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   2.       Tredici
  ore di viaggio: il Kansas, dove Jeff è stato “catturato” dalla polizia, è
  alquanto distante dallo Utah, dove si trova la prigione di Marysvale. Bisogna attraversare tutto il Colorado.  Hugh Fraser, l’unico tra i pezzi grossi degli Amici ad essere stato acciuffato, è stato spedito a Marysvale, lontano dalla California e dai complici che avrebbero potuto cercare di farlo scappare o anche solo di mettersi in contatto con lui: tanto la condanna è per un reato contro le leggi federali. Deve scontare una pena di quattordici anni, ma un nuovo processo si aprirà la settimana prossima a Los Angeles, come mandante di quattro omicidi, e questa volta per Fraser potrebbe esserci la pena capitale.        
    Questa sera Jeff sarà il suo
  nuovo compagno di cella.       Mentre
  attraversano il Colorado, dal retro del cellulare Jeff guarda ogni tanto le
  montagne. C’è ancora parecchia neve in alto. In California è già arrivato il
  gran caldo, la gente fa il bagno, ma qui l’inverno non molla ancora la sua
  presa e l’aria è frizzante.       
  Entrano nello Utah e man mano che scendono verso Marysvale,
  la temperatura aumenta. Intanto scende la sera. I poliziotti che lo
  accompagnano sono stanchi e scazzati, ma tra poco arriveranno a destinazione.
        
  Non è una parte facile, quella che aspetta Jeff. Nella prigione farà
  conoscenza con Fraser e questo non presenta difficoltà, visto che verrà messo
  nella sua cella. Conquistarne la fiducia sarà più difficile, ma Jeff conta di
  riuscirci: il piano che ha proposto dovrebbe funzionare.       
  Muoversi in un carcere è rischioso. Se qualcuno lo riconoscesse, se
  anche solo sospettassero che non è un detenuto, ma un agente, lo
  ammazzerebbero subito. E poi vivere in un carcere non è così facile e per uno
  che ha un bel corpo e soprattutto un bel culo, c’è anche il rischio di
  beccarsi l’AIDS, anche se uno non ci sta. Perché quelli che sono dentro per
  trent’anni o per la vita se ne fottono se i nuovi arrivati ci stanno o meno.
  Jeff sa difendersi, ma contro una violenza di gruppo c’è poco da fare.       Deve
  rimanere una settimana. Vedrà di cavarsela.         Il
  cellulare si ferma ad un posto di blocco. Jeff sente le voci. Sono arrivati,
  finalmente. Entrano. Un nuovo blocco. Superano anche il secondo controllo e
  poi sono arrivati a destinazione.       Lo
  sportello viene aperto e Jeff viene fatto scendere. Lo accompagnano
  nell’ufficio del vicedirettore, che affida il nuovo prigioniero a Walt Casperson, responsabile di uno dei bracci. È un uomo
  basso, tarchiato, con la mascella squadrata ed occhi piccoli come fessure.          
  Una nuova camminata ed entrano nell’ufficio dell’uomo.       Casperson è l’unico a sapere chi è Jeff. Lo fa sedere e
  gli fornisce un po’ d’informazioni. Poi gira intorno alla scrivania.       -
  Pronto?       Jeff
  annuisce. Jeff si dice che quello che sta per succedere non sarà piacevole,
  anche se è stato lui a proporlo. Ma sente anche che il sangue gli sta
  affluendo all’uccello. Jeff sa che in lui c’è un po’ di masochismo, ne è
  perfettamente conscio. Ma è l’unico a saperlo: non l’ha mai detto a nessuno,
  non lo dirà mai. Gli sembra che dicendolo darebbe all’altro un vantaggio, si
  metterebbe in qualche modo nelle sue mani. E Jeff vuole avere sempre il
  controllo della situazione.        Il
  primo pugno di Casperson colpisce Jeff alla fronte.
  Vibrato di striscio, è come una bruciatura. La pelle si lacera, un po’ di
  sangue cola. Un secondo colpo alla guancia provoca un’altra lacerazione. Poi Casperson prende una busta, la apre e ne estrae un grosso
  ago. Lo infila con delicatezza due volte nel naso di Jeff ed un po’ di sangue
  cola. Il pugno sul naso trasforma le gocce di sangue in una striscia
  continua. Il dolore è forte e Jeff è intontito. L’uccello è ancora duro.       -
  Proseguo?       Jeff
  annuisce.       -
  Alzati.       Jeff
  guarda Casperson. Il pugno che lo colpisce allo
  stomaco lo fa piegare in due. Un secondo colpo gli taglia le gambe. Jeff è a
  terra, incapace di alzarsi, un dolore atroce che gli sale dal ventre.
  L’eccitazione è svanita.       Casperson apre la porta.       -
  Ralph, Jim, prendete questo pezzo di merda e portatelo nella cella 9.       Jeff
  non è in grado di alzarsi. I due lo prendono per le ascelle e lo trascinano.
  Jeff ha un conato di vomito. Gli agenti parlano di lui.       -
  Casperson gli ha dato una bella ripassata.       -
  ‘Sto stronzo si è cagato addosso. Non senti l’odore?        Davanti
  alla cella lo mollano, per aprire. Jeff cerca di non battere troppo
  violentemente la testa contro il pavimento. Lo trascinano dentro.       -
  Compagnia per te, Fraser.       Lasciano
  Jeff disteso sul pavimento.        C’è
  un buon momento di silenzio. Jeff cerca di tirarsi su, ma non ce la fa.        -
  Ti hanno conciato per le feste. Che cazzo gli hai fatto?       Jeff
  scuote la testa. Non riesce a parlare. Rimane disteso, in silenzio. Anche il
  suo compagno di cella non parla. Lentamente il dolore si attenua.      
  Quanto tempo è passato, Jeff non saprebbe dire. Ora riesce ad alzarsi,
  con fatica. Lancia un’occhiata all’uomo seduto su una cuccetta, che lo guarda
  con un sorriso divertito.       -
  Che faccia!       Jeff
  ringhia qualche cosa e si dirige, barcollando, verso il cesso. Si spoglia e
  si lava la faccia ed il culo. Non è un gran lavoro, ma Jeff è esausto. Torna
  nella cella e si stende sulla cuccetta.       Cerca
  di recuperare il respiro. Casperson è andato giù
  pesante. Ha fatto bene, così doveva fare, ma, cazzo!, che male!       -
  Benvenuto a Marysvale, amico. È un posto
  accogliente, personale simpatico e disponibile.        -
  Piantala, stronzo!       L’uomo
  ride.       Jeff
  non dice nulla. Non si preoccupa neppure di studiare il suo compagno. Sta
  troppo male e poi c’è tempo per questo. 
         È
  ora di cena ed aprono la porta, ma Jeff non se la sente di alzarsi. Il suo
  compagno scende. Jeff rimane a fissare il soffitto. Fraser ha capito
  benissimo che non sta recitando. Non sarà sufficiente per superare la sua
  diffidenza, ma è un primo passo.       Fraser
  ritorna.       -
  Come va, amico?       Jeff
  fa una smorfia.       -
  Così così, mi sento un po’ rintronato, come se me
  le avessero suonate.       Fraser
  ride.       -
  Invece sei finito sotto un TIR.       -
  Ah, adesso capisco perché la testa mi scoppia…       Fraser
  si avvicina.       -
  Vuoi una sigaretta?       -
  Sì, grazie.       Jeff
  non è un gran fumatore, ma nelle condizioni in cui si trova una sigaretta non
  può che fargli bene.       Fraser
  gli infila la sigaretta tra le labbra e gliel’accende. Jeff aspira, poi la
  prende tra le dita e la toglie.       -
  La prima cosa buona di questa giornata di merda.       -
  Non ce ne sono molte di cose buone, in questo posto.       -
  L’avevo sospettato.       C’è
  un momento di silenzio. Jeff lascia che sia Fraser a condurre il gioco.       -
  Come ti chiami?       -
  Jeff, Jeff Hilt. E tu?       Il
  nome esiste davvero negli archivi della polizia della California e di altri
  stati, con la foto di Jeff. Quando Jeff è in missione usa questa identità.       -
  Fraser. Hugh Fraser.         
  Fumano tutti e due. Jeff guarda le volute di fumo.       -
  Perché Casperson ti ha ridotto in questo modo?       Jeff
  aspira una boccata e risponde.       -
  Ci siamo già incontrati una volta. Ero in prigione a Boise,
  quel figlio di puttana era responsabile del braccio. Sono scappato e non l’ha
  presa bene. Dice che lo hanno mandato in questo buco del culo di posto per
  colpa mia. Che non è stato più promosso. Ed altre cazzate del genere.       -
  Per cui ti ha accolto a braccia aperte.       -
  A pugni chiusi, direi. E mi ha detto che si farà sentire spesso.       -
  Non sarà un soggiorno piacevole.       -
  Sarà breve, comunque, tra pochi giorni mi trasferiscono a Los Angeles per un
  altro processo. Non capivo perché cazzo mi portavano qui, tanto valeva
  portarmi in California subito, no? Ma Casperson
  aveva piacere di rivedermi ed ha conoscenze in Kansas, dove mi hanno preso,
  per cui abbiamo fatto una tappa intermedia. Gentile da parte sua, no? I
  vecchi amici non si scordano mai.       Fraser
  non ride. Jeff gli lancia un’occhiata. Sembra pensieroso.        -
  Anch’io ho un processo che mi aspetta in California.        -
  Carino, magari ci ritroviamo là. Se Casperson non
  mi ammazza prima.       Non
  dicono più nulla. Jeff non vuole mostrarsi curioso. Fraser non ha chiesto
  niente del processo di Jeff, per cui Jeff non domanda nulla.       Il
  giorno dopo parlano un po’ di più. Jeff racconta di un’imputazione di
  omicidio, quella che effettivamente risulta nel fascicolo penale aperto a
  carico di Jeff Hilt. Fraser dice che lo accusano di
  far parte degli Amici e di aver ordinato diversi omicidi.       Ognuno
  dei due rimane sulle sue. Jeff sa che non deve dare l’impressione di voler
  sapere troppo, Fraser di certo non è il tipo che si confida con il primo
  venuto, anche se questi è il suo compagno di cella.       I
  giorni successivi scorrono senza avvenimenti degni di nota. Jeff conosce già
  la vita in carcere: in altre due occasioni ha trascorso un breve periodo in
  prigione, la seconda volta a Boise, dove in effetti
  lavorava Casperson.        Casperson lo vessa, piccole umiliazioni, qualche insulto,
  ma Jeff non risponde alle provocazioni, anche se diventano sempre più
  pesanti. Il loro accordo è che se Jeff ha qualche cosa da dirgli, reagirà ed
  allora Casperson lo farà portare nel suo ufficio
  per dargli una ripassata.       I
  lividi che gli ha fatto Casperson sono ben visibili
  e la faccia di Jeff non è propriamente attraente. Ma nella stanza della
  doccia diversi sguardi si posano sul suo culo. Jeff fa finta di non
  accorgersene. Sa benissimo che quello che non si dà con le buone, viene preso
  con le cattive, ma a lui basta guadagnare qualche giorno, poi se ne andrà da
  questa fottuta prigione.       
  Terzultimo giorno. Jeff si sta facendo la doccia. Ad un certo punto la
  guardia esce. Dovrebbe rimanere sempre nella stanza, come gli altri giorni,
  ma oggi prende la porta e se ne va, senza dire nulla.       
  La stanza della doccia è uno dei posti più pericolosi, qui spesso
  avvengono le violenze. Jeff è teso. La guardia si è allontanata un momento
  per cazzi suoi o qualcuno le ha detto di allontanarsi ad una certa ora? In questo
  secondo caso, che cosa succederà e, domanda fondamentale, chi è il bersaglio?
  Se è lui, è un casino multiplo. Se non si difende, rischia l’AIDS, anche se è
  vero che può, attraverso Casperson, farsi dare i
  medicinali per ridurre i rischi, ma continuare a prenderli non sarà facile
  una volta fuori di qui. Se si difende e lo menano sul serio, non sa come ne
  uscirà e fra tre giorni deve essere in forma.       
  La risposta arriva in fretta. Nella stanza entra un uomo sui quaranta,
  non molto alto, muscoloso ma snello, il cranio rasato. La porta si è appena
  chiusa dietro di lui, che si riapre e fanno il loro ingresso quattro tipi.
  Che cosa hanno in mente si capisce benissimo guardando all’altezza del
  cavallo: uno ha l’arma in tiro, un grosso uccello molto arcuato; un colosso
  nero ce l’ha turgido, ma non ancora rigido; gli altri due stanno adeguandosi,
  sono evidentemente partiti un po’ in ritardo, ma intendono raggiungere i
  compagni.        
  Jeff si prepara a difendersi, ma i quattro non si occupano di lui. Uno
  di loro si rivolge all’uomo che è entrato subito dopo Jeff.          
  - Ehi, Derek, che ne diresti di divertirci un po’?        Derek
  è l’uomo che è entrato per primo. Lancia un’occhiata a quello che ha parlato,
  un tizio bruno, alto e robusto, con un grosso cazzo che si sta tendendo.       -
  Vaffanculo, Joe. Togliti dai coglioni.       I
  quattro si sono avvicinati a Derek. Jeff si sta asciugando e cerca di
  rendersi invisibile. Non è il caso che intervenga a favore di questo Derek: a
  parte il fatto che da solo avrebbe ben poche probabilità di ottenere qualche
  risultato (a parte quello di tenere compagnia a Derek nel gustare i piatti
  offerti da questi signori, peraltro non disprezzabili), non può mettere a
  rischio la propria missione per fare il paladino.       Joe
  riprende.       -
  Eddai, Derek, tutte le volte ti fai pregare. Sai
  benissimo che ti piace!              In
  effetti il tizio non appare spaventato e Jeff giurerebbe che anche a lui sta
  venendo duro. I quattro gli sono attorno, uno da dietro lo blocca,
  passandogli le braccia attorno al torace.       -
  Lasciatemi, figli di puttana!       Joe
  gli molla qualche pugno allo stomaco. Derek incassa bene, insulta:        
     
  - Bastardi!     
  Derek si agita ancora un po’, due pugni al ventre sembrano calmarlo,
  poi il tizio che lo ha afferrato da dietro lo sbatte a terra. Gli altri gli impediscono
  di alzarsi del tutto, ma lui non si sforza più di tanto. Ora Derek è a
  quattro zampe e quello che sta per succedere è ben chiaro. Non c’è stata
  molta resistenza e ce ne sarà ancora meno: l’arnese di Derek sta crescendo di
  volume. Quello di Jeff fa altrettanto, anche se Jeff se lo copre con
  l’asciugamano: un po’ assurdo, considerando che gli altri cinque uomini nella
  stanza ce l’hanno tutti, chi più, chi meno, bello duro. Ma anche se
  l’attizzatoio di Jeff vorrebbe essere invitato a partecipare all’incontro che
  sta per svolgersi, la testa di Jeff è ben lucida e sa che è meglio evitare di
  farsi notare.       Jeff
  si è tenuto vicino alla porta. Non ha detto niente e gli altri non sembrano
  far caso a lui. Ma quando fa per uscire, Joe gli si rivolge:       -
  Dove cazzo pensi di andare? Pensi mica di cercare la guardia?                Jeff
  sorride.       -
  No, figurati, ma mi sembravate impegnati, non volevo disturbare.       Jeff
  spera che il tizio apprezzi l’ironia.        -
  Resta qui. Magari Derek ha voglia di succhiare un cazzo nuovo.       Derek
  gli lancia un’occhiata. Sorride. Evidentemente non gli spiace quello che sta
  per succedere, fa solo un po’ di scena o almeno fa buon viso a cattivo gioco.       -
  OK, perché no? Mi sembri un po’ più decente di questi quattro stronzi.       Jeff
  sorride e rimane in disparte. Valuterà il da farsi. Meglio non sfidare i
  “quattro stronzi”: se uscisse potrebbero seguirlo e dargli una lezione. 
       Si
  direbbe che su Derek intendano lavorare a coppie: Joe si mette dietro di lui
  ed un altro davanti. Joe si sputa sulle dita e senza delicatezza ne infila
  due in culo a Derek, che sussulta. Poi toglie le dita e ci avvicina la punta
  di un arnese di dimensioni ragguardevoli, sia come lunghezza, sia soprattutto
  come volume. Quando entra, Derek spalanca la bocca, come se volesse urlare,
  ma l’altro tizio provvede subito a riempirgliela: il bavaglio è lo stesso
  tipo di tappo che ora chiude l’apertura posteriore di Derek, il quale
  comunque non si fa pregare ed accoglie l’intruso con evidente soddisfazione.        Basta
  vedere come Derek lavora con la bocca per capire che ci sa fare. Jeff è teso,
  la situazione non gli piace, ma anche il suo uccello è teso, a quella testa
  di cazzo la situazione invece piace, parecchio, ma quello, si sa, è uno che
  non ragiona.       Joe
  spinge con energia ed i suoi colpi sono tanto violenti, che ogni volta Derek
  tende a scivolare in avanti. L’altro tizio invece lascia che sia Derek a
  darsi da fare e questi non si tira indietro, succhiando avidamente ed
  appioppando ogni tanto una bella linguata alla cappella.       Joe
  viene subito e passa a farsi la doccia, senza più preoccuparsi di quello che
  succede. Si pulisce con cura l’uccello: forse è uno di quelli convinti che
  basti lavarsi per evitare di beccarsi l’AIDS: di teste di cazzo è pieno il
  mondo.       Il
  posto di Joe è preso dal gigante nero, che ha anche lui uno strumento di
  tutto rispetto. Jeff si dice che questa sera Derek, per quanto sia
  evidentemente abituato a questo genere di giochi di società, avrà male al
  culo. Anche lui entra senza tanti complimenti, ma per fortuna di Derek,
  l’apertura è stata lubrificata da Joe, che ha aperto la strada. Inizia a
  spingere con metodo e Jeff guarda affascinato quel grosso attrezzo nero che
  ogni volta quasi scompare nel culo di Derek, per poi riapparire. 
       Intanto
  anche il tipo sul davanti sta concludendo la sua opera, perché chiude gli
  occhi, apre la bocca ed emette una specie di gemito. Derek non si tira
  indietro: inghiotte tutto e pulisce con cura. È uno che ci tiene a fare bene
  il suo lavoro.       Il
  tipo lo lascia fare, poi si rivolge all’ultimo dei quattro e dice:        -
  Tocca a te, Phil.         -
  Era ora, non ce la facevo più!       Phil
  in effetti è alquanto impaziente. Derek fa appena in tempo a prendere in
  bocca l’arnese ed a dargli una leccatina, giusto di che sentirne il sapore,
  che Phil grugnisce e viene: davvero un lampo, proprio una toccata e fuga
  (quelle di Bach però durano molto di più).       Il
  nero invece continua ancora: tra tutti sembra essere quello con la maggiore
  resistenza, il classico uccello di fuoco.       La
  bocca di Derek ora è libera e gli altri uomini sembrano occupati a lavarsi.
  Derek sorride, alza un braccio e con il dito indice fa segno a Jeff di
  avvicinarsi. Il colosso nero ghigna: lui ara seriamente il suo campo, senza
  fretta, ma con visibile soddisfazione (anche di Derek, Jeff ci
  scommetterebbe).        Jeff
  si fa avanti, anche se non è entusiasta dell’idea. Non vorrebbe che mentre
  Derek gli sta facendo un lavoretto sul davanti, qualcuno decidesse di fare
  qualche cosa di analogo sul retro. Ma un rifiuto potrebbe dare ai quattro un
  pretesto per offendersi e trattare Jeff come hanno fatto con Derek. Per cui
  Jeff sorride, nascondendo i suoi dubbi, e si mette davanti a Derek.       -
  Questo sarà un piacere succhiarlo. Hai davvero un bel cazzo.       Del tutto indifferente alle
  preoccupazioni della testa di Jeff, l’arnese sopra citato è perfettamente
  pronto a svolgere il ruolo previsto e Jeff si rassegna (molto a malincuore
  nella parte alta, molto pimpante nella parte bassa).       Derek
  ci sa fare, cazzo! se ci sa fare. Ha una bella bocca calda ed un lingua che
  sembra non abbia mai fatto altro in vita sua, due labbra a ventosa, perfette
  per succhiare. Derek deve avere un master in succhiacazzologia.
  La presenza degli altri quattro rende Jeff piuttosto cauto, ma le sensazioni
  che arrivano dall’uccello accarezzato con le labbra e la lingua,
  mordicchiato, succhiato avidamente, sono fortissime. Derek sta facendo un
  lavoro eccellente.       Phil
  il frettoloso esce subito, senza neanche lavarsi e Jeff si rilassa un po’.
  Che meraviglia! Passa una mano sulla testa di Derek, che lo sta facendo
  godere intensamente. Poi la tensione che si accumula nei suoi coglioni
  diventa tanto forte da essere intollerabile. Jeff chiude gli occhi ed il
  getto prorompe, inondando la bocca di Derek. Che bello, cazzo, che bello!       Derek
  ripulisce con cura, ma il contatto di quelle labbra è quasi doloroso ormai.       -
  Basta.       Derek
  sorride e molla la presa.       -
  Sempre disponibile, per te.       -
  Grazie.       Jeff
  esce. Mentre lascia la stanza, Joe gli dice:       -
  Sai che hai proprio un bel culo?!       Nello
  spogliatoio Jeff si riveste in fretta. L’apprezzamento di Joe non gli è
  piaciuto per niente.      
  Nell’ora d’aria Jeff vede Joe con un altro. Gli sta sussurrando
  qualche cosa e con il capo indica nella sua direzione. L’altro guarda Jeff.       
  Jeff ha la precisa sensazione di essere spogliato con gli occhi, come
  i maschi fanno di solito con le ragazze per strada. Meno male che sta per
  partire, perché qui dentro non potrà difendere a lungo il suo culo. Di sicuro
  comunque non farà più la doccia. Arriverà in California sporco.                                                                                      | 
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