno dei due porta un recipiente che posa sulla sinistra.

Martin sussurra:

- Il myal si siederà sullo sgabello. Il fuoco e l'acqua sono i due elementi della cerimonia. I genitori del bambino si metteranno in prima fila.

Arrivano altre persone. Adam non può fare a meno di notare un magnifico nero, a torso nudo. L'uomo si siede davanti ad Adam, un po' spostato sulla destra. Adam fissa la schiena dell'uomo, appena visibile nell'oscurità. Ha la gola secca.

Martin gli indica un albero, dietro lo sgabello.

- Quell’albero è un guaiaco, lo chiamano anche albero della vita. Spesso le cerimonie si svolgono ai piedi di un guaiaco. È presente in diverse aree dell’isola e i myal usano la corteccia, le foglie, i fiori e i frutti nei loro preparati. 

Nell’oscurità Adam non può distinguere bene l’albero. Si limita ad annuire.

Arriva una coppia. L'uomo porta in braccio un bambino piccolo. I due si vanno a sedere davanti agli altri, di fronte allo sgabello.

- Quello è il bambino per cui si tiene la cerimonia.

Uno dei due uomini che hanno preparato l'occorrente per la cerimonia prende la torcia e la muove tre volte verso destra e tre volte verso sinistra. Tutti tacciono. Allora l'uomo avvicina la torcia alla piccola catasta di legno, che prende fuoco. Quando le fiamme si alzano, l'uomo toglie la torcia, la fissa nuovamente al palo e si siede.

Tutti rimangono in silenzio, in attesa. Adam non dice nulla: ha capito che la cerimonia sta per incominciare e ora bisogna tacere. L'attesa si prolunga e ogni tanto lo sguardo di Adam si posa sulla schiena del nero davanti a lui.

Un uomo esce dal bosco e si siede sullo sgabello. Ha in mano una striscia di tessuto. Si china in avanti e la posa tra l'acqua e il fuoco. Il padre del bambino si inginocchia e posa il piccolo sulla stoffa, poi torna a sedersi.

Il myal rimane immobile. Nessuno parla. Il myal prende qualche cosa da una borsa che porta alla cintura e lo getta nell'acqua del recipiente. Poi immerge la mano nell'acqua, la toglie e fa schizzare alcune gocce sul fuoco. Rimane immobile, poi immerge nuovamente la mano e raccoglie un po' d'acqua, che fa cadere sulla fronte del bambino. Muove la mano sopra il piccolo, tracciando nell'aria una serie di segni. Poi prende il recipiente dell'acqua e ne versa un po' sul fuoco, che si spegne. Si innalza un fumo denso. Il myal passa due dita sulla legna annerita e traccia dei segni sul corpo del piccolo. Poi piega la tela, in modo da avvolgerlo.

La madre del bambino lo prende in braccio.

Il padre del bimbo si avvicina al myal, che raccoglie un po' d'acqua e lo versa sul capo dell'uomo, mormorando qualche parola. Poi il padre si ritira ed è la madre ad avvicinarsi, dopo aver affidato il bambino all'uomo. Anche a lei il myal versa un po' di acqua sui capelli e dice qualche cosa. La donna lo guarda e risponde. C'è un breve dialogo, poi la donna si ritira. Il padre l'ha aspettata e ora la coppia se ne va, la madre tiene il bambino in braccio.

Martin gli aveva detto che si trattava di una cerimonia molto semplice, ma Adam è ugualmente un po' deluso. Si aspettava qualche cosa di più.

Uno dopo l'altro i partecipanti si avvicinano al myal, che ripete gli stessi gesti. Dopo aver ricevuto la benedizione, ognuno si allontana.

Martin sussurra ad Adam:

- Il myal benedice i partecipanti e talvolta dice loro qualche cosa sul futuro. Vuole partecipare anche lei?

- Posso? Non è... non vorrei che apparisse una mancanza di rispetto...

- No, no, se le interessa davvero, può farlo. Se invece non le va, è meglio evitare. Il myal è in grado di cogliere il suo atteggiamento.

- No, lo faccio volentieri. Lei lo fa?

- Sì, sempre. Vado prima di lei e poi rimarrò vicino, se non capisce qualche cosa. Già l’inglese degli schiavi non è propriamente inglese, ma durante le cerimonie il myal usa molte parole africane.

Adam sorride.

- Confesso che qualche difficoltà con l’inglese che parlano qui l’ho avuta, soprattutto all’inizio, ma me la cavo abbastanza.

Uno dopo l'altro, tutti i partecipanti ricevono la benedizione. Quando il nero che Adam ha notato si allontana, Martin sussurra:

- Quello è un maroon. Vive non lontano da qui e viene spesso alla piantagione.

Quando tutti i neri se ne sono andati, Martin sussurra ancora ad Adam:

- Non dica nulla quando sarà di fronte al myal, qualunque cosa lui dovesse dirle.

Poi Martin si avvicina all'officiante. Il myal gli versa un po' d'acqua sul capo e mormora poche parole. Martin si scosta e Adam si inginocchia davanti al myal. Questi lo guarda, a lungo, senza dire nulla. Adam si sente a disagio. Si chiede se non ha sbagliato a farsi avanti.

Il myal immerge le dita nella cenere e traccia una croce sulla fronte di Adam. Ripete il gesto e gli traccia una seconda croce sul collo. Gli fa segno di aprire la camicia e quando Adam esegue, gli traccia una terza croce di cenere sul petto, all'altezza del cuore.

Il myal guarda Adam e dice:

- Morte.

C'è un momento di silenzio, poi il myal mormora altre parole, che Adam non capisce. Lo sente solo ripetere due volte la parola "morte".

Adam è turbato. Rimane immobile, in attesa, ma il myal tace.

Poi il myal solleva il recipiente dell'acqua e con un gesto brusco la getta in viso ad Adam. Adam rimane paralizzato. Ha trattenuto l'esclamazione che gli è venuta alle labbra, memore dell'avvertimento di Martin. Si chiede se ha fatto qualche cosa che non andava e il myal ha voluto offenderlo. Ma il myal lo sta osservando con attenzione. Guarda i tre punti in cui ha tracciato le croci. Annuisce. Mormora ancora qualche cosa, in cui ritorna la parola "morte". Poi fa un cenno con il capo.

Martin sussurra:

- Andiamo, Woolwich.

Adam china il capo e si alza. È tutto bagnato e alquanto turbato. Che cosa è successo? Perché il myal gli ha tracciato quelle croci sul corpo? Perché gli ha gettato l'acqua addosso?

Alla luce della torcia Adam vede appena il viso di Martin. Gli sembra che anche il suo amico sia piuttosto scosso.

Quando sono vicino alla casa padronale, Adam si ferma.

- Che cosa è successo, Goldberg? Perché il myal ha fatto quello che ha fatto, le croci, l'acqua?

- Non sono in grado di spiegarglielo, se non in parte, Woolwich. Mi è capitato due volte che durante le benedizioni, al termine di una cerimonia, qualcuno ricevesse un trattamento inatteso. Il myal ha letto qualche cosa. Le croci... sono un pericolo.

- Una minaccia di morte, vero, Goldberg?

Martin esita. Adam insiste:

- Mi dica la verità, Goldberg. Non sono un bambino. Che cosa ha detto il myal, Goldberg?

- Che lei corre un pericolo mortale. Che qualcuno cercherà di ucciderla. Che soffrirà molto.

Adam annuisce. Chiede ancora:

- E l'acqua?

Il myal le ha gettato l'acqua addosso per vedere se le croci venivano cancellate.

- E allora?

- Se la croce viene cancellata, la minaccia può essere sventata.

Adam sa che a casa si guarderà allo specchio. A Martin preferisce non chiedere. Ricorda bene che il myal ha di nuovo parlato di morte, dopo avergli gettato l'acqua addosso. Chiede:

- Qual è l'ultima cosa che il myal ha detto?

Martin esita. Poi dice:

- Che solo la morte può spegnere la sofferenza.

Martin aggiunge:

- Mi spiace, Woolwich, non avrei proprio dovuto proporle di partecipare.

- Gliel'ho chiesto io, Goldberg.

- Sì, ma... In ogni caso non... non significa molto. In questi riti...

- Non si preoccupi, Goldberg. Non mi farò spaventare. Ma questo viaggio è incominciato male e può darsi che sia destinato a proseguire peggio.

Adam non è spaventato, ma sente un peso che l’opprime. Il pensiero va a Thomas, all'uomo di cui si è innamorato e di cui non sa più nulla.

Arrivati a casa, Adam si accorge che Martin lo sta guardando. Sta osservando se le croci sono state cancellate. Gli sembra che il suo amico sia angosciato. Le croci devono essere ancora al loro posto. Adam non chiede, non dice nulla. Saluta Martin e sale in camera.

Si guarda allo specchio. La croce sulla fronte e quella sul collo sono scomparse, ma quella sul cuore è ancora perfettamente visibile.

Adam annuisce. In fondo se l'aspettava. Adam si spoglia e si asciuga, ma non cancella la croce. Non sa perché non lo fa. Vagamente ha coscienza di non poter sfuggire al proprio destino.

 

Il mattino seguente Adam si alza presto. Apre la finestra e guarda fuori. È una giornata di sole intenso. Il senso di oppressione della sera prima è svanito, ma è rimasta la tristezza. Adam mormora:

- Thomas.

Scuote la testa. Probabilmente non vedrà mai più Thomas. Ma se davvero deve morire qui su quest'isola, se in questo paradiso di luce e di verde lo aspetta la morte, vorrebbe poterlo rivedere almeno una volta, vorrebbe poterlo stringere tra le braccia.

A colazione Adam si accorge che Martin è a disagio. Quando si alzano, Martin cerca di tornare sull'argomento:

- Non dia troppo peso a questi riti, non...

Adam lo blocca:

- Lasci perdere, Goldberg. E se ci saranno altre cerimonie, avrei piacere di partecipare.

- Ne è sicuro?

- Sì, Goldberg. Sono curioso, lo sono sempre stato. Faccio il mio lavoro, fino in fondo. E non mi faccio spaventare facilmente. Non ho mai creduto ai presagi, ma questo viaggio...

Adam pensa all'incontro con Thomas a Londra. Scuote la testa. Prosegue:

- Questo non è un viaggio come un altro, è incominciato subito in modo… insolito. Succederà quello che deve succedere.

Martin esita un momento, poi dice:

- Sulle Blue Mountains c'è un myal molto potente. È considerato uno di quelli che possono aprire le porte.

- Aprire le porte?

- Sì. L'idea è che il destino chiude le porte e non ci lascia vie d'uscita, ma quest'uomo pare sia capace di aprire le porte, di modificare il destino.

Adam guarda Martin:

- La predizione di ieri sera l'ha spaventata, Goldberg.

Martin sorride, un po' imbarazzato.

- Più di quanto ha spaventato lei, Woolwich. Lei ha fegato.

Adam pensa a quando Thomas gli ha detto che aveva i coglioni. Com'è possibile che il pensiero vada sempre a un uomo di cui due mesi fa non conosceva neppure l'esistenza e che non vede da settimane?

- Forse. Secondo lei dovrei contattare questo myal?

- Se le va.

- Sì, lo faccio volentieri. Questo mondo mi incuriosisce.

- Va bene. Me ne occuperò. Ci vorrà tempo. Ma adesso cambiamo argomento. Oggi è sabato e questa sera gli schiavi fanno una festa. Vuole assistere?

- Sì, certamente.

Adam partecipa volentieri. Sa che i lettori del Times apprezzeranno la descrizione di una festa in una piantagione della Giamaica e in ogni caso Adam è interessato a conoscere la vita dei neri. L’esperienza della cerimonia non è sufficiente a scoraggiarlo. Ma in giornata il pensiero va spesso a Thomas e Adam avverte la sofferenza.

 

Nel pomeriggio Fanny osserva:

- Oggi mi sembra turbato, signor Woolwich.

Adam è stupito dalla franchezza di Fanny. In Inghilterra non è abituale che qualcuno faccia osservazioni personali così dirette. Ma Fanny gli è molto simpatica e Adam parla volentieri con lei.

- La cerimonia di ieri sera ha avuto uno sviluppo imprevisto. E ha risvegliato ricordi…

- Lei dev’essere una persona molto serena, ma a tratti mi sembra di scorgere una sofferenza.

Adam guarda Fanny e annuisce.

- Sì, sono sempre stato contento della mia vita, mi lancio con entusiasmo in ciò che intraprendo e non ho rimpianti o rimorsi.

Fanny annuisce e dice:

- Ma…

Adam la guarda. Annuisce e conclude la frase che Fanny ha lasciato in sospeso:

- Ma questo viaggio ha aperto una ferita, profonda. E… non so perché le dico queste cose.

- Perché io gliele ho chieste. Non voglio apparire invadente, ma vorrei che fosse sereno. Ho molta stima di lei e in qualche modo mi sono affezionata a lei. So di poterlo dire, perché sono sicura che non mi fraintenderà.

- No. La ringrazio, anche se non so che cosa ho fatto per meritare la sua stima.

- Signor Woolwich, credo che lei sia un uomo intelligente e molto generoso, che ha degli ideali e il coraggio di lottare per essi.

Adam è stupito: Fanny lo conosce da pochi giorni appena. Esprime apertamente la sua perplessità:

- Mi conosce così poco.

- Lei è un uomo aperto e sincero, come Frank. Non si nasconde, non finge di essere ciò che non è, come… altri.

- Grazie.

La donna continua:

- Per questo mi spiace vederla turbato. Ma quando qualche cosa ci tocca davvero nel profondo, non si può ignorarla, si può solo cercare di imparare a convivere con la sofferenza.

Adam annuisce.

- Sì, è vero.

Poi aggiunge:

- Grazie per tutto ciò che mi ha detto. E le confesso che sto benissimo qui e mi sono affezionato anch’io a lei e a Martin. Non pensavo di trovare…

Adam si interrompe. È Fanny a proseguire, con un sorriso:

- Di trovare piantatori con una mentalità un po’ più aperta?

- Sì. Mi rendo conto di avere pregiudizi, ma sulla nave che mi ha portato qui ho sentito il signor Crosstree dire cose… che non posso assolutamente condividere. E… non era l’unico.

Adam vorrebbe far riferimento a quanto ha sentito di Lablanc, ma è stato suo ospite e gli sembrerebbe di essere scortese nei suoi confronti.

- Tra i piantatori certe idee sono molto diffuse. Mio padre rimase a lungo a New York e lì incominciò a vedere le cose in altro modo. Ma chi è rimasto sempre in quest’isola o ha viaggiato solo in Virginia o in Georgia, tra i piantatori che usano schiavi, non ha avuto modo di confrontarsi con idee diverse.     

- Credo che la schiavitù non abbia senso, che sia un’offesa alla dignità umana, per chi è schiavo come per chi possiede uno schiavo.

– Sono d’accordo con lei, signor Woolwich. Speriamo in un una decisione del Parlamento inglese o la schiavitù finirà nel sangue, con una rivolta, come a Haiti.

- Come quella di Natale che c’è stata qui. È stato sparso molto sangue, durante la rivolta e dopo. Ho sentito parlare di punizioni feroci per i ribelli.

- Sì. La violenza porta altra violenza. Si formarono gruppi che attaccavano gli schiavi ribelli e parecchi furono massacrati. I negri reagirono e anche diversi bianchi vennero uccisi, come il figlio del signor Lablanc.

Adam è sorpreso.

- Il figlio del signor Lablanc? Non ne sapevo niente.

- Non parla certo volentieri della morte di suo figlio. Era l’unico maschio. Guidava una squadra che attaccava gli schiavi fuggiti dalle piantagioni e uccideva i capi dei ribelli, spesso in modo orribile. Venne ucciso in uno scontro.

Adam annuisce. Ora capisce i motivi della ferocia di Lablanc nei confronti dello schiavo che aveva cercato di rubare gli animali.

 

La festa incomincia dopo il tramonto. Adam e Martin raggiungono le capanne degli schiavi. Sentono non lontano il richiamo dei tamburi.

La festa si tiene nella stessa area della cerimonia, ma su uno spazio molto più ampio. Ci sono alcune torce accese ai margini e su un lato alcuni suonatori accovacciati davanti ai loro tamburi. Adam nota che solo due di loro stanno suonando, di certo per chiamare la gente alla festa. Gli altri per il momento si limitano a guardare chi arriva.

Adam e Martin si siedono ai margini del bosco.

- Io ballo di rado, ma se ha piacere di farlo, non credo che ci siano problemi.

Adam scuote la testa.

- No, di certo non questa sera. Prima voglio farmi un’idea di come si svolge una festa.

Parecchia gente arriva. Qualcuno si siede, altri rimangono in piedi e chiacchierano. Adam nota che c'è anche il maroon che ha partecipato alla cerimonia. Lo guarda. È davvero un magnifico maschio, un corpo vigoroso, braccia e mani forti. L’uomo sembra avvertire lo sguardo di Adam su di sé. Si volta e fissa Adam, che non abbassa gli occhi. L’uomo sorride e nuovamente dà le spalle ad Adam.

Il ritmo dei tamburi diventa più rapido e il suono più forte. Uno dopo l’altro tutti i suonatori incominciano a battere. Tra gli uomini e le donne in piedi, qualcuno incomincia a muoversi al ritmo della musica, altri si siedono, mentre alcuni di quelli che erano seduti si alzano per partecipare alla danza.

Adam osserva con attenzione. Uomini e donne non ballano a coppie: ognuno danza per conto proprio, trasformando il ritmo dei tamburi in movimento. Adam ammira la scioltezza e l’eleganza di molti dei danzatori. Adam ama ballare, ma i balli rigidamente codificati di Londra non hanno niente a che fare con questa danza, molto più spontanea.

A tratti uomini e donne si affiancano, formando catene che si muovono avanti e indietro, mentre il canto accompagna il suono dei tamburi. Poi le catene si sciolgono e tutti riprendono a danzare individualmente.

Man mano che la festa procede, Adam si rende conto che in realtà molti danzatori ballano in coppia, anche se non vi è un contatto fisico tra di loro: rimangono uno davanti all’altro, coordinando i loro movimenti. Quando le persone si raggruppano per danze collettive, alcune di queste coppie rimangono insieme, mentre altre si separano, di solito per ritrovarsi quando il gruppo si scioglie. Queste coppie sono formate da un uomo e una donna, ma anche da due donne o da due uomini o da una donna e un bambino: non sono poche le madri che ogni tanto danzano con i figli.

Qualcuno esce dalla danza e si siede, per poi riprendere dopo essersi riposato. Coloro che assistono senza partecipare sono pochi. Lo sguardo di Adam ritorna spesso al maroon. L’uomo non ha mai smesso di danzare. Ora il torace è coperto da un velo di sudore. Adam sente il desiderio, violento. Più volte i loro sguardi si incrociano. L’uomo si è accorto dell’interesse di Adam. Adam sa che dovrebbe evitare di fissarlo, ma non riesce a distogliere lo sguardo a lungo. Il suono dei tamburi, il buio della notte, la luce delle torce che sembra anch’essa danzare, i profumi della foresta, l’odore di sudore: Adam si sente ubriaco.

A un certo punto Martin dice:

- Woolwich, io preferisco andare a coricarmi. Ho promesso a mio padre che domani mattina l’avrei accompagnato alla fattoria dei Greenward e partiremo presto. Lei può rimanere finché vuole. Non ci sono rischi.

Adam annuisce. Non ha voglia di andare a dormire. Sa che non dormirebbe.

- Va bene, Goldberg. La ringrazio. Rimarrò.

Martin si allontana.

Adam guarda il maroon. Nuovamente i loro sguardi si incrociano. L’uomo si avvicina. Si ferma davanti ad Adam. Fa un cenno con la testa. È un invito.

Adam non aveva intenzione di unirsi alla festa, ma adesso si alza. L’uomo riprende a danzare, mentre arretra. Adam lo segue, cercando di prendere il ritmo dei tamburi. Danzano uno di fronte all’altro, guardandosi. Adam perde la nozione del tempo. Guarda quest’uomo potente che balla davanti a lui, il sudore che luccica sul suo corpo e ormai inzuppa i pantaloni. Adam vorrebbe toccarlo.

L’uomo si sposta, senza smettere di fissare Adam, che lo segue. Ora sono ai margini del bosco. Adam si rende conto che nello spiazzo in cui hanno danzato fino a ora sono rimaste poche persone. Anche il suono dei tamburi sembra spegnersi.

Quando sono tra gli alberi, il maroon prende la mano di Adam e si dirige verso il fitto del bosco. Adam lo segue. Non potrebbe fare altro. L’uomo lo spinge contro un albero e si appoggia su di lui. Le sue mani sfilano la camicia di Adam, gli aprono la fibbia della cintura, gli abbassano i pantaloni, mentre la sua bocca percorre il viso di Adam, il collo, i capezzoli, accarezzando con la lingua o mordendo.

Adam si ritrova a terra, i pantaloni abbassati. L’uomo preme su di lui. Adam sente una carezza umida contro il culo. Poi l’apertura che viene forzata, lentamente. Adam geme. Il cazzo che sta entrando è grosso e rigido. Adam non sa se sia più forte il dolore o il piacere, sa solo che non vuole sottrarsi. Adam sente il cazzo dell’uomo penetrare dentro di lui, sempre più a fondo. Il dolore cresce, ma anche il piacere.

Adam si abbandona a questo maschio potente che lo possiede con forza. È bello sentirne il cazzo che si fa strada, avanza e arretra, in un movimento ininterrotto. Adam geme, più volte. L’uomo continua a spingere avanti e indietro, finché non viene con una serie di spinte violente, che strappano ad Adam un gemito di dolore.

L’uomo si gira su un lato, afferra il cazzo di Adam e lo strofina vigorosamente, finché anche Adam non viene. Poi gli accarezza la testa, esce da lui, si alza e si tira su i pantaloni. Adam è intontito, ma si rialza. Si riveste. L’uomo lo prende per mano e lo conduce fino a un sentiero. Con la mano indica una direzione e poi se stesso. Poi dice una frase, che Adam capisce solo in parte, ma che interpreta come:

- La mia casa è là.

È un invito? Probabilmente sì. Adam pensa che nei prossimi giorni cercherà quest’uomo. Il maroon gli indica con un cenno la direzione opposta.

- La piantagione dei Goldberg.

L’uomo fa un cenno di saluto e si allontana.

Adam si guarda intorno. Non sa bene dove si trova. Percorre il sentiero in direzione della piantagione e sbuca vicino alle abitazioni degli schiavi. Si dirige verso la casa padronale. È esausto.

Nella propria camera si pulisce, prima di stendersi a letto. Si addormenta subito.

 

Il giorno seguente Adam è un po’ preoccupato. I partecipanti alla festa lo hanno visto allontanarsi con il nero. Qualcuno può aver intuito. E se qualcuno lo raccontasse ai Goldberg? Adam non ritiene di aver fatto niente di male, ma se si venisse a sapere si troverebbe in una situazione imbarazzante.

Nessuno però lo guarda in modo diverso dal solito e Adam si tranquillizza.

In serata la conversazione cade sulla Piccola Tratta. Adam dice a Richard Goldberg:

- Dicono che sia organizzata da uno dei piantatori.

- Può darsi, nessuno lo sa. E chi lo sa, di certo non lo va a raccontare.

- Ma ci sarà chi si procura gli schiavi in questo modo, no?

- Qui alla Giamaica no. I negrieri sanno benissimo che vendendo gli schiavi qui, rischierebbero di essere scoperti. E chi comprasse un negro rapito a Haiti, lo perderebbe se si venisse a sapere: in base alle leggi inglesi, non sarebbe uno schiavo, anche se regolarmente comprato. Vengono venduti negli Stati Uniti.

Goldberg non sembra essere più informato degli altri sulla tratta. E anche se lo fosse, non pare intenzionato a raccontare. Non è strano: chi non sa, non ha nulla da rivelare; chi sa, è complice e ha buoni motivi per tacere. Ma Adam esclude che tra i Goldberg vi possa essere qualcuno implicato nella tratta.

 

Due giorni dopo Adam cerca il sentiero da cui è arrivato la sera della festa. Non fa fatica a trovarlo. Lo percorre per un’oretta. Poi si ferma. Quello che sta facendo non ha nessun senso. Il maroon vive in questa direzione, ma dove? A che distanza?

Adam percorre ancora un tratto. Vede un corso d’acqua non lontano. Lascia il sentiero e lo raggiunge. Cammina un buon momento lungo il fiume, poi si siede sulla riva ai piedi di alcuni alberi e guarda la corrente.

Adam è contento di rimanere da solo. Ha bisogno di riflettere e questo angolo tranquillo è il posto adatto.

Sta svolgendo il suo lavoro. Ha raccolto parecchio materiale e ha già scritto alcuni articoli. Non li ha ancora inviati, perché prima vuole ottenere altre informazioni. Sulla piccola tratta non ha fatto molta strada, ma prima è opportuno completare il quadro della situazione generale: quando affronterà apertamente questo tema, rischia di suscitare ostilità e diffidenza, che gli renderebbero più difficile ottenere informazioni anche su altri argomenti.

Non è il lavoro a preoccuparlo. Sta facendo quanto deve.

Ma questo lavoro si concluderà con la sua morte? Ha affrontato gravi pericoli in alcune altre occasioni e non si tirerà indietro neanche questa volta. Sarà prudente, ma non rinuncerà a svolgere il suo lavoro.

Adam sa di non essere sereno, ma a turbarlo ora è altro. La sua sofferenza viene da più lontano e ha il volto di Thomas. Adam lo ama, come non sapeva di poter amare. Probabilmente non lo rivedrà più, ma il pensiero torna sempre a lui. Ha scopato con Lablanc e con il maroon: il suo corpo lo desiderava. Scopare con loro è stato bello, ha provato molto piacere, ma non la gioia tranquilla che rapporti come questi gli hanno sempre dato. Adam è abituato a cogliere ogni occasione che gli si presenta e a vivere un incontro serenamente. Scopare gli piace, molto, e non si tira indietro. Nella sessualità non vede colpa o peccato o vergogna. È solo gioia dei sensi. Ma ora che Thomas si è insinuato nella sua anima, questi rapporti non gli bastano più. Appagano un bisogno, ma acuiscono una sofferenza.

Adam rivede davanti a sé Thomas, lo rivede nudo quel giorno in cui sono sbarcati a Nassau e si sono bagnati e amati in quella spiaggetta isolata. Il desiderio si accende, violento, ma non c’è Thomas a calmarlo. Adam si appoggia una mano sui pantaloni e si accarezza. Poi si ferma. Chiude gli occhi. Mormora:

- Thomas.

Adam lascia che i pensieri vaghino. Il loro primo incontro, sulla porta del bordello dell’Irlandese. La sua goffaggine quando hanno scopato per la prima volta. Il momento in cui ha visto Thomas sulla nave ed è rimasto paralizzato dallo stupore. Shakespeare. L’amore. L’infelicità.

Adam apre gli occhi e guarda l’acqua che scorre lenta.

Rimane a lungo seduto.

D’un tratto si accorge della presenza di qualcuno. Alza la testa. È il maroon. L’uomo lo guarda e gli sorride. Poi si slaccia i pantaloni e li abbassa. Adam guarda il cazzo del nero.

Si mette in ginocchio, avvicina la bocca e avvolge la cappella con le labbra. È la prima volta che succhia un cazzo nero ed è curioso anche di questo. Ha sempre esplorato volentieri. È contento di poter guardare quest’uomo forte nella luce del giorno. Le sue mani stringono il culo del nero. Adam si ritrae, per contemplare un momento il cazzo teso. La sua lingua accarezza l’arma formidabile, poi la inghiotte nuovamente. È una sensazione intensa.

Il nero sorride. Adam si chiede se è la prima volta che un bianco gli succhia il cazzo, come per lui è la prima volta che lo succhia a un nero.

Il nero non avvisa Adam quando viene. Il seme inonda la bocca di Adam, che inghiotte. Il gusto non è diverso dal solito. Il nero si tira su i pantaloni, gli sorride e dopo avergli rivolto un cenno di saluto si allontana.

Adam ha il cazzo teso, ma non è venuto. Si sposta tra gli arbusti, in modo da non essere visibile. Si spoglia completamente, si stende, chiude gli occhi e incomincia ad accarezzarsi. La sua mano destra scorre sul viso, sul petto, sul ventre, sul cazzo, poi riprende a salire. Poi Adam si inumidisce l’indice della mano sinistra e lo fa scorrere sul solco tra le natiche, fino a stuzzicare l’apertura. Il dito si spinge dentro. Con la destra Adam continua ad accarezzarsi, mentre il desiderio diventa sempre più forte. Adam rivede Thomas, come ha potuto guardarlo quel giorno alle Bahamas, il corpo nudo, segnato dalle cicatrici, il cazzo teso. C’è un dolore sordo, che Adam cerca di ricacciare indietro, ma che non riesce a cancellare. Adam si afferra il cazzo, con rabbia. La sua mano si muove velocemente e infine il piacere esplode, mentre Adam mormora:

- Thomas!

Adam rimane un momento immobile, la sinistra con l’indice ancora infilato in culo, la destra che stringe il cazzo. Poi toglie le mani, si alza e raggiunge il torrente, dove si lava e nuota un momento.

Ritorna dove ha lasciato gli abiti, lascia che il sole lo asciughi, poi si riveste. Si sente addosso un peso che lo schiaccia.

 

Adam è dai Goldberg da dieci giorni, quando Richard Goldberg offre una cena ad alcuni piantatori della regione. La piantagione di Goldberg è lontana dalle altre e diversi ospiti si fermeranno a dormire. Tra questi è anche Paul Lablanc, che Adam non ha più avuto occasione di rivedere da quando si è trasferito dai Goldberg. Adam si chiede se Paul lo inviterà a scopare.

Tra gli invitati, c'è Steve Rund, un altro piantatore, che possiede una piccola proprietà. Rund è appena tornato da Spanish Town e arriva dai Goldberg nel tardo pomeriggio, un'oretta prima di cena. Esordisce dicendo:

- Avete sentito l’ultima novità?

- No. Che cosa?

- Hanno ammazzato Philip Strout, il mercante.

La notizia stupisce tutti. Strout era conosciuto da molti piantatori, perché era uno dei principali commercianti dell'isola. Adam non ha mai sentito nominare Strout, ma si avvicina anche lui per sentire che cosa ha da dire Rund: potrebbe emergere qualche informazione utile per gli articoli che sta scrivendo sull'isola.

Alcuni chiedono chiarimenti:

- È stato ammazzato? Da chi?

- Come mai?

- A Spanish Town?

Rund racconta:

- No, sulla costa del continente, vicino a Belize Town, dove la Mermaid è naufragata.

Adam è vicino a Goldberg e si accorge che il piantatore ha avuto un sussulto. Adam lo guarda. Goldberg sembra alquanto scosso. La notizia della morte di Strout non lo aveva certo turbato quanto il naufragio della Mermaid.

Goldberg chiede:

- La Mermaid è naufragata? Quando? E...

Adam si chiede se Goldberg conosceva qualcuno che si era imbarcato sul veliero o se invece aveva fatto qualche investimento nella nave o nel carico.

- Una storia incredibile. La nave era diretta a New Orleans, ma è incappata in una tempesta, che ha provocato diversi danni. Non poteva proseguire in quelle condizioni, per cui si sono diretti alla costa. Speravano di raggiungere Belize Town per le riparazioni da effettuare. Hanno raggiunto un villaggio, credevano che fossero taglialegna. Erano banditi. Li hanno attirati in una trappola, la nave si è incagliata e quei maledetti hanno fatto una strage.

- Sono morti tutti?

A chiedere è stato Goldberg. Adam si rende conto che il suo ospite è molto teso, anche se adesso cerca di nasconderlo.

- No, un gruppo è riuscito a fuggire prima dell'attacco. Tra questi c'era anche Strout.

- Ma non hai detto che Strout è stato ucciso dai banditi?

- Sì, ma non da quelli. Una storia assurda. C'era uno che aveva capito come stavano le cose e aveva anche cercato di mettere in guardia il comandante della Mermaid. Era Grandbreed, il comandante, quello che era stato espulso sei anni fa dalla Royal Navy per insubordinazione. Una testa di legno, quello. Non ha ascoltato questo tizio, Hardy si chiama. Hardy aveva capito che era una trappola.

Adam è rimasto paralizzato. Si tratta di Thomas Hardy? Non è possibile. Hardy dovrebbe essere alla Giamaica. Ma... aveva bisogno di soldi... E ora... È vivo? O è... Adam non osa formulare una domanda.

È Goldberg a chiedere:

- Hardy?

- Sì, Terence Hardy, no, no, Thomas Hardy si chiama. Dev'essere uno sveglio, quello. Ha capito che era una trappola e con alcuni dei passeggeri e un marinaio si è allontanato prima dell'attacco. Strout era tra quelli.

Adam ha registrato che Rund parla di Thomas al presente. Dev'essere ancora vivo. Ma questo Strout è morto. Adam vorrebbe poter chiedere, ma non osa. Potrebbe dire che conosce Thomas Hardy, che era sulla nave con cui è arrivato alla Giamaica. Ma non se la sente. Ha paura di tradire ciò che prova. Ha paura di sentirsi rispondere che anche Thomas è stato ucciso.

Rund prosegue:

- Sono sbarcati e si sono diretti verso sud, sperando di raggiungere Belize Town. Erano in otto, ma tre di quelli erano delinquenti. Sospettavano che Strout e un altro viaggiatore avessero parecchi soldi, perché viaggiavano nelle cabine doppie e non in quella comune. Hardy era con uno dei due, sembra che fosse al suo servizio. Quegli assassini si sono messi d'accordo con il servitore di Strout, Douglas, e hanno assalito gli altri.

- Dei banditi, dunque. Anche loro. Dalla padella nella brace. Povero Strout.

- Sì, banditi, e della peggiore specie. Hanno ammazzato Strout e un altro passeggero, ferito gravemente il marinaio e volevano far fuori gli ultimi due, Hardy e quello che viaggiava con lui. Quello che viaggiava con Hardy l'hanno disarmato e stavano per ammazzarlo, ma avevano fatto i conti senza l'oste. Che in questo caso era Hardy. Dev'essere davvero un tipo tosto. Non sono riusciti a prenderlo di sorpresa e lui li ha ammazzati, tutti e quattro. Da solo. Ha liberato l’altro e non ha mica abbandonato il marinaio ferito. Ha fatto in modo di portarlo con sé fino a un forte.

Adam avrebbe bisogno di sedersi. Fa fatica a stare in piedi. Ma non vuole perdere una parola del racconto.

Qualcuno chiede dettagli. Rund è molto ben informato. Un altro chiede:

- Come ha saputo queste cose, signor Rund?

- È arrivata una nave da Belize Town, con questo Ben, che è convalescente, e la notizia della distruzione del villaggio di quei banditi. La Royal Navy l'ha raso al suolo e ha impiccato tutti quelli che ha preso.

Dopo alcune altre domande, è Lablanc a chiedere:

- E Hardy? È a Spanish Town, ora?

- No, non è tornato alla Giamaica. Con l'altro passeggero è partito per New Orleans, con una nave, direttamente da Belize Town. D’altronde la Mermaid era diretta a New Orleans.

Qualcuno osserva:

- Questo Hardy dev'essere fenomenale.

Paul Lablanc sorride e dice:

- Io l'ho conosciuto. Ho fatto con lui il viaggio da Nassau a Kingston, sull'Argus. Ma il signor Woolwich lo conosce meglio di me: si erano imbarcati tutti e due a Londra e, se posso dire, signor Woolwich, avevate fatto amicizia, no?

Adam farebbe volentieri a meno di parlare. Si è un po' ripreso, ma preferirebbe rimanere nell'ombra. Non può però tirarsi indietro:

- Sì, facemmo conoscenza sulla nave. Un militare, era tenente. Sicuramente un uomo coraggioso e intelligente. Ed era un piacere parlare con lui.

Rund annuisce:

- Non faccio fatica a crederlo, signor Woolwich. Se solo la metà di quel che racconta questo marinaio è vero, e non vedo perché non dovrebbe esserlo, questo Hardy dev'essere un tipo fuori del comune. 

Molti chiedono dettagli a Rund, che racconta volentieri ciò che sa. Anche Lablanc fornisce qualche informazione su Thomas. Adam rimane in silenzio. Osserva gli ospiti e gli sembra che siano oltre una parete di vetro, separati da lui, anche se vicini. Quando lo sguardo cade su Goldberg, vede che il padrone di casa ha recuperato la serenità. Di tutti gli uomini sulla nave, si sono salvati solo Thomas, l'uomo con cui viaggiava e il marinaio. Il carico è sicuramente andato perso. Perché Goldberg era preoccupato e adesso invece è sereno? Adam non sa formulare una risposta a questa domanda. Goldberg non può conoscere Thomas. Forse conosce l'altro passeggero, quello che viaggiava con Thomas. Ma chi è costui? Perché Thomas si è imbarcato con lui per New Orleans, poco dopo l'arrivo a Kingston?

Paul Lablanc si avvicina ad Adam. Gli sorride e osserva:

- Il suo amico mi è parso una persona eccezionale fin dall'inizio e direi che l'avventura della Mermaid conferma che avevo visto giusto.

Adam annuisce. Non ha voglia di parlare di Thomas con Lablanc. Non ha voglia di parlare. Lablanc chiede:

- Ha un'idea del perché fosse diretto a New Orleans?

Adam lo guarda:

- E come potrei saperlo?

Paul alza le spalle:

- Non so, poteva avergliene parlato durante il viaggio.

- Non mi ha detto che intendesse ripartire. Mi ha solo detto che cercava lavoro. Credo che avesse qualche contatto.

Paul Lablanc annuisce.

- Evidentemente sì. La Mermaid è partita il giorno dopo il nostro arrivo. Lo so con sicurezza perché ero ancora a Kingston.

- Ma... siamo arrivati a sera...

Adam è perplesso. Anche se aveva un contatto, come è possibile che Thomas abbia trovato lavoro la notte stessa e sia ripartito il giorno dopo? Forse Thomas non gli ha detto tutto. D'altronde non aveva voglia di parlare del suo lavoro.

Per tutta la serata Adam parla pochissimo. Il pensiero ritorna, in modo ossessivo, a Thomas.

Dopo cena qualcuno gli chiede ancora di Thomas. Adam risponde il più brevemente possibile. Per fortuna Lablanc è più disponibile e racconta ciò che sa. Da quel che dice, Adam capisce che Thomas gli ha raccontato molto meno di quello che ha rivelato a lui. In qualche modo questo gli fa piacere. Gli permette di pensare che Thomas appartiene più a lui che agli altri, anche se è un pensiero del tutto assurdo.

Adam prende congedo dagli altri prima che gli ultimi ospiti vadano a coricarsi: non vuole che Paul Lablanc lo inviti nella sua camera. Vuole rimanere da solo, con la sua sofferenza e con il pensiero di Thomas.

 

Il giorno dopo Goldberg comunica che si recherà a Spanish Town. È una partenza improvvisa, per cui Goldberg fornisce una motivazione generica.

Adam chiacchiera con Fanny dopo colazione, come fa spesso. Fanny dirige la servitù della casa, in assenza della madre.

- Oggi è un po’ affaticata, signora Miller. Dovrebbe riguardarsi.

Fanny scuote la testa.

- Quando parla così, assomiglia a Frank. Anche lui mi vorrebbe sotto una campana di vetro, adesso che sono incinta. Ma a me fa piacere almeno occuparmi della casa, ora che non posso più fare lunghe passeggiate a piedi o a cavallo.

- Lo capisco.

- In ogni caso presto ci sarà mia madre, che riprenderà la direzione della casa, come sempre.

- Adesso è da suo fratello a New York, no?

- Sì, mia nonna sta male e mia madre aveva piacere di stare un po’ con lei. Ma ormai aspettiamo il suo arrivo da un giorno all’altro. Non vuole certo mancare la nascita di suo nipote. Per cui lascerà i nipoti newyorkesi per quello in arrivo. Il primo giamaicano.

 

Nei giorni seguenti il pensiero di Adam torna ossessivamente a Thomas. E, soprattutto il mattino, il desiderio lo assale, prepotente. Adam è tornato al torrente due volte, ma non ha più visto il maroon. La prolungata astinenza gli pesa.

Con Martin si bagnano quasi tutti i giorni in uno dei torrenti. Frank si unisce qualche volta a loro. Adam è contento di poterlo guardare, ma evita di fissarlo a lungo quando è nudo, per evitare di trovarsi in una situazione imbarazzante. Frank gli piace, ne apprezza la vitalità e la forza. Ma di certo non intende cercare di sedurre il marito di Fanny.

Adam si è chiesto quali possano essere invece i gusti di Martin, ma il giovane sembra più interessato ai riti dei neri, alla flora e alla fauna, alla storia, che ai piaceri del corpo.

 

Due settimane dopo che Adam si è stabilito dai Goldberg, Martin gli dice:

- Woolwich, se non ha cambiato parere, possiamo organizzare la cerimonia di cui le ho parlato. Il myal delle Blue Mountains è disponibile.

- Non ho cambiato idea. La ringrazio, Goldberg.

- Possiamo partire domani, se le va bene. Ci vogliono due giorni per arrivare.

- Come le ho detto, lo faccio volentieri, ma mi spiace costringerla a lasciare la fattoria per più giorni. Non pensa che io possa andare da solo?

- Sinceramente no, signor Woolwich. Attraverseremo aree dove vivono solo maroon e un bianco sconosciuto potrebbe correre qualche rischio.

- Lei non corre rischi? Perché non ho nessuna intenzione di mettere in pericolo la sua vita, Goldberg.

- No, mi conoscono, mi sono spinto in altre occasioni sulle Blue Mountains. In ogni caso io l’accompagnerò fino alla fattoria di Charles Norton, l’ultima di quell’area. Non potrò proseguire: lei dovrà raggiungere da solo la località che le indicherò. Alla cerimonia non assisterà nessun altro, perché non ci possono essere spettatori.

- Mi sta dicendo la verità? Non voglio che corra dei rischi per me, Goldberg.

- Si fidi di me. Non ho ambizioni suicide.

 

Il viaggio fino alla fattoria di Norton permette ad Adam di scoprire la regione più interna dell’isola. È un’area montuosa, con valli profonde percorse da torrenti e fiumi. Adam è affascinato dal paesaggio che muta in continuazione: a tratti il terreno è roccioso e vi crescono solo pochi arbusti; in altre valli invece la vegetazione è lussureggiante e gli alberi formano una cupola verde sotto cui Adam e Martin si muovono seguendo le tracce dei sentieri. I torrenti danno vita a cascate e laghetti e il rumore dell’acqua che scorre li accompagna spesso. Anche il canto degli uccelli si sente quasi ovunque, ma di rado Adam riesce a vederne uno.

Quando la vegetazione è meno fitta, è spesso possibile scorgere in lontananza il mare, di un blu intenso. Adam a tratti si ferma affascinato a guardarlo.

A un certo punto Adam scorge un uccello nero.

- È un corvo, Goldberg?

- Non proprio. È un ani beccoliscio. Le sue penne sono usate in alcune cerimonie…

- Me l’ha detto anche di quell’altro, il todi. Ma mi sa che nelle cerimonie vengano usati tutti gli animali dell’isola.

- Tutti no, ma molti sì. In base al tipo di cerimonia e ai risultati che si vogliono ottenere…

- E questo, per che cosa viene usato?

Martin esita un momento. Poi dice:

- Per cerimonie di morte.

- Allora l’uomo nella cerimonia al laghetto potrebbe aver usato le penne di questo uccello? Ora che ne parliamo, mi pare di ricordare che lei avesse citato il nome di un uccello. Era questo, vero?

- Sì, è molto probabile, visto che si trattava di un rito per uccidere. 

Martin aggiunge:

- Non so se si ricorda quello che le ho detto delle piume del todi.

- Sì, che sono un talismano, ma che non si può uccidere l’uccello per procurarsele.

- Esatto. Per l’ani beccoliscio è il contrario: le sue penne possono essere usate per riti di morte solo dopo aver ucciso l’uccello. Se si raccolgono da un uccello morto per cause naturali o ucciso da un altro, non hanno nessuna efficacia. Come le squame del boa giamaicano, l’altro animale della morte.

- Un serpente velenoso?

- No, non è velenoso, ma è considerato di cattivo auspicio.

Il viaggio procede. Adam è contento di poter parlare con Martin, di cui apprezza l’intelligenza, la sensibilità e la sconfinata conoscenza di tutto ciò che riguarda l’isola.

Ogni tanto incrociano dei maroon, che li guardano diffidenti. Adam si sente a disagio. Martin saluta e anche Adam fa un cenno. Una volta due neri li fermano: vogliono sapere dove vanno i bianchi. Martin spiega che si stanno recando dal myal delle Blue Mountains per una cerimonia e i maroon li lasciano passare.

Più avanti incrociano un lungo serpente con squame picchiettate di nero, che formano bande irregolari.

- È velenoso?

- No, da quel che ne so non ci sono serpenti velenosi nell’isola. Ma…

Martin si morde il labbro, evidentemente già pentito di aver parlato.

- Ma? Mi dica, Goldberg. Gliel’ho già detto, non mi tratti come un bambino.

- È il boa giamaicano.

Adam non dice nulla. Si ricorda bene ciò che Martin ha detto del boa: è l’altro animale della morte. Adam ha l’impressione che i segni di morte si moltiplichino.

Man mano che procedono ci sono sempre meno tracce di presenza umana. Adam è un po’ stupito che un bianco viva così isolato.

- Come mai il signor Norton vive tanto lontano dalle altre fattorie?

Martin sorride.

- Diciamo che è sempre andato più d’accordo con i negri che con i bianchi. Vive con una negra e questo qui a Giamaica è considerato inaccettabile.

- Molti piantatori hanno rapporti con le schiave negre.

- Sì, certo, ma non mangiano con loro, non le trattano come se fossero le loro mogli. Lui voleva persino sposarla, ma il prete a cui aveva chiesto si rifiutò. A proposito, mi sono dimenticato di dirglielo: quando arriveremo, ceneremo con Norton e ci sarà anche questa donna. E i loro figli. Spero che questo non le dispiaccia. Avrei dovuto dirglielo prima.

- Non mi dispiace per niente, le assicuro. Questo Norton dev’essere un tipo interessante.

- Lo è, ma non si mostri curioso. Scusi se glielo dico: è meglio che lei non si metta a fargli domande. Si dimentichi di essere un giornalista. Norton è diffidente nei confronti degli inglesi. Degli inglesi che vengono dall’Inghilterra, intendo, quelli che non vivono alla Giamaica. Ma in realtà non sopporta i bianchi in generale.

- So stare al mio posto, anche se mi sa che ne sarebbe venuto fuori un bell’articolo. Ma mi scusi una curiosità: se detesta i bianchi, come ha fatto lei a ottenere che ci accogliesse?

Martin ride.

- Gliel’ho detto: i negri ogni tanto si dimenticano che non sono uno di loro. E anche Norton mi considera non proprio un bianco. Diciamo un mezzosangue.

 

Giunti alla fattoria di Charles Norton, vengono accolti dal padrone di casa, che in effetti si dimostra di pochissime parole ed è chiaramente diffidente nei confronti di Adam. A cena ci sono la donna che Charles chiama sua moglie e i loro tre figli. Per Adam è la prima volta che si trova a cenare con una tavolata mista e non gli dispiace per niente. Tutti parlano poco e Adam si adegua, ma scambia due parole con la donna e con il maggiore dei figli, un bel mulatto di tredici anni.

Quando Charles si rende conto che Adam non è a disagio, l’atmosfera diventa più cordiale. Dopo cena chiacchierano un momento insieme, poi Martin spiega ad Adam che cosa faranno l’indomani.

- Raggiungeremo un’altura che si vede dalla fattoria e saliremo fino alla base di una parete rocciosa. Lì io mi fermerò e lei dovrà lasciare il cavallo e camminare fino al punto in cui un torrente scende dalla parete, formando una cascata.

Le istruzioni di Martin sono molto precise: la cascata è lontana e Adam deve fare attenzione a non perdere il sentiero. Quando ha concluso, Martin chiede:

- Chiaro fin qui?

- Certo.

- Alla cascata dovrà oltrepassare il torrente e attendere, fino a notte, a digiuno. Il myal arriverà e si svolgerà il rito. Il mattino seguente lei tornerà al punto in cui ci lasceremo domani. L’aspetterò lì, con i due cavalli, e potremo fare ritorno.

Il mattino seguente Adam e Martin si avviano a cavallo. Adam non ha armi con sé, perché non può presentarsi armato, ma nessuno oserà attaccare chi è salito sulla montagna per rivolgersi al myal.

Dopo un’ora di cammino, giungono ai piedi della parete, dove si separano. Adam rimane fermo, mentre Martin si volta e, conducendo con sé anche il cavallo di Adam, si allontana fino a scomparire. Non si volta mai indietro, perché non gli è permesso dal rituale. Quando Martin è scomparso tra gli alberi, Adam prosegue a piedi, nella direzione indicata dall’amico.

Ci vogliono altre tre ore per raggiungere la cascata a piedi. Il sentiero, ben visibile nella prima parte, costeggia la parete rocciosa, che in alcuni tratti incombe quasi verticale e spoglia, in altri invece ha una pendenza meno marcata ed è coperta di alberi e arbusti. Man mano che procede, la traccia ha un percorso sempre più irregolare: a tratti sale, passando tra le rocce della parete, in altri punti scende, infilandosi nel bosco. Soprattutto quando attraversa la foresta, il sentiero a volte pare perdersi. Ma Adam nota che proprio là dove è più difficile capire in che direzione dirigersi, ci sono piccoli segni: un lembo di stoffa attaccato a un ramo spinoso, un pezzetto di legno che ricorda vagamente una figura umana, un arbusto a cui sono stati tagliati di netto tre rami. Adam si chiede se siano stati lasciati appositamente per indicare la strada o se invece si trovino lì casualmente. Ma servendosi di questi indizi quando non riesce a individuare il sentiero, Adam procede, fino a che sente il rumore della cascata.

Svoltando oltre una sporgenza rocciosa, la cascata appare. È alta e divisa in tre rami, ognuno dei quali compie tre salti per giungere alla base della parete. Tutt’intorno una bassa vegetazione di felci e muschio ricopre la parete rocciosa, che qui è quasi verticale.

Adam attraversa il torrente e si siede su una roccia, dopo aver controllato che non ci siano serpenti. Si guarda intorno. La parete alle sue spalle è spoglia, ad eccezione dell’area più vicina alla cascata; davanti a lui invece, lungo il pendio che scende dolcemente, il terreno è coperto da una vegetazione piuttosto fitta. Non lontano si scorge una radura: sarà quello il luogo della cerimonia?

Il tempo passa lentamente. Adam ha fame, ma sa che dovrà rimanere a digiuno per tutta la giornata. Potrà mangiare solo domani, quando tornerà alla fattoria.

Quando il sole sta per tramontare, Adam guarda la parete alle sue spalle, che ora è pienamente illuminata dal sole e sembra ardere. Adam si alza e osserva il sole scomparire oltre le cime degli alberi. Ora il buio verrà presto: qui il passaggio dal giorno alla notte avviene in fretta. Nessuna traccia del myal. Arriverà. E se non venisse? In questo caso Adam potrebbe solo mettersi a dormire e aspettare la luce del giorno per ritornare al punto in cui lo aspetta Martin.

Di colpo Adam ha l’impressione che ci sia qualcuno. Si volta, ma non c’è nessuno. Si gira nuovamente nella direzione in cui il sole è tramontato e davanti a sé vede un uomo, un nero con un corpo forte e villoso, una lunga barba nera e il cranio rasato.

Il myal non dice nulla, ma gli fa cenno di seguirlo. Quando si volta, Adam può vedere che i capelli non sono stati completamente rasati, ma nella parte posteriore sono stati lasciati alcuni lunghi ciuffi legati insieme.

Raggiungono la radura che Adam ha notato prima.

Quando sono uno davanti all’altro, nello spiazzo tra gli alti alberi, dove l’ombra sembra divenire a ogni minuto che passa più fitta, il myal dice:

- Spogliati, uomo.

Adam si toglie la camicia, le scarpe, i pantaloni. Esita un attimo ma il myal sembra attendere che Adam si spogli completamente. Adam si toglie anche le mutande.

Il myal fa appena un cenno con il capo, indicando un albero. Adam si siede ai piedi dell'albero.

Il myal estrae da una sacca alcuni rami secchi, poi con un'esca e un acciarino dà fuoco. Le fiamme si alzano alte e Adam si chiede stupito come così poco legno possa produrre un fuoco tanto potente. Oltre le fiamme il myal fissa il fuoco, in silenzio. È perfettamente immobile e Adam ha l'impressione che l'uomo non lo veda neppure. Adam si sente a disagio. Dal fuoco si leva un fumo leggero, che avvolge il myal e Adam. Le fiamme sembrano cambiare colore, diventando di un rosso sempre più scuro.

Adam è inquieto.

Il myal guarda le fiamme, poi alza gli occhi su Adam e mormora parole che Adam non conosce, ma che capisce:

- Tu sei in pericolo. Qualcuno deciderà che devi morire.

Adam non si stupisce di quanto gli dice il myal. Anche il myal alla proprietà dei Goldberg ha parlato di morte. E nelle parole di Crosstree, Adam ha letto una minaccia.

Il myal scuote la testa, ma Adam lo vede appena. Il fumo è sempre più denso, le fiamme violacee.

- Morte. Morte. Morte.

La voce del myal è cambiata, sembra venire da molto lontano. Adam rabbrividisce.

- Tu ami. Ma l’uomo che ami è maledetto. L’uomo che ami porta sofferenza e morte. L'uomo che ami provoca la morte di chi lo ama. Se non rinuncerai ad amarlo, anche tu troverai la morte. La morte è il prezzo da pagare per la sua vita. Tu devi morire perché lui possa vivere.

Adam si accorge che le mani gli tremano.

- Guarda.

Le fiamme guizzano veloci, come se un vento forte le agitasse, anche se l'aria è immobile. E un fumo scuro si diffonde, avvolgendo Adam. Le forme tutt'intorno svaniscono. Adam tossisce. Poi nuove immagini appaiono, prima confuse, poi via via più nitide. Un uomo che cammina nella foresta, un perizoma che copre appena i genitali, una lancia in mano, il corpo segnato da strisce scure. Quando l'uomo si volta verso di lui, come se avesse percepito una presenza, il cuore di Adam ha un tuffo: è Thomas. Thomas lo vede e con un movimento rapido solleva la lancia e la scaglia. Adam sente il dolore atroce al ventre, mentre l'impatto dell'arma lo scaglia indietro. Adam batte la testa con violenza. Thomas è su di lui. Adam si accorge di essere nudo, steso a terra, la lancia conficcata nel ventre. Guarda Thomas, disperato. Thomas sembra indifferente. Estrae la lancia. Uscendo, la punta lacera la carne, strappando ad Adam un grido. Thomas solleva l'arma e la immerge più sotto, squarciando di nuovo il ventre di Adam. Spinge a fondo, con ferocia. Il dolore sommerge Adam, che boccheggia. Thomas tira a sé ancora una volta la lancia e la conficca nel corpo di Adam, in basso. Adam sente il dolore violento ai genitali. Il colpo deve avergli reciso il sesso. Mentre il dolore lo inghiotte, Adam mormora:

- Thomas.

Ma Thomas estrae la lancia e trafigge il cuore di Adam. Adam vede il mondo svanire.

Adam è immerso nel buio. Sente la voce del myal, che sembra arrivare da molto lontano.

- Posso aprire le porte e cambiare il tuo destino. Non morirai e l’uomo che ami incontrerà la morte che è stata decretata per lui. Vuoi che lo faccia? Vuoi che apra le porte?

Adam rivede Thomas, come l’ha visto la prima volta che l’ha incontrato, sulla porta del bordello dell’Irlandese. Sulla nave, appoggiato all’impavesata. La prima volta che hanno fatto l’amore. Sotto il sole a Nassau. Al momento dell’addio.

Adam non vuole che Thomas muoia.

- Allora, uomo, devo aprire le porte?

- No.

- Morirai perché lui possa vivere?

- Sì.

Adam sente la presenza del myal svanire. Il buio cancella i suoi pensieri.

 

Adam si sveglia. È disteso, ai piedi dell'albero dove si è svolta la cerimonia. Il fuoco è spento. La prima luce del mattino illumina appena la radura. Adam rivede l'incubo atroce. È questo che lo attende? Non è possibile. Adam rabbrividisce. Si alza a sedere. Dal torace e dal ventre alcune piume nere scivolano via. Piume dell’ani beccoliscio, l’uccello della morte.

Del myal non c'è traccia. Adam si rende conto di essersi bagnato e sporcato: ha perso il controllo degli sfinteri. Si alza. Raggiunge il torrente e si lava con cura. Poi torna al luogo dove ha lasciato gli abiti e incomincia a rivestirsi. Dopo essersi messo la camicia, si ferma. Guarda nel vuoto. Che cosa lo attende? Morte. Morte. Morte. È questo? E Thomas? Che ruolo ha Thomas nella morte che lo aspetta? La vita di Adam perché Thomas non muoia?

Adam china la testa. Sa che lo farebbe, che se fosse necessario morire per salvare Thomas, lo farebbe.

Adam si sente stanco. Si scuote.

No, sono solo allucinazioni. Thomas con la pelle dipinta o tatuata come un indiano?! No, non ha senso. Ma Adam è inquieto. Finisce di rivestirsi e scende verso la fattoria dove lo attende Martin.

La visione di Thomas lo ha profondamente turbato. Ha risvegliato la sua infelicità.

Adam ripercorre il sentiero fino al punto in cui Martin si è separato da lui. Martin lo attende con i due cavalli. Gli sorride, contento di vederlo, ma non gli chiede nulla della cerimonia: si limita a domandargli se non ha avuto problemi. Adam apprezza la sensibilità di Martin, che non pretende di sapere. Vorrebbe raccontargli quello che è avvenuto, ma non vuole parlare dei suoi sentimenti. D’altronde non dire niente gli sembrerebbe scortese nei confronti di Martin che ha organizzato la cerimonia e lo ha accompagnato. Gliene parlerà più tardi.

Alla fattoria dei Norton Adam fa una colazione molto abbondante e poi ripartono.

Adam sa che deve raccontare.

- Il myal ha confermato quanto già aveva detto l’altro myal, alla sua fattoria. C’è una minaccia di morte che pesa su di me. Qualcuno deciderà di uccidermi. In una visione ho visto un uomo, che conosco, uccidermi.

- Il myal non si è dichiarato disponibile a intervenire? Dicono che abbia il potere per farlo.

- Sì, mi ha chiesto se volevo che aprisse le porte, ma per salvarmi un altro uomo sarebbe dovuto morire.

Adam preferisce non dire altro. Dovrebbe raccontare i suoi sentimenti, parlare di Thomas, spiegare che la minaccia è legata a lui, ma non vuole farlo.

Martin non dice nulla, ma appare molto turbato. Evidentemente crede nel potere dei myal. Adam non sa che cosa pensare. Il myal ha dimostrato di conoscere i suoi sentimenti, di cui Adam non ha mai parlato con nessuno: in qualche modo quell’uomo è in grado di leggere nel cuore degli uomini. È davvero capace anche di leggere nel futuro? Adam non sa che cosa succederà. Farà ciò che deve fare, senza lasciarsi scoraggiare.

Durante il percorso hanno molte occasioni di parlare. Adam avverte l’empatia di Martin e gli si è sinceramente affezionato. Ha piacere di conoscerlo meglio. Fa in modo di portare il discorso sul fratello maggiore. Poi, quando Martin racconta del matrimonio, Adam chiede, come casualmente:

- E lei, Goldberg? Non pensa di sposarsi? È ancora giovane, ma…

Goldberg scuote la testa.

- In futuro, forse. Ma per il momento mi interessano di più i miei studi.

Adam è perplesso.

- Alla sua età di solito non è così.

- Le dirò sinceramente, Woolwich. Tre anni fa mi innamorai della figlia di uno dei proprietari terrieri dell’isola. È una gran bella donna, che fa girare la testa a molti uomini. Ama essere al centro dell’attenzione, essere guardata con desiderio, corteggiata, riverita. E sa come ottenere che gli uomini si interessino a lei. Nella mia inesperienza scambiai l’interesse che dimostrava nei miei confronti per un’attrazione, che lusingava il mio amor proprio: l’idea di aver fatto breccia in un cuore che molti volevano conquistare mi inorgogliva. Non capii che da parte sua era soltanto il desiderio di avere un altro corteggiatore. Riconosco di essere stato molto ingenuo.

Adam annuisce:

- A Londra ho avuto modo di conoscere diverse donne di questo tipo.

- Qui la società è più ristretta e io non avevo nessuna esperienza. Mi credevo innamorato, ero sul punto di dichiararmi, quando fu annunciato il suo fidanzamento con un altro. Non fu una tragedia per me, probabilmente non era davvero amore, ma ne soffrii.

Il pensiero di Adam va a Thomas, il chiodo fisso che non riesce a togliersi dalla testa. Non dice nulla. È Martin a proseguire:

- In quel periodo per distrarmi mi gettai a capofitto nei miei studi, coltivando interessi che avevo sempre avuto, ma a cui non avevo mai dedicato molto tempo ed energie. E adesso non sento l’esigenza di sposarmi.

Martin guarda Adam, sorridendo, e aggiunge:

- D’altronde lei ha alcuni anni in più di me, ma non è sposato.

Adam sorride.

- Ha ragione, Goldberg, ma la mia è una situazione diversa.

Adam esita un attimo. Ha fiducia in Martin e decide di parlare sinceramente. Prosegue:

- Non ho nessun interesse per il matrimonio. Spero che questo non le dia fastidio, ma non ho neanche interesse per le donne, in generale.

Martin sorride e risponde:

- La ringrazio per la fiducia che dimostra in me raccontandomi queste cose.

- Grazie a te, Martin. Possiamo darci del tu?

- Si, Adam, molto volentieri.

Adam è contento di aver trovato in Martin un amico con cui può parlare sinceramente, ma sa che per lui è giunto il tempo di andarsene. È stato benissimo dai Goldberg e si è sinceramente affezionato a Martin e a Fanny e anche a Frank, benché lo conosca poco. Ma ormai i suoi articoli sulle piantagioni sono stati scritti. È ora che si occupi del compito principale. Questo significa scoprire le sue carte: se andrà in giro chiedendo della Piccola Tratta, tutti capiranno che indaga su questo. Adam sa che correrà dei rischi, soprattutto se scoprirà qualche cosa, ma è venuto alla Giamaica soprattutto per raccogliere informazioni su questo orribile commercio di carne umana.

Due giorni dopo il ritorno dalla Blue Mountains, Adam prende congedo dai Goldberg.

Torna a Spanish Town e poi raggiunge Kingston: è nel porto che può cercare le informazioni che vuole procurarsi.

 

 

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