10. Jeff
si sveglia che è molto tardi. Il sole è alto in cielo e filtra attraverso le
veneziane. Le braccia di Leo lo cingono e Jeff prova un senso di infinito
benessere. La sua mente rifiuta di svegliarsi, lascia che il suo corpo
assapori questa pace senza limiti, la dolcezza di quell’abbraccio. L’incanto
dura poco, Jeff è completamente sveglio ed il dolore lo azzanna di nuovo. -
Ti sei svegliato? La
voce di Leo è appena un sussurro. -
Sì. È molto che sei sveglio? -
Un po’. Dormivi come un bimbo. Non volevo disturbarti. Leo
è rimasto fermo per non svegliarlo. Questo è Leo. Ma perché? Cazzo, perché? Jeff
si scuote. Si dice che riuscirà a portar via Leo da questa vita di merda. Al
massimo gli dirà di scappare domani, quando ci sarà la grande retata. Prima
che lo becchino, prima che sia troppo tardi. Ma
è già troppo tardi per cambiare le carte. La partita è ormai alla conclusione
e non è Jeff ad avere in mano gli assi. Gli assi li ha qualcun altro. Chi,
Jeff lo scoprirà domani.
Leo si alza e dice: -
Adesso andiamo a ritirare i risultati del test. Jeff
ride. -
Va bene. Ma… -
Sì, sì, lo so, non occorre che tu ripeta. Non cambia niente. Continuiamo ad
usarlo. Anche
questa volta all’ospedale Leo fa il buffone. I risultati vengono consegnati
da una dottoressa, che chiama una per volta le persone in coda. Leo pretende
di entrare insieme a Jeff, che non si oppone. Leo spiega alla dottoressa, con
un sorriso, che sono venuti a fare il test perché vogliono vivere insieme. E
Jeff sente una fitta, violenta. Perché è vero, per lui è vero. E forse anche
per Leo. Ma è impossibile.
La dottoressa consegna ad ognuno dei due il proprio risultato, ma Leo
li scambia (beccandosi un’occhiataccia dal medico). Apre il foglietto, lo
guarda e dice: -
Negativo! E
bacia Jeff sulla bocca. La dottoressa è un po’ imbarazzata, ma sorride. Anche
il test di Leo è negativo. Escono
e Jeff ha una grande confusione in testa. Questa sera Leo gli proporrà di
scopare senza preservativo? No, non intende farlo, non è prudente. Leo ha già
detto che non cambia niente. E allora? La confusione nella testa di Jeff ha
ben altra origine, lo sa benissimo, ma è più comodo preoccuparsi di che cosa
uno si mette sul cazzo che di quello che uno ha nel cuore. Pensieri
inutili. Questa sera non scoperanno. La
telefonata arriva mentre stanno rientrando in casa, a Leo. È brevissima. Leo
non dice quasi nulla, saluta soltanto. Quando chiude la comunicazione si
rivolge a Jeff: -
Devo andare da Freddie, Jeff. Il boss intende
affidarci un compito importante. Jeff
annuisce. Non è contento di quel compito. Ha paura che succeda qualche cosa a
Leo o che lui si trovi a dover uccidere. Domani ci sarà la grande retata. E
lui, quando la retata incomincerà, dirà a Leo di scappare via. Ma potrà
dirglielo, se Leo avrà ucciso qualcuno? Jeff
si siede sul pavimento in un angolo della stanza. Appoggia la schiena alla
parete e lascia che i suoi pensieri vaghino. Porteranno a termine il loro
compito, non sarà niente di particolare. Domani dirà al capo che si occuperà
personalmente dell’uomo che è con lui e quando arriverà l’ora farà fuggire
Leo. Come la prenderà Leo quando gli dirà la verità? Come reagirà? Sono
pensieri oziosi, non si verificherà nulla di quanto Jeff ha in testa. Leo
rimane fuori a lungo, molto a lungo, quasi quattro ore. Leo ha parlato di un
compito importante che devono svolgere entrambi, perché non ritorna? Hanno
affidato il compito solo a lui? Di che cosa si tratta? L’assenza
di Leo lo rende pensieroso. È proprio assurdo, ma in questo ultimo mese è
rimasto sempre con Leo, si è abituato a lui come non gli era mai capitato di
abituarsi a qualcuno. Leo
infine rientra. -
Allora, in che cosa consiste il nostro compito? O hai già fatto tutto da
solo? -
No, lo facciamo insieme. Ma il tuo ruolo è solo quello di autista. Il che non
vuol dire che sia di tutto riposo. -
Dimmi qualche cosa di più… Leo
scuote la testa. -
No, ti racconto dopo. Mi mancano ancora alcuni elementi importanti. Jeff
è perplesso: Leo non fa mai il misterioso. Hanno un compito da svolgere e Leo
non gli dice nemmeno in che cosa consiste. Non è da lui. Verso
le tre escono di casa. Leo dice a Jeff che deve accompagnarlo fino a Las
Vegas. Si fermeranno prima in un posto e, dopo aver visto una persona, saprà
dirgli esattamente che cosa devono fare. Per il momento preferisce non
anticipargli niente. È comunque una cosa grossa. Jeff
è perplesso, ma non ha motivo per mettere in dubbio la parola di Leo. Lungo
la strada, Leo fa fermare Jeff ad un autogrill e fa una telefonata dal
telefono pubblico. Poi ripartono per Las Vegas. Parlano
poco, Leo è teso, Jeff è infastidito da quel silenzio e preoccupato. Se
sapesse di che si tratta, potrebbe prepararsi, studiare qualche strategia per
evitare che succeda qualche cosa di irreparabile. Las
Vegas si profila all’orizzonte, assurda come sempre, con la sua piramide ed
il palazzo di Cesare, il castello incantato e tutto il falso che più falso
non si può. Ma Jeff non ha voglia di sorridere. Arrivano all’indirizzo indicato. Leo
scende. -
Tienti pronto a partire. Motore acceso. Jeff
è inquieto. Perché deve tenersi pronto a partire, se Leo è andato solo a
ricevere altre istruzioni? Gli sta nascondendo qualche cosa? Qual è il
compito di Leo? Che cosa è andato a fare? A uccidere? Quante volte ha ucciso
Leo? Perché si è innamorato di un assassino, lui che si era innamorato solo
da ragazzo? Jeff
sente un peso sul petto, un’oppressione. Non sa che tra poco quel peso sarà
ancora più forte, che gli toglierà il respiro ed ogni voglia di vivere. Perché
quel compito, proprio ora? Domani sera scatterà la grande retata. Ormai Jeff
ha fornito nomi ed indirizzi. Manca ancora uno dei pesci più grossi, il
complice nella polizia, ma quello in qualche modo verrà fuori dagli
interrogatori. Purché Leo non faccia qualche cosa di irreparabile.
Leo ritorna dopo pochi minuti. Mentre apre la porta, ordina: -
Via, subito, verso nord. Jeff
ha già il piede sull’acceleratore. Parte prima ancora che Leo abbia chiuso la
porta. -
Che hai fatto, Leo? -
Ho ammazzato Stanton e le sue guardie. Leo
ha la sensazione che lo abbiano colpito allo stomaco. Una pallottola.
Vorrebbe che fosse così. Leo ha ucciso Andrew Stanton.
Leo.
Certo, il giudice che seguiva le indagini era il nemico numero uno
della banda. E Leo è un assassino. Non lo sapeva? Lo sapeva benissimo. Uno
che lavora per gli Amici, che sa maneggiare bene le armi, quante volte ha già
ucciso? Jeff
non dice nulla, non può parlare. Ma sa che non può tacere oltre, per non
insospettire Leo. Con fatica, cercando di dare alla sua voce un tono
indifferente, dice: -
Il giudice Stanton, vero?
Leo lo guarda e dice: -
Certo. Chi altri? Era il nostro compito, Jeff. -
Non mi hai detto niente. -
Potevo farcela da solo, avevo ricevuto tutte le informazioni. Non volevo che
tu avessi anche questo sulle spalle. Jeff, sei ancora in tempo, vattene via. Jeff
annuisce, ma non sa perché lo fa. Jeff sa che non è più in tempo per nulla.
Dentro è morto. Spera solo che lo ammazzino presto. Ad
una casa alla periferia di Las Vegas li aspettano. Cambiano l’auto e
ripartono verso San Diego. Jeff prende nota dell’indirizzo, ma non gli
importa più di nulla. La
sera dormono in uno dei rifugi della banda. È meglio che non stiano nella
loro abitazione, nel caso qualcuno li abbia visti. Si
spogliano. Jeff si mette a letto, dando la schiena a Leo. Non vuole vederlo,
non vuole parlargli. Non gli ha quasi rivolto la parola, da quando sono
arrivati. Leo
si stende sul letto di Jeff, di fianco a lui. Jeff si irrigidisce. La
mano di Leo lo accarezza, con dolcezza. Leo sa essere molto dolce, le mani
che hanno ucciso Stanton sanno accarezzare con
delicatezza. Jeff
vorrebbe urlare. Lascia fare Leo, ma non reagisce. Dopo pochi minuti, Leo si
stacca da lui, senza essere andato oltre le carezze. Ha capito e rispetta la
volontà di Jeff.
Come è possibile? C’è un abisso tra l’assassino di Stanton
e l’uomo a cui basta avvertire la rigidità del corpo di Jeff per rinunciare
ad avvicinarsi, tra l’uomo che si getta sotto un camion per salvare un
bambino e quello che uccide per soldi. Com’è possibile?
Non c’è una risposta, c’è solo un dolore sordo, che rimbomba dentro di
lui, nel vuoto totale che si è creato nel suo cuore. Questa mattina si è
svegliato tra le braccia di Leo ed è stato uno dei momenti più belli della
sua vita. Questa notte è il momento più angoscioso. Jeff
non piange mai, ma ora il suo dolore è tale che vorrebbe poter piangere. Si
addormenta molto tardi ed il sogno riprende ciò che è successo, lo trasforma.
Jeff vede Stanton, che gli sorride e gli dice che
non l’hanno ucciso, che lui è stato più furbo. Jeff si sente sollevato. Stanton ride ed aggiunge che adesso lo ammazza lui,
quello. Indica qualcuno dietro Jeff. Jeff si volta. Dietro di lui c’è Leo,
legato ad un lettino, il braccio nudo. Stanton si
avvicina. Jeff si sente gelare. Stanton ha una
siringa in mano, la infila nel braccio di Leo. Jeff pensa che Stanton non è un medico, non sa mica come si becca la vena.
Ma intanto guarda la faccia di Leo, che apre la bocca ed urla: “Cazzo! Io non
voglio che ti ammazzino!” Jeff
si sveglia ansimante. Leo è di fianco a lui, una mano sulla sua fronte. -
Che c’è, Jeff? Hai avuto un incubo? Jeff
lo guarda. Per un attimo è sollevato, poi la realtà ritorna ed il dolore ha
il sopravvento. Non ha avuto un incubo. La sua vita è un incubo. Il
giorno dopo i telegiornali riportano la notizia. Il giudice Stanton, che da due mesi viveva in un rifugio segreto a
Las Vegas, è stato ammazzato insieme a due uomini della scorta. Sono stati
gli Amici. Non
ci sono riprese televisive dei cadaveri, ma sui giornali ci sono le foto. In
qualche modo i giornalisti sono riusciti a procurarsele. Si vede il corpo di Stanton ed anche quello di una delle guardie, di lato.
Jeff guarda, legge i titoli. Aveva sperato che non fosse vero. Jeff
vorrebbe essere morto, ora. Non sa che la sua sorte è ormai decisa, che oggi
pomeriggio la sua missione si concluderà, prima della grande retata. A
mezzogiorno Jeff, Leo ed altri uomini accompagnano Freddie
in una villa fuori città, ai margini del deserto. Lì non sono mai stati. Il
boss è nella villa, deve parlare con qualcuno di importante, di molto
importante. L’assassinio di Stanton deve averli
fatti entrare a pieno titolo ai livelli più alti: ormai sono due uomini di
fiducia. Jeff si dice che forse vedrà il boss. Chi
deve incontrare il capo? Non è di certo il proprietario della villa, che
forse è solo un altro covo degli Amici. È qualcuno che nessuno deve vedere,
neppure gli uomini del boss. Jeff
vorrebbe sapere chi è. È un’informazione importante. Comunicare ai suoi
superiori dove si trova la villa non basta, una volta che l’ospite si sarà
allontanato non servirà più a molto. Ma Jeff non può certo cercare di entrare
e di raggiungere il salotto dove il tizio è in conversazione con il boss, né
avvisare, in questo momento, la polizia: impossibile allontanarsi con una
scusa. Jeff
vedrà l’uomo ed il boss, tra non molto. Jeff è uno degli argomenti del colloquio,
ma questo ancora non lo sa. Sono
arrivati da un quarto d’ora. Freddie esce e dice
che Jeff ed altri due devono entrare. Gli fa posare le pistole. Non
è un buon segnale. Ma Jeff non può fare niente. Freddie
e tre dei suoi li accompagnano dentro, in una stanza spoglia. Alla parete c’è
un grande specchio. Jeff
sa benissimo che non è un vero specchio, anche se riflette le loro immagini:
al di là c’è qualcuno che li sta guardando. Jeff sa di essere in pericolo. Non
si sbaglia. Freddie li lascia tutti nella stanza, i tre uomini armati
ed i tre senza armi. Ma Jeff sa di essere da solo. Perché gli altri non
c’entrano, l’uomo che cercano è lui. E l’hanno trovato. Freddie ritorna subito. Si rivolge agli altri due uomini
che sono entrati con Jeff: -
Voi, scendete. Jeff
sa che è finita. Il pensiero corre a Leo. Anche in questo momento pensa a
quell’assassino. Freddie parla ai suoi uomini: -
Mettetegli le manette, dietro la schiena. Jeff
recita la sua parte, anche se sa che è del tutto inutile: -
Che cazzo dici, Freddie? Due
uomini gli hanno già afferrato le braccia ed il terzo gli fa scattare le
manette intorno ai polsi. Jeff non cerca di reagire: non servirebbe a nulla,
si farebbe solo ammazzare subito. Non ha un’arma, niente. Freddie non gli risponde, non lo guarda neanche. -
Seguitemi. Sono
davanti ad un’altra porta. Freddie bussa. La porta si apre. È il Piccolo. Guarda Freddie, guarda Jeff e ghigna. -
Accomodati, Jeff. Freddie gli dà una spinta. Jeff entra. Il Piccolo
richiude la porta. Seduto su una poltrona c’è un uomo sui cinquanta, che
assomiglia al Piccolo: dev’essere il capo. Sul
divano c’è un altro uomo, che gli dà la schiena. -
Vieni avanti, Jeff, mi fa piacere vederti. La
voce è nota a Jeff, che però non realizza subito di chi si tratta. È solo
quando l’uomo gira la testa dalla sua parte, che Jeff lo riconosce. Barrough. Alfred Barrough. Il
sindaco di San Diego. Il grande nemico del crimine. -
Stupito di vedermi, vero? Quel coglione del tuo capo mi ha tenuto all’oscuro
di tutto, ma sapevo che stavate organizzando qualche cosa ed alla fine l’ho
messo sotto pressione e l’ho costretto a raccontarmi di te. Il resto è stato
facile. Sei stato abile, ma noi siamo stati più abili di te. Jeff
è una statua di sale. Non c’è niente da dire. Fingere ormai è inutile. Spera
solo che almeno il suo capo non abbia detto a Barrough
della grande retata che ci sarà questa sera. Che la sua morte, perché Jeff sa
benissimo che ormai è solo un morto che cammina, non sia vana. -
Non hai niente da dire? Jeff
alza le spalle, poi ghigna e risponde: -
Non avrei votato per lei in ogni caso. Barrough scuote la testa. Poi prosegue: -
Nei prossimi giorni riorganizzeremo la rete, in modo che la polizia non trovi
nulla. Perché so anche che a fine settimana ci sarà una retata. Nell’inferno
in cui Jeff vive da ieri, la frase di Barrough è
l’unica consolazione. Il capo ha detto che la retata scatterà solo la
settimana prossima. Voleva avere il tempo di fare tutto senza avere Barrough tra i coglioni. Jeff
tace. La sua vita è arrivata alla fine. Ma anche gli Amici sono alla fine. Barrough probabilmente non sarà scoperto, anche se non è
da escludere. Comunque Jeff non morirà inutilmente. Ed allora va bene, perché
quando la vita è solo sofferenza, sapere che almeno non si muore per nulla è
già molto. Barrough fa un gesto. Il Piccolo accompagna Jeff alla
porta. La apre e si rivolge a Freddie, che aspetta
fuori: -
Questo va ammazzato. È un agente. Portatelo lontano, non devono trovarlo
vicino alla casa. Ma non troppo: tra un’ora dovete essere qui. Poi
aggiunge: -
Tagliategli i coglioni e mettetegli in bocca. Fuori
ci sono Leo e gli altri uomini. Dopo la penombra della casa, la luce del sole
è accecante. Gli uomini sono una decina in tutto. Altri due devono essere di
guardia dall’altra parte. Freddie ripete le
istruzioni del capo, mentre Jeff guarda nel vuoto, ma con la coda dell’occhio
cerca di vedere le reazioni di Leo. Perché a questo punto è l’unica cosa che
ancora gli importa. -
‘Sto stronzo è un piedipiatti e va ammazzato. Abe e
voi quattro, prendete due auto e portatelo nel deserto, lontano da qui. Un
po’ discosto dalla strada, in modo che non lo trovino subito, ma non troppo
lontano: devono trovarlo, con i coglioni in bocca. La
faccia di Leo si trasforma in un attimo. Una maschera di furia. Jeff sente
che qualche cosa gli si spezza dentro. Una sola volta ha visto Leo furente:
due giorni fa, quando Jeff ha rischiato di essere ucciso perché non stava in
guardia. “Io non voglio che ti ammazzino”, aveva detto Leo. Una vita fa. Per
fortuna Leo non è tra gli uomini che Freddie ha
designato. Almeno questo. Barrough non sa niente
della retata di questa notte e Leo non è tra gli uomini che lo uccideranno. E
Jeff non vedrà l’arresto e la morte di Leo, in una sparatoria o nella stanza
delle esecuzioni. Non è molto per un uomo che sta per morire, ma altro Jeff
non ha e gli sembra che questo basti. Ma
Leo si fa avanti. -
Freddie, questo lo ammazzo io. -
E tu chi cazzo sei per deciderlo? -
Mi spetta, abbiamo lavorato insieme. Mi ha preso per il culo per un sacco di
tempo. Se poi qualcun altro vuole finirlo, faccia pure. Ma la raffica spetta
a me. Ho ammazzato Stanton ed adesso ammazzo anche
questo pezzo di merda. Cristo, se penso a come mi ha preso per il culo! Leo
ha sempre il viso stravolto dalla rabbia. Tira fuori la pistola e la punta
alla nuca di Jeff.
- Meriteresti che ti freddassi subito, qui, pezzo di merda! Jeff
sprofonda, questa volta è davvero in fondo all’inferno. Se non ci fossero gli
altri, griderebbe a Leo di non farlo, lo supplicherebbe di lasciare che lo
ammazzino gli altri. O forse cercherebbe di parlargli, non per salvarsi, ma
solo per potergli dire che… Jeff non finisce il
pensiero. No, gli griderebbe di sparargli davvero subito: Jeff vuole solo che
finisca in fretta. Freddie ridacchia: -
Si, hai ragione. A te la mitraglietta. Leo
sorride, un sorriso feroce, che Jeff non conosce. Poi rimette a posto la
pistola, senza smettere di guardare Jeff, infine si volta e prende la
mitraglietta che gli porge Freddie. Jeff ha
distolto lo sguardo. Fa troppo male. Le pallottole non fanno così male, Jeff
ne è sicuro. Leo
accarezza la mitraglietta, sorride. C’è una gioia selvaggia nei suoi occhi, un
odio sfavillante.
Si avviano. Abe, Leo, Jeff ed un altro uomo sono su un’auto. Gli
altri tre su quella che segue. Due uomini sono più che sufficienti per quello
che devono fare, ma Freddie sa che ai suoi uomini
quel lavoro piace. Jeff
guarda fuori dal finestrino. Non vuole guardare gli altri. Non vuol vedere
Leo. Sente i loro commenti. Jeff vorrebbe riuscire a svuotare la sua mente da
ogni pensiero, ma non è possibile. E tutto gli ritorna in testa, lo
svegliarsi ieri tra le braccia di Leo, quelle braccia che ora impugnano la
mitraglietta, che tra poco… Allora
Jeff cerca di pensare a Barrough, a quel figlio di
puttana. Perché un uomo politico di quella levatura si è alleato con il
crimine? Non è difficile ricostruire il ragionamento di Barrough:
tempo pochi mesi, los Santos saranno stati
sconfitti e gli Amici staranno tranquilli per un po’; alle elezioni per la
carica di governatore della California, Barrough si
pagherà la campagna con i soldi degli Amici e si vanterà di aver saputo
riportare la calma a San Diego; intanto magari gli Amici faranno strage a Los
Angeles, per conquistare la città, e Barrough dirà
che riporterà la pace in tutta Anche Jeff sta per ricevere un colpo
mortale. Ed a sparare sarà Leo. Il pensiero lo avvolge e lo strazia. Dio, che
faccia solo in fretta. Vorrebbe essere già morto. Venti
minuti d’auto possono essere eterni, ma finalmente trovano un posto adatto. Le
auto si fermano. Grandi rocce ai margini della strada. Dietro quelle rocce
potranno ucciderlo senza che nessuno li veda. Lasceranno lì il cadavere. Leo
ridacchia, è allegro, sembra impaziente di ucciderlo. Dà ordini: -
Muovetevi, ragazzi. Spogliatelo. Lo
spogliano, togliendogli anche le manette. Ormai non servono più. Ora
sono di fronte a lui, quasi in fila. Ridono, si scambiano battute. Abe dice che i coglioni vuole tagliarglieli lui. Leo gli
dice che non c’è problema, a lui basta dare una sventagliata con la
mitraglietta. Tommy scherza sul fatto che Jeff piaceva al Piccolo: potrebbero
tagliargli anche il cazzo e portarlo al capo. Leo
si avvicina a Jeff e gli dice: -
Vuoi fumarti un’ultima sigaretta? Jeff
guarda Leo. Vorrebbe urlare: non vuole che sia Leo ad ammazzarlo, uno degli
altri, va benissimo, chi se ne fotte, ma non Leo. Vorrebbe almeno potersi
illudere di non amarlo, ma sa che ama il suo assassino. Ricaccia
dentro tutto quello che sente e cerca di svuotare la sua faccia di ogni
espressione. Vorrebbe dire che non ha voglia di fumare, che si sbrighi a
finire, ma annuisce. Vuole allontanare il momento in cui Leo lo ucciderà. Leo
prende un pacchetto di sigarette dalla tasca e glielo porge. Dentro c’è anche
un accendino. Jeff guarda il pacchetto. È il suo. Perché cazzo Leo ha preso
il suo pacchetto di sigarette dalla tasca, lui che non fuma? Per offrigliene
una? Che importanza ha? Niente ha importanza, ormai, quello che avrebbe
potuto essere e non è stato, quello che sta per avvenire. Jeff
prende una sigaretta, l’accende e se la porta alla bocca. Già, come dice Leo,
fumare nuoce gravemente alla salute. Ma non è più un problema per Jeff. La
sua mente va alla sua famiglia, pensa ai suoi genitori, quando sapranno, ai
suoi fratelli. È un pensiero doloroso, ma dovunque vaghi la sua mente, c’è
solo sofferenza. Guarda
i suoi cinque assassini, che stanno prendendosi le sigarette anche loro,
tanto c’è da aspettare. Ma non guarda Leo. Non può guardarlo. Gli fa troppo
male. Leo si è rimesso il pacchetto di sigarette in tasca e si volta, il
mitra in mano. Fa un passo verso gli altri. Ora è davanti a lui e gli dà la
schiena. Gli nasconde in parte gli altri uomini. Jeff cerca di guardare oltre
le sue spalle, ma Leo è esattamente davanti a lui.
Jeff aspira il fumo.
In quel momento capisce. Forse per la posizione di Leo, tra lui e gli
altri, che se sparassero ora non potrebbero colpirlo. Forse per il movimento
apparentemente casuale del braccio di Leo, che sembra solo accompagnare il
piede che si sposta in avanti. A
Jeff manca il fiato, tutto il suo corpo è in tensione, perché sa che cosa sta
per succedere. E non è quello che pensava un attimo fa. In
quel momento l’inferno incomincia. È un’unica raffica che sembra non smettere
mai. Solo due dei cinque uomini fanno in tempo ad estrarre la pistola, solo
uno a sparare. È
un colpo unico, secco, che risuona in mezzo ad una serie interminabile di
spari. Ma a Jeff quel colpo sembra più forte di tutto, sembra sovrastare gli
altri. Quel colpo Jeff lo sente nel cuore e vorrebbe davvero che avesse
colpito lui, ma nessuno può colpirlo, perché Leo è in mezzo, gli fa da scudo
con il proprio corpo. La
raffica si spegne, sul deserto piomba un silenzio assordante e Jeff vorrebbe essere
morto, come i cinque uomini davanti a lui. Jeff
guarda la schiena di Leo, la nuca, dove colano goccioline di sudore. Jeff
vorrebbe urlare. Jeff
non dice nulla. Il tempo si è fermato, sospeso su un abisso. Jeff non può
parlare. Jeff non riesce nemmeno a formulare un pensiero coerente. Cinque
uomini sono morti. Ma questo non conta, non ha nessuna importanza. Jeff è
vivo, non lo uccideranno. Ma neppure questo ha nessuna importanza. Una cosa
sola conta. Quel colpo che è risuonato pochi secondi fa, un milione di anni
fa. Quel
colpo e Leo. |
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