11.

      Leo ha messo una mano in tasca. Ne estrae un cellulare. Dà ancora un’occhiata ai cinque cadaveri e si volta verso Jeff.

      Jeff guarda la camicia bianca. Non ci sono tracce di sangue. Neanche sui pantaloni. Leo non è stato colpito. È vero? Sì, è vero. Leo non è stato colpito. Il colpo si è perso nel deserto.

      Il tempo riprende a scorrere. Il cuore di Jeff riprende a battere. I suoi polmoni riprendono a respirare.

      Leo non sorride. Gli porge il cellulare e gli dice.

      - Chiama i tuoi superiori, per avvisare. Bisogna che vadano subito alla villa, prima che si allarmino per il nostro ritardo.

      Jeff ha ancora la sigaretta tra le dita. Fa per prendere il cellulare e se ne accorge. La lascia cadere.

      Prende il cellulare. Guarda Leo.

      Apre la bocca. La chiude.

      - Muoviti. Non abbiamo tempo da perdere.

      Jeff annuisce, ma non compone nessun numero. Lo guarda e, con fatica, dice:

      - Vattene subito, Leo. Prendi un’auto e scompari, prima che arrivi la polizia. Non voglio che ti arrestino.

      Sta facendo scappare un killer, il killer del giudice Stanton. Ma non può non farlo, anche se il pensiero è un cappio che lo strangola. La sua vita, quella del bambino che Leo ha salvato, quella di tutti coloro che morirebbero nei prossimi mesi se gli Amici oggi non fossero definitivamente sgominati, tutto questo basta a compensare Stanton e le sue guardie del corpo? Jeff non ha una risposta, ma non può provocare la morte di Leo.

      - Non ti preoccupare, Jeff. Telefona.

      - Cazzo, Leo, ma non capisci? Vuoi finire con l’iniezione letale? Hai ammazzato un giudice.

      - Non ho ammazzato nessun giudice, Jeff. Stanton è vivo e vegeto, come gli uomini che gli facevano da guardie. Jeff, pensi mica che ti abbia salvato solo per il tuo bel culo?

      Jeff non ha più parole. Non ha più neanche pensieri. Guarda Leo ed aspetta una spiegazione.

      - Sono un agente federale, Jeff. L’FBI non si fidava della polizia dello stato, in questa faccenda c’erano troppe complicità ad alto livello, e mi ha mandato qui. Con il tuo stesso compito, direi.

      Jeff non dice nulla. Incomincia a comporre un numero. E poi scoppia a ridere, ride tanto che non riesce più a premere i tasti.

      Guarda Leo. Leo non ride.

      Ora non ride nemmeno Jeff.

      Leo si avvicina e lo bacia sulla bocca. Poi lo stringe tra le braccia e gli dice, con la voce roca:

      - Fa’ questa cazzo di telefonata e poi rivestiti, perché se rimani ancora mezzo minuto nudo davanti a me, ti inculo qui, in mezzo ai cadaveri. E noi non abbiamo un secondo da perdere, tra mezz’ora incominceranno a chiedersi perché cazzo non torniamo. Bisogna che circondino la villa e li blocchino.

      Jeff non dice nulla. Annuisce e si scioglie dall’abbraccio.

      Compone il numero. Spiega rapidamente la situazione, fornisce indicazioni precise per arrivare alla casa dove il sindaco di San Diego è in colloquio con il boss degli Amici. Riceve le istruzioni.

      Intanto guarda Leo, che sta prendendo i cellulari degli uomini e le chiavi delle due auto.

      Quando ha finito, passa il telefono a Leo, recupera i suoi abiti e si riveste rapidamente. Leo sta telefonando.

      Scendono di corsa alle auto, ne prendono una e si dirigono verso Fort Todd, in base agli ordini ricevuti: trascorreranno i prossimi giorni nella base militare, perché ora che il loro compito è concluso, sono diventati due testimoni importanti, che vanno protetti.

      Leo guida veloce verso Nord, tenendo d’occhio lo specchietto retrovisore. Difficile che qualcuno li cerchi: è ancora presto, ma tra poco si chiederanno perché cazzo nessuno ritorna. Comunque la polizia non dovrebbe metterci molto, arriverà prima che possano organizzare una caccia all’uomo.

     Jeff guarda Leo e di nuovo il fiato gli manca. Mille cose gli frullano in testa, ma Jeff le rimanda indietro, per quelle c’è tempo. Sì, c’è tempo. Adesso ha di nuovo tempo. Una vita davanti. Non cinque minuti. Adesso vuole capire. Chiede:

      - Leo, sospettavi che io fossi un agente?

      Leo annuisce.

      - Sì, da ieri sera. La tua reazione alla morte di Stanton. All’inizio ho pensato che fossi dispiaciuto perché io ti avevo escluso o magari che soffrissi perché ormai io ero del tutto compromesso, non potevo più tirarmi indietro. Ma quando ho incominciato ad accarezzarti, a letto, c’era una tale rigidità in te, che doveva avere un’altra spiegazione.

      - Ed hai pensato che potessi essere un agente.

      Non è una domanda, anche se Leo risponde:

      - Sì. Ho ripensato a diverse cose, a partire dalla prima che mi aveva colpito, quando c’è stato l’episodio del bambino: non avevi reagito come avrebbe fatto uno degli Amici. E ieri sera mi sono detto che forse eri un agente.

      - E che cosa hai provato?

      Leo alza le spalle.

      - Difficile dire. Un sollievo enorme al pensare che forse eri fuori, paura di sbagliarmi, paura che ti scoprissero, perché il rischio era altissimo, come erano arrivati a scoprire il nascondiglio di Stanton, potevano arrivare anche a te. Ed incertezza su come muovermi.

      Jeff annuisce, senza dire nulla. È Leo a riprendere:

      - Tu hai mai sospettato di me?

      - No, assolutamente. Certo che sono proprio un gran poliziotto. Che fiuto!

      Leo sorride.

      - Bada che anch’io ho avuto dei dubbi solo ieri sera. Diciamo che siamo tutti e due molto bravi nel nostro lavoro, siamo riusciti ad ingannare tutti. Che ne dici? Così l’amor proprio è a posto.

      Nella testa di Jeff ritornano mille pensieri. Cerca di ridefinire il ritratto di Leo che si è disegnato in testa.

      - Leo, una volta mi hai raccontato di tuo padre… Erano storie? Per farmi fesso, come sei riuscito a fare benissimo in questo periodo?

      Leo non sorride più.

      - La storia è vera, ma mio padre era il poliziotto, un poliziotto che non aveva mai ucciso nessuno e che non voleva ammazzare. Ne avevamo parlato, io e lui, più di una volta. Io lo vedevo con la pistola e già da bambino gli chiedevo se sparava a tutti i cattivi e li faceva fuori. Lui mi diceva che non bisognava uccidere, se non era proprio necessario per salvare qualcuno. Ne avevamo parlato anche in seguito, quando avevo raggiunto l’età per capire. Lui non sparò a quell’uomo, che era davvero un povero cristo rimasto senza lavoro, l’uomo sparò a lui, ammazzandolo.

      La voce di Leo si incrina un attimo, solo un attimo, ma Jeff sente il dolore di Leo come fosse il proprio ed è una fitta acuta, la cui intensità lo sorprende. Poi Leo riprende:

      - Il resto è tutto vero, mia madre e l’alcol, il mio patrigno. Solo che io avevo scelto di diventare poliziotto. Per vendicare mio padre ed ammazzare tutti i criminali.

      Jeff ascolta. I pezzi stanno andando tutti al loro posto, perfettamente. Questo è il Leo che lui ha conosciuto, il Leo di cui si è innamorato, come non gli era mai successo. Tutto è coerente. Ma Leo non ha finito.

      - Diventai davvero poliziotto. Mi dicevo che non mi sarei lasciato ammazzare. Mi esercitavo a sparare come se fosse l’unica cosa che importava nella vita. Passavo ore ed ore al poligono di tiro. Ero il miglior tiratore, facevo persino delle gare e ne vinsi un sacco. Mi volevano mandare alla selezione per le Olimpiadi. Ma io non volevo andare alle Olimpiadi, io volevo ammazzare i delinquenti. Mi dicevo che avrei sparato senza esitare, che avrei ucciso chiunque avesse cercato di spararmi, che avrei sparato e poi valutato se era il caso di farlo o meno..

      Leo scuote la testa e sorride, poi guarda di nuovo nello specchietto retrovisore.

      - Finché un giorno mi trovai di fronte un uomo armato, che aveva ucciso la moglie. Lui tirò fuori la pistola. Io avrei potuto sparargli, ma in quel momento pensai a mio padre. E… non so come dirtelo, Jeff, ma mi sembrava di stare per sparare a lui, che aveva cercato di insegnarmi un altro modo di lottare contro il male. Allora cercai di convincere quell’uomo a mollare l’arma…

      Leo sorride, poi prosegue, ironico:

      - Non devo essere stato molto convincente: il risultato fu la cicatrice che ho sulla pancia. Ci mancò pochissimo che ci rimanessi. Ma se tornassi indietro farei la stessa cosa. Ho ucciso, in questa storia mi hai visto uccidere, ma perché era necessario. E durante la convalescenza, dopo quella ferita, non mi sono mai pentito di aver cercato di evitare di sparare.

      - Lo uccidesti?

      - No, Jeff, lo colpii ad un braccio. Non ho mai ucciso, se potevo farne a meno. Oggi non avevo nessuna alternativa.

      Sì, contro cinque uomini, non c’erano altre possibilità.

      Jeff sa che non è più in grado di ricacciare indietro i pensieri che premono, si precipitano su di lui. Leo, l’uomo che ama, che ammira. Leo, che gli ha salvato la vita. Uno che pensa ed ha un cuore. E che gli ha preso il suo, di cuore. Un uomo da presentare alla famiglia. Sì, Leo è quello. A suo padre Leo piacerebbe un casino, passerebbe le ore a parlare con lui. Jeff sorride e dice:

      - Ti presenterò ai miei. A mio padre…

      Si interrompe, disorientato. Che cazzo sta dicendo? Non sta correndo un po’ troppo?

      Proprio in quel momento un telefono squilla. Leo mette la mano in tasca e ne estrae uno. Non è quello. Un altro. Il cellulare giusto è solo il terzo. Risponde.

      - Sì?

      Una breve pausa.

      - Sono Leo, Freddie, Herbert sta guidando e mi ha dato il cellulare. Vuoi che te lo passi?

      Una mossa azzardata, ma la manovra riesce. Dall’altra parte Freddie non gli dice che vuole parlare con Herbert. Un’altra breve pausa, poi Leo riprende.

      - C’è stato un casino, capo. Quel figlio di puttana è riuscito a prendere la pistola di George, ma gli siamo saltati addosso prima che riuscisse a sparare. Abbiamo perso un po’ di tempo, George gliela voleva far pagare, ma tra venti minuti siamo lì.

      Ancora una pausa, poi Leo saluta e chiude.

      - Credo che ci sia cascato. Ed in questo caso sono fottuti, non ce la faranno a scappare.

      Jeff annuisce. La polizia sarà alla villa tra pochi minuti.

      Jeff si dice che la telefonata è arrivata al momento giusto, interrompendo un discorso che sarebbe imbarazzante continuare. Un colpo di culo. 

      Ma Leo ha un’ottima memoria, a quanto pare, perché riprende.

      - Che cosa mi dicevi di tuo padre?

      Jeff annaspa. Che cosa può tirare fuori, adesso? Può salvarsi in corner, dicendo che vuole presentare ai suoi genitori l’uomo che gli ha salvato due volte la vita. Ma non è la verità. Vorrebbe presentare ai suoi l’uomo con cui ha scelto di vivere. Ma che cosa ha scelto Leo?

      Jeff si dice che è ora di scoprirlo ed allora continua:

      - Mio padre vorrebbe vedermi felicemente sistemato, come i miei fratelli. Sa benissimo che sono gay e quindi non si aspetta che gli presenti una bella ragazza. Io… - Jeff esita un attimo, la sincerità è una bella cosa, ma adesso si sente un po’ a disagio - … mi piacerebbe presentare te.

      Leo annuisce e risponde:

      - È una proposta di matrimonio?

      Leo è serissimo. Ha ragione, è una faccenda maledettamente seria, anche se l’espressione usata è scherzosa. O no?

      - Direi di sì, Leo. Lo è.

      Il cuore di Jeff ha ripreso a battere, di nuovo gli manca il fiato. Non era così agitato mezz’ora fa, quando stavano per ammazzarlo come un cane. Allora soffriva, in un modo atroce, ma …

      Leo guarda la strada, pensieroso.

      - Jeff, per me essere in due non significa trovarsi ogni tanto per scopare. Significa provare davvero a vivere insieme, a San Francisco, dove ho una casa, o dove vivi tu.

      Jeff risponde, cercando di nascondere la propria tensione, ma la sua voce lo tradisce, perché gli trema:

      - È quello che intendo, Leo. È davvero una proposta di matrimonio.

         Leo sorride.

      - L’hai fatta in un modo particolare. Ma va bene così.

      Il telefono squilla di nuovo. Questa volta Leo prende subito quello giusto.

      - Sì?

      Jeff sente la voce di qualcuno, forse Freddie. Parla a voce alta, dev’essere agitato.

      Leo risponde:

      - Col cazzo, Freddie, col cazzo. L’unica cosa che possiamo fare per voi è consigliarvi di arrendervi, tanto ormai è inutile. Ti passo Jeff che te lo spiega meglio.

      Leo passa il telefonino a Jeff, sorridendo, e gli dice:

      - Sono circondati, la polizia è arrivata.

      Jeff prende il telefonino e saluta. C’è una nota di allegria nella sua voce:     

      - Buongiorno, Freddie!

      - Jeff!? Che cazzo significa?

      La voce di Freddie è un ruggito, ma il leone è dietro le sbarre, Jeff può ridergli in faccia senza preoccupazioni.

      - Significa che gli altri sono morti, che io sono vivo ed ho visto il capo ed il suo illustre ospite. Che voi siete finiti e che vi conviene arrendervi.

      C’è un rumore secco ed il cellulare diventa muto. Probabilmente Freddie lo ha scagliato contro un muro.

      Bene, la polizia è arrivata e la faccenda è conclusa. Jeff spera che riescano a catturarli vivi e che non ci siano altri morti. E poi la sua testa ritorna ad un altro argomento.

      Jeff sorride, cercando di nascondere il suo nervosismo:

      - Allora, Leo, qual è la risposta?

      Leo sorride e dice:

          - Ti rispondo a modo mio a Fort Todd, tanto siamo arrivati.

      In effetti Leo sta già svoltando lungo la strada che porta al forte. Dal bivio sono solo quattro miglia. Jeff però vorrebbe una risposta. Quattro fottute miglia sono tante, quando il cuore corre e poi si ferma. E poi, arrivati al forte ci sarà pure da aspettare, le formalità e tutto il resto.

      Jeff si aggrappa ad un appiglio:

      - Non mi dai nemmeno un anticipo, un piccolo spuntino prima del pasto principale?

      Leo gli lancia un’occhiata, ma non sorride. Leo è serio.

      - Jeff, quello che ti ho raccontato di me e di mio padre, non l’avevo mai detto a nessuno in tutta la mia vita.        

      Jeff annuisce e si rilassa un po’. Non sa bene che cosa risponderà Leo, ma sa che per tutti e due la loro non è solo una storia come un’altra. E non è alla fine.

      A Fort Todd sono già stati avvisati del loro arrivo e tutto si svolge molto velocemente, considerando che è una base militare, ma a Jeff il tempo richiesto dalle formalità sembra infinito.

      Finalmente un soldato li accompagna alle camere destinate a loro. Si rivolge a Leo:

      - Ecco, questa è la tua camera.

      Leo entra nella stanza, dà un’occhiata ed esce subito.

      - Ci sono due letti. Possiamo dormire tutti e due qui.

      Il soldato alza le spalle. Guarda interrogativamente Jeff, che annuisce, mentre pensa che domani mattina si sveglierà di nuovo tra le braccia di Leo e questa volta senza l’angoscia del futuro. Ed anche dopodomani. Jeff vola alto in cielo. La risposta del soldato lo riporta alla realtà.

      - Come preferite. Il comandante adesso non c’è. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, abiti, cibo, bevande, avvisate la guardia, al fondo del corridoio.

      Il soldato si allontana. Finalmente!

      In quel momento dal fondo del corridoio spunta una figura alquanto massiccia: Andrew Stanton. Un’ora fa Jeff avrebbe pagato tutto quello che aveva per sentirsi dire che il giudice era ancora vivo, per vederlo davanti a sé. Ma adesso si trattiene a fatica dallo sbuffare, gli sembra solo che tutti vogliano fargli perdere tempo, impedirgli di rimanere da solo con Leo - ed accidenti anche a Leo, poteva rispondergli subito, no?

      Stanton sorride. Stringe calorosamente la mano a Leo:

      - L’uomo che mi ha salvato la vita!

      - Diciamo che è stata una fortuna che il compito di ammazzarla sia stato affidato a noi.

      - Per me è stata senz’altro una fortuna. Senza di te, cazzi acidi!

      - Anche per noi è stata una fortuna. La sua vita è preziosa.

      Stanton lascia la mano di Leo ed abbraccia Jeff:

      - Non sai quanto sono contento di saperti in salvo. Ieri, quando ho saputo che il mio rifugio era stato scoperto, sono stato sicuro che ti avrebbero ammazzato: come erano arrivati a me, sarebbero arrivati a te. Qualcuno aveva tradito, ma non avrei mai immaginato che potesse essere Barrough.

      Interviene Leo:

      - Barrough? Il sindaco?

      Jeff annuisce.

      - Cazzo! Cazzo! Cazzo!

      Jeff si rende conto che non ne ha parlato a Leo. Hanno parlato d’altro, che in quel momento era molto più importante per Jeff, che anche adesso è molto più importante, perché tanto loro sono fuori dal gioco: hanno fatto la loro parte, adesso tocca ad altri. Mentre la partita che si gioca tra Jeff e Leo è aperta. E Jeff aspetta la mossa di Leo.

      - Sì, proprio lui. Voleva seguire le indagini, voleva sapere, nessuno sospettava di lui, naturalmente. Quel figlio di puttana! Diceva di essere preoccupato per la mia sicurezza, diceva che non era possibile che la polizia non facesse niente per scoprire l’organizzazione degli Amici. Alla fine il tuo capo ha ceduto, Jeff, raccontandogli di te e dicendogli anche dov’ero io, fuori dalla California, per evitare che mi scoprissero. Cazzi acidi, a quel punto, ma chi poteva immaginarlo? Sai che quando ha saputo che il mio nascondiglio era stato scoperto, il tuo capo ha pensato ad una cimice nel suo ufficio? Non ne aveva parlato con nessuno, se non con Barrough. E di Barrough non poteva certo sospettare.

      Jeff non ha aperto bocca. Dipendesse da lui, direbbe a Stanton che gli parlerà volentieri in un altro momento. Ma non può farlo e allora è assurdo che rimanga lì imbronciato.

      - Ma allora Barrough ha scoperto anche che Leo non ti aveva ammazzato! Perché…

      Stanton lo interrompe.

      - No. Quando lui - Stanton indica Leo - ha avvisato l’FBI, mi hanno contattato ed abbiamo deciso di organizzare il tutto senza raccontare niente a nessuno della polizia della California: c’era stato un nuovo tradimento. Un uomo dell’FBI ha contattato il tuo capo, fuori dall’ufficio, con l’ordine di non dire niente neanche al presidente degli USA. Abbiamo organizzato tutto con la polizia del Nevada. Meno male che ero a Las Vegas.

      Jeff guarda Leo e mormora:

      - Questo disgraziato qui - ed accenna a Leo - mi ha fatto credere che ti aveva ammazzato. Dio, sono rimasto di merda!

      L’espressione non è la più calzante. In realtà ha sofferto moltissimo, ma non se la sente di dirlo: un po’ perché nella sua sofferenza atroce c’era anche la convinzione che fosse stato Leo ad uccidere Stanton ed un po’ perché non è mai stato molto bravo ad esprimere sentimenti. Ma gli toccherà anche questa, tra non molto. 

      - Tutto è bene quel che finisce bene, per dirla con Shakespeare. Siete stati grandi, ragazzi, davvero. Ma ero angosciato all’idea di quello che poteva succedervi. Quando mi hanno detto che stavate venendo qui, ho tirato un enorme sospiro di sollievo.

      Parlano ancora un momento, Stanton vuole sapere come se la sono cavata e Jeff e Leo devono raccontargli tutto:

      - Quando hanno chiamato Jeff ed altri due e poi sono tornati solo gli altri, ho capito. Ero pronto ad intervenire. Se Freddie mi dava il compito di ammazzarlo, bene, altrimenti avrei fatto in modo di averlo, comunque. Ed allora, quando Freddie ha designato altri, io ho detto che volevo ammazzarlo io, perché avevo lavorato con lui, perché mi aveva preso per il culo tutto questo tempo.

      Jeff interviene:

      - E se Freddie non avesse accettato?

      - Ero determinato a salvarti, in un modo o nell’altro. Non mi chiedere come avrei fatto, non lo so, ma dovevano ammazzare me prima di torcerti un capello.

      La storia prosegue, Jeff è esasperato. Infine, dopo aver raccontato tutto, è Leo a prendere l’iniziativa:

      - Giudice, adesso abbiamo bisogno di una bella doccia e di riposarci un momento: dopo averla ammazzata, ieri sera, abbiamo dormito poco, e la giornata di oggi non è stata propriamente riposante. Ci vediamo più tardi, a cena?

      - Certamente. Questa sera sarò in grado di dirvi come è andata la retata. E spero anche di poter riprendere una vita normale. Comunque non vi aspettate una grande cena, qui il cibo non è il massimo…

      Dopo alcuni commenti sul cibo (punto debole del giudice), finalmente Stanton se ne va e Jeff e Leo entrano nella loro stanza. Leo si stringe contro Jeff, spingendolo contro la porta. Gli prende la testa tra le mani e lo bacia. Un bacio appassionato, irruente, che taglia le gambe a Jeff e lo spedisce direttamente al settimo cielo. Sta baciando l’uomo che ama, che non è un assassino, che non è un delinquente, che è un agente e gli ha salvato la pelle.

      Si baciano a lungo, come se avessero aspettato tutta la vita questo momento ed in fondo è proprio così, anche se Jeff non l’ha mai sospettato: ha sempre desiderato, senza saperlo, di baciare un uomo che amava. Le loro lingue si incontrano, si accarezzano, ritornano ognuna a casa propria. Le mani di Leo scorrono tra i capelli di Jeff. Jeff sa che c’è una domanda in sospeso, che gli spetta una risposta, ma non interromperebbe questo bacio per nulla al mondo, nemmeno per la risposta da cui dipende la sua vita.

      E poi Leo lo volta, contro la porta. Con un gesto deciso gli slaccia la cintura, gli cala pantaloni e slip. Jeff non oppone resistenza, collabora.

      Ora il corpo di Leo preme contro il suo, infiammandolo. Anche Leo si è calato i pantaloni.

      - Adesso, Jeff, rispondo alla tua domanda.

      In questo momento, con il suo cazzo gonfio di sangue che preme contro la porta, quello di Leo, altrettanto duro e caldo, che gli si appoggia contro il culo, il corpo di Jeff salterebbe volentieri la risposta e passerebbe direttamente alla fase successiva. C’è mica fretta, no? Ma i tempi li decide Leo, oggi è lui a condurre i giochi, tutti, e va bene così.

      - Adesso te lo metto in culo, Jeff. Ma senza preservativo. Ti va bene questa risposta?

      La testa ed il cuore di Jeff esplodono insieme in un grande alleluia. Per un attimo la vista gli si annebbia.

      - Sì, Leo, va bene, va bene così.

      E per la prima volta nella vita di Jeff - quante prime volte per un uomo che a trentadue anni pensava di aver provato tutto - non c’è una barriera tra la carne di Jeff ed il palo che la trafigge, come non c’è barriera tra il cuore di Jeff e l’uomo che lo schiaccia contro la porta.

      L’ingresso è doloroso, la posizione non è tra le più comode, ma Jeff è contento anche di quel dolore, che è solo fisico. Gli sembra di non essersi mai sentito meglio. Dopo l’angoscia degli ultimi giorni, oggi il loro amarsi è privo di dubbi e paure. Si amano e basta, vogliono vivere insieme, possono farlo.

      È forte e grande il palo che si infila nel culo di Jeff, dilata la carne. È doloroso sentire l’avanzare di quel palo. Ma non c’è nulla di più bello al mondo, nulla di meglio di quella carne calda che scava dentro la sua.       

      Il corpo di Leo lo schiaccia contro la parete, le mani di Leo gli stringono il culo, Jeff sente il respiro affannoso di Leo nelle sue orecchie.

      Ed infine il piacere li avvolge insieme ed il seme di Jeff si spande contro la porta, quello di Leo dentro Jeff.

Missione 11b

      Ed ora sono stesi sul letto, uno di fronte all’altro. È arrivato il momento finale, che è l’inizio di un capitolo nuovo. 

      - Ti amo, Jeff. Lo sai, l’hai capito. Ma voglio dirtelo, perché sono dieci anni che non lo dico a nessuno. E perché credo che tu abbia voglia di sentirtelo dire, come io vorrei sentirmelo dire da te. Ti amo e vorrei vivere con te.

      Jeff lo sa già benissimo, non è necessario che Leo lo dica, ma le parole lo travolgono. È vero, deve dire che cosa prova. Anche se non è facile formulare una frase che non ha mai detto a nessuno.

      Jeff passa la mano sul viso di Leo e si accorge che le sue dita tremano un po’. Sa che Leo si aspetta qualche cosa da lui, ma ancora cerca di scappare:

      - Bada: i miei nipoti sono pestiferi, soprattutto la piccola Lisa è insopportabile.

      La piccola Lisa è la preferita di Jeff.

      Leo non dice nulla. Lo guarda, serio, serissimo (“Mi sono proprio messo con un musone” - si dice Jeff). E Jeff è costretto a capitolare:

      - Ti amo, Leo.       

      Leo sorride ed il mondo si illumina.

      - È così difficile dirlo, Jeff?

      Jeff annuisce.

         - Devo abituarmi.

         Leo riprende:

      - Perché io vorrei sentirmelo dire spesso, Jeff.

      - Hai delle belle pretese, però!

      Leo è di nuovo serio.

      - Sì, è vero, Jeff, hai ragione. Ho davvero delle belle pretese. Pretendo te, il tuo cuore, il tuo corpo. Non proprio in esclusiva, ma come socio di maggioranza. È troppo?

      Jeff si dice che è uscito vivo dalle grinfie degli Amici per trovarsi di fronte un’altra impresa non da poco: non sarà una passeggiata. Ma anche questa volta Leo sarà al suo fianco. Ed allora non può che andare bene.

      - Va bene, cedo tutte le quote in mio possesso, ma a condizione che tu non le rivenda.

      - Me le terrò ben strette. Sono sicuro che si tratta di un ottimo investimento.

      - In effetti non sono sensibili alle fluttuazioni del dollaro o a quelle del petrolio, non si svalutano con la crisi e non sono agganciate alle quotazioni dei mutui subprime.

      - Lo sapevo che facevo un buon affare!

 

 

 

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