8. Due giorni dopo Leo riceve una telefonata da
Freddie ed esce presto. Dice a Jeff che sarà fuori
per tutta la mattina.
Dopo mezz’ora Jeff va a telefonare al capo, anche se non ha molto di
nuovo da comunicare. Poi torna a casa, si collega ad Internet ed incomincia a
girare tra vari siti, in maggioranza vietati ai minori. Dopo una mezz’ora di
navigazione, trova un filmato interessante su Xtube:
è una storia che si svolge in carcere, dove un prigioniero viene brutalmente
interrogato, poi menato da un poliziotto ed infine violentato. La
prima parte è meno coinvolgente, ma la seconda, quella in cui il poliziotto
mena l’uomo, per Jeff è una bomba, che ha un effetto immediato e dirompente
in un’area ben precisa. Peccato che Leo non sia a portata di mano…
Jeff riavvia il video e si alza per andare a prendere da bere. In
quel momento arriva Leo, molto prima del previsto. Jeff sente i tre squilli
che sono il segnale convenuto, poi Leo apre la porta con la chiave e dice: -
Sono io, Jeff. Contrordine, rimango a casa. Quando
Jeff rientra nella camera, Leo sta guardando il filmato, molto concentrato. Jeff
si sente in imbarazzo. Non dice nulla. Guarda anche lui, lanciando ogni tanto
un’occhiata a Leo, che se ne accorge e due volte si volta per sorridergli. Se
lo vedono tutto. Quando
il filmato è concluso, Leo sorride e dice: -
Niente male, tu chi vorresti essere, il poliziotto o il prigioniero? Jeff
alza le spalle, non sa che cosa rispondere, non è abituato a scoprirsi più di
tanto. E Leo sarebbe l’ultimo uomo a cui vorrebbe svelare il suo lato oscuro.
Gli piace troppo. Ed è un delinquente. Leo
sorride e dice: -
Che problema c’è, Jeff? Voglio dire, ognuno ha i suoi gusti, no? L’hai detto
tu. Jeff non si ricorda nemmeno di quando l’ha detto. Fissa Leo e gli scappa detto: -
Tu proveresti… La
domanda non viene conclusa, Jeff non ha detto nulla di sensato, ma Leo
risponde. -
Te l’ho già detto, Jeff. Con te proverei qualsiasi cosa. -
Mi meneresti anche? Jeff
sorride, ma è teso. Non sa dove sta andando, non sa perché ha parlato, gli
sembra di avere in testa solo una grande confusione. L’unico che ha le idee
chiare è l’uccello, che ha alzato la testa. Jeff si dà della testa di cazzo. Leo
annuisce. Poi, lentamente, senza distogliere un attimo lo sguardo da Jeff,
incomincia a spogliarsi. Jeff deglutisce. Imita Leo, togliendosi anche lui la
camicia. Sono tutti e due a torso nudo, ora. Leo
lo bacia, lo stringe tra le braccia, lo bacia di nuovo. Jeff si chiede che
sta facendo Leo, che sta facendo lui. Poi
Leo si stacca un po’ da lui e lo colpisce allo stomaco. Un colpo deciso, ma
certamente non vibrato con tutte le forze. A Jeff manca il fiato, respira a
fondo, guarda Leo e sorride. Leo lo guarda negli occhi e lo colpisce di
nuovo. Jeff barcolla, questo colpo è
stato più forte. Ma Leo lo sostiene. Lo bacia di nuovo. Jeff ha la sensazione
di vivere in un sogno, ciò che sta succedendo è assurdo, non ha senso che lui
si faccia menare da Leo, che Leo lo picchi e lo baci, che il cazzo sia duro
come una roccia. Leo
gli dà una sberla, poi un’altra. Sa dosare bene le forze, sono colpi decisi,
che fanno male, ma non troppo, non sono solo un gioco, ma non è neppure sul
serio. Eppure è un gioco maledettamente serio, quello a cui stanno giocando
loro due, Jeff lo sa benissimo e sa anche che sta dando a Leo tutti gli assi.
Leo
gli mette una mano sulla faccia e lo spinge sul letto. Gli salta sopra, lo
bacia, appassionatamente, e Jeff chiude gli occhi. Poi si solleva e lo
schiaffeggia di nuovo. Gli
slaccia la fibbia, gli toglie la cintura e gli cala i pantaloni. Poi lo volta
e si mette di fianco a lui, in piedi. Fa fischiare la cinghia in aria. Jeff
si tende, poi sente il colpo che si abbatte sul suo culo. Di nuovo il dolore
e la tensione che cresce dentro di lui, una tensione che è piacere. La
seconda frustata è più forte, a Jeff sembra che Leo gli abbia passato un
ferro rovente sul culo. Anche la terza è forte. Il
culo gli fa male, ma il cazzo è teso. Ora
Leo sale sul letto ed incomincia a baciare il culo di Jeff, a passare la
lingua lungo i segni rossi lasciati dalla cinghia, ad affondare i denti. Poi
gli si stende sopra e lo blocca con le braccia, completamente. D’istinto,
Jeff cerca di liberarsi. Leo si mette su un fianco, costringendo Jeff a fare
altrettanto, protende il braccio destro e poi lo piega per colpire nuovamente
allo stomaco Jeff, da davanti, due, tre volte. Jeff si contrae per il dolore.
La mano di Leo gli prende i coglioni e li strizza un po’, il cazzo di Leo gli
preme contro il culo. Jeff
si chiede se ora Leo lo inculerà. Perché è quello che il suo corpo vuole. Ma
Jeff non lo dice e Leo è fedele ai patti. Jeff gli ha detto che non voleva e
Leo rispetta la volontà di Jeff.
Ora la volontà di Jeff è un’altra, solo che la sua bocca rifiuta di
dirla, perché non vuole sprofondare oltre, anche se sa che Leo sta
distruggendo tutte le sue difese, una dopo l’altra.
Leo lavora con la mano, accarezza e stringe la carne, pizzica la
pelle, schiaffeggia ancora Jeff, mentre gli bacia il collo, afferra con la
mano l’uccello e lo guida a spiccare il volo. Jeff chiude gli occhi e si
sente proiettato in alto, sopra il dolore dei colpi di Leo, anche sopra il
piacere che ora lo lancia verso il cielo.
Leo lo stende di nuovo sulla pancia e prende a muoversi su di lui. Il
cazzo di Leo struscia lungo il solco e presto anche Leo viene, sulla schiena
di Jeff. Poi lo stringe tra le braccia e rimangono a lungo così.
Man mano che Jeff ridiscende verso la terra, una domanda preme dentro
di lui: che cosa pensa Leo di lui adesso? La risposta gliela dà Leo, che lo
volta e lo bacia. Un bacio lungo, appassionato, che dice tutto. Non c’è
bisogno di chiedere, anche se Jeff vorrebbe. Sono mille le cose che Jeff
vorrebbe chiedere, perché nella sua testa c’è una grande confusione. Ma Leo
non è la risposta ai suoi dubbi, è la loro origine. Sono
passati dieci giorni dal trasloco nella casa. Il cellulare di Leo squilla.
Telefonano sempre a lui, è evidente che continua ad essere il loro punto di
riferimento. Leo
ascolta, poi risponde: -
Veniamo, Freddie. Leo
chiude il telefonino. È stato molto rapido.
- Siamo convocati dal Piccolo. Dobbiamo andare subito. Jeff
sorride. -
Quindi non mi lavo e non vado a pisciare. Leo
scuote la testa. -
Freddie è stato molto breve, ma è una faccenda di
lavoro, questa. Non andiamo a casa del Piccolo, ma da un’altra parte. -
OK. Allora posso pisciare. Leo
sorride e lo segue in bagno. Lo guarda mentre svuota la vescica. A Jeff fa
piacere che Leo lo guardi. E la coscienza di questo lo turba. -
Mi piace guardarti, Jeff. Jeff
sorride. È confuso, questa faccenda è un casino, non era proprio il caso che
in una missione così pericolosa si prendesse una cotta per un criminale. Escono.
Leo guida l’automobile attraversando la città in direzione nord. Escono
dall’abitato e lasciano la strada statale, prendendo una via secondaria. La
seguono fino a che raggiungono una fattoria. Jeff si dice che è un’ottima
cosa: ha scoperto un altro covo della banda. Nel
cortile ci sono tre auto ed alcuni uomini, tra cui Freddie. -
Aspettavamo solo voi. -
Siamo venuti appena ci avete chiamato. Freddie risponde con una specie di grugnito,
sputacchiando come suo solito, poi dice: -
Lasciate le pistole. A
Jeff la faccenda non piace per nulla, ma Lou si sta
avvicinando e Leo gli dà la propria arma. Jeff fa altrettanto. Il fatto che
abbiano disarmato anche Leo è un elemento positivo: se lo avessero scoperto
ed intendessero farlo fuori, non avrebbero avuto motivo per far posare l’arma
a Leo. Questa
volta però Jeff deve fare solo da spettatore, il suo turno non è ancora
arrivato. Tutti
insieme entrano nel fienile. Solo due uomini rimangono fuori, di guardia. Dentro,
contro una parete, ci sono il Piccolo e Fraser, ma il gioco si è già
concluso: Fraser ha le mani legate dietro la schiena, perde sangue dal naso e
la faccia è piena di escoriazioni. Il Piccolo ha una pistola in mano. Jeff
capisce immediatamente: Fraser ha concluso la sua carriera criminale e la sua
vita.
Fraser guarda il Piccolo con odio: -
Muoviti, finocchio, rottinculo! Credi che abbia
paura, frocio di merda? Il
Piccolo ride, ma non è una risata allegra. Poi appoggia la pistola contro il
pacco di Fraser. -
Non rinunci mai a fare il galletto, povero cappone, eh? -
Sei solo un pezzo di merda. Solo perché tuo padre è il boss… Lo
sparo interrompe le parole di Fraser, ma Jeff ha già sentito a sufficienza:
il Piccolo è il figlio del boss. Ecco perché ha tanto potere. Questa è
un’informazione che Jeff dovrà trasmettere al suo capo, perché dal Piccolo
potranno risalire al boss. Un colpo grosso. Mentre
la sua mente registra questo elemento, i suoi occhi seguono lo scempio di
Fraser, che si piega in due, mentre il sangue scorre abbondante. La canna
della pistola preme ancora contro il ventre, in basso, ed esplode un nuovo
colpo. Jeff
vorrebbe prendere il Piccolo per il collo e spaccargli la faccia. Non che gli
importi nulla di Fraser, ma uccidere un uomo così fa davvero schifo. Fraser
si solleva con uno sforzo. È pallidissimo, il sangue inonda i pantaloni. Il
Piccolo ghigna. Fraser gli sputa in faccia.
Il
Piccolo punta la pistola subito sopra la cintura e spara un altro colpo.
Fraser boccheggia. Il quarto colpo prende il fegato e Fraser scivola a terra,
in ginocchio. Il Piccolo lo prende per i capelli, lo strattona violentemente,
poi gli infila la canna della pistola in bocca. -
Crepa, figlio di puttana! Un
ultimo sparo. Il corpo di Fraser, senza vita, si appoggia contro quello del
Piccolo. Quando questi fa un passo indietro, il cadavere cade a terra, a
faccia in giù.
Il Piccolo lo volta con un piede, poi si apre i pantaloni ed
incomincia a pisciare in testa al morto. Quando ha finito, si rassetta. Poi
si gira verso gli uomini che hanno assistito all’esecuzione: -
Leo e Jeff, voi due fate sparire il cadavere. Leo, conosci la strada per Cuyamaca. Seppellitelo da
quelle parti. Leo
annuisce. Avvolgono
il cadavere di Fraser in un telo, poi lo caricano nel bagagliaio di un
fuoristrada. Prendono due vanghe e salgono in auto. Leo mette in moto.
Riprendono la strada principale e si dirigono verso nord. Per
un buon momento tacciono entrambi. Jeff si dice che è meglio non commentare
quello che è successo. Ma con Leo sente di potersi esprimere liberamente. Gli
sembra di sapere già quello che pensa Leo. E poi si ripete ancora una volta
che Leo è un criminale e che ci sono delle cose di lui che gli sfuggono,
perché altrimenti uno come lui starebbe dall’altra parte, adesso, da quella
di Jeff. Jeff
guarda la faccia di Leo. Vi legge lo stesso disgusto che prova. Ed allora
parla: -
Che schifo! Leo
gli lancia un’occhiata. Non dice nulla. Annuisce. Jeff
tace. Dopo
un po’ prendono una strada sterrata, poi una diramazione che è soltanto una
pista. Lasciano anche quella e raggiungono una grande parete rocciosa. Leo si
infila tra le rocce ai piedi della parete, finché raggiungono un posto
riparato, poco visibile. Vicino c’è un grande sicomoro. Leo
spegne il motore. -
Qui dovrebbe andare bene, no? -
Sì, direi di sì.
- Là sotto l’albero, così anche se qualche satellite di Google ci
spia, non ci vedono…
Leo ha un mezzo sorriso, ma nessuno dei due è sull’allegro. Jeff pensa
che sotto l’albero va benissimo, sarà più facile ritrovare il cadavere.
Prendono le vanghe. Per un momento si intralciano a vicenda, poi
trovano il ritmo giusto ed il lavoro procede. Ma fa un caldo fottuto e
scavare non è precisamente il massimo, anche se sono tutti e due a torso
nudo.
La fossa ora è abbastanza ampia e profonda. Ficcano le pale nella
terra ai lati della buca. Tornano all’auto, prendono il corpo di Fraser e lo
trasportano, ancora avvolto nel telo, fino alla fossa. Potrebbero buttarlo
dal bordo, ma Leo scende nella fossa, sorregge il cadavere mentre Jeff lo
cala e lo sistema con cura. Jeff pensa che è strano. Leo era attaccato a
Fraser? Erano amici? Non ha nessun elemento per dirlo. Rovesciano
la terra nella buca, riempiendola, poi cercano di cancellare i segni dello
scavo recente, mettendo qualche sasso. Leo stacca un ramo dall’albero e lo
passa sulla terra, a confondere le tracce.
Ma Jeff ha memorizzato la posizione della tomba. Ora può incastrare il
Piccolo: l’ha visto uccidere un uomo e sa dove è sepolto il cadavere. Fa
un caldo fottuto. Sono esausti e fradici. -
Sediamoci un momento, Jeff. Ti va? Jeff
annuisce. Si siedono uno di fianco all’altro ai piedi della parete rocciosa,
dove c’è un po’ di ombra. Jeff può sentire l’odore di sudore di Leo. Gli sta
diventando duro. È assurdo, proprio ora.
Jeff si accende una sigaretta. In questo momento ne ha bisogno. Non
che gli importi molto di Fraser: in un certo senso gli va bene che sia morto,
l’aveva fatto scappare lui e gli scocciava sapere che se quel delinquente era
libero lo doveva a lui. Il Piccolo ha fatto quello che avrebbe fatto lo stato
della California. Ma il modo gli fa schifo. Leo
la pensa come lui, perché commenta: -
Che vita di merda! Jeff
non sa se Leo stia parlando della vita di Fraser, della propria, di quella di
tutti loro. Jeff non sa che cosa sta pensando Leo e la domanda gli sfugge: -
Perché fai questa vita, Leo? Jeff
si dice che con Leo gli capita troppe volte di parlare senza pensare. È
pericoloso, maledettamente pericoloso. Perché con Leo abbassa la guardia così
facilmente? Perché ci scopa insieme? Perché si è preso una cotta per lui? Non
basta, non è un buon motivo. Non sta facendo bene il suo lavoro e nella sua situazione
ogni errore può essere mortale.
Leo volta la testa verso di lui e lo guarda. -
Intendi dire perché non ho una bella casa, con una moglie e due figli ed un
onesto lavoro? Jeff
ride. -
Sul perché non hai una moglie e due figli, ho le mie idee: sono molto
intuitivo e credo di aver capito alcune cose. Ma perché sei diventato quello
che sei, se non è una domanda troppo indiscreta, mi piacerebbe saperlo. Leo
continua a guardarlo, senza sorridere. Jeff non sa leggere sul suo viso. -
Certo che sei un bel curioso. -
Scusa, Leo, non volevo fare il ficcanaso. Fa’ conto che non abbia detto
niente. Leo
volta nuovamente la testa in avanti, fissa il cielo un buon momento, senza
dire nulla, poi parla. -
No, Jeff, va bene. Non sono cose di cui parlo normalmente, non ne parlo mai,
di solito qui ognuno si fa i cazzi propri e non chiede. Ma a te lo racconto
volentieri. Basta
quella piccola frase, “a te lo racconto volentieri”, perché il cuore di Jeff
batta più forte. Perché? È solo una cotta passeggera? Jeff scansa la domanda,
preferisce non sapere la risposta.
Leo si interrompe un attimo, poi riprende. -
Mio padre era contabile in una fabbrica che produceva pentole e cose del
genere. Lavorava in quella ditta da trentacinque anni. Il proprietario
dell’azienda morì, il figlio fece una serie di speculazioni azzardate e la
ditta fallì. Mio padre si trovò senza lavoro. Aveva cinquantacinque anni,
troppo vecchio per trovare un altro lavoro, un’esperienza limitata. Nessuno
lo voleva più. C’era il mutuo per la casa da pagare: quando ero nato io, il
figlio tanto atteso, mio padre aveva deciso che doveva comprare una casa più
grande. Una
nuova pausa. C’è qualche cosa, nel tono di voce di Leo, che trasmette a Jeff
un senso di angoscia.
- Non so che cosa gli passò per la testa. Non aveva mai rubato, non
aveva mai torto un capello a qualcuno. Sapeva che la colpa del fallimento era
del proprietario. Un giorno gli dissero che quel figlio di puttana era in
Messico con la famiglia. Lui allora entrò nella casa dove viveva quel tizio,
vicino a Seattle, dove vivevamo noi. Aveva una pistola. Dio solo sa perché si
era portato dietro una pistola. Cercava qualche cosa da rubare,
probabilmente, più per vendetta che per soldi. I vicini lo videro, chiamarono
la polizia. Arrivò un poliziotto. Mio padre perse la testa, credo per la
vergogna di essere stato sorpreso a rubare, lui, che in tutta la sua vita non
aveva mai neppure preso una multa. Non consegnò l’arma. Il poliziotto lo
ammazzò. Jeff
ascolta. L’angoscia sale. Pensa ad un ragazzino a cui un giorno dicono che il
padre è morto, che era entrato in casa d’altri, per rubare, che ad ucciderlo
è stato un poliziotto. Quel ragazzino è Leo, un Leo ancora fragile, che la
vita ha ferito. Jeff sente un brivido.
- Mia madre faticò molto a
riprendersi dalla morte di mio padre. Incominciò a bere, non riusciva a
trovare un lavoro decente. Faceva le pulizie, ma più volte la licenziarono
perché si presentava ubriaca, non riusciva a mantenere il posto molto a
lungo. Finché non conobbe un uomo di cui si innamorò. Smise di bere, vedevo
che stava bene, che era di nuovo felice, si risposò. Fece bene, lo so, ma io
non la perdonai mai per essersi risposata. Avevo in testa mio padre,
ammazzato in quel modo. E volevo vendicarlo. Jeff
guarda le rare nuvole che passano nell’azzurro intenso, verso altri cieli più
ospitali. Si dice che basta poco perché una vita prenda una direzione
sbagliata. Poco? La morte violenta del padre? Poco? Ma che cazzo ha pensato?
Lui ha avuto una vita tranquilla, due genitori che si vogliono bene,
due fratelli ed una sorella maggiori. Nessun grosso problema, né economico,
né di altro genere, a parte quelli che ha dato lui, un po’ troppo irrequieto.
Forse è per questo che ha scelto di diventare poliziotto. Una vita troppo
tranquilla. Leo no, lui non ha avuto una vita tranquilla. Ed il peso della
vita di Leo ora lo schiaccia. Leo
continua a parlare: -
Rimasi con mia madre fino a diciannove anni. Fu un periodo apparentemente
sereno, anche suo marito mi voleva bene, ma io mi rodevo dentro. Poi il mio
patrigno scoprì che mi piacevano gli uomini e mi ruppe il naso con un
bastone. Leo
si prende la punta del naso con due dita e la muove a destra ed a sinistra,
per far vedere a Jeff che la cartilagine in effetti non si è più saldata. Jeff
pensa a quando ha detto ai suoi genitori che era gay. Più o meno avevano già
capito. Nessun rimprovero, nessuna lamentela. “È la tua vita, devi viverla
come ti senti. Noi siamo al tuo fianco.” L’anno scorso suo padre gli ha
chiesto quando Jeff si deciderà a “sistemarsi”, a mettere su casa con un
bravo ragazzo ed a presentarglielo. Un uomo da presentare ai suoi genitori!
Uno con cui decidere di vivere, pensando che sia per tutta la vita. Esiste
una cosa del genere? Si può amare qualcuno per tutta la vita? Jeff
si risponde che dipende da quanto dura una vita. Se si innamorasse adesso,
per la prima volta in vita sua, potrebbe durare davvero tutta la vita. Perché
la sua vita può finire in qualsiasi momento. Tutta una vita può significare
dieci minuti, cinque giorni, un mese. Può finire come Fraser oggi stesso, se
qualcuno scopre chi è lui veramente. Un
amore per tutta la vita aspetta davvero Jeff o forse non lo aspetta più, l’ha
già trovato, anche se Jeff non vuole riconoscerlo. L’angoscia che ha sentito
dentro, mentre Leo raccontava la sua storia, gliel’ha detto. Ma in fondo lo
sapeva già. Per il momento finge di non aver capito. Ha ancora un po’ di
tempo per riconoscere di non essere più padrone di se stesso, per scoprire
quanta sofferenza lo aspetta.
Un amore per tutta la vita. Quanto dureranno la sua vita e quella di
Leo, è un’altra faccenda.
Leo non ha detto più nulla. Jeff non ha commentato, perso dietro i
propri pensieri, smarrito nell’angoscia di Leo che è diventata la propria. Ora
la voce di Leo riprende: -
Ti sei addormentato? È una storia un po’ noiosa, me ne rendo conto. Jeff
si riscuote. Si volta verso Leo e lo guarda. Si avvicina a lui, senza
alzarsi, scivolando sul culo. Gli accarezza la faccia con le dita, con molta
leggerezza. Non
sa che cosa Leo gli legge in faccia, non si preoccupa di nascondere quello
che prova. E Leo capisce, perché lo attira a sé e lo bacia sulla bocca. Poi,
senza lasciarlo, scivola a terra con lui e di nuovo lo bacia. Sale su di lui
e lo bacia ancora. E
Jeff si sente sprofondare in un gorgo. La polvere ed il caldo, il sudore di
Leo ed il cielo terso, tutto sembra girare intorno a Jeff in un vortice in
cui suoni ed odori, luci e colori si mescolano. Le mani di Leo gli
accarezzano, con grande delicatezza, la fronte ed il capo, scivolano sulle
guance, un polpastrello percorre le labbra di Jeff, un dito gli penetra nella
bocca e Jeff lo morde con delicatezza. Ora Leo si solleva un po’ su di lui e
prende a baciargli i capezzoli, a succhiarli, a mordicchiarli, poi le sue
labbra si muovono ancora lungo il torace, i denti mordono i muscoli. Leo
gli abbassa i jeans, afferra la mazza di Jeff e la avvolge con la bocca. Era
a riposo, si è lasciata sorprendere, ma recupera in fretta, si sta alzando,
si ingrossa, riacquista volume e consistenza. La bocca però non la lascia, le
labbra di Leo la tengono ben stretta, anche se ora diventa più difficile
avvolgerla completamente. Le
mani di Jeff scorrono sulla testa di Leo, gli accarezzano i capelli, l’ampia
fronte. Jeff chiuse gli occhi, sopraffatto dall’intensità di ciò che prova. Leo
accarezza la sua preda con la lingua e l’animale ancora cresce, si
irrigidisce, ma è prigioniero in una cella calda ed accogliente, non gli
interessa davvero uscire, può rimanere lì, anche per sempre. Jeff ci
starebbe: le sue mani sulla testa di Leo, la bocca di Leo intorno al suo
cazzo, le mani di Leo che stringono il suo corpo. Va bene così e che tutto il
resto vada a fare in culo. Jeff
si dice che stanno facendo l’amore lì, nel deserto, a due passi dal posto in
cui hanno sepolto Fraser. Ma adesso non c’è nulla che conti, se non le mani
di Leo, la bocca di Leo, l’odore di sudore di Leo, il calore del suo corpo. È
Leo a staccarsi, a spogliarsi rapidamente, mettendo in mostra la sua
magnifica arma in posizione di tiro. Leo prende dalla tasca dei pantaloni un
preservativo - va sempre in giro armato, pensa Jeff - poi si china su Jeff,
avvolge nuovamente la sua preda con la bocca, la lascia, ne bacia la cappella
rosea, apre la bustina e srotola lentamente il preservativo. È bello sentire
le dita di Leo che gli accarezzano il cazzo, infilando la guaina. Ora
Leo si siede su di lui, poggiando il culo contro lo spiedo. Si solleva un
po’, afferra il palo, lo drizza e di nuovo si siede. Ma questa volta,
scendendo, il suo culo incontra quel palo che sembrerebbe sbarrargli la
strada. Per fortuna c’è un’apertura che sembra fatta apposta per inghiottire
il palo di carne. Leo
si abbassa lentamente e lo spiedo lo infilza. Jeff chiude gli occhi, perché
per un momento la sensazione è troppo forte. Le sue mani raggiungono il culo
di Leo, lo stringono forte, pizzicando la carne. Leo si abbassa ancora, fino
a che il suo culo non appoggia sul corpo di Jeff e la pistola non è
completamente infilata nella fondina. -
Leo! Il
nome è sfuggito dalle labbra di Jeff. Vagamente, nei barlumi di lucidità che
il piacere gli lascia, Jeff sa che è una confessione, ma non vuole sapere che
cosa sta rivelando a Leo e non vuole neppure che lo sappia Leo. Eppure la sua
bocca ripete un’altra volta: -
Leo. Leo
è seduto su di lui, gli sorride, le sue mani scorrono sul ventre e sul torace
di Jeff, stuzzicano ed accarezzano, pizzicano e solleticano. Poi
Leo prende a sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente, con un movimento
continuo. Jeff
guarda il corpo di Leo sul suo, il sorriso di Leo, gli occhi di Leo, la bocca
di Leo. Jeff sente il piacere che cresce, gli riempie i coglioni ed il cazzo,
il ventre ed il corpo, gli avvolge il cervello, gli chiude gli occhi e gli
spalanca la bocca, in un gemito che cresce con il piacere ed alla fine è un
urlo. Leo
si muove ancora un po’, poi si ferma e con la mano si accarezza la grande
asta tesa. Guarda Jeff e sorride. Jeff ha riaperto gli occhi e ricambia il
sorriso. Poi Leo si abbassa in avanti, mentre l’arma di Jeff abbandona la
carne che l’aveva accolta. Leo bacia Jeff sulla bocca e la sua mano completa
l’opera. Il seme di Leo si spande tra i loro due corpi. Leo
lo bacia ancora. Rimangono a lungo così. Poi
Leo si alza e dice a Jeff: -
Rimani qui. Va
all’auto, prende i fazzoletti di carta e pulisce Jeff. Poi lo bacia di nuovo.
Jeff si alza ed entrambi si rivestono. Leo
raccoglie il preservativo. Non è il caso di lasciare una traccia del genere
dove è stato sepolto un cadavere. Leo
guarda il condom, scuote la testa e dice: -
Che rottura di coglioni, con il preservativo! Jeff
lancia un’occhiata a Leo. Non vorrà mica proporgli di farne a meno la
prossima volta? Non ne ha nessuna intenzione: rischiare la pelle per far
fuori una banda che semina cadaveri in tutto il Sud degli Stati Uniti è una
faccenda, rischiarla per una scopata è da perfetti coglioni. -
Non ti va di usarlo? -
No, ma lo uso sempre, ne faccio a meno solo quando ho un rapporto stabile. Jeff
è perplesso. -
Non mi sembra molto prudente farne a meno in un rapporto stabile. Chi ti dice
che l’altro non sia positivo? E che non scopi con qualcun altro? Leo
alza le spalle e sale in auto. -
Lascia perdere. Jeff
gli sorride, per nascondere il proprio disagio, e dice: -
Cioè sei a corto di argomenti? -
Jeff, sto parlando di un’altra cosa. Di quando vivi con qualcuno o magari,
anche se non ci vivi, sei una coppia. A me è capitato, una vita fa. Ed allora
hai fatto il tuo bravo test, l’ha fatto anche l’altro ed insieme decidete che
se qualcuno vuole scopare da altre parti, si mette il preservativo. È così
difficile, Jeff? Dai, sali. No,
non è così difficile, ma Jeff non si fiderebbe mai, vede bene come vanno le
cose tra i gay. Jeff sale e prosegue il discorso: -
No, ma se poi l’altro non tiene i patti, se… Leo
lo interrompe, scocciato, mentre mette in moto: -
Ma che cazzo di rapporto è quello in cui l’altro ti dice che lo usa e non lo
fa? Che cazzo di rapporto è, uno che mette a rischio la tua vita per una
scopata? Ma Jeff, hai incontrato solo stronzi nella tua vita? Jeff
non sa che dire. Il problema non sono quelli che lui ha incontrato. Forse
anche quello, ma non è l’essenziale. È che lui non si fida, gli è difficile
avere fiducia negli altri, soprattutto per quanto riguarda il sesso.
C’è un momento di silenzio, poi Leo riprende: -
Scusami, Jeff, non volevo proprio… A volte penso…
Lascia perdere, mi dispiace. Jeff
non dice più nulla. Gli sembra di avere una grande confusione in testa. E di
non riuscire a capire Leo. E neppure se stesso. Mentre
Leo guida, Jeff si interroga. Scoperebbe con Leo senza preservativo? No, non
è questa la domanda. Vorrebbe che lui e Leo fossero una coppia, come
l’intende Leo? Jeff chiude gli occhi. Il suo corpo, la sua mente, ogni atomo
di Jeff gridano insieme di sì. Lui vorrebbe vivere con questo balordo al
soldo dei narcotrafficanti, con quest’uomo che rischia la pelle per salvare
un bambino e poi spara per due soldi, con uno che se suo padre non avesse
incontrato un poliziotto dal grilletto facile, adesso farebbe un’altra vita.
Perché Jeff è sicuro che Leo è diventato un delinquente solo per quello.
Jeff si sbaglia, in questa storia fa un sacco di errori: Leo è quello
che è, la morte di suo padre lo ha segnato per sempre, ma sarebbe comunque
diventato quello che è ora. |
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