4. L’Argus L’Argus è un veliero di costruzione recente. Non è
ancora una nave riservata ai passeggeri,
come ne esistono su alcune linee più trafficate, ma prevede già degli
spazi per loro, in modo da rendere la traversata più confortevole: fino a
qualche decennio fa i passeggeri erano considerati poco più di un fastidio
che le compagnie si accollavano per arrotondare i guadagni. Adesso alcune
navi sono progettate proprio per il trasporto delle persone. L’Argus ha alcune cabine individuali e per
coppie e altre a tre, sei e dodici letti. Ci sono perfino un salotto, una
stanza per le signore e una sala da pranzo. Ambienti molto spartani,
nonostante qualche elemento decorativo, ma che costituiscono comunque un
notevole progresso rispetto alle navi mercantili. Thomas
sistema i suoi bagagli nella piccola cabina che condivide con altri due
passeggeri: non è una sistemazione di lusso, ma rispetto alle due cabine da
sei e a quella da dodici, è già una situazione privilegiata. È abituato a
tutti i disagi della vita militare e poco gli importa di dover dividere con
degli sconosciuti il ridotto spazio a sua disposizione. Decide di rimanere in
cabina: stanno arrivando i passeggeri e sul ponte c’è un continuo viavai di
gente. Non vuole essere d’ingombro e non ha voglia di fare conoscenza con i
suoi compagni di viaggio. Avrà ampiamente modo di vederli nei prossimi
giorni, fino alla nausea. È sempre stato un solitario e la sua attuale
situazione lo rende ancora meno incline alla vita sociale. All’alba
Thomas sale sul ponte, si appoggia all’impavesata e guarda la riva del
Tamigi. La nave si sta muovendo verso il mare. Thomas rimane a fissare gli
edifici del porto. È un
movimento brusco alla sua destra a fargli girare il viso: qualcuno si è
fermato di colpo vedendolo. Thomas guarda l’uomo. Lo riconosce subito: lo ha
incrociato due giorni fa sulla porta del bordello di Patrick. L’uomo
sorride. Non sembra imbarazzato. Fa un cenno di saluto e gli dice: -
Buongiorno. Sono Adam Woolwich e sono diretto alla Giamaica. La
precisazione non è priva di senso: la nave va alla Giamaica, ma è prevista
una tappa intermedia a Nassau. -
Buongiorno a lei. Mi chiamo Thomas Hardy. Vado anch’io alla Giamaica. -
Siamo compagni di viaggio. Spero di non averla importunata, ma … C’è
un attimo di esitazione. Thomas sa benissimo come deve interpretarlo: Adam si
è chiesto se fare riferimento all’incontro avvenuto a Londra. Thomas
è abituato a dire le cose come stanno. Sul suo viso appare una smorfia che
forse vorrebbe essere un sorriso. Prosegue la frase di Adam, dopo aver
lanciato una rapida occhiata tutt’intorno, per verificare che nessuno lo stia
ad ascoltare: - Ma
mi ha visto l’altra sera uscire da un posto dove in base alle leggi inglesi
nessuno dei due sarebbe dovuto andare e adesso è sorpreso di ritrovarmi qui. Ad
Adam piace la franchezza di quest’uomo, che dice tranquillamente le cose come
stanno. -
Sì, è così. Deve ammettere che è una coincidenza alquanto strana. Non ci
eravamo mai incontrati e ora… due giorni dopo esserci incrociati su una
porta, ci ritroviamo sulla stessa nave. Adam
esita un attimo, poi aggiunge: -
Spero che non le dia fastidio. Thomas
scuote il capo. -
No, perché mai? C’è
un momento di silenzio. Adam si appoggia all’impavesata e guarda anche lui la
riva che scorre e si allontana, man mano che l’estuario si apre. Vorrebbe
sapere chi è quest’uomo vicino a lui, che cosa fa nella vita, perché va a
Giamaica. Adam è curioso. Lo è per natura e non a caso ha deciso di diventare
giornalista. Ma sa che non è solo quello. Quest’uomo, che vede adesso per la
seconda volta nella sua vita, lo attira. Lo ha colpito quando lo ha visto
l’altra sera e ciò che di lui ha detto Patrick ha ulteriormente alimentato la
sua curiosità. Adam
lascia passare un buon momento, ma Thomas Hardy rimane in silenzio. Adam si
chiede se non porre una domanda diretta, ma preferisce non apparire troppo
curioso. Non dice nulla. Avranno tempo per parlarsi: rimarranno in viaggio
per settimane, costretti a incontrarsi ogni giorno, in continuazione. A
pranzo Adam scambia due parole con Thomas, ma è evidente che il tenente non è
incline alle confidenze. Adam non intende demordere. Quest’uomo lo attrae e
lo incuriosisce troppo. Il
giorno dopo Adam ritrova Thomas Hardy appoggiato all’impavesata. Guarda verso
la costa inglese, lungo cui la nave procede percorrendo la Manica in
direzione dell’Oceano. Adam saluta e si mette a fianco di Hardy. - Io
sono un giornalista. - Io
ero un tenente, ma mi sono congedato. Poi
Hardy aggiunge subito, quasi come se volesse impedire ad Adam di porgli
domande: -
Come mai va alla Giamaica? -
Lei saprà che neppure due anni fa ci fu una grande rivolta, la cosiddetta
rivolta di Natale, che fu soffocata nel sangue e provocò danni per oltre un
milione di sterline. Adesso in Inghilterra si parla di abolire la schiavitù
nelle colonie. Il The Times vuole un’inchiesta sulla situazione
attuale dell’isola, le piantagioni, le condizioni degli schiavi, gli
strascichi della rivolta di Natale, le possibili conseguenze
dell’emancipazione, i fuggitivi che vivono sulle montagne e così via. Adam
non può certo rivelare il principale obiettivo della sua missione qui, sulla
nave che li porterà alla Giamaica: se la voce circolasse, Adam incontrerebbe
maggiori difficoltà a svolgere le sue indagini e rischierebbe di finire come
il suo collega americano. In ogni caso Barnes gli
ha affidato anche il compito di scrivere una serie di articoli di analisi
della situazione dell’isola, per cui la sua è solo una verità parziale. Thomas
annuisce. -
Avrà parecchio lavoro da fare. -
Credo di sì. E lei, se non sono indiscreto? Thomas
non può sottrarsi alla domanda. Anche lui si è preparato una spiegazione,
visto che non può certo raccontare la verità. Per quanto poco intenzionato a
fare amicizia con gli altri passeggeri, sa benissimo di non poter sfuggire
completamente alla curiosità altrui: avvolgendosi nel mistero otterrebbe
l’effetto opposto a quello desiderato, attirando su di sé l’attenzione. Molto
meglio fornire una motivazione plausibile e poco interessante. -
Conto di lavorare in una delle piantagioni. Come le ho detto, ero ufficiale
dell’esercito e so che dopo la rivolta molti piantatori cercano militari per
mantenere l’ordine. Mi hanno indicato qualcuno a cui rivolgermi. Adam
è deluso. Hardy non gli sembrava uomo da mettersi al servizio degli
schiavisti, per tenere a freno i neri. E mentre lo pensa, Adam si rende conto
che non ha la più pallida idea di chi sia Thomas Hardy e che non ha nessun
elemento per fare delle ipotesi su di lui. Sa solo che quest’uomo appena
conosciuto lo attrae, con un’intensità che lo inquieta. Thomas
legge nel silenzio di Adam una condanna. Si limita a dire: -
Non è un gran bel lavoro, lo so. Ma ho bisogno di lavorare. Ho dei debiti.
Faccio quel che devo fare. Io considero il mondo per quello che è:
un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte. Adam
guarda Thomas un po’ perplesso: l’ultima frase è stata detta in un modo
particolare, come se Thomas stesse recitando una poesia. - È
una citazione? Thomas
sorride. Un mezzo sorriso. -
Sì, Shakespeare, il Mercante di Venezia. Non ci faccia caso. Ogni
tanto mi vengono in mente versi. Da ragazzo passavo ore intere a leggere
Shakespeare e a impararne a memoria brani. Mi piaceva. -
Avrebbe voluto diventare attore? -
Forse l’avrei fatto, ma mio padre non avrebbe approvato. Così sono entrato
nell’esercito. Adam
annuisce. Un militare che recita Shakespeare a memoria e va a mettersi al
servizio dei piantatori è insolito, ma Adam sa che non è curiosità quella che
lo spinge a chiedere ancora, a costo di apparire un ficcanaso: -
Perché ha lasciato l’esercito? Thomas
alza le spalle e risponde laconicamente: -
Motivi personali. Adam
dice: - Mi
scusi, mi rendo conto di essere invadente. Su questa nave passeremo settimane
intere… Non volevo essere importuno. -
No, no. Non si preoccupi. È che non ho voglia di parlarne. Non sono molto
socievole. Me l’hanno detto in molti. Adam
annuisce. Sì, di certo Thomas Hardy non appare molto socievole, ma Adam conta
di riuscire a sapere qualche cosa di più di lui. Tra tutti i passeggeri
Thomas è l’unico ad aver destato il suo interesse. Nei
giorni seguenti scambiano alcune parole. Si alzano tutti e due molto presto e
si ritrovano sul ponte. Thomas passa ore a guardare il mare e Adam si chiede
spesso che cosa ci sia nei pensieri di quest’uomo. Un
mattino Adam chiede a Thomas dove ha prestato servizio e scopre che Thomas è
stato in India per otto anni. Adam pone alcune domande, cercando di non
apparire invadente. Ottiene altre notizie e scopre che a ventinove anni
Thomas era già tenente. -
Lei ha fatto carriera molto in fretta, se era tenente già sette anni fa. E
mentre lo dice, Adam si chiede perché la carriera di Thomas Hardy si è
interrotta, visto che si è congedato da poco sempre con il grado di tenente. Thomas
alza le spalle, senza dire nulla. Dopo un momento di silenzio, quando ormai
Adam si chiede se non sia il caso di ritirarsi, Thomas Hardy domanda: -
Signor Woolwich, lei mi ha detto di essere giornalista. Il suo nome mi dice
qualche cosa. È lei l’autore di quell’inchiesta sul lavoro dei bambini nelle
miniere? Adam
annuisce. È un ricordo doloroso, perché ciò che ha visto durante
quell’inchiesta lo ha sconvolto. -
Sì, sono io che ho destato scandalo. In
effetti quella serie di articoli aveva suscitato reazioni estreme. Molti
avevano criticato Adam, accusandolo di disonestà perché si era fatto assumere
come minatore. Altri avevano lodato la denuncia del lavoro di bambini di
quattro e cinque anni nelle miniere. - Ha
lavorato anche come minatore per alcune settimane per raccogliere le
testimonianze. E se ricordo bene, fu picchiato a sangue dagli sgherri del
proprietario. Complimenti, signor Woolwich. Ebbi occasione di leggere un suo
articolo e poi mi procurai anche gli altri. Non avevo collegato subito il suo
nome a quell’inchiesta. Complimenti davvero. Fece un ottimo lavoro. Adam
si scopre contento dell’elogio di Hardy in una misura del tutto
sproporzionata. -
Grazie. Mi fa piacere che lei abbia apprezzato. -
Quello che lessi mi turbò moltissimo. Adam
è felice di scoprire in Thomas Hardy una sensibilità vicina alla sua, ma si
chiede come mai un uomo con queste idee non si ponga nessun problema a
mettersi al servizio degli schiavisti. I bambini neri sono solo animali, non
hanno lo stesso diritto dei bianchi a una vita dignitosa? Adam vorrebbe sapere,
ma preferisce tacere. Ci sarà tempo di parlare, quando conoscerà meglio
Thomas. Thomas
chiede maggiori notizie e Adam racconta. Parla molto liberamente, conscio del
reale interesse con cui Thomas Hardy l’ascolta. Ogni tanto gli sfugge
un’espressione poco elegante, ma Thomas è un militare ed è evidente che non
si scandalizza: non è come Barnes. E Adam usa
volentieri qualche parola forte, parlando con Thomas. A un
certo punto Thomas osserva: -
Avrebbero potuto ammazzarla, signor Woolwich, e lo sapeva benissimo. -
Sì, credo che il proprietario delle miniere l’avrebbe fatto volentieri quando
scoprì chi ero, ma per mia fortuna non ebbe i coglioni per farlo. Adam
si chiede se l’espressione forte che ha usato darà fastidio a Thomas, ma
questi annuisce e risponde: - Lei
invece i coglioni li ha, signor Woolwich. Adam
sorride senza dire nulla. Anche questo apprezzamento gli fa piacere.
Qualsiasi cosa Thomas Hardy gli dica di positivo gli dà soddisfazione. La
conversazione segna una svolta nei loro rapporti. Adam si sente autorizzato
ad avvicinarsi a Thomas Hardy più spesso, anche se bada a non essere
invadente. Si rende conto che non cercare la compagnia di Thomas gli richiede
uno sforzo. È però sicuro che con lui Thomas non si trova male. A tavola si
siedono di solito vicino. Nel
pomeriggio Thomas è ancora sul ponte che guarda il mare. Adam non si
avvicina. Non vuole assillare Thomas, anche se ormai si rende conto di essere
ossessionato da quest’uomo, di cui dieci giorni fa non conosceva neppure
l’esistenza. Che
cosa trova in lui? Adam cerca una risposta alla domanda che si pone. Non c’è
una risposta sola: ce ne sono tante. C’è la bellezza, sicuramente, perché per
lui Thomas è un bell’uomo. Né il viso, né il corpo di Thomas hanno la
bellezza serena che Adam è conscio di possedere, anche se non le dà peso:
quella di Thomas è una bellezza diversa, che forse a molti non apparirebbe
neppure tale, una bellezza che è forza, virilità. Le cicatrici sul viso sono
un elemento di questa bellezza. Sì, ad attirare Adan è senza dubbio la
virilità di quest’uomo. Thomas è stato ufficiale e lo si vede nel suo
portamento. È un uomo che non ha paura di niente e che di certo ha affrontato
la morte molte volte. E mentre osserva Thomas, Adam ripensa alle parole di
Patrick: un gran toro da monta. Adam si vergogna e abbassa lo sguardo. Poi
lo rialza. Sì, Thomas Hardy è un uomo affascinante, ma non è solo un insieme
di fattori fisici. Adam sa che ad attirarlo verso Thomas c’è anche molto
altro. Forse la tristezza di quest’uomo desta in lui un’eco profonda. Adam
rimane a distanza. È sicuro che Thomas Hardy si è accorto di lui, ma non
vuole essere importuno. Il
giorno seguente a pranzo si trovano seduti vicino al signor Crosstree, un passeggero diretto anche lui alla Giamaica,
dove possiede una piantagione. Crosstree è un uomo
sui cinquanta-cinquantacinque anni, piuttosto alto, con un viso di forma
allungata, capelli grigi che porta lunghi e disordinati e una barba bianca
piuttosto folta. Crosstree parla della rivolta di Natale e della
feroce repressione che ne è seguita. -
Non ne hanno impiccati abbastanza, di quei figli di puttana. Se non fosse che
il nostro governo ha fatto la bestialità di proibire la tratta e non possiamo
acquistare nuovi schiavi, farei castrare tutti i maschi. Senza palle abbasserebbero
la cresta, quei bastardi. Quegli animali devono imparare a lavorare. Adam
interviene: -
Anche i neri sono esseri umani. -
Lei dice così perché non li conosce, signor Woolwich. Sono animali da soma e
nient’altro. Sono stupidi, pigri, superstiziosi e bugiardi. Solo incutendo
loro paura si riesce a farli lavorare. -
Forse anche lei non sarebbe contento di lavorare gratuitamente per qualcuno
che l’ha catturato con la forza, signor Crosstree. - Io
sono un uomo, signor Woolwich, non una bestia come quelli. Adam
rinuncia a sostenere il proprio punto di vista: è evidente che tra lui e Crosstree non c’è nessun terreno comune per un dialogo.
Thomas non è intervenuto. E Adam pensa che Thomas sta andando a mettersi al
servizio di uomini come Crosstree. Dopo
pranzo Adam vede Thomas parlare cordialmente con Crosstree
e prova una fitta. Ritorna in cabina e vi rimane a lungo. In un’altra
situazione, si terrebbe alla larga da Thomas per un po’, ma il tenente lo
attira troppo. Adam si chiede se non provare a discutere con lui
dell’argomento. Non è possibile che un uomo come lui si metta al servizio di
gente come Crosstree. Più
tardi Adam esce dalla cabina. Vede Thomas al suo solito posto, intento a
fissare il mare. Gli si avvicina. - So
perché ha gli occhi così azzurri, tenente Hardy. Thomas
lo guarda stupito, senza capire il senso dell’osservazione. Adam spiega: - Le
sono venuti a forza di fissare il mare. Thomas
sorride e osserva: -
Oggi il mare sembra più grigio che azzurro. Credo che il bel tempo ci stia
dicendo addio. -
Anche i suoi occhi a tratti sembrano più grigi che azzurri. Thomas
scuote la testa, mentre un mezzo sorriso appare sulle sue labbra. L’interesse
di Adam per il colore dei suoi occhi sembra divertirlo. Scambiano
ancora due parole. Quando Crosstree esce sul ponte,
Adam mormora: - Il
signor Crosstree… Non
completa la frase. - Il
signor Crosstree non è migliore o peggiore di tanti
altri. Ha il suo punto di vista, che ritiene l’unico corretto, e i suoi
pregiudizi, come tutti o quasi. E se lei vuole farsi un quadro della
situazione dell’isola, non ha senso che prenda di petto i piantatori. Non
otterrà le informazioni che cerca, se tutti le sono ostili. - In
questo le do perfettamente ragione, tenente. Ho sbagliato e cercherò di
recuperare. Ma confesso di disprezzare quell’uomo. Thomas
alza le spalle. -
Gli esseri umani sono così. Adam
scuote la testa. -
Lei mi sembra piuttosto pessimista sulla natura umana. -
Non ho molta fiducia negli uomini, è vero. Potrei raccontarle diverse
esperienze che mi hanno reso diffidente, forse cinico. Adam
è curioso di tutto ciò che riguarda Thomas. - Me
ne racconti qualcuna. Thomas
scuote la testa. Adam ride e dice: - Lo
so, sono troppo curioso, ma sono un giornalista. E poi l’ha detto lei che poteva
raccontarmi. L’ho presa alla lettera. - Lo
vuole sapere? Va bene, l’accontento. C’è
un attimo di pausa, poi Thomas incomincia: -
Avevo un amico, che aveva il mio stesso grado. Partimmo insieme per una
missione molto rischiosa, bisognava distruggere un deposito di armi, che i
francesi avevano fornito agli indiani. Thomas
guarda il mare, poi prosegue: - Mi
assunsi la parte più pericolosa dell’impresa: penetrare nel deposito e
mettere la miccia. Potrei dirle che lo feci per ottenere un’ulteriore
promozione, ma in realtà non volevo che il mio amico corresse rischi. Era
sposato, aveva due bambini. Io non avevo nessuno. Mi sembrava più sensato che
fossi io a espormi. Riuscii a introdurmi nel deposito, a sistemare la miccia,
ad accenderla e a uscire senza farmi scoprire. Il deposito saltò in aria e
noi ci allontanammo rapidamente. Adam
non perde una parola. Thomas però si è fermato. - E
allora? Thomas
si volta. Adam si dice che davvero Thomas ha gli occhi azzurri come il mare
che guarda per ore. Thomas
riprende: -
Tornando dovemmo passare su alcune assi di legno poste su un fiume: era
l’unico modo per attraversarlo. Non so come, ma un’asse scivolò proprio
mentre io ci camminavo sopra. Forse fu un caso, forse qualcuno la fece
scivolare. Il mio compagno era dietro di me e non potevo vederlo. Caddi in
acqua. Lui rimase a guardarmi dal ponte, mentre io rimanevo aggrappato a uno
scoglio, cercando di resistere alla corrente impetuosa. Lui non avrebbe
potuto fare molto, solo lanciarmi una corda che aveva con sé, ma non lo fece.
Forse non ci pensò, magari riteneva che la corda fosse troppo corta. La mia
sensazione era che fosse solo curioso di vedere come sarebbe andata a finire.
L’acqua mi trascinò via. Cercai di nuotare fino a riva, ma, anche se sono un
buon nuotatore, non riuscivo a vincere la corrente. Mi lasciai portare a
lungo, finché non arrivai a un punto in cui mi fu possibile avvicinarmi alla
riva e poi risalire. Ero finito molto a valle, in un’area in cui correvo
molti rischi. Dovetti aspettare la notte per risalire fino al ponte e solo
dopo due giorni riuscii a tornare alla nostra base. Thomas
scuote la testa e sorride. -
Scoprii che il mio amico, chiamiamolo così, si era attribuito il merito
dell’impresa: aveva raccontato che aveva fatto saltare il deposito di
munizioni da solo, perché io ero caduto nel fiume mentre ci avvicinavamo e
non durante il ritorno. - E
lei non disse nulla? Non lo denunciò? -
No. Della carriera non mi importava molto. Ero più amareggiato dal
tradimento. Lo consideravo un amico. - E
questo suo amico, che cosa le disse? -
Che pensava che io fossi morto e che una medaglia alla memoria non mi sarebbe
servita a molto, mentre una promozione a lui avrebbe fatto comodo. Ragionamento
impeccabile. -
Che figlio di puttana! Thomas
ha un mezzo sorriso e scuote la testa. - Né
migliore, né peggiore di tanti altri. -
Non credo che tutti siano così. Thomas
lo guarda: -
No, lei non è così. Lei è fatto di una stoffa migliore. Ma gli altri non sono
come lei. Adam
vorrebbe dire che anche Thomas è fatto di un’altra stoffa, ma sa che va a
mettersi al servizio degli schiavisti. Preferisce limitarsi a dire: -
Grazie. Thomas
chiede ad Adam di altre inchieste. Adam è ben contento di raccontare e si
accorge che Thomas lo ascolta volentieri. Sono
passati dieci giorni da quando si sono imbarcati. Adam non ha più fatto
riferimento al loro incontro sulla porta del bordello di Patrick e anche
Thomas non ha più detto nulla in proposito. Ma con il passare dei giorni e il
prolungarsi dell’astinenza forzata, il desiderio preme. Adam sa che Thomas ha
i suoi stessi gusti o, per essere più precisi, gusti complementari ai suoi.
Thomas gli piace, molto, troppo. Adam ha voglia di scopare. No, non è solo
quello, Adam l’ha capito benissimo, anche se ammetterlo lo sgomenta: Adam ha
voglia di stringere il corpo di Thomas tra le braccia. Il
cielo è coperto e davanti a loro si addensano nuvoloni neri, carichi di
pioggia. Adam
osserva: - Mi
sa che tra poco si metterà a piovere. Merda! Già questa lunga traversata non
è piacevole, dover anche rimanere chiusi in cabina o nel salone… Il
salone è in realtà un locale alquanto angusto rispetto al numero di
passeggeri, ma è l’unico spazio utilizzabile oltre alle cabine. Thomas
ha un mezzo sorriso. -
Credo che preferirò la cabina a un’intera giornata con la signora Turner. La
signora Turner è una passeggera che viaggia con le due figlie per raggiungere
il marito, un ufficiale di stanza alla Giamaica. Le due ragazze sono ormai in
età da marito e ogni uomo non sposato con una buona professione è oggetto
dell’attenzione della signora. Thomas e Adam, in quanto scapoli, di
condizione sociale apparentemente buona e pure di bell’aspetto, sono due
soggetti molto interessanti, a cui decantare le gioie della vita familiare e
le doti delle due giovani, che ogni tanto sembrano vergognarsi dei discorsi
della madre. -
Non posso che darle ragione, ma anche starsene in cabina tutto il tempo da
soli… Thomas
non dice nulla. La pioggia incomincia a scendere. Adam guarda le prime gocce
sulla giacca di Thomas. -
Tenente Hardy… - Mi
dica. -
Perché non viene da me? Nella mia cabina staremo un po’ stretti, ma… Adam
si ferma. Di colpo si vergogna. Gli sembra quasi di arrossire. Lui, che è
sempre stato sfacciato e che solo la prudenza e il timore della legge
frenano. Thomas
si volta e lo guarda in volto. Sorride e dice: -
Signor Woolwich, vengo volentieri nella sua cabina. Lei è un gran bell’uomo e
ho molta stima di lei. Forse questo secondo elemento non le appare così
rilevante per quello che faremo, ma per me lo è. Adam
è rimasto senza parole di fronte al modo tranquillo in cui Thomas Hardy ha
accettato la sua proposta, facendo direttamente riferimento al suo vero
significato. Tutto in quest’uomo che ha di fronte, in quest’uomo con cui tra
poco scoperà – e l’idea gli toglie il fiato – tutto lo attrae e lo confonde.
Adam ha paura, di colpo, paura di precipitare in un abisso, perché negli
occhi chiari di Thomas c’è un oceano senza fondo. Ma ormai è tardi. Adam ha
la sensazione di aver perso la presa. Può solo affogare. E non vuole altro. È
piccola la cabina. Thomas non dice nulla, Adam neppure: ora è in imbarazzo;
non c’è traccia della baldanza abituale con cui affronta una nuova avventura.
Thomas incomincia a spogliare Adam con movimenti lenti, un lieve sorriso
sulle labbra. C’è molta delicatezza nei movimenti con cui gli sta togliendo
gli abiti, una delicatezza che Adam non sospettava in queste mani forti, che
ora si poggiano sul suo viso e scendono sul torace, infilandosi sotto la
camicia che hanno aperto. Il contatto gli trasmette una sensazione
piacevolissima e accende il suo desiderio. Adam
vorrebbe baciare Thomas, ma non osa. La sicurezza di cui ha sempre dato prova
nei rapporti sembra svanita. Lascia che sia Thomas a condurre il gioco. Thomas
non sembra avere fretta. Spoglia Adam, ma si interrompe spesso per
accarezzarlo. -
Non mi guardi così, Woolwich. Adam
cerca di sorridere, ma è turbato. -
Come la sto guardando? -
Come se fossi pericoloso. Non intendo farle del male. Adam
annuisce, senza sapere che cosa dire. Non è sicuro che Thomas Hardy non gli
farà del male. Non gliene farà adesso, nel rapporto che stanno per avere: è
evidente da come si muove che Thomas è molto attento, assai più degli uomini
con cui Adam ha abitualmente occasione di scopare. Ma quello con Thomas non è
l’incontro fortuito, la scopata rapida – o magari lunga e soddisfacente – che
non lascia traccia, se non un ricordo piacevole. Adam ha paura, paura di
soffrire. Avverte confusamente che c’è molta sofferenza in serbo per lui. E
di colpo, mentre guarda Thomas che gli sta accarezzando una guancia, Adam si
dice quello che sa benissimo, ma ha preferito non riconoscere: si è
innamorato di quest’uomo. Come sia stato possibile, non lo sa, ma ormai non
ha più importanza. Ormai è successo. -
Woolwich, se non vuole, ci fermiamo qui. Se ha cambiato idea… non c’è nessun
problema. Non voglio forzarla. Adam
guarda negli occhi Thomas. Ha la sensazione di essere perduto. Afferra la
destra di Thomas e l’appoggia sul rigonfio dei pantaloni. È una risposta
grezza, grossolana, del tutto inadeguata, lo sa benissimo. Che cosa penserà
Thomas di lui? Ma Adam sta fuggendo, anche se è cosciente che non esiste più
via di fuga per lui. Thomas
accenna un mezzo sorriso, ma non sembra convinto. Adam preme la mano di
Thomas contro il proprio cazzo teso. Thomas rinuncia a indagare. -
Posso baciarti, Adam? Come
è possibile che il solo sentire il proprio nome pronunciato da Thomas lo
sconvolga al punto da non riuscire a rispondere? Adam si chiede se non sta
impazzendo. Non è in grado di dire nulla. Thomas
è disorientato dal suo silenzio. Dice: -
Non ha importanza, scusa. Adam
ha un movimento brusco. Prende la testa di Thomas tra le mani e l’avvicina
alla sua. Le loro labbra si incontrano. Adam apre la bocca e spinge la lingua
tra i denti di Thomas. Adam chiude gli occhi. Lascia che il mare lo
inghiotta. Sa che non ne riemergerà. Thomas
gli accarezza la schiena, mentre continuano a baciarsi. Le sue mani gli
scompigliano i folti capelli. Quando
si separano, Adam incomincia a spogliare Thomas. I suoi movimenti sono
impacciati, come se non sapesse come fare, come se non avesse spogliato un
buon numero di uomini. Quando la camicia di Thomas scivola a terra, Adam
guarda il petto segnato da due cicatrici: un lungo taglio obliquo sotto il
capezzolo sinistro e uno più piccolo ma profondo sul ventre. Thomas
ha rischiato di morire. Thomas sarebbe potuto rimanere ucciso. Adam riprende
a spogliare Thomas, con movimenti rapidi, come se avesse fretta di
concludere. Sta facendo tutto male, perché? Perché non riesce a trovare i
movimenti giusti, le parole giuste? Non è così goffo abitualmente, se la cava
bene a letto come in società. Ma con Thomas parole e gesti si perdono. Thomas
si toglie le scarpe e si libera degli ultimi indumenti. Adam fa altrettanto,
poi lo guarda. Fissa il cazzo di Thomas, non ancora rigido, ma già proteso in
avanti. Vorrebbe afferrarlo con la mano. Vorrebbe inginocchiarsi e
succhiarlo. Vorrebbe sentirlo in culo. Vorrebbe fuggire. -
Che cosa ti piace fare, Adam? Adam
annuisce, come se alla domanda di Thomas si potesse rispondere con un sì. Poi
si stende prono sulla cuccetta e allarga le gambe, senza dire una parola. Si
sente del tutto inadeguato. Thomas si siede di fianco a lui. Lentamente gli
accarezza la schiena. È una carezza ora delicata, ora più decisa, che
trasmette brividi di piacere ad Adam. Poi Thomas si stende su di lui e lo
bacia sul collo. Le sue mani gli scompigliano i capelli, poi scendono ad
accarezzargli la schiena e il culo. Steso
sotto il corpo di Thomas, Adam recupera lentamente la calma. Non sa che cosa
gli sia successo, ma ora che si è abbandonato completamente a Thomas, che non
c’è più spazio per un fuga o per un rifiuto, ora Adam si sente più
tranquillo. Thomas
si mette a cavalcioni su di lui, seduto sul suo culo, e di nuovo lo accarezza
a lungo. Carezze ora delicate, ora appassionate, mani che sfiorano e
stringono, senza pudore, senza freni. Adam sente il piacere salire e
lentamente tutto il resto scompare. Ora c’è solo il piacere che gli
trasmettono le mani di Thomas e la bocca di Thomas. Ora c’è desiderio e
abbandono. Thomas si sposta indietro. Passa due dita umide sull’apertura e
prepara la strada. Adam sorride. Adesso che tutto è perduto, si sente
tranquillo. Thomas
avanza fino a che Adam sente la cappella premere contro il suo culo e poi
forzare l’ingresso. Ora Thomas è dentro di lui, ora. Thomas
si muove lentamente, ma il piacere che inonda Adam è violento. A ogni spinta,
a ogni carezza della mano, a ogni morso, gli sembra che il piacere diventi
più forte, lo avvolga tutto. Adam perde coscienza di tutto ciò che non è
Thomas, le mani di Thomas che percorrono il suo corpo, la bocca di Thomas che
lo bacia e lo mordicchia, il cazzo di Thomas che affonda dentro di lui e si
ritrae in un movimento continuo. Il
piacere continua a crescere, annullando tutto. Adam geme e Thomas gli mette
una mano davanti alla bocca. -
Non così forte! Ci possono sentire. Adam
non si è reso conto che il suo gemito fosse forte. Non dice nulla. Reprime i
gemiti e si abbandona a Thomas e al piacere che questa cavalcata gli
trasmette. Thomas
procede a lungo, finché conclude con una serie di spinte più violente e
rapide e il seme si sparge nel culo di Adam. Thomas si volta di lato, facendo
girare Adam, ma non appena la sua mano sfiora il cazzo di Adam, anche questi
viene. Il piacere è tanto intenso che Adam per un momento ha l’impressione di
svenire tra le braccia di Thomas. Adam
non riesce a parlare. Thomas gli sussurra: -
Grazie. Adam
è stordito. Annuisce. Thomas
lo tiene tra le braccia un buon momento, poi esce da lui, si pulisce e
incomincia a rivestirsi. Adam
lo guarda. È frastornato. Si rende conto di essersi mosso in modo maldestro,
goffo, come se fosse la prima volta. Vorrebbe quasi chiedere scusa a Thomas. Thomas
gli si avvicina. -
Tutto bene, Woolwich? Non… Adam
annuisce e chiude gli occhi. Thomas si dirige alla porta. Prima di uscire
dice: - Ci
vediamo più tardi. Thomas
esce. Sta piovendo, ora, ma Thomas non rientra in cabina. Rimane sul ponte,
lo sguardo fisso sul mare. È turbato. Woolwich gli è sembrato disorientato,
confuso, come se non fosse ben sicuro di quello che voleva, anche se era
stato lui a prendere l’iniziativa. Woolwich ha goduto, intensamente: questo è
stato evidente. E di certo non era la prima volta. Ma perché questo
turbamento? Thomas non sa darsi una risposta. Con Woolwich è stato bene,
molto. Gli piace moltissimo come persona e come maschio. Ma non si farà
avanti se Woolwich non dirà nulla: non vuole imporsi. Adam
esce mezz’ora dopo. È stupito di trovare Thomas sotto la pioggia. Thomas
accenna il suo sorriso e ripete la domanda di prima: -
Tutto bene, Woolwich? Adam
si avvicina. -
Sì. Mi deve scusare, Hardy. Mi rendo conto di essermi comportato da idiota.
Preferisco non sapere che cosa ha pensato di me. Thomas
scuote la testa. - Ho
pensato che è stato molto bello per me, ma forse non lo è stato altrettanto
per lei. Mi dispiace. Ora
è Adam a scuotere la testa. -
Non credo di avere mai goduto tanto… È stato bellissimo, Hardy. Spero che lo
rifaremo. Vorrei farlo ogni giorno. Adam
sorride, leggermente in imbarazzo ora, dopo questa confessione. Aggiunge: - E
mi scuso per la mia goffaggine. Ero… Adam
non trova le parole. Non vuole rivelare la causa del suo turbamento,
l’intensità di ciò che prova: ora non avrebbe senso. Thomas gli viene in
aiuto. -
Non si preoccupi. Era turbato. Non mi deve spiegare nulla. Thomas
fa una breve pausa e prosegue: -
Comunque per me va benissimo farlo ogni giorno. Thomas
sorride, un vero sorriso, che però scompare subito. Poi aggiunge: - Crosstree sta andando nel salone. Come facciano a
chiamarlo salone, quello... Lo raggiungo e me lo lavoro un po’. Se lei è
d’accordo, gli racconto dell’inchiesta che va a fare e gli dico che la sua è
stata una provocazione. Adam
annuisce. Ha sentito ciò che Thomas ha detto, la sua mente l’ha registrato,
ma l'ha accantonato come irrilevante: se ne occuperà dopo. Il cervello si è
fermato alla frase “Comunque per me va benissimo farlo ogni giorno”. È
bastata a paralizzarlo. Thomas
si dirige alla stanza comune. Adam
lo guarda. Si guarda intorno. Non c’è nessuno, sotto questa pioggia che cade
incessante. Adam
dice, forte: -
Cazzo! Poi
ripete, più piano: -
Cazzo! Guarda
il mare e conclude, pianissimo: -
Cazzo! La
sera a tavola Crosstree appare di buon umore. - E così
lei si diverte a provocare, signor Woolwich. Adam
sta al gioco: sa che per il suo lavoro è più saggio. Sorride, nascondendo il
disprezzo che prova per Crosstree, e risponde: -
Sì. È un buon modo per saggiare le reazioni della gente. Crosstree scuote la testa. - Le
sconsiglio di usare questo sistema alla Giamaica. Noi piantatori siamo
esasperati e qualcuno potrebbe prendersela. Rischia di finire male… Interviene
Thomas: - Sa
come sono i giornalisti, signor Crosstree. Il
signor Woolwich non è ancora giunto a destinazione, ma ha deciso di
approfittare del viaggio per vedere un po’ che cosa pensano i piantatori. Crosstree scuote la testa. -
Non ne possiamo più del governo di Londra, delle sue leggi a favore di quei
fottuti negri di merda, della proibizione della tratta, di queste voci di
un’imminente liberazione di tutti gli schiavi. Sembra che il governo di
Londra abbia intenzione di affossare l’economia dell’isola. La rivolta di
Natale ha provocato danni enormi e invece di venire in nostro aiuto… Adam
non sa che cosa dire. Nulla di ciò che pensa potrebbe essere accettato da Crosstree. Thomas chiacchiera un po’. Fa lui le domande
che Adam dovrebbe fare, fino a che l’arrivo della signora Turner sposta la
conversazione su altri argomenti. Nella
notte non piove, ma il mattino dopo la pioggia riprende. Adam vorrebbe
invitare Thomas nella sua cabina, ma si riscopre incerto. È Thomas a dirgli,
molto tranquillamente, durante la colazione: -
Signor Woolwich, mi aveva promesso di farmi vedere quelle carte. Potremmo
approfittare della giornata di pioggia, che ne dice? Adam
sente che il cuore accelera i battiti. Sorride e risponde: - Mi
sembra un’ottima idea. Nella
cabina, Thomas dice: -
Woolwich, non voglio forzarla. Se è a disagio… Thomas
non completa la frase. Adam si è avvicinato a lui e gli ha preso il viso tra
le mani, poi l’ha baciato. Adam
guarda Thomas. Gli sembra ancora incredibile, ma sta succedendo. Sorride e
incomincia a spogliare Thomas. Quando
sono entrambi nudi, dice: -
Sei bellissimo, Thomas. È la
prima volta che lo chiama per nome. Ieri Thomas ha pronunciato il suo nome,
ma Adam era troppo sconvolto. Thomas
scuote la testa. -
Non mi pigliare per il culo, Adam. -
Per me lo sei, Thomas. -
Con tutte queste cicatrici… Adam
passa una mano sul segno che Thomas ha sotto l’occhio, poi su quello che ha
sul torace e infine a quello sul ventre. -
Sono belle le tue cicatrici, Thomas. Thomas
non è convinto. Bacia Adam, poi gli dice: -
Oggi sei più tranquillo. Adam
annuisce. -
Scusami per ieri. -
Non hai da scusarti. Ti ripeto la domanda di ieri: che cosa ti piace fare?
Quello che abbiamo fatto ieri o c’è altro… Adam
esita un momento. Non sa quali siano i gusti di Thomas, non vuole che lo
disprezzi. Thomas
intuisce, perché risponde: -
Adam, c’è poco che non mi piaccia fare, molto poco. C’è poco che non abbia
fatto. Di solito non me lo faccio mettere in culo, l’ho fatto molto di rado,
ma tutto è possibile con un uomo che mi piace davvero. E tu mi piaci davvero. Adam
sorride. Gli sembra di non reggersi più in piedi. Si lascia scivolare in
ginocchio. Guarda il cazzo di Thomas di fronte al suo viso. Apre la bocca e
incomincia a succhiare la cappella. Thomas gli accarezza la testa. Il
tempo rimane brutto, ma Adam sta bene come gli sembra di non essere mai stato
nella sua vita. Ogni giorno lui e Thomas scopano. Poi rimangono a lungo
abbracciati. Adam ha l’impressione di essere in paradiso. La
sera Adam si siede di fianco a Thomas. La signora Turner viene a mettersi
vicino a lui, con le due figlie: lo fa spesso, ma in effetti Thomas e Adam
sono i due uomini più interessanti dal punto di vista della signora. Gli
altri passeggeri maschi o sono sposati o sono troppo giovani o troppo vecchi
o non sembrano avere una professione sicura. Thomas
sa che basterebbe spiegare alla signora la sua situazione economica per
allontanarla, ma non ha intenzione di farlo. La signora Turner non è
fastidiosa: è una donna gentile, che pensa al futuro delle sue figlie, ma non
è ossessionante. Solo il fatto di doverci convivere ogni giorno per un lungo
periodo spinge Thomas a evitare un contatto prolungato. La
signora parla del marito che è stato inviato due mesi fa alla Giamaica. -
Non ho potuto partire con lui, c’erano troppe cose da sistemare a Londra e
lui non poteva rinviare il viaggio. Allora io sono rimasta per occuparmi di
tutto e adesso lo raggiungiamo. La
signora Turner riprende: -
Mio marito mi ha scritto che non vede l’ora che io arrivi. Gli uomini non
sono capaci di vivere da soli. Fateli combattere, lavorare, ma non
chiedetegli di gestire una casa. Un uomo ha bisogno di una moglie. Adam
sorride e risponde: - Ha
proprio ragione, signora Turner. E
mentre lo dice la sua mano, nascosta dal tavolo, scivola sulla coscia di
Thomas e poi risale fino al rigonfio nei pantaloni. Con piacere Adam nota una
rapida crescita di volume e di consistenza nell’area. Controlla ancora che
nessuno possa vedere e stringe. Hanno scopato nel pomeriggio, lo faranno
ancora domani. A guidare la mano di Adam è il desiderio di sentire Thomas
vicino a sé, il piacere che gli dà la complicità che ora li unisce. Lui sta
accarezzando Thomas, mentre parlano con gli altri. Lo sta accarezzando,
perché lui e Thomas sono amanti, perché esiste un legame tra di loro, un legame
di desiderio e piacere. Ma mentre la sua mano stringe, Adam si pone la
domanda che ritorna nella sua testa in modo ossessivo. Che cosa prova Thomas
per lui? Thomas ha stima di lui, gliel’ha detto più volte. Scopa volentieri
con lui. È tutto lì? E quando arriveranno alla Giamaica, continueranno a
vedersi? Difficile, se Thomas si metterà al servizio di qualche piantatore. Adam
continua a lavorare con la mano, come se quel gioco servisse per tenere
lontani i suoi dubbi, le sue paure. Thomas si tende. Adam si rende conto che
è sul punto di venire. Thomas abbassa una mano e allontana quella di Adam. Adam
non dice nulla. Si sente ricacciato indietro, anche se capisce di essersi
comportato in modo assurdo. Se avesse fatto venire Thomas, questi avrebbe
dovuto alzarsi con i pantaloni macchiati. Ma che cos’ha in testa? Adam si dà
dell’idiota. Adam
sente la signora Turner parlare, ma non l’ascolta. Lo riscuote la voce di
Thomas: -
Signor Woolwich, ha la bussola in cabina? Adam
guarda Thomas, confuso. - Sì,
certo. - Le
spiace prestarmela? -
No, la vuole subito? -
Sì, un piccolo controllo. Adam
si alza. Thomas lo segue. Arrivati in cabina, Thomas chiude la porta e spinge
bruscamente Adam contro la cuccetta. Adam non oppone resistenza. Si appoggia
con le mani al pagliericcio. Thomas traffica con i pantaloni di Adam,
slacciando la cintura e facendoli scivolare a terra insieme alle mutande. Adam
lo lascia fare. Chiude gli occhi, anche se nella cabina è buio. Sente le dita
bagnate preparare la strada e poi il cazzo di Thomas premere ed entrare. Adam
geme. Thomas
gli accarezza i capelli e gli sussurra: -
Sei una testa di cazzo, Adam. Ma evidentemente mi piacciono le teste di
cazzo. Più
tardi salgono di nuovo sul ponte. Soffia un vento forte e il cielo è limpido,
senza nemmeno una nuvola. -
Che meraviglia, Thomas. -
Quando vedo un cielo così, mi viene in mente la frase del Romeo e
Giulietta: Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo
tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si
innamorerà della notte. -
Dev’essere bello amare così. -
Sì, bello, ma... tremendo. Adam
è sorpreso dalla risposta di Thomas. -
Perché tremendo? -
Amare davvero, con questa intensità, espone alla sofferenza. La
domanda viene alle labbra di Adam: -
Hai mai amato così, Thomas? Adam
si pente di aver chiesto: si rende conto di essere indiscreto. Tra loro
esiste una grande intimità fisica, ma hanno parlato poco di sé. Thomas sembra
molto riservato. - Ho
amato, anche se non così. Meglio non amare così. Adam
non riesce a dormire, lui che ha sempre dormito benissimo. Si riveste ed esce
sul ponte. Si appoggia all’impavesata e guarda il cielo. Non è più sereno
come qualche ora fa. Il vento sospinge nuvoloni neri e la luna appare e
scompare. Non si vedono più molte stelle. Che
cosa gli sta succedendo? Adam lo sa, se lo è già detto. Si è innamorato di
Thomas Hardy, di un uomo che va a mettersi al servizio dei piantatori, a… Adam
ha desiderato altri uomini, alcuni forse li ha amati. Ma ciò che prova per
Thomas è diverso: è molto più forte. Ripensa alla conversazione che hanno
avuto alcune ore prima. Adam non riesce a capacitarsi di come sia potuto
succede. Tutto è avvenuto in fretta, tutto è stato troppo rapido. Più volte
gli torna in mente il giorno in cui si sono incrociati sulla soglia del
bordello di Patrick. Quando ha guardato Thomas, quel viso gli si è impresso
in mente. Ha pensato più volte a lui il giorno seguente e ancora la sera,
quando si è imbarcato sulla nave, senza sapere che stava per ritrovarlo. La
nave arriva a Nassau. Dalle Bahamas alla Giamaica ci sono ancora diversi
giorni di viaggio, ma ormai il più è fatto. Adam
e Thomas scendono a terra. Adam scopre di non riuscire a camminare
normalmente: - È
come se avessi il mal di mare… Thomas
sorride. - È
normale. Sulla nave ci si abitua al rollio, tanto che dopo qualche giorno uno
non se ne accorge neanche. Quando scende a terra il suo corpo non riesce a
riabituarsi. Ci vuole un po’. - A
lei non fa questo effetto? -
Sì, certo, anche a me. Ma non mi sorprende. Ho già fatto viaggi lunghi per
mare. L’Argus si fermerà a Nassau tutto il giorno: ci sono
merci da caricare e scaricare, passeggeri da sbarcare e altri da imbarcare. - Ci
facciamo un bagno, Hardy? -
Per me va bene. Thomas
e Adam camminano un’ora. Man mano che si allontanano dalla cittadina, i segni
della presenza umana si riducono. La pista che seguono, lungo la costa,
diventa solo più un sentiero, fino a che scompare nei pressi di due capanne isolate.
Thomas e Adam camminano sulla sabbia. Ogni tanto si guardano, sorridendo. Il
vento scompiglia i capelli di Adam, che dopo un mese di viaggio sono
piuttosto lunghi. Infine raggiungono una piccola cala, con una striscia di
sabbia circondata dalle palme. Il posto scelto è ideale: la fitta vegetazione
li nasconde alla vista. Non si sono detti niente, ma entrambi sanno che non
si limiteranno a bagnarsi. Si
spogliano guardandosi. È la prima volta che lo fanno alla luce del giorno e
non al buio o alla luce di una lanterna, in uno spazio aperto, con il vento
che porta l’odore del mare e non in una cabina angusta e poco aerata. Adam
guarda il corpo di Thomas e si sente sopraffare da un’emozione violenta.
Reagisce voltandosi, gridando: “Non mi prendi”, come un bambino, e mettendosi
a correre. Thomas
lo insegue. Adam si tuffa in acqua, ma prima che riemerga si sente afferrare
da Thomas. Riaffiorano tutti e due insieme, abbracciati. Thomas
sorride, un vero sorriso. - Ti
ho preso, Adam. Thomas
lo lascia andare. Adam si volta e lo guarda. Annuisce, senza riuscire a
parlare. Gli sembra di essere tornato al loro primo incontro, quando
l’emozione lo paralizzava. Si sono amati molte volte, ma mai hanno goduto del
sole che ora batte sulla loro pelle, del vento che increspa le onde, dello
spazio tutt’intorno, della libertà di questo angolo di quiete. Adam
bacia Thomas, si stacca, lo guarda di nuovo e incomincia a nuotare. Adam è un
ottimo nuotatore, ma Thomas non rimane indietro. Nuotano a lungo, poi
ritornano a riva. Thomas
si guarda intorno, ma non c’è nessuno. Allora abbraccia Adam. Si baciano, si
accarezzano, si stringono. Thomas spinge Adam a terra e si stende su di lui.
Lo bacia ancora, poi gli mordicchia i capezzoli e scende fino al cazzo, che
già si tende. Lo prende in bocca e incomincia a succhiarlo. È la prima volta
che Thomas lo fa e Adam sente un’ondata di piacere investirlo. -
Thomas! Thomas
procede, fino a che il cazzo di Adam è completamente teso, poi si stacca, lo
guarda e lo accarezza. Lo afferra, lo stringe, la mano scende sotto, scivola
sui coglioni e poi li afferra. Adam geme. Thomas ride e mordicchia il cazzo
di Adam. Adam grida e il fiotto del seme gli si sparge sul ventre. Thomas
guarda Adam, sorridendogli. Adam gli accarezza il viso, poi sussurra: -
Prendimi. Thomas
solleva le gambe di Adam e se le mette sulle spalle. Inumidisce l’apertura e
con cautela spinge il cazzo all’interno. Adam non ha mai scopato in questa
posizione, ma gli piace vedere il viso di Thomas, che gli sorride. Thomas
incomincia a spingere avanti e indietro e Adam ha l’impressione che il mondo
intorno turbini. -
Thomas! Vorrebbe
gridargli che lo ama, ma prova vergogna, vergogna di questo sentimento troppo
forte. Thomas
procede a lungo e Adam sente il piacere percorrerlo a ondate, fino a che
Thomas non viene dentro di lui. Thomas
si ritrae, Adam abbassa le gambe. Thomas si distende su di lui e rimangono
abbracciati a lungo. Poi tornano a tuffarsi. Tornati
a riva, si amano ancora. Alla
Giamaica Adam ricorderà molte volte questo giorno di sole e di amore. Non ha
mai vissuto così intensamente come oggi. Nel
tardo pomeriggio ritornano alla nave. I nuovi passeggeri sono già arrivati.
Non sono molti: quattro popolani e tre borghesi, che risultano essere due piantatori
della Giamaica e un mercante. I tre conoscono Crosstree
e fanno subito gruppo con lui. Adam
sa che è opportuno cercare di fare conoscenza con loro: sulla nave, dove c’è
ben poco da fare per passare il tempo, tutti sono più disponibili a conversare.
Adam ha maggiori probabilità di ottenere qualche informazione utile, senza
dare l’impressione di cercarne. Adam
si unisce al gruppo dopo la cena, quando le signore presenti si sono ritirate
nel locale riservato a loro. La conversazione tra Crosstree
e gli altri tre è centrata sulla liberazione degli schiavi, che è ormai data
per inevitabile. Crosstree è furente. - Mi
trasferirei negli Stati Uniti, ma se liberano gli schiavi, a chi potrò
vendere la mia piantagione? Perderà valore. Con quel che ne ricaverei, che
cosa potrei comprarmi negli Stati Uniti? Gli
risponde Paul Lablanc, un uomo sui cinquanta che
pare essere il più autorevole tra i suoi compagni: gli altri lo ascoltano con
deferenza e fanno sempre riferimento a lui. Adam lo osserva: Paul Lablanc è alto come Thomas e ha un corpo snello, ma
vigoroso; è calvo e porta barba e baffi, di un castano chiaro a cui si
mescolano diversi fili bianchi. Lablanc concorda con Crosstree: -
Sì, tutte le piantagioni perderanno valore. A Nassau si pongono lo stesso problema.
Un bel favore che il nostro governo fa agli Stati Uniti: nel Sud potranno
continuare a produrre a costi molto inferiori. Ma il parlamento di Londra è
troppo lontano. Crosstree e Lablanc
discutono a lungo, gli altri due si limitano a dichiararsi d’accordo. Adam
pone qualche domanda cortese: entrando un po’ in confidenza con Lablanc e Crosstree, non solo
potrà affrontare come casualmente l’argomento della piccola tratta, ma avrà
anche qualche punto di riferimento alla Giamaica. Inizialmente
Thomas partecipa poco alla conversazione, ma Adam nota che Paul Lablanc dimostra subito una certa curiosità nei confronti
del tenente e lo interpella, per cui Thomas si lascia coinvolgere nella
discussione che segue. Sembra condividere le idee di Lablanc,
che appare più moderato di Crosstree, ma favorevole
alla schiavitù. D’altronde Adam sa benissimo che nessun piantatore potrebbe
essere a favore della liberazione degli schiavi. A un
certo punto Crosstree esclama: -
Liberare i negri! Quelli non lavorerebbero. Si metterebbero a rubare. Paul
Lablanc osserva: - Un
secolo fa, a Haiti c’era un pirata, il famigerato Testapelata,
che comprò una piantagione e poi liberò tutti gli schiavi. E quale fu il
risultato? Ci furono rivolte in altre piantagioni vicine, alcuni proprietari
vennero uccisi. E di lì certe idee si diffusero in tutta l’isola. E abbiamo
visto com’è finita. Adam
ha qualche dubbio che la liberazione degli schiavi da parte del pirata Testapelata possa aver contribuito allo scoppio della
rivolta settant’anni dopo, ma preferisce non dire niente. Cerca invece di
inserirsi nella conversazione. -
Lei ha un nome francese, signor Lablanc. La sua
famiglia è di origine francese? Lablanc annuisce. - Sì.
Mio padre aveva una grande piantagione a Haiti e vivevamo lì, fino alla
rivolta. Mia zia aveva sposato un inglese, un piantatore della Giamaica, e
quando riuscii a fuggire, dopo la distruzione della nostra piantagione, li
raggiunsi. Non avevano figli e così io ho ereditato la loro proprietà. -
Lei quindi era a Haiti durante la grande rivolta. - Sì
e ho visto di che cosa sono capaci. Sulla
rivolta di Haiti, avvenuta quando non era ancora nato, Adam ha sentito
racconti raccapriccianti. - So
che successero cose tremende. Paul
Lablanc fissa Adam. Ha occhi azzurri, di un azzurro
intenso. Adam pensa che invece quelli di Thomas sono grigio-azzurri. - Ho
visto i negri fare cose… sono davvero bestie, non uomini. Quelli che parlano
di diritti dei negri, di uguaglianza… non sanno che cosa dicono. Adam
potrebbe osservare che gli orrori della rivolta non erano diversi dagli
orrori della schiavitù: violenze e torture di ogni genere erano il pane
quotidiano di molti schiavi. Ma Adam non dice nulla: sa che non deve inimicarsi
i piantatori. La
conversazione procede. Lablanc si rivolge spesso a
Thomas, che sembra aver scelto come suo interlocutore preferito. Quando si
parla delle difficoltà a procurarsi nuovi schiavi, Lablanc
gli chiede: - Sa
che cosa è successo con la Comet? -
No, non so nulla. Era una nave? Mi dica. -
Sì, la Comet era una nave, statunitense, che
trasportava schiavi: non negri catturati in Africa, ma schiavi trasportati
per essere venduti. Naufragò ad Abaco Island, tre anni fa. C’erano 164 negri
che, in base alle norme del 1818, vennero liberati. Capisce? Schiavi di
proprietà statunitense, finiti in acque britanniche per un naufragio. Tolti a
coloro che li trasportavano e liberati. Con la possibilità di stabilirsi a
Nassau. Thomas
annuisce e osserva: -
Questo acuisce il problema di procurarsi gli schiavi. E una piantagione senza
schiavi rischia di non essere redditizia. La natalità tra gli schiavi non è
alta e se mancano le braccia… Adam
si rende conto di essere irritato. L’interesse che Lablanc
dimostra per Thomas lo infastidisce. La disponibilità di Thomas nei confronti
del piantatore lo innervosisce. C’è una spiegazione per quello che prova, ma
è meschina e Adam lo sa benissimo: è geloso, geloso perché Thomas dedica a
questi uomini attenzione e tempo, perché Lablanc
mostra interesse nei confronti di Thomas. Lablanc
non è bello, no, per nulla, ma Adam deve riconoscere che quest’uomo è dotato
di un notevole fascino. Come Thomas, è vigoroso e deciso. Adam
si rende conto di soffrire. Il viaggio si avvicina alla fine e alla Giamaica
non è detto che una volta sbarcati lui e Thomas possano rivedersi. Adam ha
paura del futuro, di un futuro senza quest’uomo che prima di imbarcarsi aveva
visto solo per un attimo sulla soglia di un bordello. Più
tardi, in un momento in cui sono soli sul ponte, Adam osserva: - Crosstree, Lablanc, lei se li
tiene buoni tutti, Hardy. Adam
si rende conto di essersi espresso in modo poco gentile. Thomas lo guarda, ma
nel buio Adam non riesce a vederlo in volto. La voce è neutra, distaccata. -
Vado a lavorare, Woolwich. E sa benissimo che cosa vado a fare. - Mi
scusi, Hardy. Ma la giornata di oggi era stata così bella… uno splendido
sogno. - La
realtà un’altra. Poi
Thomas aggiunge: - Siamo
fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un
sogno è racchiusa la nostra breve vita. -
Sempre Shakespeare. Ma non ricordo che opera… Adam
va volentieri a teatro e si commuove al Romeo e Giulietta, ma non
saprebbe citare due versi di Shakespeare a memoria. Ha tirato a indovinare,
sapendo che Thomas ama molto il Bardo. E in effetti l’autore è giusto.
L’opera la dice Thomas: - La
tempesta. Adam
annuisce. Che cosa gli sta dicendo Thomas? Che quello che esiste tra di loro
è solo un sogno, che la realtà avrà presto il sopravvento? Adam
china la testa. Il giorno più bello della sua vita si conclude così? Il nome
gli sfugge: -
Thomas! Solo
nei momenti d’intimità si chiamano per nome. -
Dimmi, Adam. Ma
Adam non sa che cosa potrebbe dire. Nel
buio Thomas gli prende la mano e la stringe. Un contatto che fa bene ad Adam,
gli restituisce un po’ di pace. -
Gente come Crosstree o Lablanc
non conta nulla per me. Dovresti capirlo. Ma non posso farmi guardare con
diffidenza nell’ambiente in cui andrò a lavorare. Adam
annuisce, ma si sente triste. Thomas
prosegue: -
Andiamo nella tua cabina. Adam
si chiede se Thomas voglia di nuovo scopare: l’hanno fatto due volte, oggi.
Ma in cabina Thomas si stende sul pagliericcio e attira Adam a sé. Lo
accarezza, con molta dolcezza, senza spingersi oltre. Adam sente che la
sofferenza si attenua. Thomas
Hardy è un uomo affascinante. Paul Lablanc è
curioso di conoscerlo meglio. Sembra dotato di intelligenza e buon senso, ma
è presto per dirlo. La cicatrice sul viso, il modo in cui si muove, tutto
trasmette l’immagine di un uomo forte e deciso, che non arretra facilmente. Paul
è intenzionato ad approfondire la conoscenza nei prossimi giorni. Anche
il giornalista non è niente male. Fisicamente è un gran bell’uomo, ma non ha
lo spessore di Hardy. E in ogni caso Paul è diffidente nei confronti dei
giornalisti, anche se sa che è meglio averli dalla propria parte. Gli
spazi ridotti a disposizione e i pasti in comune forniscono molte occasioni
d’incontro. Paul nota con piacere che Thomas Hardy chiacchiera volentieri con
lui. Non è un tipo espansivo, ma questo per Paul è un pregio, non un difetto.
È uno di quegli uomini che non parla senza pensare e non ci tiene a mettersi
in mostra, ma sa quello che vuole. Tutte caratteristiche positive. Paul
vorrebbe parlargli da solo, ma c’è quasi sempre qualcun altro tra i piedi, in
particolare il giornalista. Non sa bene quali siano i rapporti tra i due, ma
è logico che anche Woolwich stia volentieri con Thomas Hardy. Non si
stupirebbe che i due scopassero. A farglielo pensare sono gli sguardi che a
tratti Woolwich lancia su Hardy. Woolwich è sicuramente attratto da Hardy, ma
è impossibile capire se il tenente ricambia l’interesse del giornalista.
Hardy è un uomo in cui non è facile leggere. Quando
Hardy è da solo sul ponte, Paul gli si avvicina. -
Lei non è mai stato in America, vero, tenente? -
No, sono stato parecchi anni in India e ho visto alcune città africane, ma
non sono mai stato nel Nuovo Mondo. Lei invece è sempre vissuto in America,
vero? -
Sì. Sono stato anche in Europa, due volte, ma ho trascorso la maggioranza
della mia vita prima a Haiti e poi alla Giamaica. -
Sono curioso di conoscere la Giamaica. -
Non conosco i suoi progetti, ma sarei lieto di averla come mio ospite e in
questo caso potrei farle conoscere l’isola. - La
ringrazio, non penso proprio che mi sarà possibile: credo che incomincerò a
lavorare subito. Magari più avanti. -
Conta di fermarsi molto? -
Non so, vedremo quali opportunità mi offre l’isola. -
Purtroppo la situazione si sta deteriorando. La rivolta di Natale è stata un
segnale chiaro. E questa liberazione degli schiavi di cui ormai si parla… -
Non pensa che se la schiavitù rimanesse, ci sarebbero altre rivolte, signor Lablanc? -
Sì, questo è possibile. Paul
guarda in lontananza, senza vedere nulla. Ricordi angosciosi riemergono da un
passato lontano e da tempi più recenti. -
Lei ha già vissuto la rivolta di Natale alla Giamaica e quella di Haiti,
quand’era un ragazzino. Paul
annuisce. Quasi senza rendersene conto, incomincia a raccontare: -
Sì. A Saint Domingue - mi scusi, ma mi rifiuto di
chiamarla Haiti - i negri distruggevano le fattorie, stupravano e uccidevano.
Nella zona in cui ci trovavamo, i ribelli non erano ancora arrivati. Quando
scoprimmo che una piantagione vicino alla nostra era stata incendiata, mio
padre decise di trasferirsi al Cap. Dovevamo partire il mattino dopo. Paul
scuote la testa. Non parla mai di ciò che successe a Haiti, non sa neppure
lui perché ora lo sta raccontando a Thomas Hardy. Prosegue: -
Arrivarono quella notte. Ci presero di sorpresa, nel sonno. Li vidi uccidere
i miei genitori. No… no, preferisco non parlarne. -
Posso capirlo. Per chiunque sarebbe un’esperienza terribile, per un
ragazzino, poi… Rimangono
in silenzio, ma Paul avverte la solidarietà di Thomas. Paul
si dice che Thomas non ha paura del silenzio, non sente il bisogno di
riempire ogni minuto di parole. Thomas parla quando ha qualche cosa da dire.
Gli piace molto, Thomas. Ormai sono quasi arrivati, manca il tempo per
approfondire la conoscenza, ma Paul conta di farlo alla Giamaica, prima o poi
l’occasione si presenterà. La
Giamaica appare in lontananza nella luce del mattino. I passeggeri salutano
con gioia l’apparizione dell’isola: sono tutti ben contenti all’idea di poter
sbarcare e riprendere una vita normale. Gli spazi angusti della nave, la
convivenza forzata, l’alimentazione ripetitiva, la noia delle giornate sempre
uguali, la paura delle tempeste e degli altri pericoli dei viaggi per mare:
tutto si dilegua alla vista della loro meta. Adam
è l’unico a non condividere l’entusiasmo generale. Adam non può essere
contento: è invece spaventato. In questi ultimi giorni gli sembra che Thomas
si sia allontanato. Hanno ancora scopato regolarmente, ma hanno trascorso
meno tempo insieme. Thomas è stato spesso con Crosstree
e soprattutto con Lablanc, che dimostra un forte
interesse per lui. E presto sbarcheranno e le loro strade si separeranno. Quando
la nave costeggia la lunga penisola che chiude la baia di Kingston, Adam
chiede a Thomas: -
Thomas, dove pensi di alloggiare? Thomas
lo guarda, poi volta la testa a fissare l’isola. Scandisce le parole, quasi a
sottolinearle. -
Signor Woolwich, le nostre strade si dividono qui. Sono stato molto bene con
lei e di lei ho grande stima, gliel’ho già detto, ma lo ripeto volentieri.
Ritengo che sia un uomo onesto e generoso. Io non sono come lei. E non porto
fortuna alle persone che mi stanno vicino. Non credo che avremo molte
occasioni di vederci ed è meglio così, per entrambi. D’altronde conto di
rimanere poco a Kingston. Il
“signor Woolwich” è uno schiaffo. Le altre parole sono una gragnola di pugni
che lo lascia incapace di reagire. Adam china il capo. L’intensità del dolore
che prova lo sgomenta e gli toglie il fiato. Alza
gli occhi su Thomas, sull’uomo che ama, e articola, a fatica, senza curarsi
di nascondere la propria sofferenza: -
Come vuole, tenente Hardy. -
Non mi chiami tenente. Sono solo un figlio di puttana che va a mettersi al
servizio dei piantatori. Lo sa benissimo. Adam
sa di avere le lacrime agli occhi. Non le nasconde: a Thomas si offre nudo,
come era nudo nella cabina in cui tante volte hanno fatto l’amore. -
Lei non è un figlio di puttana, signor Hardy. Adam
non aggiunge altro: non è più in grado di parlare. Si volta e raggiunge la
sua cabina. Si stende sulla cuccetta e lascia che le lacrime scorrano. Thomas
è furente con se stesso. Non avrebbe dovuto accettare il primo invito di
Adam, non avrebbe dovuto scopare con lui. Non ha dato troppo peso alla
faccenda, Adam gli è sembrato una sorgente d’acqua pura a cui dissetarsi
prima di immergersi nel fango. Ma ha sbagliato a valutare la sensibilità di
Adam. Ora
Adam sta male, per colpa sua. Adam si è affezionato a lui, come lui si è
affezionato ad Adam. Affezionato non è il termine giusto, ma Thomas non vuole
usarne un altro. Non c’è spazio per i sentimenti nella sua vita. Non ora. Non
ce n’è mai stato molto, ma quando era nell’esercito, amare era possibile,
anche se pericoloso. Adesso non lo è più. Adam
gli piace, molto. È un uomo limpido, che ha degli ideali. Ha la sua età, ma
la vita non è riuscita a piegarlo. Ha conservato la purezza delle anime
integre. Omnia munda mundis:
tutto è puro per coloro che sono puri. Adam è così. Ma
proprio per questo, per il bene di Adam, è necessario che se ne stia alla
larga. Coloro che gli stanno intorno, che in qualche modo gli vogliono bene,
vanno spesso incontro alla sofferenza e alla morte. Della
propria sofferenza Thomas non si preoccupa: è abituato a convivere con il
dolore. Ma la sofferenza di Adam lo turba. Thomas spera che Adam lo
dimentichi in fretta. |
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