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   1. 
       Jeff
  annuisce. Sa benissimo che cosa hanno fatto all’agente Thornton, che si era
  infiltrato tra gli Amici. Lo sa e non ha nessuna voglia di finire con venti
  pallottole in corpo. Ma accetterà la missione che il suo capo vuole
  affidargli, anche se adesso lo sta mettendo in guardia.        Jeff
  è uno a cui piace il rischio, forse per questo ha scelto di fare il
  poliziotto. Ha bisogno di sentire l’adrenalina in circolo, non è fatto per
  stare in un ufficio. Più la missione è pericolosa, più Jeff si sente a suo
  agio.        Infiltrarsi
  tra gli Amici non sarà facile. Scoprirne l’organizzazione ancora meno.
  Uscirne vivo, quasi impossibile.        Jeff
  non si sbaglia. - Nessuno saprà della tua missione. Rimarrai in contatto direttamente con me e con nessun altro. Thornton è stato tradito e non riesco a capire come sia stato possibile: pochissimi erano al corrente del suo incarico.       Jeff
  annuisce di nuovo, con una smorfia. È chiaro che Thornton è stato tradito,
  era troppo esperto per farsi beccare. Qualcuno ha informato gli Amici che un
  agente si era infiltrato nella loro organizzazione, qualcuno ha probabilmente
  fornito anche gli elementi necessari per individuarlo. Chi? Questo rimane un
  mistero. Come è avvenuto per Thornton, può avvenire anche per Jeff, il capo
  fa bene ad essere prudente.       Proprio
  per ridurre i rischi, ora non sono in un ufficio della polizia, ma nei locali
  di una compagnia di assicurazione, al ventesimo piano di un grattacielo di
  Los Angeles. Dalla finestra Jeff può vedere la città distesa ai suoi piedi e,
  nitidissime in questo giorno di fine primavera, le montagne.         Sono
  in tre: l’agente speciale Jeff, il capo della polizia californiana ed il
  giudice Andrew Stanton, che segue le indagini sugli
  Amici. Sono arrivati separatamente, ad ore diverse. Nessuno li vedrà insieme,
  se ne andranno anche in momenti differenti.       Eppure,
  nonostante la prudenza, anche Jeff sarà scoperto come Thornton. Ma nessuno
  dei tre lo sospetta.       Interviene
  Andrew Stanton. È un uomo onesto, tanto deciso
  quanto voluminoso (quindi molto deciso). Jeff lo ammira incondizionatamente:
  ha lavorato con lui altre due volte ed hanno stabilito un buon rapporto
  personale, sono sulla stessa lunghezza d’onda per diversi aspetti. Gli Amici
  hanno già cercato di farlo fuori due volte. La sua famiglia è stata
  trasferita in una base militare dell’Oregon, lui vive in una località segreta
  e si muove solo con la scorta.        -
  Anch’io non ne parlerò con nessuno, va da sé, ma non sono sicuro che questo
  basti. Jeff, temo che in questa missione tu corra un rischio troppo alto.       Jeff
  sorride:       -
  Quanto a rischi, non so chi di noi due è messo peggio. Credo che gli Amici
  sarebbero disposti a vendere l’anima, posto che ne abbiano una, per far fuori
  il giudice Stanton.       -
  Sì, Jeff, ma almeno io vivo sotto scorta. Tu sarai in mezzo a loro e se
  soltanto sospettano, cazzi acidi, per non dire semplicemente che sei un uomo
  morto.       Il capo riprende:       -
  Esatto, perciò meno persone sanno, meglio è. Io sono l’unico con cui puoi
  parlare direttamente, al numero che conosci. Avrò il cellulare acceso anche
  sotto la doccia.        Il
  capo sorride, poi prosegue:       -
  Con i tre agenti che si occuperanno di registrare le informazioni che
  fornirai, userai il nome in codice. Non devono sapere la tua identità, anche
  se di loro mi fido ciecamente.       Queste
  cose il capo le ha già dette prima, ma adesso le ripete. Un po’ perché anche Stanton le sappia, un po’ perché è preoccupato: Jeff è
  uno dei suoi uomini migliori ed il capo tiene a lui. E con gli Amici c’è
  davvero puzza di bruciato: riescono a parare tutti i colpi, sembrano essere
  sempre informati delle intenzioni della polizia prima che si traducano in
  azione. Sono molto in gamba, perché stanno eliminando i loro rivali, los Santos, in modo tanto rapido quanto sistematico.       Jeff
  sorride.       -
  D’accordo, è tutto chiaro.       -
  Spero solo che Barrough non mi rompa i coglioni.       Il
  sorriso di Jeff si allarga. Tutti sanno che Alfred Barrough,
  il sindaco di San Diego, si presenterà alle prossime elezioni per diventare
  governatore della California. Ha fatto della lotta contro le organizzazioni
  criminali il suo cavallo di battaglia: è anche grazie a lui che los Santos, i signori della droga in tutta la California
  meridionale, hanno subito duri colpi e molti dei loro capi sono stati
  arrestati. Ma adesso il loro posto viene preso dagli Amici, un’organizzazione
  ancora più potente e più spietata, e la guerra tra le due bande ha già fatto
  troppi cadaveri: la California meridionale sembra ritornata al tempo del Far
  West e San Diego è l’epicentro dello scontro, con un numero elevatissimo di
  morti ammazzati e persino alcune sparatorie nelle strade. Niente di strano,
  considerando che oltre la frontiera, in Messico, la guerra tra i cartelli che
  controllano il traffico della droga fa migliaia di vittime: circa
  quattrocento l’anno scorso solo a Tijuana, a pochi chilometri da San Diego.
  Ma Tijuana è in Messico e Barrough si preoccupa di
  ciò che succede a San Diego. È furibondo, non vuole perdere consensi, segue
  le indagini e fa pressione sulla polizia dello stato perché ottenga
  risultati, in fretta. Il capo lo vede come il fumo negli occhi, ma Jeff si
  dice che è meglio lui di tutti quei politici che se ne fregano. Però non
  conta di votare per lui: Jeff è democratico, i repubblicani non li sopporta,
  Bush era uno schifo.       Discutono
  ancora di alcuni dettagli. Poi si separano. Jeff se ne va per primo. Mentre
  sale in auto si dice che i rischi sono grossi, ma quello che conta è riuscire
  a condurre a termine la missione, costi quel che costi. Non sarà una
  passeggiata, questo è sicuro, anche se tutto filasse liscio.       Ma
  non filerà tutto liscio.       Jeff
  torna a casa, a Pasadena. Domani mattina partirà e non ritornerà più per
  mesi, se va bene. E se non va bene, non ritornerà più. Punto.       
  In ogni caso non rimpiangerà la sua abitazione. Ci sta bene, per
  carità, ma non gliene importa molto. Non c’è niente che lo leghi davvero a
  questa casa. Non c’è nessuno che lo aspetti. Per un attimo Jeff si chiede
  come si sentirebbe ora se ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Sarebbe sempre
  pronto a partire? Forse sì, ma gli peserebbe di più. Meglio che non ci sia
  nessuno. Da molto tempo non c’è davvero nessuno nella vita di Jeff, a parte i
  suoi genitori, i tre fratelli ed i nipotini. Nessuno che lo aspetti a casa,
  che tenga davvero a lui.       Jeff
  vive benissimo così. Una preoccupazione in meno. Se vuole scopare, Jeff non
  ha certo difficoltà a trovare. Ha solo l’imbarazzo della scelta. Ogni tanto
  c’è qualcuno che gli piace più degli altri, che rivede volentieri, che per un
  po’ gli trasmette un’emozione più forte: una cotta, come gli succedeva da
  ragazzo. È bello, anche se dura poco. Forse è bello proprio perché svanisce
  in fretta, senza lasciare tracce. Queste cotte sono quanto di più vicino
  all’amore Jeff conosca. Altro Jeff non cerca, altro non gli interessa, altro
  per lui non c’è.     
  Altro c’è e Jeff lo scoprirà a sue spese. Sono molte le cose che
  imparerà in questa missione che lo aspetta, anche che a volte si può
  desiderare la morte perché vivere fa troppo male. Ma questo verrà dopo.       Nel
  tardo pomeriggio Jeff si mette al computer ed apre Messenger. Si presenta
  come JHC, il suo nickname abituale. Vede se c’è traccia di Vincent, con cui
  ha avuto una breve storia, l’ultima delle sue cotte. Vincent sembra non
  essere mai in linea, Jeff ha il sospetto che semplicemente Vincent abbia
  scelto l’opzione per cui a Jeff appare sempre offline. Niente di strano: Jeff
  fa lo stesso quando è stufo di una relazione e non ha voglia di stare lì a
  spiegare. C’è gente che proprio non capisce, ma Jeff non è tra questi: va
  bene, con Vincent ha chiuso. Più tardi Jeff partirà a caccia.       Dopo
  cena Jeff esce, prende l’auto e raggiunge il Guns
  and Men, un locale di Burbank dove va
  abbastanza spesso. Gli piacciono i tipi che lo frequentano.        Prima
  di partire per un viaggio che ha ottime probabilità di essere di sola andata,
  Jeff vuole divertirsi un momento e svuotare i coglioni. Questo è quello che
  cerca: un po’ di svago e la soddisfazione di un bisogno.       È
  ancora presto, al Guns and Men non c’è molta gente. Jeff si dirige al banco e
  saluta Matt, il barista. Prende una birra e mentre beve si guarda intorno.                C’è
  un tipo che gli piace, con cui ha già scopato in passato. Il classico orso. A
  Jeff piacciono gli orsi. E Jeff piace agli orsi. O forse sarebbe meglio dire
  che Jeff piace a tutti. Giovane, un corpo forte, ma snello ed armonioso, una
  faccia espressiva, un bel culo, Jeff attira sempre gli sguardi. E chi è stato
  con lui, di solito è rimasto soddisfatto.        L’orso
  si avvicina. Come diavolo si chiama? Bart, sì, è Bart.       -
  Ciao, Jeff.       -
  Contento di vederti qui, Bart. Come va?       Bart
  alza le spalle.       -
  Non c’è male. E tu? È un po’ che non ti vedo.       -
  E non mi vedrai per un altro po’! Domani parto, sono di nuovo in viaggio.       Jeff
  si presenta come agente di una compagnia di assicurazioni, che si sposta
  spesso per lavoro. Anche su Facebook ha questa
  identità. Questo spiega le sue frequenti assenze, anche per lunghi periodi.       Bart
  sorride.       -
  Allora devo approfittare dell’occasione. Che ne dici?       Bart
  non perde tempo e Jeff ne è ben contento: preferisce non fare tanto tardi,
  oggi. Annuisce, sorridendo, e gli piace vedere il sorriso di Bart allargarsi.       -
  Andiamo da me, come le altre volte? Questa sarà la sesta.       Sei
  volte? Hanno scopato cinque volte? Jeff non tiene il conto, non è che queste
  scopate abbiano una grande importanza. Bart gli piace, ma non si è mai preso
  una cotta per lui. Ride:       -
  Alla decima vinco un premio?       Bart
  ghigna:       -
  Sì, hai diritto ad un’altra scopata senza neanche chiedere.       Bart
  abita lontano, ci vogliono trenta minuti per arrivare da lui. Ognuno prende
  la sua auto, così poi Jeff potrà tornarsene a casa. Non ha nessuna intenzione
  di dormire da Bart, domani deve partire presto. E comunque di rado si ferma
  tutta la notte. Non vuole creare aspettative, Jeff è uno che non si lascia
  coinvolgere e non ha nessuna voglia di avere qualcuno che sbava per lui e lo
  assilla. Jeff non lascia mai neppure il numero del cellulare e di certo non
  l’indirizzo di casa, al massimo, se uno gli piace, uno dei recapiti di posta
  elettronica e il JHC di Messenger. Lo possono cercare lì, se hanno voglia.       La
  villetta di Bart è in un sobborgo residenziale di Los Angeles. Bevono due
  birre in cucina, poi passano direttamente in camera da letto: si conoscono a
  sufficienza, tra di loro non occorrono cerimonie.        Bart
  accende una luce vicino al letto e spegne quella centrale. Poi si avvicina a
  Jeff e le sue dita gli scorrono sulla faccia, dalla fronte alla bocca. Allora
  Jeff sorride, socchiude le labbra e morde un polpastrello di quella mano che
  lo accarezza.       Bart
  gli apre il primo bottone della camicia, poi il secondo. Mentre le sue mani
  scendono al terzo bottone, la sua bocca avanza verso quella di Jeff e le loro
  labbra si incontrano. Jeff non prende mai l’iniziativa di baciare, ma non si
  tira indietro. Sa che fa parte del rituale, anche se baciare non ha molto
  significato per Jeff.     
  Jeff lascia che sia Bart a condurre il gioco. Non ha fretta. Bart gli
  ha sbottonato completamente la camicia e l’ha sfilata dai pantaloni, adesso
  la fa scivolare a terra. Si ferma: evidentemente si aspetta che Jeff
  incominci a spogliarlo. Jeff posa le mani sui fianchi di Bart e solleva la
  t-shirt. Bart alza le braccia e la t-shirt passa oltre la testa e cade al
  suolo.        Jeff
  guarda il torace di Bart. Piuttosto abbondante sul davanti, per le troppe
  birre, ma bello muscoloso e con parecchio pelo. Anche Jeff ne ha, soprattutto
  nella parte alta del torace. Jeff accarezza con una mano quel torace, i peli
  si impigliano tra le sue dita. Poi Jeff si avvicina, china un po’ la testa, e
  morde, delicatamente (ma non troppo) uno dei capezzoli di Bart, che trattiene
  un gemito. Jeff avvicina la bocca all’altro capezzolo, ma questa volta non
  morde: lo accarezza con la lingua, percorrendo l’areola, due volte, poi lo
  prende tra le labbra ed incomincia a succhiare. Bart chiude gli occhi e gli
  accarezza il capo.       Jeff
  si abbassa lentamente e la sua lingua scorre sul petto di Bart, fino
  all’ombelico, dove indugia un attimo. Poi le mani di Jeff scorrono sui
  pantaloni, si fermano sulla protuberanza, sempre più voluminosa, sul davanti,
  scorrono sull’asta tesa, poi avvolgono le palle.        Bart
  geme e si slaccia la fibbia della cintura. La stoffa scivola tra le dita di
  Jeff. Ora c’è solo la stoffa più leggera del cocksock
  che Bart indossa. Anche le altre volte lo portava, ora Jeff se lo ricorda. Le
  mani di Jeff scivolano dietro, ad accarezzare le grosse natiche di Bart, a
  perdersi nel pelame rigoglioso che le copre. La bocca di Jeff si apre e,
  attraverso la stoffa, assesta un morso, non feroce, ma neppure tanto lieve,
  all’appetitosa salsiccia che l’indumento rivela più che nascondere.       -
  Affamato? Ti porto due patatine. Il cazzo non me lo mangiare: mi serve
  ancora.          
  Jeff sorride e replica:          
  - Ma no che non serve. Fa solo figura…       Bart
  ride e gli molla una sberla affettuosa, poi si cala il cocksock
  e mormora:       -
  Se vuoi assaggiarlo un po’, va bene. Ma non staccarmelo.       Jeff
  ride e passa la lingua lungo il salsicciotto, dalla base alla cappella, poi
  ritorna alla base ed accarezza le palle. Bart ha le mani sulle sue spalle e
  Jeff le sente stringere.       Infine
  Jeff si alza e si apre i jeans. Si ferma, con la cerniera sbottonata. Non
  dice niente. Bart fa scivolare a terra i jeans, sfila gli slip di Jeff, ne
  accarezza l’uccello già in tiro, si inginocchia e lo prende in bocca. Lo
  succhia un po’. È piacevole sentire quella bocca calda che lo avvolge.       Poi Bart si alza, sorride a Jeff e si
  stende a pancia in giù sul letto, divaricando leggermente le gambe. Non se lo
  sono detto, ma non era necessario: come le altre volte, sarà Jeff a montare
  Bart. Con tutti è così: Jeff è un top, questo chi frequenta il Guns and Men lo
  sa.       In
  realtà questa distinzione di ruoli non conta molto per Jeff. Da ragazzo Jeff
  non si è mai tirato indietro e ha sperimentato di tutto. Anche in seguito
  Jeff ha aperto il culo, accogliendo qualche bel cazzo vigoroso. Gli piace,
  parecchio, lo sa benissimo, è un piacere violento. Ma da alcuni anni Jeff
  accetta sempre più di rado di essere infilzato: c’è nel farsi penetrare un
  abbandono che lo sgomenta. Gli sembra di perdersi, mentre a Jeff piace avere
  la situazione sotto controllo.         Jeff
  guarda quel bel culo, grosso e peloso, che gli si offre. Le sue mani scorrono
  sulle natiche, afferrano la carne e la stringono.        Poi
  Jeff prende dal ripiano del comodino il preservativo che Bart ha messo. Jeff
  non ha mai scopato senza: ha imparato ad usarlo le prime volte, con un uomo
  che aveva quindici anni più di lui, e da allora non ne ha mai fatto a meno.
  Jeff pensa che adesso ha l’età che aveva allora Christophe,
  l’uomo con cui ha scoperto i piaceri del letto. Ma non gli è mai capitato di
  iniziare al sesso un ragazzo, non gli interessa. Preferisce gli uomini
  adulti.       
  - Dammi qui!       Bart
  ha voltato la testa dalla sua parte e tende una mano. Jeff gli dà la bustina.
  Bart si solleva un po’, ne morde un angolo e la strappa, sfila il
  preservativo e con il dito indice piegato fa segno a Jeff di avvicinarsi.
  Jeff ubbidisce, sorridendo.       Bart
  gli accarezza l’uccello con due dita, gli gratta i coglioni da sotto, facendo
  ridacchiare Jeff, poi appoggia il preservativo sulla cappella di Jeff e lo
  srotola lentamente. Infine dà una bella linguata alla base dell’arma e si
  rimette ben disteso.       Jeff
  passa una mano sulla schiena di Bart, gli tira un po’ i peli, gli infila le
  dita tra i capelli, poi ridiscende lungo la schiena, sentendo sotto i
  polpastrelli le vertebre. Infine le due dita arrivano dove le vertebre
  finiscono, ma non si fermano, scivolano ancora oltre, tra le natiche, fino ad
  arrivare ad un’apertura che non aspetta altro che un visita.       Sul
  comodino c’è anche la crema lubrificante, quella giusta da usare con il
  preservativo. Jeff apre la bustina e ne fa scendere il contenuto sul buco, ma
  il liquido si ferma tra i peli. Allora Jeff lo sparge con il dito, fino
  all’anello di carne, di cui accarezza delicatamente le pareti. Bart mugola di
  piacere. Jeff ripete l’operazione fino a che l’ingresso non è ben
  lubrificato.       Affonda
  nuovamente le mani nel culo peloso di Bart, gli piace quel bel culo, grosso e
  sodo. Avvicina la bocca e dà un bel morso, deciso. Bart geme, più per fare scena
  che per il dolore. Jeff morde di nuovo, ma più delicatamente, poi ancora due
  volte con forza.       Ma
  ormai è ora di entrare, la sua visita è attesa con impazienza ed anche la
  lama desidera entrare nel fodero accogliente.        Jeff
  allarga ancora un po’ le gambe di Bart e si distende in mezzo. Avvicina la
  punta della spada all’ingresso e la fa avanzare piano, molto lentamente. Poi
  si ferma, per permettere a Bart di abituarsi alla presenza di quell’arma.
  Pizzica il culo di Bart e gli passa la lingua tra le pieghe di carne del
  collo. Gli mordicchia un orecchio e, sempre lentamente, avanza ancora,
  occupando il territorio. Ora la spada è infilata fino all’elsa. Bart mugola
  di piacere ed avvicina le gambe, in modo che lo spiedo aderisca meglio alla
  carne.           Jeff
  si stende su Bart e si mette ad arare quel campo rigoglioso, spingendo dentro
  il vomere con tutte le sue forze, per poi ritrarlo ed affondarlo nuovamente,
  senza mai dare tregua. Jeff è un lavoratore energico ed instancabile e
  prosegue con la sua attività di buona lena.       Le
  mani di Jeff si appoggiano sul lenzuolo, a fianco del corpo di Bart, e Jeff
  si solleva un po’ sulle braccia. Ora il contatto tra i loro due corpi è
  limitato alla gambe ed all’arma che trafigge ed arretra. Poi Jeff si stende
  nuovamente su Bart, le sue mani stringono il culo ed il movimento dell’arnese
  si fa più intenso. Jeff sente che il piacere sta crescendo e che presto
  verrà.        Bart
  emette un verso, una specie di mugolio, che diventa più forte. Poi grida:       -
  Cazzo, Jeff, cazzo!       Bart
  ha sollevato un po’ la testa. Jeff assesta due belle spinte gagliarde e poi
  sente che la tensione si scioglie in piacere, mentre ancora spinge.       Si
  abbandona sul corpo di Bart. È stato bello ed anche a Bart è piaciuto, perché
  il suo grido è stato di piacere. Jeff ne è contento.       Ed
  in effetti Bart dice:       -
  Jeff, sei fantastico!        Poi
  aggiunge:       -
  Rimani dentro, per favore.       Si
  gira su un fianco, prende una mano di Jeff e la porta sul proprio uccello. Jeff
  lo accarezza, prima con delicatezza, poi in modo più energico. Bart mugola di
  nuovo, poi geme, mentre il fiotto si sparge sul lenzuolo.       Rimangono
  un buon momento così, poi il loro abbraccio si scioglie. Jeff si toglie il
  preservativo e lo butta per terra.        -
  Ti spiace se mi faccio una doccia?       Bart
  sorride:       -
  Sapevo che me l’avresti chiesto! Certo, la doccia è a tua disposizione.       Jeff
  si lava, poi si riveste. È stato molto piacevole, davvero. È bello scopare
  con qualcuno che già conosci, con cui sei in sintonia. Anche Bart la deve
  pensare così, perché dice:       -
  Senti, Jeff, ti lascio il mio numero di telefono. Non ti chiedo il tuo, lo so
  che non lo dai a nessuno. Ma se qualche volta hai voglia di combinare, io ci
  sono.       -
  Va bene, grazie, Bart.       Jeff
  prende il biglietto che gli porge Bart. Sa già benissimo che lo butterà via
  appena arriva a casa. Bart lo abbraccia, lo bacia sulla bocca. Jeff quasi
  sbuffa, ma si trattiene. Sorride e se ne va.       Uscendo
  si dice che Bart si sta attaccando troppo. Non gli va bene. Jeff non è uno
  stronzo, non vuole far soffrire nessuno. Sarà bene che per un po’ eviti il Guns and Men. Ma
  tanto per un po’ avrà tutt’altro da fare, in primo luogo cercare di non farsi
  ammazzare.  | 
 
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