9. Sono
passati quattro giorni dalla morte di Fraser. Il Piccolo non si è più fatto
vivo e Jeff ne è contento: non avrebbe nessuna voglia di scopare con quel
figlio di puttana, ora. Non che ne avesse molta neanche prima, comunque. Ha parlato con il capo, non il boss della banda, ma il suo vero capo. Le informazioni che ha fornito sul Piccolo e sul suo legame con il boss sono determinanti. Il capo sta organizzando la retata. Questione di una settimana, anche meno. Jeff ha trasmesso un sacco di indicazioni utili. Una volta catturato il capo, riusciranno anche a scovare chi è il traditore che informa la banda, quello che ha fatto scoprire Thornton. La retata sarà organizzata nella massima segretezza ed i veri obiettivi saranno rivelati solo all’ultimo minuto. Il problema è solo individuare dove abita il boss, ma ora che sanno chi è, in qualche modo ci arriveranno. L’idea
che la sua missione sia alla fine sgomenta Jeff. Non perché ci tenga in modo
particolare a rischiare la pelle ogni minuto. Ma per Leo. Leo, il chiodo
fisso piantato nel suo cervello e nel suo cuore. Ma perché proprio Leo? Hanno
passato buona parte della notte di ronda a Fleetridge.
Un uccellino aveva detto che los Santos intendevano
fare un blitz nell’area. Ma non si è visto nessuno. L’uccellino aveva bevuto.
O si era bevuto il cervello. Hanno
dormito fino a tardi e quando si alzano è quasi ora di pranzo. Escono di casa
per andare a fare un bel brunch e passano davanti ad un ospedale. C’è un
cartello: giornata di prevenzione dell’AIDS, test HIV gratuito. Leo guarda la
scritta, poi fissa Jeff, ghigna, gli passa un braccio intorno alla vita ed
incomincia a trascinarlo verso il cancello dell’edificio. - Che cazzo fai, Leo? -
Andiamo a fare il test. Jeff
scuote la testa. Cerca di resistere, ma Leo è più grosso e per evitare di
essere trascinato, Jeff dovrebbe lottare contro di lui: a parte il fatto che
avrebbe comunque la peggio, non è proprio il caso di mettersi a fare una
scena in mezzo al marciapiedi (per essere esatti, nel piazzale dell’ospedale,
perché ormai hanno superato il cancello). -
Ma Leo, che cazzo… -
Eddai, Jeff, che ti costa? Sta’ tranquillo, non
facciamo a meno di san Preservativo, che Dio l’abbia in gloria, ma non fa
mica male controllare se siamo positivi. Dici che lo usi sempre e poi te la
fai sotto all’idea di sapere i risultati del test? La
punzecchiatura non fa molto effetto a Jeff, ma ormai stanno entrando
nell’ospedale, con Leo che lo abbraccia. Leo
si rivolge al custode. -
Io ed il mio fidanzato vorremmo fare il test HIV. Dove dobbiamo andare? Il
custode li guarda un po’ perplesso. A lasciarlo dubbioso è l’evidente
riluttanza di Jeff. -
Su Jeff, non fare storie, avevi promesso che lo facevi. Jeff
vorrebbe prendere a schiaffi Leo, vorrebbe… Scoppia
a ridere e cede. C’è
una discreta coda, ma i prelievi sono rapidi e davvero non c’è motivo per non
farlo. Solo che Leo continua a tenergli un braccio intorno alla vita ed a
giocare agli innamorati stile san Valentino, mettendo a disagio Jeff. Ma tra
gli uomini in coda più d’uno li guarda con evidente simpatia. Jeff pensa che
loro due formano davvero una bella coppia. Ed il pensiero lo fa star male. Quando
escono dall’ospedale, Leo ritorna quello di sempre. -
Leo… Leo
lo interrompe. -
Non mi ringraziare. Lo so, sono stato un angelo, senza di me non avresti mai
trovato il coraggio per farlo. Non occorre che tu me lo dica… Jeff
vorrebbe dargli dello stronzo, ma si mette di nuovo a ridere. Il
capo ha fissato la data della retata: dopodomani.
Los Santos per il momento sono acquattati e non danno segno di vita,
ma nessuno degli Amici pensa che abbiano rinunciato. Gli Amici hanno
conquistato una delle loro ultime roccaforti, il quartiere di Lowlands. La conquista è stata accompagnata da quattro
omicidi, ma fortunatamente Jeff e Leo non sono stati coinvolti. Questa
sera loro due sono di ronda nel quartiere. È un compito pericoloso. Devono
stare sempre in guardia. Prendono un passaggio tra due case e sbucano in una
via più larga. Non sembra esserci nessuno, ma Leo gli dice di rimanere
indietro. Leo
va in avanscoperta e Jeff lo guarda mentre avanza guardingo. Perché, cazzo,
Perché? Leo
gli fa segno di venire avanti. Procedono lungo l’isolato, poi svoltano in
un’altra strada. E nella testa di Jeff ritorna l’idea che tra tre giorni Leo
sarà arrestato perché lui lo ha consegnato alla polizia. No, non può
avvenire. Lui deve convincere Leo a mollare, ad andarsene. L’idea gli entra
in testa come un lampo e Jeff abbassa completamente la guardia. Deve
convincere Leo a mollare questa vita. Deve… Jeff
sente solo la spinta violenta e vola a terra. Non capisce, ma in quel momento
la raffica prende il muro, un po’ sopra le loro teste. Leo lo ha spinto a
terra e lo ha salvato: sarebbero morti entrambi. La
macchina si allontana rapidamente, ma Leo ha già estratto la pistola e
sparato due colpi. La macchina sbanda e finisce contro un muro. -
Via, Jeff, via! Si
rialzano. Leo lo spinge oltre l’angolo. Jeff fa appena in tempo a vedere che
dall’auto scendono due uomini armati. Avrebbero
dovuto sparare ancora, ucciderli, ma Jeff è ben contento che Leo abbia preso
l’iniziativa di scappare. Corrono via, nessuno li insegue. Quando
sono sicuri di essersi allontanati a sufficienza, si fermano. Leo gli si
rivolge contro come un cane rabbioso, lo aggredisce. -
Che cazzo succede, Jeff? Che cazzo succede? Jeff
non capisce la furia di Leo. Non l’ha mai visto così. -
Che cosa, Leo? -
Che cosa te lo sto chiedendo io! Eri completamente da un’altra parte, con la
testa. Ti facevano fuori senza che tu neanche ti accorgessi di essere morto.
Ma, cazzo! Jeff, non puoi andare in giro così! Ti ammazzano la prima volta che
metti la testa fuori di casa. Jeff
china la testa. -
Scusa, Leo, non ho fatto la mia parte, lo so. Leo
lo guarda, insofferente. -
Non è questo, Jeff, non è questo. Cazzo! Se fai così ti ammazzano. Cazzo!
Cazzo! Io non voglio che ti ammazzino. Poi
Leo si volta e riprende a camminare, furente, senza guardare se Jeff lo
segue. Jeff
rimane lì, confuso. Adesso si guarda attorno ancora meno di prima. Sta
andando completamente nel pallone, questa è la verità. Leo ha la capacità di
fargli perdere del tutto il controllo. Leo gli ha detto che non vuole che lo
ammazzino. Jeff sa benissimo che cosa significa questa frase. Anche lui non
vuole che ammazzino Leo. Si
riscuote, si sforza di concentrarsi, osserva con cura la via, poi si dirige
verso Leo, che si è fermato in lontananza.
Leo sta telefonando a Freddie per informarlo
dell’accaduto. Dice che c’era parecchia gente e che gli altri erano su due
auto, per quello ha preferito allontanarsi. Parla piano, ma Jeff lo sente
ugualmente. Una buona storia. C’era il rischio che Freddie
li rimproverasse perché non avevano ammazzato gli altri. Ma questa storia
Jeff non può far finta di berla: l’auto era una sola. Allora, quando Leo ha
finito, gli chiede: -
Perché mi hai fatto scappare? Avremmo dovuto affrontarli. -
Loro avevano le mitragliette. E c’era diversa gente. Rischiavamo di far fuori
qualcuno e ne abbiamo già abbastanza di quel figlio di puttana di Barrough alle calcagna. Jeff
annuisce. Non dice più nulla. Ha parlato solo perché Leo non sospettasse. Più
tardi, guardando il telegiornale regionale, Jeff scopre che Leo ha beccato
gli pneumatici dell’auto, che per quello ha sbandato ed ha sbattuto contro il
muro, non perché fosse stato colpito l’autista. Leo ha sparato basso per
evitare di colpire qualcuno dei passanti? O ha sparato senza prendere la
mira, per fare in fretta? In questo caso gli è andata davvero bene. Freddie telefona poco dopo che loro sono rientrati. Kurt
è stato ucciso, mentre era a pranzo a Jeff
e Leo si preparano per la notte e si stendono. Per
un buon momento rimangono in silenzio. Nessuno dei due parla. Poi Leo dice: -
Perché non molli con questa vita di merda, Jeff? A
Jeff sembra che gli manchi il fiato. Leo gli sta dicendo quello che lui
avrebbe voluto dirgli. Jeff si dice che forse può riuscire a convincerlo a
mollare. Ma non è stato questo il primo pensiero che gli è passato per la
testa. La prima cosa che si è detta è che forse Leo tiene davvero a lui. Ed
il pensiero gli stringe il cuore e glielo dilata, in un’altalena
intollerabile. -
Che intendi dire? -
Piantare di venderti per quattro soldi, di ammazzare e farti ammazzare per
gente a cui non gliene fotte un cazzo di te. Questo voglio dire. Andartene e
farti un’altra vita. Jeff
annuisce. -
Tu lo faresti, Leo? Tu te ne andresti via? -
Al tuo posto sì, senza esitare un minuto. Quanti anni hai, Jeff? -
Trentatre, tra poche settimane. “Se
ci arrivo”, pensa Jeff, “e non è detto, non è proprio detto. Sicuro che mi
mettono in croce prima di allora”. -
Cazzo, Jeff, hai una vita davanti. Vattene da questo posto di merda e
ricomincia altrove. -
E tu, tu vuoi continuare così? Leo
esita un momento.
- Sono troppo vecchio per cambiare vita, Jeff. Che vado a fare? -
Non dire cazzate. Quanti anni hai? Quaranta? -
Quarantadue. Ma non è questo. Cristo, Jeff, piantala con questa merda. Prendi
quella porta e vattene via. Scompari, per sempre. -
Tu vorresti che me ne andassi, così, adesso? Perché
sta chiedendo questo? Che c’entra? Vuole che Leo se ne vada, no? Che scompaia
prima di doverlo fare arrestare e magari vederlo finire sulla sedia elettrica
o con l’iniezione letale. E allora perché gli ha chiesto se voleva che se ne
andasse lui, Jeff? Lo sa benissimo, cazzo, lo sa benissimo! È in una missione
in cui ogni minimo errore può costargli la pelle e sta dimenticandosene per
pensare a tutt’altro, a salvare Leo o a scoprire quanto Leo tiene a lui, che
è ancora peggio. Leo
si è alzato a sedere sul letto. Lo guarda. -
Sì, adesso, Jeff, ora. Senza mai voltarti indietro. -
E senza neppure lasciarti un indirizzo. E
questo? Perché cazzo ha detto questo? Jeff si dice che è un perfetto
coglione, ma la sua testa ha smesso di ragionare, no, non è vero, la sua
testa ragiona benissimo, ma va in una direzione precisa, che non c’entra un
cazzo con quello che Jeff deve fare. -
Jeff… C’è
una pausa. Leo sembra non trovare le parole. C’è una pausa anche nel battito
del cuore di Jeff. Una pausa e poi una corsa veloce. -
… vorrei poterti ritrovare, Jeff, dopo che questa storia sarà finita. Vorrei
sapere dove cercarti… Le
parole si bloccano di nuovo, il cuore di Jeff no, quello corre a perdifiato
ed al suo padrone il fiato manca davvero. -
…ma preferisco perderti per sempre e saperti vivo
da un’altra parte piuttosto che vederti qui. Jeff… Leo
si alza: -
…prendi le tue cose e vattene ora. Prendi un
autobus notturno, per qualsiasi meta. Di certo sai come far perdere le tue
tracce. Scompari. Ora, Jeff, ora. C’è
una supplica nel tono di voce di Leo. Jeff sa che se fosse libero di
scegliere, adesso si alzerebbe e se ne andrebbe. Ma ha la sua missione da
compiere. E vuole salvare Leo. Si
alza anche lui. Ora è di fronte a Leo. -
Sì, Leo. Voglio anch’io chiudere ed andarmene. Ma ho ancora un conto in
sospeso. Questione di giorni. Incomincia ad andartene tu, Leo, poi ti
raggiungo, davvero. Sì,
lo raggiungerà, lasciando la polizia e tutto il resto, perché vuole vivere
con lui e che tutto il resto vada a fare in culo. -
Merda, Jeff, perché non puoi andartene ora? -
Non te lo posso spiegare, ma davvero, mi va bene chiudere. Incomincia tu… Il
sospiro di Leo è quasi un gemito. -
Non posso, Jeff, non posso. Non ora. Leo
si stende nuovamente sul letto. Anche Jeff si stende. Vorrebbe morire. -
Leo, perché? -
Lasciami in pace, Jeff. Il
silenzio che scende tra di loro è soffocante. Jeff è in un vicolo chiuso e
vorrebbe sbattere la testa contro il muro. Poi
Leo dice: -
Adesso dormiamo. Buona notte. Jeff
non risponde. Guarda il chiarore che entra dalla finestra e sa che non
prenderà sonno facilmente. Il peso che si porta addosso lo schiaccia. Il
tempo passa, i rumori della strada si attenuano, ma Jeff rimane con gli occhi
aperti, a fissare il soffitto. Anche
Leo non dorme, Jeff ne è sicuro. Leo
si muove e si mette a sedere. Jeff volta la testa verso di lui. Leo accende
la lampada sul comodino e lo guarda. C’è una tale angoscia nei suoi occhi,
che Jeff non regge. Spegne la luce. Gli tende una mano. Leo
lo guarda, a lungo, fermo nella penombra, poi la sua mano stringe quella di
Jeff, che lo attira a sé. Leo si siede sul letto di fianco a Jeff e la mano
libera gli accarezza il viso. Jeff
lascia che quella mano lo accarezzi, non si muove. È bello sentire le dita di
Leo scorrergli sul viso, sul torace, sul ventre, accarezzare con la stessa
delicatezza l’uccello che ora sembra dar segni di vita. Quando
la mano di Leo si stacca, Jeff la riprende e la conduce al ventre, la guida a
giocare con i suoi coglioni, con l’uccello ormai teso. Poi
Jeff lascia la mano di Leo, che ancora stringeva nella propria, toglie
l’altra mano, quella che sta stuzzicando, guarda l’uomo seduto al suo fianco
e si volta, mettendosi a pancia in giù. Allarga un po’ le gambe. Non è stata
una decisione cosciente. Non ha riflettuto. È venuto da sé. Una resa
completa, ma Leo lo ha vinto. Jeff ora ha bisogno di questo, che Leo lo
prenda. Non sarà sufficiente a scacciare l’angoscia, ma almeno la terrà a
bada per un po’. Ha bisogno di sentire Leo entrare dentro di lui, prendere
possesso del suo corpo. Leo
si stende su di lui, le mani gli accarezzano la testa, la lingua lavora
intorno ad un orecchio, dentro, dietro, poi scende sul collo, percorre la
colonna vertebrale, fino alla fenditura. I denti di Leo mordono e Jeff
sussulta. Leo
lo volta sulla schiena, con delicatezza. Perché? Forse non vuole? Non è
possibile, Jeff sa che Leo lo desidera e poi Leo lo farebbe anche solo perché
lo vuole Jeff. Leo è così.
Leo si stende su di lui, lo bacia gli passa le due mani sulla fronte,
gli infila un dito tra i denti. Poi Leo si mette in ginocchio e la sua bocca
incomincia a percorrere tutto il corpo di Jeff, dal viso al collo, dai
capezzoli all’ombelico, dal cazzo teso ai coglioni e poi giù lungo una gamba,
per poi risalire lungo l’altra fino alle mani, le dita, che ora Leo morde,
delicatamente, una dopo l’altra, poi il palmo di una, che Leo bacia, e quello
dell’altra e ancora la stessa carezza lungo il braccio destro e poi quello
sinistro. Poi
Leo lo volta di nuovo a pancia in giù, gli allarga le gambe e la sua lingua
ripercorre la schiena, dal collo al culo, ma non si ferma al solco, lo
percorre tutto e Jeff geme. La lingua di Leo si muove avanti ed indietro e
quella carezza umida è quasi insopportabile. Non
è prudente, quello che sta facendo Leo, non dovrebbe farlo. Ma Jeff non apre
la bocca per dirlo. È troppo bello, è troppo forte la sensazione che prova, è
troppo. Leo
apre il comodino. Jeff sa che cosa sta facendo, sa che cosa sta per
succedere. È quello che ha chiesto, senza parole. Ma è anche molto di più.
Sta per lasciare che Leo lo prenda, che lo possegga, Leo, che già ha in mano
il suo cuore. Leo, un criminale, quante volte se l’è detto? Inutilmente. Leo. Ma
ci sono le mani di Leo che ancora una volta percorrono la schiena di Jeff,
seguendo nuovi sentieri, a tratti fermandosi e lasciando un segno del loro
passaggio. C’è la bocca di Leo, che nuovamente traccia altre piste e ritorna
dove già era passata. C’è la lingua di Leo, che lascia un segno umido, che
lentamente percorre il corpo di Jeff e prepara la strada a ciò che seguirà,
accarezzando l’apertura. E
poi c’è il cazzo di Leo, che ora esercita una delicata pressione contro il
culo di Jeff, si apre la strada, con dolcezza, con una dolcezza estrema,
quasi avesse paura di fare male, come se non sapesse che ogni dolore che può
portare è puro piacere. Ed avanza, trionfante e sicuro, mentre il corpo di
Jeff lo accoglie, felice di aprirsi e di sentire dentro di sé quella carne
calda, felice di appartenere di nuovo a qualcuno, non a qualcuno, a Leo,
perché è il corpo di Leo quello che ora si appoggia su Jeff, sono le mani di
Leo quelle che si muovono sul corpo di Jeff, è il cazzo di Leo quello che ora
ha preso completamente possesso del culo di Jeff. Da
tempo Jeff non provava questa sensazione intensa, ma ora - ed il rendersene
conto quasi gli provoca panico - ora quello che sente è molto più forte,
molto più intenso. Perché non è un uomo qualunque quello che è sopra di lui,
dentro di lui. È Leo, che è davvero dentro di lui, dentro il suo cuore e la
sua testa. Leo
non si muove dentro Jeff. Si limita a baciarlo, ad accarezzarlo con le
labbra. Ed una sensazione di benessere totale invade Jeff, ricacciando
l’angoscia fuori dal suo cervello. Tornerà, Jeff lo sa benissimo, ma ora non
c’è spazio per altro che per il palo di Leo che ha preso a muoversi
lentamente dentro di lui. Lentamente,
molto lentamente. Leo non ha fretta. Sa come si ara un campo, si muove come se
avesse una vita davanti e non i due giorni che mancano alla grande retata. La
pressione di quella massa calda, grande e dura, è dolorosa e splendida. Ed il
movimento che dilata le viscere di Jeff è instancabile. Jeff
sprofonda, non saprebbe più dire dov’è, che giorno è. Sa solo che è con Leo e
Leo gli sta scavando il culo con la sua mazza. Sa solo che il piacere che
sente dentro di sé è il più intenso che abbia mai provato. Leo
prosegue, sempre lentamente, come se davvero le loro vite potessero ancora
durare a lungo, come se non sapesse che loro sono due nemici alla vigilia del
duello finale. Non può saperlo, ma Jeff ora vorrebbe dirlo, perché non c’è
altro modo per spezzare l’incantesimo di cui è prigioniero. Ma non ha più la
forza per sottrarsi. Jeff
non sa più nulla. Il piacere che lo squassa, che nasce da dentro, è più forte
di ogni altra cosa. Nella sua mente c’è un vuoto totale, è rimasto solo un
nome, ma non c’è più spazio nemmeno per quello ed allora Jeff lo sputa fuori,
lo grida: -
Leo! Il
piacere che lo sfinisce è tutto dentro di lui, non esce dal suo corpo. Le
spinte di Leo, ora più intense, lo dilatano ancora, fino a che Jeff ha la
sensazione di perdere coscienza. Le
braccia di Leo avvolgono completamente Jeff ed i due corpi rimangono immobili. La
mano di Leo sfiora la testa di Jeff, poi Leo si ritrae. Quando Leo esce da
lui, Jeff avverte una sensazione quasi dolorosa. Leo
si solleva, lo volta, si stende su di lui. Lo bacia, infinite volte. Quante
volte lo ha baciato Leo in questi giorni? Ed il pensiero gli attraversa la
testa: quante altre volte lo bacerà ancora? Perché tra due giorni c’è la
retata. Ma
Leo nella penombra della stanza gli legge negli occhi l’angoscia. Ed allora
gli bacia gli occhi, costringendolo a chiuderli. E poi gli bacia la fronte,
le labbra, le guance, il collo, il torace, i capezzoli, il ventre, il cazzo
teso, i coglioni. Leo
è di nuovo su di lui, lo accarezza. Poi
gli solleva le gambe e le appoggia sulle proprie spalle. Lo guarda negli
occhi. Jeff gli guarda l’arma, nuovamente rigida. Leo
ha preso un altro preservativo. È l’ultimo che useranno, ma questo nessuno
dei due lo sa. Il gesto di aprire la busta è ancora un normale movimento
delle dita, se qualche cosa è normale in questa notte folle, in cui Jeff ha
visto scomparire ogni difesa e ha celebrato la vittoria di una resa completa.
Leo
entra in lui, senza fatica, ora l’apertura già dilatata accoglie più
facilmente l’ospite conosciuto. Leo guarda Jeff negli occhi, anche se l’ombra
gli impedisce di leggere in quello sguardo. Meglio così, perché Jeff si sente
nudo, di una nudità che va ben oltre quella del corpo. Leo
lavora il suo campo e c’è nel suo muoversi lento una forza e una dolcezza che
soggiogano Jeff. Jeff
sente che il piacere sta salendo, di nuovo, violento, intollerabile. E questa
volta è un piacere che arde dentro ma si proietta anche fuori. Vengono
insieme, tutti e due nello stesso momento.
Mai gli era successo di venire insieme all’uomo che lo prendeva. Mai
ha goduto così. Nessuno lo ha mai preso così. Nessuno lo ha mai davvero preso
come Leo, perché Leo lo ha preso completamente, si è impossessato di lui, del
suo culo e del suo cuore, del suo cazzo e della sua testa. E ora Jeff fatica
a respirare, a ragionare, a vivere. Leo
esce da lui, ma rimane sul suo corpo. Leo lo bacia ancora. Leo gli bacia la
bocca, gli occhi. Poi
Leo si alza e si fa una rapida doccia. Jeff fa altrettanto. Quando ritorna
nella stanza, Leo ha unito i due letti. Quando Jeff si stende, Leo gli passa
le braccia intorno al corpo. -
Cerchiamo di dormire, Jeff. -
Va bene. Jeff
rimane fermo, non vuole disturbare Leo, nel caso questi riesca a prendere
sonno. Jeff
non dorme, non sarà facile dormire. C’è un lupo che gli stringe il cuore tra
le zanne. Il culo gli fa un po’ male, ma non è quel dolore a non lasciarlo
dormire. La sofferenza atroce che rapidamente cresce ed ora lo invade tutto
non è fisica. Jeff si dice che non ha mai sofferto così, che non è possibile
soffrire più di così. È
una cazzata. Prima che il giorno che sta nascendo arrivi a sera, Jeff
scoprirà che si può soffrire molto di più. E domani, prima che una
sventagliata di mitra metta fine al dolore, capirà che anche la sofferenza
atroce che oggi gli toccherà in sorte non è il fondo, perché l’inferno è infinito
e c’è ancora lo spazio per un nuovo strazio, anche se gli sembrerà di essere
arrivato da tempo in culo al diavolo. |
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