Sicilia La nave è
giunta in vista dell'isola delle Sirene, lungo la costa siciliana. Qui da
anni Hulot accumula il bottino degli attacchi a navi
e villaggi e le ricchezze ottenute con il contrabbando. Solo Andrea e un
altro pirata conoscono il luogo esatto in cui è nascosto il tesoro dello
Sparviero. Hulot guarda l'isola. Come
sempre, il pensiero del tesoro che ha accumulato gli procura un'intensa
soddisfazione. Gli uomini
hanno portato sul ponte il bottino dell'ultimo viaggio. Verrà registrato e
poi portato per intero nel nascondiglio: come ogni anno la divisione avverrà
più tardi, a fine autunno, quando gli uomini si disperderanno per ritrovarsi
solo a inizio primavera. La nave rimarrà in un porto della costa francese: la
Francia è forse l'unico stato europeo in cui Hulot
non è ricercato attivamente; distribuendo un po' di denaro ed evitando di
dare nell'occhio, Hulot può convincere chi dovrebbe
controllare a non essere troppo zelante. La
registrazione del bottino avviene davanti a tutti gli uomini, ma Hulot ne ha già fatto scomparire una parte, come fa
sempre: anche se qualcuno se ne accorgesse, non oserebbe dirlo. Il
contenuto delle casse viene estratto e Andrea stila una lista completa. Al
momento di rimettere tutto a posto, si fa avanti Federico, un siciliano che
viaggia con loro da tre anni. A Hulot Federico non
piace: è molto diffidente e deve aver intuito che Hulot
si impadronisce di una parte del bottino prima della registrazione. Inoltre
ha un discreto ascendente su alcuni degli altri italiani. Hulot
si è già detto che non lo ingaggerà più l'anno prossimo. -
Comandante, abbiamo deciso di lasciare questa vita. Vogliamo la nostra parte
di questo bottino. Hulot guarda Federico.
Dietro di lui ci sono altri due italiani, Giovanni e Salvatore. Federico
parla anche a nome loro. - Federico,
sai benissimo che nessuno può lasciare la nave prima della spedizione a Chio. I conti li facciamo solo al ritorno. Questi sono i
patti. Federico
non demorde: - Non ci
troviamo bene. Federico
parla al plurale, ma gli altri due rimangono indietro. Sono incerti, temono
di aver fatto un errore a mettersi con Federico. Hulot
sorride: quei due hanno ragione, hanno fatto un grosso errore. - Questi
sono cazzi tuoi, Federico. Dovevi pensarci prima. La divisione si fa dopo il
ritorno da Chio. Queste sono le regole. - Qui le
regole valgono solo quando fanno comodo. Quelle casse erano molto più piene
quando le abbiamo caricate sulla nave. È la prima
volta che qualcuno osa accusarlo apertamente. Federico pensa di provocare una
ribellione? Ci sono altri che stanno dalla sua parte, oltre a quei due
coglioni che adesso sembrano sul punto di cagarsi addosso? Hulot sa che deve imporsi, non può accettare l'accusa,
anche se corrisponde a verità. - Questa la
paghi, Federico. Venti frustate non te le leva nessuno. Uomini, prendetelo. Hulot si è accorto che gli
amici di Federico hanno paura. Nessuno interverrà a favore del ribelle e una
volta che Federico sarà stato fustigato, si guarderanno tutti dal protestare. Solo nel
momento in cui Federico sguaina il pugnale che teneva nascosto e si avventa
su di lui, Hulot si rende conto di aver
sottovalutato il pericolo. Ma prima che Federico possa colpirlo, il nuovo
marinaio, José, lo fa cadere e terra e lo blocca, apparentemente senza
fatica, anche se Federico è alto e forte. * José
sarebbe stato ben contento di veder morire Hulot, ma
quando ha capito che Federico lo avrebbe aggredito, ha valutato i pro e i
contro delle due possibilità. La morte di
Hulot avrebbe creato una situazione caotica, con il
rischio di uno scontro a bordo tra coloro che si sarebbero schierati dalla
parte di Federico e quelli che si sarebbero opposti. Una situazione in cui
José sarebbe potuto rimanere ucciso. E se il posto di Hulot
fosse stato preso da Andrea, non sarebbe certamente stato un guadagno per
nessuno. Salvando Hulot avrebbe potuto guadagnarsi la fiducia dello
Sparviero e quindi un minimo spazio di manovra. José ha
deciso per la seconda possibilità e quando Federico è scattato, è
intervenuto. Completamente concentrato su Hulot,
Federico non si è nemmeno accorto di lui e bloccarlo è stato facile. Diversi
marinai saltano addosso a Federico e gli passano una corda alle mani e ai
piedi. Hulot dà ordine di legarlo
all'albero. - La tua
parte, Federico, verrà divisa tra tutti. È una
condanna a morte, di cui José non si stupisce: qualunque marinaio verrebbe giustiziato
se cercasse di uccidere il capitano. Della
fustigazione si occupa personalmente Hulot, che
somministra venti frustate. La pelle si spacca in più punti sul culo e sulla
schiena e il sangue cola. Hulot passa la frusta ad
Andrea, che dà altri venti colpi. Federico è semisvenuto. José si
chiede se frusteranno Federico fino a ucciderlo, ma Hulot
ha altre intenzioni. - Pietro e
José, spogliatelo e legategli le mani dietro la schiena. Louis e Gros-Jean, preparate il cappio. José e
Pietro si avvicinano a Federico, che puzza di piscio e merda: durante la
fustigazione si è sporcato tutto. Lo slegano e gli tolgono gli abiti, poi gli
bloccano le mani dietro la schiena. Federico è cosciente, ma non ha la forza
per opporsi. José e
Pietro sostengono Federico, che ha ripreso i sensi, ma non riesce a reggersi.
Louis gli passa il cappio intorno al collo e Gros-Jean,
un gigante che per statura e corporatura potrebbe fare il paio con Giuseppe,
tira la corda, finché Federico non è a quattro palmi da terra. Federico incomincia
a scalciare furiosamente, in un frenetico balletto. Più volte solleva le
gambe e le riabbassa, mentre cerca disperatamente di liberare le mani. Gli uomini
assistono ridendo allo spettacolo: per loro è un divertimento. Gli unici che
di certo non si stanno divertendo sono i due che appoggiavano Federico. Forse
non avevano previsto che Federico cercasse di uccidere Hulot,
forse invece lui si era vantato che l'avrebbe fatto. Di certo ora le loro
vite valgono poco. Federico
scalcia a lungo, mentre il viso gli si arrossa. Il cazzo si riempie di sangue
e dalla bocca spalancata scende un po' di saliva. I movimenti rallentano,
fino a che il corpo rimane immobile. La lingua sporge dalla bocca e dalla
cappella sgorga un getto di sborro, salutato da un grido di trionfo dei
pirati. Hulot si rivolge ai due
italiani che volevano andarsene. - E voi
due, volevate andarvene? - No, no,
comandante. Era un'idea di Federico. Noi... perdonate. Hulot ghigna. - Se volete
andarvene, potete farlo. I due si
guardano. È evidente che l'idea li tenta. José si dice che sono due coglioni:
Hulot gli sta tendendo una trappola e loro ci
stanno cascando. - Se
possiamo, comandante, questa vita non fa per noi. - Vi
lascerò andare, ma non qui. - Grazie,
comandante. José si dice
che i due uomini hanno firmato la loro condanna a morte. Pietro il Largo e
alcuni altri dovevano essere anche loro dalla parte di Federico, ma non si
sono esposti e anche adesso non dicono nulla: hanno capito che rischiano la
pelle. * Man mano
che Masino si allontana dal grande aranceto, il profumo inebriante delle
zagare lascia il posto agli aromi della macchia. Il ragazzo si ferma, chiude
gli occhi e respira a pieni polmoni: può avvertire l’odore del timo e quello
del rosmarino, mescolati ai profumi dei fiori e delle mille erbe selvatiche
che crescono rigogliose tra le rocce. Masino
riapre gli occhi e fissa il pendio roccioso che nasconde la vista del mare.
Si dondola sulle gambe, poi scatta a tutta velocità. Risale la china senza
rallentare la corsa, anche se il fiato comincia a mancargli. Solo quando
arriva in cima alla scogliera, sudato e ansimante, Masino si ferma e guarda
davanti a sé. Il mare è appena increspato da un vento lieve e la schiuma
delle onde vena l’azzurro intenso dell’acqua. Il cielo è perfettamente terso
e anch’esso celeste, di una sfumatura più chiara. Con il passare delle ore il
sole prosciugherà il colore e arroventerà l’aria, ma ora il caldo non è
soffocante. Masino ama
il mare, quel mare infinito e profondo, il cui colore intenso sembra
contenere una promessa. Vorrebbe navigare, raggiungere paesi lontani, uscire
dallo spazio angusto di quest’angolo di Sicilia. Ma la sua famiglia è legata
alla terra e per suo padre il mare è solo una distesa sterile, uno dei tanti
scherzi che Domineddio ha giocato agli uomini. Ed è una minaccia, perché dal
mare vengono i pirati, come i turchi che anni fa hanno rapito tutti gli
abitanti di un baglio, non molto distante da dove stanno loro. E i pirati
cristiani non sono meglio. Al pensiero
di suo padre, Masino corruga la fronte. I loro rapporti sono sempre più
difficili. Ormai suo padre gli parla solo con la frusta. Sa che
anche oggi, al suo ritorno, saranno urla e proteste, due schiaffoni,
probabilmente anche la cinghia, se suo padre ha la luna storta. Ma ora non ha
importanza, ora c’è il mare davanti a lui. Il suo sguardo cerca la macchia
verde e nera dell’isola delle Sirene. Tra un’oretta arriverà all’isola. Suo
padre lo pelerà vivo, se lo saprà: l’isola è piuttosto lontana e se a Masino
mancassero le forze, le correnti lo trascinerebbero al largo, a morte certa.
Ma Masino non ha paura: più volte ha nuotato fino all’isola. Affrontare
quella lunga traversata è una sfida, al mare, a suo padre, a se stesso.
Masino scende fino al bordo della scogliera. Si toglie i sandali e li lascia
dietro un masso, poi comincia a calarsi lungo la parete a strapiombo sul
mare. Servendosi delle sporgenze e delle piccole cavità della roccia, giunge
rapidamente alla caletta, uno specchio d’acqua che una barriera di rocce
separa dal mare. Lì il mare è di un blu cupo, in certi tratti quasi nero. Masino si toglie la maglia e i pantaloni e li lascia in una piccola grotta. Si guarda, riflesso nell’acqua immobile della caletta. Vede un adolescente con la pelle scurita dal sole, occhi scuri e capelli di un nero intenso, la peluria appena accennata sulle guance e più marcata sopra le labbra, il candore dei denti. Guarda il corpo forte ed armonioso che sembra offrirglisi, le lunghe gambe, le braccia affusolate, il gioco dei muscoli già ben disegnati sotto la pelle. Guarda la macchia più scura dei peli sul ventre e il medaglione del sesso. Pensa alla
Catanese, che gliela dà gratis; alla moglie di zi’
Calogero, che tre giorni prima lo ha aspettato sull’uscio per offrirgli un
bicchierino e poi si è lasciata portare a letto e chiavare da davanti e da
dietro; alla figlia di Pippo il calzolaio, che quando lui passa davanti alla
casa si affaccia alla finestra, facendo finta di curare i fiori, senza
guardarlo, ma chinandosi in modo da mettere in mostra il seno prosperoso, e
quando lui è passato, gli incolla gli occhi alla schiena. Quella gliela darà,
prima o poi, anche se è vergine. Masino
sorride, contento dei propri successi con le femmine. Ne è orgoglioso, ma gli
importa ben poco di queste donne che si danno a lui. Gli amici lo invidiano e
questo soddisfa il suo amor proprio, ma quegli amplessi gli danno piacere
senza mai appagarlo realmente. Masino
fissa lo sguardo oltre il proprio riflesso, poi avanza fino alla barriera che
separa la caletta dal mare aperto e con un movimento rapido si tuffa. Sente
una sensazione di freddo, che però svanisce non appena comincia a nuotare.
Punta sull’isola. Nuota sicuro, con un ritmo regolare, controllando di tanto
in tanto la direzione. Sente la fatica, ma prosegue, sicuro delle proprie
forze. Quando
giunge ai due scogli che fronteggiano l’isola, si issa su uno di essi e si
siede. Guarda a lungo la terra davanti a sé, piatta e rocciosa sulla
sinistra, più alta e con una vegetazione rigogliosa sulla destra. Da quella
parte si aprono due grotte, che Masino ha esplorato, senza trovare nulla di
interessante. L’isola è
deserta, come sempre: non è una zona pescosa e di rado le barche si spingono
da quella parte. La sua superficie è troppo ridotta perché valga la pena di
usarla per il pascolo. Masino ha sentito dire che dietro l’isola si
nascondono a volte le navi di pirati e contrabbandieri; qualcuno che ha
voluto ficcare il naso non è mai tornato. Masino sta
per immergersi, quando dalla grotta più grande vede uscire una barca.
Rapidamente scivola dietro lo scoglio, nascondendosi. Non sa se la storia dei
pirati è vera, ma preferisce non correre rischi. Sporge appena la testa per
guardare. Sull’imbarcazione
ci sono due uomini, che remando la spingono oltre il promontorio sulla
destra. Da quella parte ci sono due baie, una più piccola, l’altra più
grande, dove può trovare rifugio anche un battello di medie dimensioni. Masino si
chiede che cosa fare. Dovrebbe tornare indietro: è la cosa più saggia. Se si
avvicinasse all’isola, potrebbero scoprirlo. Che cosa sono andati a fare i
due uomini nella grotta? Che cosa vi hanno preso o portato? Masino ricorda
benissimo che in quella cavità vi è un’area abbastanza vasta che è al riparo
dalle onde. I due uomini vi hanno lasciato qualche merce di contrabbando? Andare direttamente alla grotta è pericoloso. Se quegli uomini ritornassero lo vedrebbero e lui non avrebbe vie di fuga. Se sono contrabbandieri o pirati sono certamente armati. È meglio riposarsi un momento e tornare a riva. Potrà nuotare fino all’isola un’altra volta, quando quegli uomini saranno lontano, ed esplorare la grotta senza correre rischi. Però… potrebbe anche
raggiungere l’isola in un altro punto e poi salire fino a trovare un posto da
cui spiare che cosa succede. La
curiosità ha la meglio e Masino si lancia in acqua, nuotando fino a riva.
Sale con cautela, cercando di rimanere nascosto tra i massi. Non sente voci,
nulla. Si inerpica
lungo il costone roccioso, fino ad infilarsi tra la vegetazione. Qui si sente
più al sicuro, perché gli arbusti lo nascondono completamente. Avanza fino a
che raggiunge il crinale. Nell’insenatura più grande vi è un piccolo veliero,
una di quelle navi veloci di cui si servono contrabbandieri e pirati. È un
buon punto per fermarsi, perché la baia non è visibile dalla costa. Masino
decide di scendere fino all’insenatura più piccola, che si trova a fianco
dell’altra, e di lì proseguire, per vedere che cosa stanno facendo gli
uomini. Procede in
silenzio, attento a non farsi vedere, a non fare rumore. Quando sta
per arrivare alla baia, vede, all’estremità opposta, un uomo. Si infila tra i
cespugli. Rimane un buon momento fermo, poi si avvicina ancora, fino a che
può vedere la spiaggia. Con un tuffo al cuore, scopre che l’uomo si è
spostato nella sua direzione e ora è a meno di dieci metri da lui. Masino si
dice che ha fatto una cazzata ad avvicinarsi. L’uomo è rivolto verso il mare
e porta solo i pantaloni; è alto, assai più degli uomini che Masino conosce,
e ha spalle larghe e braccia possenti. I capelli sono grigi e neri: non deve
essere giovane, ma è certamente molto forte. Masino
vorrebbe allontanarsi, ma teme che l’uomo si accorga della sua presenza. Si
sdraia a terra e rimane in silenzio, a spiare. L’uomo si
slaccia la cintura e si cala i pantaloni, che lascia sulla sabbia.
Probabilmente intende bagnarsi. Masino guarda le natiche, muscolose e sode,
coperte da una peluria nera, più rada verso l’esterno, più fitta verso
l’interno. Le gambe sono anch’esse nerborute. Improvvisamente
l’uomo si volta e si muove nella direzione del cespuglio dietro cui si trova
Masino. Se l’uomo guardasse nella sua direzione, lo scoprirebbe. La
vegetazione non lo copre a sufficienza. E se corresse via, l’uomo lo vedrebbe
senz’altro. Masino
rimane immobile, a osservare l’uomo che si avvicina, per fermarsi a pochi
passi da lui. Il viso, bruciato dal sole, è segnato da alcune rughe. Ma a
attirare lo sguardo di Masino è lo strumento dell’uomo, una vera arma
d’offesa, voluminoso, sodo e lungo, anche se a riposo. E dietro pende la
grande sacca, di forma allungata, che racchiude due sfere grandi come
mandarini, ricoperte da un vello scuro. Masino non
ha mai visto un simile esemplare di maschio. Deglutisce e si sente la gola
secca. * Jean-Joseph Hulot si guarda intorno, facendo finta di niente. Sì, non si
è sbagliato, c’è davvero qualcuno. Chi è? Che intenzioni ha? È da solo? È
armato? Jean-Joseph si
allontana dalla riva e si immerge nella macchia. Non vuole che l’uomo
acquattato tra i cespugli si accorga che lui l’ha visto: se fosse armato,
vedendosi scoperto potrebbe ucciderlo. Jean-Joseph
vuole sorprenderlo e capire chi è. Jean-Joseph si muove
rapidamente, controllando che non ci sia nessun altro, in modo da prendere
alle spalle lo spione. Se lo trova
davanti dopo pochi passi: stava cercando di allontanarsi. È solo un ragazzo,
senza armi, un gran bel ragazzo, che rimane un attimo paralizzato vedendolo,
poi si volta e si mette a correre disperatamente. Il ragazzo
fila verso la scogliera: di certo vuole tuffarsi in mare, contando poi di
raggiungere i suoi compagni, se ne ha, o di nascondersi da qualche parte in
attesa che loro se ne siano andati. Ma Jean-Joseph
non ha nessuna intenzione di farselo scappare. * Masino
scatta. Corre, con quanta forza ha nelle gambe, quanto fiato ha in gola,
verso la scogliera. Di lì si lancerà in mare. Masino sa di essere veloce,
probabilmente più dell’uomo, che è forte, ma non più giovane. Forse l’uomo
non si lancerà in acqua. Forse Masino riuscirà a trovare un posto in cui
nascondersi prima che comincino a cercarlo con le barche. Deve farcela. Con i
pirati non si scherza. Quest’uomo non ci pensa due volte a tagliargli la
gola. I sassi e
le spine gli lacerano la pianta dei piedi, gli graffiano le gambe, ma Masino
corre. Arrivato in cima alla rupe, volta appena la testa e vede che l’uomo è
a pochi passi. Masino si
tuffa in acqua. Mentre il suo corpo veloce scende verso lo specchio blu,
sente l’urto di un corpo più pesante che lo raggiunge, due braccia che lo avvinghiano
e prigioniero di quelle braccia scende sott’acqua, più a fondo di quanto sia
mai arrivato, per poi risalire in superficie e tornare a respirare. Masino si
dibatte, preda di un terrore cieco, ma la stretta non si allenta. - Stronzo,
piantala di agitarti o ti affogo! Prima
ancora di capire, Masino sente la pressione di una mano che gli afferra la
testa e spinge verso il basso. Si trova nuovamente sott’acqua. Un unico
braccio dell’uomo gli blocca il corpo e le braccia, mentre la mano preme
sulla sua testa. Quella mano è un maglio che gli impedisce di riemergere, per
quanto si agiti. Sta per morire. L’uomo gli
tira la testa fuori dall’acqua. - Ora
basta, stronzo, se ti rimetto la testa sotto, non la tiri più fuori! Masino
s’impone di non muoversi, si abbandona a questa stretta potente. - Così va
bene. L’uomo
comincia a portarlo, nuotando con un solo braccio, oltre la punta rocciosa,
verso la piccola baia dove si trovavano prima. In breve sono quasi a riva.
L’uomo smette di nuotare e si mette a camminare sul fondo sabbioso, sempre
portando Masino con un braccio. Quando sono vicino a riva, allenta la presa,
in modo che Masino possa camminare con le proprie gambe, ma gli tiene una
mano intorno al collo. Giunti
sulla spiaggia, lo spinge violentemente a terra. Masino finisce a faccia in
giù sulla sabbia. L’uomo lo volta sul dorso con un calcio. Ora Masino può
vederlo, che incombe su di lui. - Allora,
stronzo, che cosa cerchi? Perché mi spiavi? Masino nota
che l’uomo parla italiano, ma con un forte accento straniero, forse francese.
I pirati del Mediterraneo conoscono un po’ tutte le lingue. - Io… sono solo venuto a fare una nuotata. Ho visto che
c’era gente… Non sapevo chi era, io… - Hai fatto
una cazzata. - La prego,
mi lasci andare, io, non so niente, non ho visto niente…
io…. L’uomo
ghigna. - Di certo
non vai a raccontare in giro quello che hai visto, stronzo. Lo guarda,
scuotendo la testa, e prosegue: - È un
peccato ammazzarti, sei un bel ragazzo, davvero un bel ragazzo. Rimane un
attimo a fissarlo, poi sorride. Non è un sorriso amichevole, non sorride a
lui, ma a un proprio pensiero. Con un calcio lo volta nuovamente,
rimettendolo sulla pancia. - Sì, prima
ti insegno qualche cosa… Masino
sente la risata acre dell’uomo, poi la pressione di una mano sulla schiena,
l’uomo si è chinato su di lui. Ora una carezza umida scorre tra le sue
natiche. Masino sa
quello che sta per succedere, lo sa benissimo. Non è la prima volta che un
uomo lo desidera, negli ultimi anni ha spesso letto nello sguardo di molti
uomini e in particolare dei servi della fattoria una fiamma di desiderio, che
a volte si è divertito ad alimentare: si toglieva la camicia, per lavorare
meglio; si spogliava per lavarsi o per tuffarsi nel torrente. E sentiva su di
sé gli sguardi che lo divoravano. Due anni prima ‘Ntoni, uno dei servi di suo padre, ci ha provato, giù al baglio di Sant’Agata. Masino è entrato nella stalla e ‘Ntoni lo ha seguito. Il servo lo ha afferrato da dietro e ha incominciato a biascicare parole smozzicate dal desiderio. Per un attimo quella stretta vigorosa, quell’odore penetrante di sudore, le parole ardenti, tutto ha stordito Masino, gli ha tolto la volontà di resistere. Ma quando l’uomo gli ha aperto la camicia, Masino si è divincolato, liberandosi dalla stretta. Lo ha fissato, ha guardato i suoi occhi febbricitanti, la bava che gli colava da un angolo della bocca. Lo ha sentito ansimare. Ha provato un senso di disgusto. ‘Ntoni si è di nuovo avvicinato, ma Masino ha minacciato di urlare: nel cortile c’erano altri uomini di suo padre, sarebbero intervenuti subito. ‘Ntoni ha farfugliato qualche cosa, per un momento ha insistito, ma poi ha ceduto. L’uomo che
ora lo tiene schiacciato al suolo con la mano, otterrà quello che voleva, se
lo prenderà, senza bisogno di chiedere, e Masino non è nelle condizioni di
negargli nulla. La sensazione di essere totalmente impotente di fronte alla
forza di quell’uomo lo angoscia. È nelle sue mani: il suo corpo e la sua vita
sono in balia di un pirata. * Un culo così
sarebbe un peccato non assaggiarlo. Jean-Joseph
ride. Prima quell'altro ragazzo, il turco, che quello stronzo di José ha
fatto scappare. Stronzo, sì, ma oggi gli ha salvato la pelle. E adesso
questo. È un periodo fortunato. Se lo
sapesse Andrea, lo pelerebbe vivo. Ma Andrea non lo saprà mai. Adesso fotte
questo bel culo e poi ammazza il ragazzo e la faccenda finisce lì. Hulot mette le mani sul culo
del ragazzo e separa le natiche. Può vedere il buchetto, che di certo è
vergine. Il ragazzo
sussulta, cerca di sollevarsi. Hulot preme sul suo
collo con una mano. - È
inutile, stronzo, sarà solo peggio per te. Hulot sparge un po' di
saliva sulla cappella e poi sputa sul buco del culo del ragazzo. Questi ha un
guizzo e grida: - No. Hulot ride. Sì, il ragazzo è
vergine, come l'altro, il turco. - Adesso ti
faccio assaggiare un bel cazzo, un cazzo grosso, duro. Te lo infilo dentro
tutto, fino a farti urlare. E poi ti fotto finché ti vengo in culo. Il ragazzo
non dice nulla, ma il suo corpo è percorso da un brivido. Hulot infila un dito con
decisione nel buco. Il ragazzo grida. Hulot ride. - È solo un
dito. Adesso gustati questo cazzo. Hulot preme contro il buco
con il cazzo. Avanza senza fretta. È una sensazione bellissima, quella di una
carne vergine che cede, una meraviglia. Il ragazzo geme. Hulot
ride e dice: -Ti piace
il mio cazzo, eh? Poi
incomincia a muovere il cazzo dentro il culo del ragazzo, avanti e indietro,
con movimenti bruschi, che ogni volta provocano un urlo. * Masino è
sbigottito per quello che gli succede, per quel suo essere completamente
nelle mani di quell’uomo che senza pietà si prende il proprio piacere, del
tutto indifferente al dolore di Masino. Per la prima volta, non è più il
figlio del padrone, non è nulla, se non uno strumento che l’uomo usa per
raggiungere il proprio piacere. Uno strumento privo di valore, che l’uomo
potrebbe distruggere senza un rimorso, senza neppure un ripensamento. E questa
sensazione di avere un padrone assoluto, di essere solo un giocattolo nelle
sue mani, non ridesta in Masino rabbia o desiderio di ribellione. La sua
mente sembra dissolta e il suo corpo cede a questa schiavitù completa. Masino è in
grado di sopportare il dolore. Suo padre usa spesso la cinghia per domare
questo figlio ribelle. E non ha la mano leggera. Masino sopporta le cinghiate
senza che gli sfugga un gemito, sforzandosi di controllare l’espressione del
viso, in una sfida a suo padre. Il dolore
che prova ora non è certo più forte, ma non riesce a contenersi. Ogni volta che urla, l’uomo ride o gli sussurra qualche oscenità e Masino attende quella risata, quelle parole forti. Se fosse lucido, capirebbe che urla per provocare la risata aspra dell’uomo, gli insulti, le sconcezze, che ribadiscono la sua schiavitù e gli accendono i sensi. Le spinte
diventano più violente, Masino urla nuovamente, ma l’uomo non ride più, non
dice nulla, spinge con impeto e nel culo del ragazzo il dolore esplode. Poi
l’uomo grugnisce di nuovo, Masino sente un fiotto caldo rovesciarglisi
nelle viscere e quasi sviene. L’uomo si
abbandona su di lui. Masino può sentire il suo ansimare. Nel suo
culo, la pressione diminuisce e con la pressione anche il dolore. Masino non
riesce a uscire dal torpore che lo avvolge, da quel senso di sfinimento che
gli impedisce di ragionare, di scuotersi. Ma a che cosa servirebbe? * - Hai un
bel culo, ragazzo, davvero bello. Jean-Joseph è
soddisfatto. È stata una gran bella scopata. Adesso ammazzerà questo
stronzetto. Con ogni probabilità è solo un ficcanaso che li ha visti e ha
deciso di curiosare. Ma Jean-Joseph non ha nessuna
intenzione di correre rischi. Jean-Joseph si solleva
di scatto. Guarda il corpo del ragazzo, steso a terra. Un gran bel culo. E un
gran bel ragazzo. Potrebbe anche prenderlo come mozzo sulla nave. Per
ammazzarlo c’è sempre tempo. Se lo porta sulla nave Andrea si incazzerà. Jean-Joseph sorride. La gelosia di Andrea lo diverte. Jean-Joseph guarda
verso il mare. Questa sera partiranno, per andare a Chio.
La spedizione più pericolosa, ma anche la più redditizia. Il contrabbando del
mastice rende moltissimo. Jean-Joseph ha voglia
di pisciare. Poi farà un bis con questo stronzetto, che è rimasto disteso a
terra. Jean-Joseph lo afferra
per i capelli e lo forza a mettersi in ginocchio. Ora il suo cazzo è a una
spanna dal viso del ragazzo. - Avrai
sete, ragazzo. Adesso bevi. Hulot mette una mano dietro
la nuca del ragazzo e gli avvicina la testa al cazzo. Il ragazzo
lo guarda, disorientato. - Apri la
bocca, stronzo! Il ragazzo
scuote la testa. Jean-Joseph gli molla un ceffone. Il ragazzo
apre la bocca. Jean-Joseph piscia. Il ragazzo beve.
Ha le lacrime agli occhi. Quando ha
finito, Jean-Joseph intima: - Succhia. * Masino avvicina le labbra a questo imponente pezzo di carne e lo accoglie in bocca. Non pensa nulla, non si chiede nulla, nella sua testa c’è un vuoto assoluto. Ma ora che il dolore al culo e al viso stanno svanendo, ora che può vedere davanti a lui l’arma e il corpo dell’uomo, il desiderio incomincia a guizzare, prima una fiammella che gli scalda il ventre, poi un falò che dà un calore intollerabile e infine un incendio che lo avvolge interamente. Mette le
mani intorno ai fianchi dell’uomo, stringe questo culo poderoso, con forza,
mentre la sua bocca inghiotte e le sue labbra lavorano, ora sulla cappella,
ora spingendosi più avanti. - Sei
proprio una troia in calore. Lo schiaffo
di queste parole non provoca nessuna reazione in Masino. Probabilmente sta
per morire, non ha importanza quello che l’uomo pensa, conta solo il
desiderio ardente che gli brucia dentro, la carne calda che gli riempie la
bocca, la tensione del suo uccello. Una tensione che è piacere e dolore. L’uomo gli
stringe nuovamente i capelli. La sua voce è alterata. - Bravo, succhiacazzi, bravo! Masino
sente in bocca il gusto del seme dell’uomo. Inghiotte, fino all’ultima
goccia, e vorrebbe bere ancora. Improvvisamente
l’uomo lo colpisce con il piede, facendolo cadere a terra. Poi gli appoggia
un piede sull’uccello teso. La pressione del piede moltiplica l’incendio.
L’uomo muove il piede, facendo scorrere sulla cappella l’alluce e il secondo
dito. Masino sente che il desiderio deborda e un piacere violento gli esplode
nel ventre, mentre il seme schizza in alto, ricadendogli sul torace. Masino
chiude gli occhi. Mai ha goduto con questa intensità, nessuna donna gli ha
mai regalato un piacere così forte. L’uomo gli
si stende sopra. Ora il suo viso è quasi contro quello di Masino. L’uomo gli
mette una mano intorno alla gola. Masino si
dice che è finita. - Ascoltami
bene. Dovrei ammazzarti adesso. Mi basterebbe stringere un po’, una mano è
sufficiente. È vero,
Masino lo sa benissimo. Eppure a sconvolgerlo non è l’idea della morte, forse
vicina, ma il contatto tra i loro due corpi, questo peso che lo schiaccia al
suolo, la pressione sul suo ventre di questa mazza ferrata di cui conosce il
peso e il gusto. L’uomo
prosegue: - Ho
impiccato uno dei miei uomini. Altri... ma non sono cazzi tuoi. Da fare sulla
nave ce n’è. Se vuoi venire con me, ti prendo. Ma fa’ attenzione: se dici che
vieni con me e poi cerchi di fuggire, rimpiangerai mille volte che io non ti
abbia ammazzato adesso. Ho imparato molte cose dai Turchi e posso farti
maledire il giorno in cui sei nato. L’uomo
stringe con più forza e a Masino manca il fiato. Poi l’uomo allenta la presa. - Allora? Masino sa
che non ha nessuna scelta. Annuisce: - Sì. L’uomo lo
guarda negli occhi e sorride. Anche questa volta non sta sorridendo a lui, ma
ai propri pensieri. L’uomo si
alza e va a lavarsi, senza badare a Masino. Poi torna da lui. - Alzati. Masino
esegue. Sente uno spasimo al culo. - Come ti
chiami? - Masino. L’uomo
riprende: - Bene,
Masino, sei il mozzo della nave di Jean-Jacques Hulot,
lo Sparviero. Masino
conosce il nome: un contrabbandiere e pirata che naviga nel Mediterraneo orientale.
Lo chiamano lo Sparviero, perché piomba sulle sue prede rapidissimo ed
altrettanto rapidamente svanisce nel nulla. Saccheggia le navi mercantili
turche (e non solo turche: anche veneziane, genovesi, spagnole), a volte
assale villaggi arabi o cristiani depredando ogni ricchezza, contrabbanda
beni di cui i Turchi proibiscono il commercio. Su di lui i Turchi hanno messo
una grossa taglia e tutta la flotta del sultano gli dà la caccia. Il giorno
in cui lo prendessero, lo impalerebbero.
- Andiamo. Masino
pensa che non rivedrà più la sua famiglia, la sua casa, la sua terra. L’idea
di partire, di lasciarsi tutto alle spalle, lo attirava, lo ha desiderato
molte volte, ma ora lo spaventa. * Hulot si avvia a passo
spedito lungo la spiaggia, verso la baia dove è ancorata la nave. Non si
volta a controllare se Masino lo sta seguendo, ma con la coda dell’occhio
verifica che non faccia cazzate. Masino fa fatica a stargli dietro:
evidentemente ha male al culo. Hulot sorride. Arrivato al
punto in cui ha lasciato i pantaloni, Jean-Joseph
li raccoglie e si volta. Masino lo raggiunge, zoppicando. Jean-Joseph si infila
i pantaloni e poi afferra Masino, mettendoselo sulla spalla sinistra, come
fosse un bambino. Si avvia, tenendogli il braccio sul culo. Arrivati ad
un centinaio di metri dalla nave, Jean-Joseph fa
scivolare a terra Masino. - Ora
cammina. Il ragazzo
obbedisce e lo segue fino alla nave. Quando li
vedono arrivare, gli uomini che stanno lavorando vicino al battello li
fissano, sorpresi di vedere un ragazzo. Andrea guarda Masino in modo ostile:
ha capito benissimo, non è mica scemo. Hulot si rivolge a José: è
il più adatto a occuparsi del ragazzo. - Ho
trovato un mozzo per la nave. José, te l’affido. José guarda
un momento Masino, poi gli dice: - Non ti
allontanare da me, ragazzo. * José si
chiede chi sia questo ragazzo. Probabilmente è venuto sull’isola per farsi
una nuotata. Hulot lo ha visto. Di sicuro lo ha
violentato. Intanto
Andrea si avvicina a Hulot. - E questo
dove lo hai trovato? Hulot sorride: la gelosia di
Andrea lo diverte. José si dice che lo Sparviero è una testa di cazzo. Non si
rende conto di quanta rabbia provocano certi suoi comportamenti in Andrea.
Andrea è geloso e vendicativo. Al posto di Hulot,
José sarebbe molto più cauto ed eviterebbe di provocarlo. Ma Hulot sottovaluta il pericolo, come ha fatto con
Federico. Alla
domanda di Andrea, lo Sparviero risponde, sempre sorridendo: - Mi
spiava. E noi abbiamo bisogno di due braccia in più. - Due
braccia e un culo. Il sorriso
di Hulot si allarga. - Sì, un
bel culo. Una di queste sere magari te lo faccio gustare, Andrea. * Masino
rimane al fianco di José, come questi gli ha detto. José gli procura un paio
di pantaloni e una camicia e poi lo mette al lavoro: gli affida qualche semplice
compito o si fa aiutare nei lavori che svolge. Ogni volta gli spiega
brevemente come si deve fare e se Masino sbaglia, ripete la spiegazione,
senza mai maltrattarlo. Non gli
chiede nulla di lui o dei motivi per cui è lì. Neppure il nome. Non sembra essere
interessato a lui. Masino non fa domande. Ci sarà tempo per porle. Ogni tanto
lancia un'occhiata all'uomo impiccato che penzola da un albero. Vorrebbe
sapere perché è stato ammazzato, ma non osa chiedere. Quando ne guarda il
cazzo teso, ripensa allo Sparviero e ha un brivido. Quando il
rancio è pronto, José lo accompagna a mangiare e si siede vicino a lui, ma
non scambia una parola. Sembra essere taciturno, anche con gli altri non
parla molto. Durante il
pasto, Masino si accorge che i pirati sono quasi tutti o francesi o italiani
e di solito parlano entrambe le lingue. Questa è una buona notizia: se
parlano italiano, può farsi capire. José a un
certo punto viene interpellato per un problema. I compagni gli pongono
domande in francese e in italiano. José risponde brevemente. Sembra passare
da una lingua all’altra con estrema naturalezza e in italiano si esprime
benissimo. Il nome però è spagnolo. Dopo pranzo
c’è una pausa nei lavori. José gli dice: - È meglio
se non ti allontani da me. In ogni caso, non cercare di scappare. Non ci
riusciresti e Hulot ti ammazzerebbe, senza darti
una seconda possibilità. Masino
annuisce. Sa che José ha ragione. Lavorano
ancora un po’ nel pomeriggio e verso sera partono, dopo un pasto leggero.
Quando sono lontano dalla costa, il cadavere dell'impiccato viene deposto e
gettato in mare. Masino
guarda l’isola delle Sirene allontanarsi e il profilo della Sicilia apparire
dietro l’isoletta e poi gradualmente farsi lontano, man mano che la nave si
stacca dalla costa e il buio scende. Prova un senso d’oppressione. È solo, su
una nave dove non c’è nessuno a cui importi di lui. L’angoscia gli stringe la
gola. Una mano si
posa sulla sua spalla e la stringe. Masino si volta e distingue nell’oscurità
che ormai lo avvolge il viso di José. Sente che le lacrime gli spuntano,
vorrebbe ricacciarle, ma non ci riesce. Cerca di frenare almeno i singhiozzi,
ma José se ne accorge e lo stringe tra le braccia. Masino
poggia il capo sul petto del marinaio e piange liberamente. Quando si è
calmato, José gli porge una casacca pesante, che Masino si mette subito: la
temperatura sta calando in fretta. - Io dormo
sul ponte, se è possibile. Se vuoi puoi dormire sottocoperta, ma sei l’unico ragazzo
sulla nave e gli altri non staranno a guardare. Se non hai voglia di scopare
con tutta la ciurma, ti consiglio di dormire vicino a me. - Grazie,
José. Farò come mi consigli. Vicino a
José, Masino si sente al sicuro ed è contento di stendersi al suo fianco. Nel buio
José gli chiede: - Come ti
chiami? - Masino. - Buona
notte, Masino. Masino si
addormenta in fretta e dorme fino al mattino. Il giorno
la costa della Sicilia è ancora visibile. La nave si dirige verso oriente,
tenendosi a una certa distanza dall’isola, ma senza mai allontanarsi troppo.
Masino chiede a José dove sono diretti, ma José non risponde. Non dà
informazioni, se non lo stretto necessario per il lavoro. Non dà confidenza e
parla pochissimo. Eppure è l’unico sulla nave di cui gli pare di potersi
fidare. Quando
Masino si muove sul ponte senza José, spesso uno degli altri marinai allunga
la mano per pizzicargli il culo. Uno gli tasta il pacco. Masino non sa come
comportarsi. Si allontana rapidamente, bofonchiando un “Lasciami in pace”. Un
marinaio più ardito lo abbraccia, ma Masino si divincola. Mentre
mangiano sul ponte, uno dei marinai commenta: - José,
questa notte però il ragazzo ce lo mandi. Vogliamo provare anche noi il suo
bel culo. Parecchi ridono e alcuni rincarano la dose, con allusioni pesanti: uno si cala pure i pantaloni per far vedere a Masino che ha una bella attrezzatura e aggiunge che sarà ben contento di utilizzarla con lui. Tutti ridono. Sembrano convinti che José e Masino abbiano scopato. Alle
richieste degli altri José replica con un’unica frase: - Se vuole,
ha le gambe per venirvi a trovare. Non
aggiunge altro. Verso il
tramonto la nave si è allontanata molto dalla costa, che è ormai appena
visibile. Lo Sparviero si rivolge a due marinai: - Allora,
Giovanni e Salvatore, voi volete lasciare la nave. Masino
osserva la scena, senza capire. Si rende conto che c'è molta tensione tra i
marinai e che i due interrogati, sono spaventati. Guardano gli altri pirati
che li hanno circondati e uno risponde, tremando: -
Comandante, era solo un'idea. Possiamo benissimo venire a Chio
per il mastice, secondo i patti. - Ma no, se
volete andarvene, potete lasciare la nave, subito. Hulot scoppia a ridere.
Ognuno dei due uomini viene afferrato da quattro marinai, che li scagliano in
acqua, nonostante le loro grida. Poi tutti si sporgono per vederli. I due sono
riemersi e chiedono pietà, ma la nave si allontana, spinta dal vento. La
costa è troppo lontana perché possano sperare di arrivarci a nuoto. Masino
rabbrividisce. Poco prima
dell’ora in cui i marinai si coricano, Hulot, a
torso nudo e scalzo, si avvicina a Masino e gli dice: - Vieni
nella mia cabina. Masino
annuisce. Si alza, guarda un attimo José, che sembra del tutto impassibile, e
segue il capitano. Masino sa benissimo
che non viene convocato per una questione di lavoro. La prestazione serale
che ci si aspetta da lui è di altro genere, ma è altrettanto obbligatoria.
Per quanto sia intimorito, a Masino non spiace per niente scopare di nuovo
con Hulot, perché i loro amplessi sulla spiaggia
gli hanno trasmesso sensazioni fortissime. Quando però
entra nella cabina dello Sparviero, Masino vede che oltre a Hulot c’è anche Andrea, pure lui senza camicia e senza
scarpe. Non ha mai avuto un rapporto a tre e non gli dispiacerebbe provare,
ma la presenza di Andrea lo inquieta, perché quest’uomo sembra odiarlo e il
ghigno che gli legge in faccia di certo non contribuisce a rassicurarlo. Si
sente a disagio, avverte confusamente una minaccia. - Allora
vediamo com’è questo nuovo acquisto… Spogliati! La voce di
Andrea è ostile. Masino obbedisce all’ordine, ben conscio di non avere
nessuna scelta. - Vediamo
il materiale. Apri la bocca. Mentre lo
dice, Andrea gli poggia con forza due dita sulle guance. Masino apre la
bocca, umiliato. Andrea lo sta trattando come un animale, un cavallo a cui si
controllano i denti per valutarlo. - Sì, i
denti sono a posto. Ma non sono i denti che contano, vero? Bisogna sapere se
sa fare bene un bocchino. Masino si
sente sempre più a disagio. Guarda verso Hulot, ma
costui assiste senza intervenire, un vago sorriso sulle labbra. Quando Hulot lo ha preso, sulla spiaggia, rivelandogli un
universo di piacere fino ad allora sconosciuto, Masino lo ha accettato come
suo padrone e signore, ma allo Sparviero poco importa del suo schiavo e
lascia che Andrea si diverta con lui. - Succhialo
al tuo padrone, voglio vedere come te la cavi. Hulot si avvicina. Masino esita, solo un attimo. Il ceffone, violento, lo sbilancia e quasi lo fa cadere. Masino si inginocchia davanti a Hulot, ricacciando indietro le lacrime. Guarda il corpo vigoroso, il torace villoso, il grosso uccello. Il desiderio lotta con l’umiliazione e il dolore per il colpo ricevuto. Masino fa per prendere in bocca l’uccello, ma riceve un calcio da Andrea, che lo manda per terra. - In piedi,
chinato in avanti, stronzo. Devo dirti tutto io? Masino si
mette come richiesto, il corpo piegato in avanti. Il voluminoso uccello di Hulot sta acquistando consistenza e volume: la scena
diverte lo Sparviero, che non deve essere nuovo alla gelosia di Andrea. Mentre sta
per prendere in bocca il boccone di carne, Masino sente le mani di Andrea sul
suo culo. Capisce che cosa sta per succedere e istintivamente stringe i
fianchi. Le mani si staccano e un nuovo violento calcio lo sbatte a terra. Andrea non
si limita a un unico colpo. I suoi calci prendono Masino sulle costole, sul
culo, in faccia, sul ventre, mentre invano Masino cerca di proteggersi con le
mani. Fortunatamente Andrea è scalzo, perché altrimenti i colpi non avrebbero
come unica conseguenza qualche livido e un po’ di sangue che cola dal naso
del ragazzo. Andrea si
china su di lui, lo afferra per i capelli e glieli tira, forzandolo a
sollevarsi e a riprendere la posizione di prima. Masino non oppone
resistenza. Riesce a trattenere le lacrime. Prende in
bocca l’uccello di Hulot, che ora è duro: la
piccola scena deve aver eccitato il comandante. E mentre
lavora con la lingua e con le labbra, Masino attende l’ingresso dell’uccello
di Andrea. Ma sente invece una sferzata violenta sul fianco. Geme e lascia la
sua preda, ma Hulot gli afferra la testa e lo forza
a riprendere la sua attività. Una seconda sferzata e poi una terza, su una
natica e poi sull’altra. Andrea lo sta frustando. Masino è abituato a
ricevere frustate, da suo padre ne ha prese parecchie. Ma qui la situazione è
diversa: suo padre è duro con lui, ma non lo odia; Andrea desidera solo
umiliarlo. Altre
quattro frustate e poi, improvviso, violento, l’ingresso dell’uccello di
Andrea nel suo culo. Il dolore è intenso e per un attimo Masino smette di
lavorare con la lingua e le labbra, ma Hulot gli
molla un ceffone e il ragazzo riprende, mentre nuovo sangue gli cola dal
naso. Non ci sono
più le sensazioni intensissime che ha provato quando Hulot
lo ha posseduto per la prima volta. In questo momento avverte soltanto
mortificazione e dolore. Andrea mira ad umiliarlo e Hulot
lo asseconda. Masino
cerca, in un sussulto di dignità, di non far trapelare la propria sofferenza:
come quando suo padre lo frusta, ricaccia indietro le lacrime e prosegue con
il suo lavoro. Il dolore
al culo si attenua, man mano che le sue viscere si abituano a questo corpo
estraneo. La sensazione di essere penetrato da davanti e da dietro non è
spiacevole, ma in questo contesto di avvilimento, non suscita nessuna eco
dentro di lui. Desidera solo finire, il più in fretta possibile. È contento
quando sente il fiotto che gli inonda la bocca. Beve e pulisce con cura la
cappella. Hulot ride e dice: - È davvero
bravo a succhiare cazzi. Poi te lo faccio provare. Non è
ancora finita. Masino è preso da un senso di scoramento. Quando Hulot lo ha preso con sé, non gli dispiaceva l’idea di
cambiare vita, anche se era spaventato. Ma è questa l’esistenza che lo
attende? Andrea viene
poco dopo e passa davanti a Masino, che apre la bocca, rassegnato. Ma prima
che Masino prenda a lavorare la cappella di Andrea, questi gli mette una mano
intorno al collo, premendo, e dice: - Adesso
bevi. Poi
incomincia a pisciargli in gola. Masino obbedisce, ma non riesce a bere
tutto. Un po’ di piscio gli finisce addosso, altro cala a terra. Quando ha
finito di pisciare, Andrea gli molla un violento ceffone. - Adesso
pulisci a terra. Masino
scuote la testa. Un secondo manrovescio, più violento del primo. Poi la mano
di Andrea che gli afferra i capelli e gli trascina la testa verso il basso,
fino a fregargli il viso contro la pozza di piscio. Masino tiene la bocca
chiusa. Hulot si è messo a sedere
sulla cuccetta. Ha aperto una scatola di sigari e ne ha acceso uno. Fuma,
guardando tranquillamente la scena che si svolge davanti a lui. Andrea
molla il ragazzo e gli si avvicina. - Dammi il
sigaro. Hulot ghigna e glielo dà. Andrea si
inginocchia di fianco a Masino. - Questo è
per ricordarti che se sei la puttana dello Sparviero, sei anche la mia. E preme con
forza la punta del sigaro contro la coscia di Masino. Questi guizza via,
trattenendo a fatica un urlo. Andrea ride
e Hulot sogghigna. Masino li vede attraverso un
velo di lacrime. - Bene,
Masino, oggi hai imparato qualche cosa di nuovo. Adesso puoi andare. Il
bocchino me lo fai un’altra sera. Masino non
se lo fa ripetere. Esce rapidamente e raggiunge barcollando José, che dorme
sul ponte. Si corica vicino a lui, cercando di non svegliarlo. Appena steso
incomincia a piangere, squassato da singhiozzi che non riesce a frenare. Non
vuole fare rumore, ma José si desta: deve avere il sonno leggero. Lo avvicina
a sé, lo stringe tra le braccia e gli mette una mano sulla testa. Aspetta che
il pianto di Masino si calmi, poi si stacca, dicendogli: - Ora cerca
di dormire, Masino. |
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