Chio

 

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José guarda Masino che ancora dorme. Il ragazzo gli fa pena. Vorrebbe poter fare qualche cosa per lui, ma è impossibile. José non sa nemmeno se riuscirà a liberare se stesso da questa prigionia che ha finto di accettare. I giorni passano e lui si trova su questa nave di pirati, senza nessuna possibilità di fuggire.

E intanto, che ne è di Giuseppe? Il pensiero è un chiodo conficcato nella carne. Che ne è di lui? Alonso e gli altri sono riusciti a fare qualche cosa? Se fossero riusciti a liberarlo e a portarlo in salvo, allora José affronterebbe anche la morte serenamente. Ma l’idea di morire sapendo Giuseppe prigioniero, in pericolo di vita, gli è del tutto insopportabile.

Stanno avvicinandosi a Chio. Qui si giocheranno le loro vite. Se si presenterà anche solo una minima possibilità di fuggire, José ne approfitterà. I rischi sono immensi: se Hulot lo sorprendesse, lo ucciderebbe; se lo trovassero i turchi e capissero che era con i pirati dello Sparviero, verrebbe impalato. Ma José è intenzionato a rischiare. Non può continuare a rimanere sulla nave senza poter fare nulla per Giuseppe.

 

*

 

Hulot non lo ha più chiamato nella sua cabina e Masino ne è contento. Lo Sparviero lo attrae ancora e spesso Masino ne ammira il corpo vigoroso. Ma l’idea di avere di nuovo a che fare con Andrea lo sgomenta.

Masino ha sentito dire che domani sera attraccheranno e che correranno molti rischi: sono in territorio turco.

Masino si è già steso dove dorme di solito, accanto a José, quando Andrea gli si avvicina.

- Muoviti, sei desiderato.

Sorride e Masino ha un tremito. José, che è seduto di fianco a lui, se ne accorge. Parla, senza alzare la voce:

- Il ragazzo non viene.

Andrea fissa negli occhi José.

- È un ordine dello Sparviero.

José non abbassa lo sguardo:

- Deve venirmelo a dire lui.

Andrea è irritato, ma non replica. Si volta e se ne va.

Masino si dice che arriverà Hulot o che Andrea ritornerà con un ordine del capitano. Ma nessuno si fa vivo. L’intervento di José è stato sufficiente a far rinunciare Andrea. Probabilmente non a far cambiare idea a Hulot: lo Sparviero non accetterebbe che uno dei suoi uomini non gli obbedisca, ma l’idea di fare qualche cosa a tre doveva essere di Andrea, non del capitano.

Masino mormora:

- Grazie. 

José non replica. Si stende di fianco a lui, come al solito. E a Masino viene un dubbio: se ora José gli chiedesse di scopare con lui, in cambio della protezione che gli ha accordato? Che cosa farebbe, posto che José gli lasci davvero una scelta? Perché potrebbe benissimo prenderlo con la forza, come ha fatto Hulot la prima volta. Masino è incerto. José è l’unico con cui si sente sicuro e che nei momenti di maggiore difficoltà gli offre la sua solidarietà. L’unico che lo consideri un essere umano.

Ma José si limita a dirgli:

- Se c’è qualche problema, non esitare a chiamarmi.

Dopo un po’ Masino ne sente il respiro pesante. Non è successo nulla. Masino è contento che José non gli abbia chiesto un compenso per l’aiuto che gli ha dato: gli sarebbe spiaciuto scoprirlo meschino. Ma ora che ha capito che José non intende chiedergli nulla, si accorge che gli piacerebbe scopare con quest’uomo forte e silenzioso.

 

*

 

Hulot ha confermato le voci che circolavano tra i pirati. Sbarcheranno in serata. Andrea andrà in avanscoperta, come a quanto pare avviene abitualmente.

Si tratta di acquistare grandi quantità di mastice, che verrà poi rivenduto: un contrabbando tanto redditizio quanto pericoloso. Se i turchi li sorprendono, li impaleranno tutti.

José intende approfittare dell’occasione per scappare, se gli sarà possibile. Hulot non può fermarsi fino al mattino nell’isola: i turchi lo scoprirebbero. Se riuscirà a sfuggirgli, da domani mattina José dovrà guardarsi solo dai turchi.

Se non si presenterà nessuna occasione favorevole, José sarà costretto a rinunciare, ma non intende continuare con questa vita. Se sapesse che Giuseppe è in salvo, sarebbe disponibile ad attendere un’occasione più favorevole, ma di lui José non ha notizie e l’incertezza lo tormenta.

Arrivano in vista di Chio nel pomeriggio, ma aspettano che faccia buio per avvicinarsi alla costa: se i turchi li avvistassero, sarebbe la fine per tutti loro. Mentre attendono, inizia a soffiare un forte vento dal nord e il cielo si copre di una nuvolaglia nera che diviene via via più fitta, fino a formare un manto oscuro perfettamente uniforme.

La nave si agita, spinta dalle onde sempre più impetuose. L’isola è appena una massa scura all’orizzonte, ma José sa, dai discorsi dei pirati, che vi è una scogliera scoscesa, in molti punti quasi verticale: un minimo errore di manovra sarebbe sufficiente per far naufragare l’imbarcazione sugli scogli. Hulot non sembra avere nessuna intenzione di rinunciare e José è consapevole che il pirata sa il fatto suo.

Ben presto un diluvio d’acqua prende a scendere e non è neppure necessario attendere la notte per avvicinarsi alla costa: la visibilità è ormai ridottissima e nessuna sentinella da terra potrebbe avvistarli. Solo quando un lampo illumina il cielo, i pirati riescono a vedere l’isola, ma difficilmente qualcuno potrebbe scorgerli.

La nave è sbatacchiata dalle onde, ma con un’abile manovra riesce a infilarsi nello spazio tra due pareti verticali, dove l’acqua è leggermente meno agitata.

Non è facile calare le due scialuppe in mare. José si accorge che Masino è spaventato, probabilmente preferirebbe rimanere sulla nave, ma è troppo intelligente per provare a dirlo: ha capito benissimo che gli ordini dello Sparviero non si discutono. Al momento in cui si apprestano a scendere, José gli mette una mano sulla spalla e gli dice:

- Non temere.

Si mettono tutti ai remi, mentre Hulot regge il timone della prima scialuppa. I lampi che si accendono, molto frequenti, mostrano a tratti le scogliere che incombono su di loro. A José sembra che la barca debba schiantarsi da un momento all’altro contro la parete rocciosa che ormai li sovrasta. Un’onda più alta solleva la barca e José si tende, aspettando lo schianto, ma la barca ridiscende dalla cresta dell’onda e di colpo il mare diventa calmo.

José capisce: sono entrati in una caletta nascosta.

A un ordine di Hulot smettono di remare tutti, tranne due uomini. Poco dopo la barca attracca. Andrea scende a terra e si allontana: come le altre volte, è lui ad avere il compito di prendere i contatti con i complici sull’isola, che hanno immagazzinato il mastice in nascondigli e lo venderanno ai pirati al prezzo pattuito. 

Al ritorno di Andrea tutti gli uomini scenderanno a terra per prendere il carico e portarlo sulla nave.

Il tempo passa. Il temporale si placa e le nuvole si diradano. Dalla parte del mare si possono vedere le stelle, ma sopra di loro il cielo è coperto di nuvole e ogni tanto un lampo squarcia la notte. L’oscurità è meno fitta, ma più che sufficiente a proteggerli: la luna sorgerà solo molto tardi.

Quando Andrea ritorna, dicendo che tutto è a posto, Hulot dà gli ordini. In realtà tutti sanno già che cosa devono fare, a parte José e il ragazzo, Masino: per loro è la prima volta che partecipano a una spedizione dello Sparviero.

Hulot si avvicina a José e gli dà una borsa di monete d’oro. José è ricchissimo ed è abituato a maneggiare grandi somme, ma nella borsa ci dev’essere una cifra enorme. José non capisce perché Hulot l’affidi a lui, l’ultimo arrivato, quello di cui non ha mai avuto modo di saggiare la fedeltà. Le parole di Hulot gli permettono di capire:

- José, tu e Masino rimarrete qui con Antonio. Al segnale, un fischio ripetuto tre volte e tre volte la luce della lanterna, tu e Masino salirete lungo il sentiero. Fate attenzione: è stretto e se scivolate, vi sfracellate sugli scogli o affogate in mare. Non vorrei che la borsa finisse in acqua. Io vi aspetto in cima al sentiero. Consegniamo il denaro, prendiamo i sacchi con il mastice, li carichiamo sulla nave e ce ne andiamo prima dell’alba. Antonio, come sempre rimarrai sulla barca.

José ha capito. Hulot non si fida pienamente di lui. José rimarrà nella caletta, da cui non ci si può allontanare se non per lo stretto sentiero che sale in cima alla scogliera: non avrà occasione di fuggire; oltretutto non conosce per nulla l’isola, a differenza degli altri uomini di Hulot che con ogni probabilità vi sono già stati più volte. José salirà solo per consegnare il denaro e ridiscenderà subito con il carico. L’apparente fiducia è in realtà il segno della prudenza del comandante. José si dice che non c'è niente da fare, nessuna possibilità di salvarsi.

 

*

 

Il segnale viene dato dopo mezz’ora. José sbarca e aiuta Masino a mettere piede a terra. Le rocce, su cui il vento deposita gocce d'acqua, sono scivolose e loro due non conoscono il sentiero che porta in cima alla scogliera. José gli dice di attaccarsi con una mano alla sua cintura e lo guida nel buio.   

Dopo pochi minuti Masino incespica e cade addosso a José. Questi lo sostiene, evitando che finisca a terra. Masino si rialza e fa un passo indietro per rimettersi diritto. Il piede non si posa sul terreno, ma trova il vuoto. Prima che riesca ad afferrarsi a José o a un masso, Masino cade, chiamando José.

La parete in quel punto è meno ripida e Masino scivola lungo la roccia. Cerca disperatamente di arrestare la caduta, ma le sue mani non trovano un appiglio. Pensa che si sfracellerà. Poi, di colpo, urta contro qualche cosa che gli scortica una gamba. Cerca di afferrarsi e la destra riesce a stringere un ramo nodoso, poi anche l’altra mano afferra un ramo. Una spina o una scheggia gli lacera il palmo, ma Masino non ci bada.

Cerca di poggiare i piedi, ma non trova un appiglio: l’arbusto che ha fermato la sua caduta deve trovarsi esattamente nel punto in cui la parete, fortemente inclinata, cade a strapiombo. Sotto ha il vuoto.

Quanto reggerà, appeso per le braccia a un arbusto? Poco, molto poco. Muove lentamente la destra, per cercare di afferrare un punto più in alto e riuscire a issarsi, ma il ramo prosegue in orizzontale. Sposta allora la sinistra e, nonostante il dolore del taglio, riesce a risalire. Con un colpo di reni si issa sul tronco, su cui si siede.

Poco dopo un lampo lacera di nuovo il buio e, guardando in alto, Masino vede una parete liscia e troppo ripida per riuscire a risalire in cima. Si accorge che José scruta nell’oscurità verso il basso. Si vedono solo per un attimo, ma Masino prova un senso di sollievo. José non riuscirà a salvarlo, non può scendere fino a lui, né aiutarlo a risalire, ma l’idea che sia rimasto lì, che non l’abbia abbandonato subito, lo rincuora un po’.

Al buio non possono fare nulla. Masino dovrebbe aspettare che sia giorno, ma i pirati concluderanno i loro affari nella notte e ripartiranno prima dell’alba: di certo non si attarderanno sull’isola per salvare lui, anche se José... No, nemmeno José può fare niente.

Masino pensa che, se non morirà cercando di risalire, rimarrà solo su quest’isola sconosciuta, in un paese di cui non conosce la lingua, in cui è arrivato con i pirati che i turchi impalano. Rabbrividisce. Poi si dice che se riuscirà a risalire, in qualche modo se la caverà.

Non deve addormentarsi, perché in questa posizione precaria, certamente precipiterebbe.

Sono passati forse dieci minuti, quando gli sembra che qualche cosa si muova vicino a lui: deve essere un uccello che gli svolazza intorno. La sensazione svanisce, ma poco dopo l’avverte di nuovo. Tende una mano e al secondo tentativo incontra una corda. Il cuore dà un balzo. Stringe la corda e la tira, ma non cede. José è sceso alla barca a prendere una corda e l’ha lanciata dal punto in cui Masino è caduto. Rapidamente il ragazzo si lega la corda intorno alla vita e poi incomincia a salire. La mano sinistra gli fa male e la parete, molto inclinata e ancora bagnata, non offre una presa sicura, ma ha appena incominciato a risalire, quando si sente sollevare. José lo sta tirando su. Masino smette di cercare di salire e si limita a stringere bene la corda, cercando di appoggiare i piedi sulla parete per facilitare il lavoro di José.

Poco dopo arriva sul bordo del precipizio e sussurra:

- José!

José lo afferra e lo tira sul sentiero.

- Masino! Ce l’abbiamo fatta.

Poi José dice:

- Dobbiamo andare. Hulot ci scortica vivi…

Non finisce la frase, perché sentono gli spari. Arrivano dalla cima della scogliera. Due, tre, cinque colpi. José dice, pianissimo:

- Li hanno scoperti. Dobbiamo scendere.

 

*

 

Sono stati traditi. I turchi sapevano del loro arrivo e li aspettavano. Hulot sa che è la fine, una fine orrenda se li prenderanno vivi.

Hulot non ha nessuna intenzione di finire con il palo in culo. Impugna il coltello. Si ucciderà vibrando un colpo. Dopo essersi colpito, cercherà di cadere in avanti, in modo che il coltello penetri ancora più a fondo nella carne, spaccandogli il cuore. I turchi impaleranno il suo cadavere, ma non lo avranno vivo.

I turchi stanno avvicinandosi. Hanno archibugi e pistole. Preferiscono prenderli vivi, per cui li tengono sotto tiro, ma non sparano. Hanno colpito solo il Guercio e Pierre che avevano tirato fuori le pistole.

Andrea grida:

- Non sparate, sono Andrea.

Hulot capisce. È stato Andrea a tradire. Forse per potersi impadronire del suo tesoro, forse per gelosia, ma che importanza ha? Loro moriranno tutti e Andrea sarà ricompensato dai turchi e potrà impadronirsi del tesoro dello Sparviero? No! Mai!

Hulot si lancia su Andrea. Prima che questi possa reagire, gli affonda la lama fino al manico nel ventre, poi l’estrae e colpisce di nuovo più in alto, sotto lo sterno.

- Crepa, bastardo!

I turchi gli sono addosso prima che possa estrarre la lama e colpirsi. Lo bloccano. Hulot sa che morirà in un modo orribile, ma almeno si è vendicato e questo figlio di puttana che ora rantola ai suoi piedi non potrà godere del suo tesoro.

- Male… detto… il palo… il…

Un fiotto di sangue esce dalla bocca di Andrea, soffocando le parole.

Hulot lo guarda, un sorriso di trionfo sul suo viso.

 

*

 

Masino sente un’imprecazione e poi delle voci poco sopra di loro. José lo afferra per un braccio e incomincia a trascinarlo rapidamente verso il basso. Ad ogni passo Masino teme di scivolare. Si è salvato dal precipizio solo per ricadervi di nuovo? O per essere catturato dai turchi? Pensa ai racconti che ha udito sulla nave e rabbrividisce.

Ad un certo punto José fa un brusco scarto a destra. Poi lo spinge a terra e si stende su di lui. Masino sente il freddo di una lama contro la gola. Sgomento, apre la bocca per chiedere, ma sente la voce di José, che gli sussurra nell’orecchio:

- Non una parola. Non temere, Masino, se ci scoprono ti ucciderò prima che possano catturarti.

Masino sa che è molto meglio morire che essere catturati vivi dai turchi. Ma quel coltello che gli sfiora il collo desta in lui un terrore cieco, più forte di quello degli stessi turchi. Cerca di controllarsi. Chiude gli occhi, anche se nel buio ben poco si distingue. Attende.

Solo lentamente riesce a dominare l’ansia e a riprendere fiato.

Sentono dei passi. Qualcuno scende lungo il sentiero. Si muove silenziosamente. Potrebbero essere i loro compagni. Ma José non pensa che sia così, perché non si muove.

Qualche minuto dopo, l’urlo di Antonio gli conferma che José ha intuito la verità.

Qualcuno ha tradito, i turchi li aspettavano. Hanno lasciato che loro arrivassero in cima e facessero il segnale, poi hanno attaccato. Alcuni sono scesi per catturare quelli che sono rimasti sulla barca. Se lui non fosse scivolato, sarebbero stati presi anche loro due. Il tempo che José ha perso per salvarlo è stata la salvezza di entrambi. Per quanto, Masino non può sapere: forse la loro fine è solo rimandata.        

Poco più tardi sentono gli uomini risalire lungo il sentiero e passare di fianco a loro. Rimangono immobili, in silenzio. Masino si sente più tranquillo, anche se sa benissimo che le loro possibilità di cavarsela sono minime.

José toglie il coltello, senza però spostarsi, e Masino diviene improvvisamente cosciente del peso del corpo di José sul suo e della pressione contro il suo culo di una massa calda. Ma José, forse avvertendo che Masino si è reso conto della sua erezione, si solleva e si scosta.

Masino pensa che forse tra poche ore saranno morti o magari prigionieri, in attesa del supplizio. La sua mano poggia su una gamba di José, steso al suo fianco, e poi risale fino a che sente attraverso la stoffa bagnata il calore dell’uccello, teso come una lama. E la bocca di Masino trova quella di José.

Si baciano. José lo abbraccia stretto, mentre spinge la sua lingua in bocca a Masino.

Poi sussurra:

- Lo vuoi, Masino?

- Sì.

José lo volta e si stende nuovamente su di lui. Gli mordicchia un orecchio, dolcemente, poi gli bacia la bocca e una guancia, accarezzandogli i capelli. Le sue labbra salgono alla fronte e vi lasciano un bacio leggero, poi scendono rapide a mordere un orecchio. José è molto dolce e Masino si stupisce della delicatezza dei suoi gesti, certo impensabili da parte di Hulot. Non ha mai riflettuto sull’argomento, ma vagamente si immaginava che gli amplessi tra uomini fossero bruschi come è stato il suo con lo Sparviero, che la tenerezza non vi trovasse spazio. E invece José lo sta avvolgendo in una rete di carezze ed è una sensazione del tutto nuova, che né le donne che ha posseduto, né Hulot gli hanno mai trasmesso.

Nessuno lo ha mai abbracciato così e Masino non conosce i gesti per esprimere la dolcezza che le carezze di José destano in lui. Le sue mani si muovono, goffe e incerte, accarezzando la schiena dell’uomo steso su di lui, scendendo fino ai fianchi, infilandosi sotto la tunica e risalendo fino al culo. Ora che le sue mani sfiorano la pelle nuda di José, gli pare che gli manchi il fiato. Pizzica la carne, la afferra a piene mani, mentre José lo bacia sulla bocca e le loro lingue si incontrano. Il piacere è tanto forte che per un attimo pensa che verrà così, mentre le loro bocche si baciano e le sue mani stringono le natiche dello spagnolo.

Le mani di José percorrono il suo corpo e il suo viso, giocano con i suoi capelli. E poi ci sono le parole, le parole di José, dolci come le sue carezze, che sussurrano la bellezza di Masino, di ogni parte del suo corpo.

Nel buio completo che li avvolge a Masino pare di fluttuare nel vuoto, aggrappato a José. Poi José si stacca e gli toglie la tunica. Masino sente di nuovo le mani di José sui suoi fianchi, poi la lingua di José che scivola sul suo ventre, che indugia sull’ombelico, che avvolge il suo uccello, che accarezza le palle, con delicatezza.

Geme e di colpo capisce che l’onda del desiderio che preme dentro di lui non è più arrestabile. Con un nuovo gemito viene, mentre le sue mani si impigliano tra i capelli dello spagnolo.

Chiude gli occhi, nel buio della notte. Non ha mai provato un piacere così dolce, un appagamento così completo.

Sente le mani di José che gli stringono i fianchi e la bocca di José che gli bacia il torace, gli mordicchia i capezzoli. Gli accarezza la testa e poi mormora:

- Prendimi, José.

Lo spagnolo lo volta e si stende su di lui.

La pressione dell’uccello di José contro il suo culo lo stordisce, ma lo spagnolo non sembra avere fretta. Incomincia a passargli la lingua dietro l’orecchio, poi sul collo. Le sue mani percorrono il corpo di Masino e il contatto suscita nuove vibrazioni in lui. Ancora una volta il desiderio sale, si moltiplica, incendiando ogni fibra della sua carne, che arde.

Il peso sul suo corpo scompare. José gli allarga le gambe e Masino sente una carezza umida scorrergli lungo il solco. La lingua di José indugia sull’apertura, poi l’uomo si stende su di lui e Masino sente l’uccello farsi strada dentro il suo culo.

Geme, di puro piacere, perché questa volta non c’è sofferenza. Il peso del corpo di José sul suo, l’uccello che si fa strada dentro di lui, le mani di José che lo accarezzano, i denti di José che gli mordicchiano il lobo dell’orecchio, la lingua di José che scivola dietro l’orecchio e poi sul collo, tutto lo stordisce e moltiplica il suo piacere.

- José!

José gli tappa la bocca. Masino ha quasi gridato. Ma tutto è scomparso, i turchi, la minaccia che grava su di loro, la notte che li avvolge. Non esiste più nulla, se non il corpo di José sul suo, dentro il suo, il palo che scava nelle sue viscere, accendendogli i sensi.

Morde le dita di José che poggiano sulla sua bocca. Pensava di sfiorarle appena, ma il desiderio lo travolge e i denti stringono con forza. José toglie la mano, ridendo, e dice, pianissimo:

- Sei un selvaggio!

Ma la sua voce è alterata e ben presto le spinte diventano più intense e frequenti. Masino geme, cercando di costringere la voce in un sussurro. Anche dentro di lui il piacere sta esplodendo.

Viene un momento prima di José. Quando l’ultimo fiotto di seme esce, sente che José spande il proprio nel suo culo.

- Tutto bene, Masino?

- Grazie, José. È stato bellissimo.

Bellissimo non è abbastanza, ma Masino non trova le parole.

José esce da lui. Si siede al suo fianco. Gli rassetta la tunica. Poi si stende e gli fa appoggiare la testa sul suo petto.

- Ora dormi, Masino, domani avremo bisogno di tutte le nostre forze.

- Tu non dormi? Anche tu hai bisogno di riposo.

- Dormirò domani, dopo che ci saremo spostati da qui. Ora non possiamo dormire tutti e due.

Masino si lascia andare contro questo corpo possente e presto il sonno lo avvolge, mentre le braccia di José lo stringono.

 

Quando José lo chiama, è ancora buio, ma il cielo si sta schiarendo a oriente e si incominciano a intravedere i contorni delle cose.

- Dobbiamo andare, Masino. Quei bastardi dei turchi controlleranno tutta l’area palmo a palmo e se ci scoprono è finita.

Masino annuisce. Ha sete e fame, ma adesso devono pensare ad altro.

 

*

 

Risalgono cautamente per il sentiero, ma prima di arrivare in cima alla scogliera, José lascia la traccia che hanno seguito fino ad ora e si muove tra le rocce: è probabile che in cima al sentiero ci sia qualche sentinella turca.

Poggiano i piedi su piccole sporgenze della roccia, sospesi sull’abisso. A un certo punto diventa impossibile andare avanti. José allora lancia la corda, fissandola ad uno spuntone di roccia, e si issano a forza. Riprendono a muoversi lungo la parete, allontanandosi sempre di più dal sentiero.

Infine arrivano sotto il bordo della scarpata. Ormai si vede abbastanza. José si sporge leggermente per guardare: nelle vicinanze non c’è nessuno, ma più lontano, verso il punto in cui il sentiero arriva sul pianoro, ci sono almeno venti soldati turchi.

- Chi ha tradito ha dato informazioni precise, di sicuro sanno anche che ci deve essere un uomo con il denaro: il mastice andava pagato. Passeranno al setaccio la scogliera. Dobbiamo allontanarci.

Nel punto in cui si trovano la scarpata declina leggermente, prima di precipitare in verticale, e non è difficile spostarsi fino a raggiungere un’area boscosa. Si infilano tra gli alberi. José procede senza fermarsi mai, se non per controllare che la strada sia sgombra.

- Conosci bene l’isola!

- Non ci ho mai messo piede.

- Mi sembrava… Ti muovi molto deciso.

- Dobbiamo allontanarci in fretta, Masino, se vogliamo avere qualche possibilità di scamparla.

Proseguono per tre ore, attraversando boschi e aree rocciose, tenendosi sempre nascosti. Si dissetano ad un ruscello, ma non c’è nulla che possano mangiare.

Poi José si ferma e si rivolge a Masino:

- Masino, i turchi staranno cercando i pirati sfuggiti alla cattura. La popolazione dell’isola è cristiana, in parte greca e in parte genovese. Di certo non vedono di buon occhio i turchi, ma non hanno neanche voglia di finire impalati per aver nascosto due contrabbandieri. Dobbiamo trovare qualcuno che sia disposto a ospitarci.

Masino annuisce. Il ragazzo è stanco, ma si rende conto anche lui che deve farsi forza e continuare.

Riprendono a camminare, tenendosi lontano dalle strade. Due volte incontrano qualcuno che li guarda, diffidente. José mormora un saluto in greco e prosegue per la sua strada.

È ormai tardo pomeriggio quando giungono nei pressi di un villaggio. Non è il primo che vedono, ma José si è tenuto alla larga dagli altri. Questo è parecchio lontano dal punto in cui loro sono sbarcati.

José osserva il paese, dominato da una chiesa cattolica. Probabilmente è un insediamento dei genovesi.

José sa che deve cercare aiuto: Masino non regge più e in ogni caso prima o poi dovranno procurarsi del cibo.

- Masino, io andrò in questo villaggio e cercherò il prete. Se mi sembrerà di potermi fidare, ti verrò a prendere, qui. Se non mi vedi tornare entro domani mattina, tieniti lontano da questo villaggio e continua verso nord fino a che reggi. Poi cerca di procurarti un po’ di cibo in qualche fattoria isolata. Ma aspetta un po’ di giorni prima di raggiungere la città. Io ti lascio un po’ di denaro: nascondi le monete d’oro, perché se qualcuno le vedesse, potrebbe ucciderti per prenderle. Tieni a portata solo pochi spiccioli, di che pagare il cibo e magari l’ospitalità per la notte. Va bene?

Masino annuisce, ma sembra impaurito. Preferirebbe non rimanere solo, questo è evidente, ma se al villaggio decidessero di denunciare José, almeno il ragazzo potrebbe salvarsi.

- Va bene, José. Io…

José lo abbraccia.

- Sta’ tranquillo, ce la faremo.

José fa un ampio giro per arrivare al paese da un’altra direzione. Poi lo attraversa dirigendosi verso la chiesa. Cammina con passo deciso, come un uomo che ha un obiettivo preciso e non ha nulla da temere. Incrocia poche persone, che lo guardano perplesse.

Arrivato alla chiesa, chiede del sacerdote.

Il prete è un uomo sui cinquanta. Appare intelligente e cordiale.

José lo saluta in greco e poi gli chiede:

- Posso parlarvi in italiano o se preferite in latino o in turco. Il greco di oggi lo conosco poco.

Il prete appare stupito.

- In italiano va benissimo.

- Mi chiamo José de Olivares. Sono un nobile spagnolo.

José studia con attenzione le reazioni del sacerdote, che lo osserva e non nasconde la sua perplessità. Josè prosegue:

- So che il mio abbigliamento non è certo quello di un nobile, ma sono stato catturato dai pirati e costretto a viaggiare con loro. La nave è approdata all’isola e io sono scappato con un ragazzo, che i corsari avevano rapito in Sicilia. Abbiamo bisogno d’aiuto. Nessuno di noi due è un pirata o un contrabbandiere, siamo finiti su quella nave non per nostra scelta.

José vede che l’uomo crede a ciò che gli racconta. Aggiunge:

- Io venni catturato mentre cercavo di raggiungere Smirne, sulla nave dove viaggiava Ikmet pascià. Il ragazzo fu preso in Sicilia. Anche se non siamo pirati, se i turchi ci catturassero, verremmo giustiziati.

Il prete annuisce.

- Qui nessuno vi denuncerà. La nostra comunità cerca di avere pochi rapporti con i turchi. Credo che sappiate che cosa successe quando i turchi conquistarono Chio.

- Sì, lo so. Per questo ho deciso di cercare aiuto qui.

- Ditemi che cosa posso fare.

- In primo luogo il ragazzo e io abbiamo bisogno di mangiare e riposare. Poi io devo raggiungere Smirne e forse successivamente Costantinopoli. Ho con me del denaro, posso pagare cibo e alloggio. Il problema è solo riuscire a lasciare Chio.

- Non esiste nessun problema per quanto riguarda il cibo e un posto per dormire. Lasciare Chio presenta maggiori difficoltà, ma il caso vuole che qui a Chio, in una fattoria non lontana, ci sia il signor Gabriele Giustiniani, che è un uomo ricco e potente. Lui forse saprà come farvi lasciare l’isola. Vi farò parlare con lui.

 

*

 

Gabriele Giustiniani guarda quest’uomo che dovrebbe essere il conte José de Olivares. Giustiniani conosce di nome gli Olivares: la repubblica di Genova ha molti legami con la Spagna e le famiglie più importanti di Spagna sono ben note a chi si occupa di affari ad alto livello.

Ma quest’uomo che ha davanti non sembra un nobile.

Giustiniani lo fa accomodare e si fa raccontare per esteso ciò che il sacerdote gli ha esposto brevemente. Quando José gli parla dell'attacco alla nave di Ikmet pascià, Giustiniani chiede:

- Uccisero tutti, vero?

Giustiniani ha sentito raccontare che il figlio di Ikmet pascià si è salvato ed è arrivato proprio a Chio. José risponde:

- Sì, tranne il figlio di Ikmet pascià, che si gettò in mare vicino a quest'isola. Ma non so se sia riuscito a scampare.

Quest'uomo era davvero con i pirati, ma questo non significa che sia chi dice di essere.

- Sì, si è salvato. Ha avuto un buon coraggio a lanciarsi in mare. Ma audentes fortuna iuvat.

- Non aveva molta scelta, lo avrebbero ammazzato. Ma per sua fortuna non è finito come Turno, che la fortuna non aiutò, per quanto fosse audace.

Quest'uomo capisce il latino, sa riconoscere un verso dell'Eneide e lo colloca giustamente. Potrebbe davvero essere un nobile. Giustiniani fa ancora qualche commento, inserendo altre citazioni in latino, un motto in francese. Il suo interlocutore dimostra una solida cultura e sa servirsi di italiano, francese e latino con grande disinvoltura. Giustiniani finge di essere assai meno informato di quanto di fatto non sia sulla nobiltà spagnola. L’uomo corregge, sorridendo, i suoi errori: ha capito perfettamente che Giustiniani lo sta mettendo alla prova e sta al gioco con eleganza.

Gabriele Giustiniani è un uomo intelligente e non ha bisogno di molto tempo per capire che il suo ospite non mente: davanti a lui c’è davvero uno dei grandi di Spagna, uno dei pochi uomini al mondo che possono rimanere a capo coperto davanti a Filippo IV, detto il Grande, re di Spagna, di Napoli, di Sicilia e di Sardegna, duca di Milano, signore dei Paesi Bassi e conte di Borgogna.

- Conte, sono a vostra completa disposizione per qualunque cosa abbiate bisogno.

- Vi ringrazio. Ho bisogno di raggiungere Smirne al più presto e di inviare un messaggero a Costantinopoli. Queste sono le due cose per me più urgenti. Posso pagare, il caso ha voluto che io abbia con me tutto il denaro necessario.

Gabriele Giustiniani alza la mano, per interrompere José:

- Non offendetemi, conte. Siete mio ospite qui e lo sarete a Smirne, a meno che non abbiate motivi per decidere di alloggiare altrove. Per me è un onore.

- Accetto ben volentieri la vostra ospitalità qui, ma a Smirne preferisco affittare una casa indipendente, per non esporvi a rischi. Ma approfitto della vostra cortesia per chiedervi ancora due favori.

- Ben volentieri.

- Con me si è salvato un ragazzo siciliano, che lo Sparviero aveva rapito. Potete tenerlo al sicuro per qualche giorno, mettendolo nella casa di qualcuno fidato? Non vorrei che, viaggiando con me, corresse dei rischi: se i turchi sanno che all’agguato sono scampati un uomo e un ragazzo, vedendoci insieme potrebbero sospettare.

- Non esiste nessun problema. Sarà facile nasconderlo. Che cos’altro posso fare per voi?

- Vorrei sapere che ne è degli uomini dello Sparviero.

 

*

 

L’uomo che è venuto a prenderlo in canonica accompagna Masino a una grossa fattoria. Masino sa che ritroverà José e ne è contento.

Masino ha trascorso tre giorni nella canonica, senza avere notizie di José. Il sacerdote è stato molto gentile con lui e Masino sapeva di essere al sicuro, ma ha sentito la mancanza di José. Ha pensato più volte a lui e al loro rapporto sulla scogliera. José lo attrae molto, gli piace quest’uomo generoso e forte, che sa essere tenero.

Nella fattoria lo conducono in una stanza, dove lo attende José.

José lo abbraccia, una stretta fraterna. 

- Masino, abbiamo buone probabilità di cavarcela, se non facciamo errori. I pirati sono tutti morti o moribondi: li hanno impalati ieri, a parte Hulot, che verrà giustiziato a Smirne. Andrea è morto la sera dell’attacco. Circola la voce che lo abbia ucciso Hulot, probabilmente per evitare che cadesse vivo nelle mani dei turchi. Il suo cadavere è stato infilzato su un palo lungo la strada, come quelli degli altri morti durante l’attacco. I più fortunati. A parte me e te, forse: questo è ancora da vedere, ma credo che sia così.

Masino annuisce.

José prosegue:

- Adesso io andrò a Smirne. Tu rimarrai nell’isola: se cercassimo di lasciare Chio insieme, potrebbe essere pericoloso. È probabile che i turchi sappiano che un ragazzo e un uomo sono sfuggiti alla cattura e di sicuro controlleranno chi si imbarca per la terraferma.

Masino si sente sperduto all’idea di separarsi da José. Si sono incontrati poche settimane fa, ma José è l’unica persona che Masino conosce qui a Chio. Che farà da solo su quest’isola?

José coglie la sua preoccupazione.

- Masino, non intendo abbandonarti. Ti garantisco che farò di tutto per riportarti in Sicilia. Solo la morte o la prigionia potrà impedirmelo. Tra qualche tempo, manderò un uomo di fiducia a prenderti o verrò io stesso. Qui rimarrai al sicuro. I pirati sono morti e nessuno può riconoscerti.

 

*

 

La carrozza avanza lungo la strada che porta a Chio. Giunti in prossimità della città, José può vedere la lunga fila di uomini infissi sui pali: li hanno sistemati lungo la strada, in modo che tutti coloro che entrano in città o ne escono possano vederli.

Il tanfo di putrefazione è intollerabile: molti pirati, i più fortunati, sono morti cinque giorni fa nell’agguato e i loro cadaveri, impalati accanto agli altri, stanno ormai decomponendosi.

Tutti i corpi sono a torso nudo e hanno i pantaloni abbassati: ieri hanno castrato sia coloro che erano già morti, sia coloro che erano stati impalati il giorno precedente. Quelli che sono stati castrati da vivi, hanno perso molto sangue.

José osserva i corpi. Questa è la fine a cui è scampato, per un puro caso: se Masino non fosse caduto, sarebbero stati catturati insieme agli altri o uccisi. Questa potrebbe essere stata la fine di Giuseppe, per colpa sua.

José pensa che avrebbe cercato di ammazzarsi prima di essere catturato, ma non è detto che ci sarebbe riuscito. Almeno ora la sua agonia sarebbe terminata. E mentre lo pensa José vede che uno dei corpi, quello di Pietro il Largo, ha un sussulto. José lo fissa. Non si è sbagliato. Pietro è ancora vivo, si vede il petto sollevarsi e abbassarsi in un respiro affannoso. Mentre la carrozza gli passa vicino, Pietro si muove, sembra cercare di sollevarsi dal palo. Sul ventre e sulle gambe c'è molto sangue e su tutto il corpo si sono depositati infiniti insetti. Anche il viso è coperto di mosche e tafani. Più avanti la carrozza passa davanti a Gros-Jean: anche lui è sicuramente vivo e muove la testa a destra e a sinistra. Sono stati impalati due giorni fa, ma loro due non sono ancora morti, benché li abbiano castrati ieri.

José non ha nessun motivo per compiangere i pirati, di cui ha visto la ferocia. Ma quest’agonia atroce gli fa orrore.

 

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