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   4.        Freddie e Lou lo
  accompagnano in un alberghetto, dove Jeff prende una camera. Non è di gran
  lusso nemmeno quella, ma è dignitosa e rispetto alla stanza dove hanno fatto
  secco Ramón, sembra di essere in un albergo a
  cinque stelle.      
      Passeranno a prenderlo
  domani mattina, verso le dieci.     
  A Jeff non spiace rimanere da solo. Si stende sul letto e riflette un
  po’ sugli avvenimenti. Poi esce e raggiunge un bar dove mangia. Da una cabina
  telefona al suo capo, dandogli le informazioni che ha: ben poco, a parte la
  morte di Ramón. Poi ritorna in albergo.          
  La prima collaborazione è durata poche ore. Il tempo di una scopata.       La
  seconda non durerà molto di più. Il giorno successivo Jeff si alza presto, fa colazione e compra i giornali. I quotidiani dedicano la prima pagina allo scontro tra los Santos e gli Amici. Vero e proprio scontro, no: sei morti tra i primi, nessuno tra i secondi. Los Santos sono finiti in un agguato: partiti per uccidere, sono stati falciati non appena sono scesi dalle auto. C’è la faccia di Barrough, in prima pagina, ed anche alla TV, che Jeff accende appena arrivato in camera, lo si vede che ringhia, furibondo, contro le “bande criminali che vogliono imporsi nello Stato”. I cittadini onesti possono contare su di lui, per far fuori questa infame marmaglia: Barrough promette una lotta senza quartiere.       In
  questa lotta Jeff sa di essere l’arma principale che la giustizia ha in mano.
  Ma sa anche che la sua vita è appesa ad un filo e che ci vuole pochissimo
  perché quel filo venga reciso.       Alle
  dieci Jeff scende e paga la camera, come gli hanno detto di fare. Freddie e Lou arrivano dieci
  minuti dopo, insieme ad un tizio: quello che Jeff dovrà affiancare. Si chiama
  Henry. Sembra piuttosto anziano per far parte di una banda del genere: dev’essere intorno ai sessanta, è magro come un chiodo,
  bassotto ed ha i capelli, che porta lunghi sulle spalle, grigi. Anche gli
  occhi sono grigi e pure il pizzo, lungo una spanna. A Jeff fa venire in mente
  uno spazzolino da denti, ma l’uomo lo spazzolino non deve averlo usato in
  modo molto efficace, perché quando sorride mette in mostra alcune voragini.
  Un naso aquilino e parecchie rughe non rendono il viso più interessante, ma
  soltanto più brutto. L’alito cattivo completa il quadro. Insomma, se è vero
  quello che scriveva Cicerone sul volto come specchio dell’anima (l’insegnante
  di inglese di Jeff alle superiori lo citava sempre), questo dev’essere proprio un tipaccio.      
  In ogni caso Jeff è sicuro che con questo non scoperà ed in effetti ha
  ragione. Anche se cambiasse idea, mancherà l’occasione (a parte un’eventuale
  tendenza di Jeff alla necrofilia, ma nell’elenco delle sue perversioni non
  risulta, non è tra le numerose pratiche che ha sperimentato).       Henry
  e Jeff devono scortare Fraser in un viaggio fuori San Diego. Jeff farà da
  autista.      
  Passano a prendere Fraser alle undici, all’indirizzo comunicato da Freddie. Jeff non lo ha più rivisto dal giorno dopo la
  loro fuga comune.      
  Sono arrivati al luogo concordato, all’angolo tra Laurel
  Street e Third Avenue. Fraser non c’è. Rimangono
  fermi, con il motore acceso, pronti a partire. Jeff controlla dietro, negli
  specchietti, ed a sinistra, Henry davanti ed a destra.       Un
  taxi si ferma dietro di loro. Il passeggero è Fraser, che scende ed in un
  attimo è già sul sedile posteriore.       -
  Salve ragazzi. Jeff, dirigiti verso Ramona.                Jeff
  parte subito.       -
  Sono contento di rivederti, Jeff. Come va?       -
  Benissimo. Sono appena arrivato a San Diego, ma poco ci è mancato che non mi
  facessero fuori ieri sera, prima ancora di incominciare.       Nello
  specchietto retrovisore, Jeff vede Fraser sorridere.       -
  Sì, Ramón era un figlio di puttana, ma ci è stato
  utile. Abbiamo dato un bel colpo a quei bastardi.       Fraser
  scambia ancora due parole con Jeff, poi chiede a Henry notizie di un uomo che
  si chiama Greg. Quando hanno finito di parlare, Fraser fa accendere
  l’autoradio e si sintonizzano su una stazione che trasmette musica country (sigh!). Jeff però non
  bada alle canzoni, si concentra sulla strada, tenendo d’occhio le auto che
  hanno dietro: vuole avere tutto sotto controllo, sa benissimo che loro sono a
  rischio in ogni momento.       Fraser
  dà le istruzioni di volta in volta. Hanno lasciato l’autostrada ed ora sono
  su una strada secondaria, che attraversa un’ampia area collinosa,
  semidesertica. Il cielo è sereno e fuori il caldo dev’essere
  soffocante in questa giornata quasi estiva, ma nell’auto l’aria condizionata
  è sparata al massimo e si sta benissimo.       
  Le strade che percorrono sono via via meno
  frequentate, non incontrano quasi mai altre auto. Fraser dice che sono quasi
  arrivati.      
  Jeff continua a controllare la strada davanti e dietro, guardando
  nello specchietto retrovisore. C’è un’auto con quattro persone che compare
  all’orizzonte, si avvicina, ma non li supera. Jeff la tiene d’occhio. Quelli
  gli stanno dietro da un po’ di tempo, ormai, mantenendo una distanza fissa:
  se lui accelera, quelli fanno lo stesso; se rallenta un po’, rallentano pure
  loro, anche se stanno percorrendo un rettilineo.        Jeff
  sta per avvisare Fraser, quando in lontananza vede una macchina ferma lungo
  il ciglio della strada, sul bordo della scarpata che si trova sul lato
  destro.        -
  Cazzo!       Jeff
  lancia un’occhiata dall’altra parte della carreggiata. Nessuno in arrivo, da
  quel lato il terreno oltre l’asfalto è in piano.        -
  Che c’è Jeff?       -
  È una trappola. Tenetevi bene.        Jeff
  accelera e poi con una manovra improvvisa sterza completamente a sinistra.
  L’auto attraversa la corsia opposta, sbandando, e finisce fuori strada,
  mentre Jeff completa l’inversione e la rimette in carreggiata, pigiando il
  piede sull’acceleratore.       Ha
  tirato fuori la pistola. In quel momento incrociano la macchina che li
  seguiva. Jeff vede le pistole puntate e spara per primo, abbassando poi la
  testa. Fraser fa altrettanto, ma Henry non è abbastanza rapido. Il parabrezza
  va in frantumi ed un proiettile gli si conficca in fronte.       Jeff
  rialza la testa, mentre l’auto sbanda di nuovo. L’altra vettura sta finendo
  fuori strada: o lui o Fraser hanno centrato l’autista. Ma dall’altra parte il
  terreno non è a livello della carreggiata e la macchina esce e precipita
  lungo la scarpata.       Jeff
  non può vedere che cosa succede, ma quelli non costituiscono più un pericolo.
  L’auto che era ferma in lontananza si è messa in moto, ma si ferma poco dopo.
  Devono aver giudicato inutile un inseguimento.        Jeff
  guarda Henry. È piegato in avanti, c’è un mare di sangue ed è evidente che è
  morto sul colpo.        -
  Dove vado?       -
  Prosegui in direzione di San Diego, poi ti do io le indicazioni.        Mentre
  parla, Fraser slaccia la cintura di Henry e dà una spinta al corpo, in modo
  che cada in avanti e sia meno visibile dall’esterno.       Jeff
  osserva:       -
  Meglio mettere il cadavere nel bagagliaio. Se incrociamo un agente…       -
  Sì, ma va’ ancora un po’ più avanti. Voglio essere sicuro che quei figli di
  puttana non ci seguano.      
  Fraser telefona. Comunica il loro arrivo ed annuncia la morte di
  Henry. Dice di occuparsi di Martin. Jeff non sa chi sia, ma dev’essere l’uomo che li ha traditi, probabilmente quello
  che aveva dato appuntamento a Fraser in una località isolata per organizzare
  l’agguato. In cima ad una salita, con una buona vista sulla strada alle loro
  spalle, si fermano e mettono il cadavere nel bagagliaio. Eliminano i
  frammenti del parabrezza, in modo che non sia troppo evidente che non ce
  l’hanno più.       Ripartono.
  Jeff rispetta rigorosamente i limiti. Ci mancherebbe solo che una pattuglia
  li fermasse per eccesso di velocità! Comunque non possono andare molto
  lontano in quelle condizioni, con un morto a bordo e senza parabrezza.        Fraser
  dà le indicazioni. Jeff esegue e memorizza il percorso, mentre continua a
  tenere d’occhio la strada. Ora fa un caldo fottuto nell’auto, l’aria
  condizionata ovviamente non serve più a un cazzo. In pieno deserto, a
  mezzogiorno, sotto il sole a picco e pure senza parabrezza. Diciamo che
  almeno l’aria circola, ma sembra di essere in un forno ventilato!        Raggiungono
  Moreno e poco dopo Fraser dice a Jeff di svoltare e lo guida fino ad una villa
  isolata.       Ci
  sono due auto ed un gruppo di uomini in attesa. Tra di loro c’è anche Freddie.       Mentre
  due uomini tirano fuori il cadavere di Henry, Freddie
  si rivolge a Jeff e gli dice:       -
  Ragazzo, non è che porti sfiga? Chi lavora con te finisce secco!       -
  Spiritoso! Il primo l’avete fatto fuori voi! ‘Sto tipo qua doveva fare un
  altro mestiere, che so, l’agente immobiliare. Per questo era un po’ troppo
  lento.       Freddie ghigna.       -
  Non so se ne trovo un altro che voglia lavorare con te. Sai com’è, non c’è il
  due senza il tre…       -
  Grazie al cazzo! Diciamo che magari mi dai qualcuno che non sia un traditore
  e che non giochi alle belle statuine, eh? Così ho anche il tempo di fare
  conoscenza. Questo lavoro non mi sembra il massimo per i rapporti sociali,
  c’è troppo ricambio di personale.            Fraser
  scoppia a ridere, poi si rivolge a Freddie:       -
  Mettilo con Leo. Quello è un altro in gamba. Fa’ che chiamarlo ora.       -
  Leo è dal Piccolo. Gli ha telefonato un’ora fa.       Fraser
  ha una smorfia di disprezzo. Poi sputa per terra.           
  - Chiamalo questa sera o domani mattina sul presto. Domani con Kurt
  vanno loro due.       -
  Va bene, capo.       -
  Trovagli un posto per dormire.        Poi
  Fraser si rivolge a Jeff:         
  - OK Jeff, sono contento che tu lavori con noi. Sei stato in gamba
  oggi, maledettamente in gamba.       -
  Grazie.       Jeff
  sa di aver fatto un buon passo avanti nella fiducia di Fraser e della banda.
  Ha memorizzato come arrivare alla casa in cui si trovano, che dev’essere utilizzata in modo regolare dalla banda. Una
  dritta in più che fornirà al suo capo appena possibile. Gli piacerebbe sapere
  qualche cosa di questo Piccolo che Freddie ha
  citato, ma sa che non può permettersi di fare domande. Se lavorerà con Leo,
  vedrà di ricavare qualche informazione da lui.         Uno
  degli uomini di Fraser lo accompagna a San Diego e lo sistema in un
  bell’albergo, con vista sulla baia. Questa volta è davvero un posto di lusso
  ed a Jeff non dispiace, anche se non è qui per turismo. Un bagno nella
  Jacuzzi contribuisce a rilassarlo completamente, dopo una giornata non
  propriamente tranquilla.             
  Più tardi l’agente scende a comprarsi le sigarette, un taccuino, una
  busta con il francobollo ed un giornale. Poi parla con il capo da un telefono
  pubblico e torna in camera.       In
  albergo disegna con cura il viso di tutti gli uomini della banda che ha visto
  in giornata e ne scrive i nomi. È un ottimo disegnatore: era una delle poche
  materie in cui andava davvero bene a scuola. C’era anche la matematica,
  perché capiva al volo, ma dove c’era da studiare, i risultati di Jeff erano
  sempre mediocri.       
  Infine Jeff scende e va a spedire la lettera. Se lo uccideranno, il
  materiale che ha spedito favorirà l’individuazione e la cattura di alcuni
  membri della banda.       Il
  mattino dopo, alle otto, suona il telefono: è Freddie,
  sta arrivando con Leo. Jeff deve scendere ad incontrarli nella hall.       Jeff
  non ha ancora fatto colazione: è rimasto sveglio fino a tardi a guardare un
  film e stava dormendo della grossa. Scende mugugnando contro questi orari
  mattinieri, per una volta che gli era toccata una sistemazione di lusso.       
  Jeff è appena sceso, quando Freddie entra
  con Leo. Jeff guarda il suo nuovo collega. È decisamente alto, sarà sul metro
  e 85, quindi nettamente più di Jeff, ed ha un fisico vigoroso. Dev’essere sui quaranta-quarantacinque
  ed ha la fronte molto alta (attaccatura dei capelli quasi alla sommità del
  cranio, per intenderci). Ha i capelli scuri, cortissimi, come pure la barba,
  ed occhi scuri.       
  A Jeff piace, un casino, anche se non è una bellezza apollinea. È
  esattamente il suo tipo. Con questo scoperebbe volentieri, sì, sì, sì!       
  Per fortuna anche Freddie e Leo non hanno
  ancora fatto colazione, per cui si trasferiscono tutti e tre nella sala da
  pranzo dell’albergo e si servono al buffet. Poi, mentre mangiano, Freddie dà le istruzioni (e sputacchia un po’ sui piatti:
  Jeff cerca di tenere il proprio a distanza di sicurezza).        -
  Tu e Leo lavorerete insieme. Il vostro primo compito è quello di scortare Kurt
  nel quartiere di Linda Vista. È un’area che fino a qualche mese fa era
  territorio dei Santos. Adesso è zona nostra. Non tutti l’hanno capito, perciò
  Kurt ha bisogno di una scorta. E voi dovete stare sempre sul chi vive. Ma
  nessuno dei due ha bisogno che glielo dica, siete svegli.        Jeff
  non chiede chi è Kurt, sa che non bisogna fare domande. Probabilmente è il
  fornitore di droga, che deve consegnare la merce agli spacciatori. E los Santos non hanno rinunciato ad un quartiere che era
  il loro.       Leo
  e Jeff escono, lasciando Freddie nella sala. Se ne
  andrà più tardi, per conto proprio.       
  L’auto è parcheggiata di fronte all’albergo. Leo sale alla guida e
  Jeff si sistema di fianco a lui. Attraversano mezza San Diego, da Coronado fin oltre l’università. Leo gli dà alcune
  istruzioni, poi gli chiede dell’avventura di ieri e della fuga con Fraser.
  Jeff racconta. Leo gli fa i complimenti.          
  Infine si fermano davanti ad un bar, a Morena. Aspettano pochi minuti.
            
  - Ecco Kurt!       
  Un uomo, appena sbucato da una via laterale, apre la portiera
  dell’auto e si siede sul sedile posteriore. È un cinese. Jeff non se
  l’aspettava, Kurt non è certo un nome cinese, ma non ha nessuna importanza,
  quello si chiama Kurt come Jeff si chiama Santa Klaus. Jeff si imprimerà in
  mente i tratti dell’uomo, come fa con tutti quelli che incontra, e, se avrà
  la possibilità di farlo, ne disegnerà il ritratto, perché la polizia possa
  ritrovarlo ed arrestarlo, anche se Jeff non dovesse più essere in grado di
  testimoniare.         Linda
  Vista non è molto lontano da Morena. Quando entrano nel quartiere, Leo si
  mette la  pistola sulle gambe e Jeff
  tiene in mano la sua. Tutto sembra molto tranquillo, non notano nessun
  movimento sospetto.        Si
  fermano quattro volte, senza mai scendere dall’auto. Ogni volta un uomo si
  avvicina e riceve da Kurt un pacchetto.       Completano
  il giro senza che ci siano stati problemi: los
  Santos non si sono fatti vivi.       Lasciano
  Kurt in Spruce Street, davanti ad un bar. Poi
  riportano l’auto in uno dei covi della banda. Questa notte dormiranno in un
  albergo non lontano di lì, per cui lo raggiungeranno a piedi.       Stanno
  camminando sul marciapiedi, entrambi vigili, anche se non dovrebbero esserci
  molti rischi: non sono più in territorio nemico.        Improvvisamente
  si sente una brusca frenata, un urlo di donna. Entrambi voltano la testa. Un
  bambino è sfuggito alla madre ed è corso in mezzo alla strada, un camion sta
  frenando, ma l’autista non riuscirà ad arrestare la sua corsa. La madre urla
  di nuovo. Jeff si sente gelare.       Poi
  tutto è rapido, maledettamente rapido. Leo è saltato in mezzo alla strada, a
  Jeff sembra che sia finito sotto le ruote del camion. Il mezzo prosegue la
  sua corsa ancora un buon momento, poi si ferma. La madre sta correndo verso
  la strada. Leo si rialza: ha trascinato con sé il bambino oltre le ruote,
  sono tutti e due illesi.        Il
  bambino piange, la madre lo abbraccia singhiozzando. La gente accorre. Leo fa
  segno a Jeff di allontanarsi e fa altrettanto. Qualcuno cerca di fermarlo,
  dice che è un eroe. Leo si schermisce, risponde che ha fretta.          
  Riescono a dileguarsi.       Jeff
  è rimasto senza parole. Dice, di slancio:        -
  Leo, sei stato formidabile!       Leo
  lo guarda, sembra un po’ stupito dall’affermazione di Jeff.       -
  Non ne parlare con nessuno. Non avrei dovuto espormi in questo modo, ma non
  potevo non farlo.       “Non potevo non farlo”. È una strana
  affermazione per un criminale, per uno che lavora per una banda di assassini.
  Ed il gesto è ancora più strano. È stato un gesto del tutto istintivo, Leo
  non ha avuto il tempo per ragionarci. Forse se ci avesse pensato, non
  l’avrebbe fatto: loro due non devono mettersi in mostra, magari qualcuno
  avrebbe potuto fotografare Leo con il cellulare, la sua foto sarebbe apparsa
  sui giornali, qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo per uno della banda. Ma
  Leo l’ha fatto, ha lasciato che la morte lo sfiorasse per strapparle un
  bambino.       Prima
  di entrare in albergo, Leo si compra due giornali ed un libro. Jeff guarda la
  copertina, ma non conosce l’autore.       -
  Leggi molto?       Non
  è comune tra la manovalanza della criminalità. Nelle sue esperienze
  precedenti i criminali di mezza tacca con cui è rimasto in contatto per un
  certo tempo di solito guardavano la televisione, ascoltavano musica e giravano
  su Internet. Ce n’era uno solo che leggeva sempre, ma solo        Leo
  alza le spalle.       -
  Non moltissimo, ma a stare sempre davanti alla TV mi rompo i coglioni.
  All’albergo di sicuro Internet non c’è ed allora che cazzo faccio tutto il
  giorno?        Jeff
  concorda, nella settimana a Barstow ha sperimentato
  la noia mortale di giornate intere passate a guardare la televisione. Lui
  un’idea di come passare il tempo con Leo l’avrebbe e sarebbe sicuro di non
  annoiarsi, ma non è saggio proporlo, per cui non se ne farà niente.         Danno
  i nomi concordati e raggiungono la loro stanza.       È
  una cameretta d’albergo come tante altre. Niente vista sulla baia: quello
  doveva essere un extra per l’impresa di ieri. Con gli Amici Jeff non vive
  certo nel lusso, anche se ha ancora in tasca un frego di soldi.       Leo
  si toglie le scarpe e la camicia e si mette a sedere sul letto. Jeff lo
  guarda: è muscoloso, con una peluria abbastanza densa sul petto, soprattutto
  nella parte alta. Ha una cicatrice sopra l’ombelico, si direbbe il segno di
  un proiettile. È davvero un bell’uomo.       Leo
  incomincia a leggere un giornale. Jeff gli ruba l’altro. E mentre i suoi
  occhi scorrono i titoli, pensa a Leo, che l’ha completamente spiazzato.
  Sembra davvero un tipo interessante. Ma di poche parole: da quando sono
  tornati, si è immerso nella lettura e non ha più detto niente.       Dopo
  due ore Jeff finge di cercare in tasca le sigarette.       -
  Merda!       -
  Che c’è?       -
  Hai una sigaretta? Ho finito le mie.       Leo
  scuote la testa.       -
  Mi spiace, non fumo.        Poi
  Leo sorride ed aggiunge:      
  - Fumare nuoce gravemente alla salute. Preferisco condurre una vita
  sana, senza correre rischi. Voglio vivere a lungo. Meglio cent’anni da pecora
  che un giorno da leoni.       Jeff
  scoppia a ridere. Sì, davvero conducono una vita senza rischi. Leo ha il
  senso dell’umorismo, una dote che Jeff ha sempre apprezzato negli uomini. È
  un gran bell’uomo, almeno secondo i criteri di Jeff, è generoso, ha il senso
  dell’umorismo. È un peccato che sia un delinquente.       -
  Scendo un momento a comprare le sigarette. E magari mi faccio due passi.       -
  Un uomo che ama il rischio! Scherzi a parte, Jeff, possono chiamarci in
  qualsiasi momento. Dammi il tuo numero e tieni il cellulare acceso, in modo
  che io ti possa raggiungere.       Jeff
  annuisce.       Scende,
  raggiunge un supermercato e si compra le sigarette. Poi telefona al capo dal
  solito telefono pubblico e fornisce indirizzi, nomi e descrizioni. Ritorna in
  albergo nemmeno mezz’ora dopo essere uscito.        Leo
  gli apre la porta e gli sorride. Ha un gran bel sorriso.              La
  telefonata arriva sul cellulare di Leo quando ormai è notte, parecchio dopo
  che hanno cenato.        -
  Sì?       Un
  momento di silenzio.       -
  Merda!       Mentre
  ascolta, Leo si mette a sedere sul letto. Annuisce.       -
  Scendiamo subito, capo.       Leo
  chiude il cellulare.       -
  Greg e Steve ci passano a prendere. Dobbiamo andare al deposito degli
  autobus. Qualcuno ha telefonato alla sorella di Greg per dire che c’è un
  regalo per noi laggiù. Nel pomeriggio sono scomparsi due dei ragazzi che
  hanno preso la roba di Kurt. Greg pensa che li abbiano ammazzati e lasciati
  là. Un avvertimento per gli altri: se vi rifornite dagli Amici, finite così.       Sono
  appena scesi in strada, quando arrivano Greg e Steve. Salgono in auto.       -
  State pronti, ragazzi. Potrebbe essere una trappola.       Jeff
  si dice che se è davvero così, ci finiranno dentro direttamente, ma Greg
  sembra avergli letto in testa, perché prosegue:       -
  Ci troviamo con gli altri al distributore, tre isolati prima del deposito. E
  poi lo circondiamo: se è un tranello, saranno loro a fare la parte dei topi
  in gabbia.       Al
  distributore si ritrovano in sedici. L’area è ai margini della città: ci sono
  magazzini, capannoni industriali e terreni incolti; nessuna abitazione nei
  dintorni. Il deposito è ben visibile
  un po’ più in là: è una grande costruzione bassa e squadrata. Nelle vicinanze
  non si vedono auto, non sembra esserci nessuno. Una delle quattro macchine fa
  il giro dell’isolato, ma non c’è niente di anomalo, nessun segno di vita. Non
  significa molto, dentro c’è spazio per le auto dei Santos, se sono davvero
  là.       Freddie dirige l’operazione e dà le istruzioni.
  Controllano gli ingressi, che sono quattro: uno per gli autobus; uno, che dà
  accesso al cortile, per le auto dei dipendenti; due pedonali.       Sei
  uomini rimangono fuori, a controllare le diverse entrate. Gli altri dieci,
  guidati da Freddie, entrano da uno degli ingressi
  pedonali.       Controllano
  prima gli uffici, che sono al primo piano: sono tutti vuoti. Poi il cortile,
  dove ci sono due auto, ma nessuno dentro. Infine accendono le luci nell’edificio,
  che sembra anch’esso deserto: ci sono diversi autobus, ma non si vede anima
  viva. In compenso ci sono due morti.        I
  cadaveri sono stati messi contro la parete di fondo. Li hanno appesi per i
  piedi ad una sbarra, come animali da macellare. Li hanno uccisi con un colpo
  alla testa, poi gli hanno aperto lo stomaco e ci hanno infilato la cocaina
  che i due avevano preso da Kurt. Un messaggio chiaro per gli altri
  spacciatori: los Santos non intendono cedere il
  controllo di Linda Vista.       Gli
  uomini controllano ancora, ma non c’è proprio nessuno.       Freddie manda via buona parte del gruppo: non vuole che
  qualcuno noti le auto parcheggiate fuori o gli uomini di sorveglianza alle
  porte. Rimangono solo in sei. Due controllano le porte pedonali dall’interno,
  mentre Freddie, Leo, Jeff e Steve si occupano dei
  cadaveri.        -
  Leo, Jeff, rimuovete i cadaveri. Li facciamo sparire.           Non
  è che serva a molto, certamente a Linda Vista tutti sanno già della scomparsa
  dei due ed a quest’ora hanno già capito che fine hanno fatto e perché.       Leo
  si toglie la camicia e Jeff fa altrettanto. Poi Leo si arrampica per recidere
  con il coltello le corde che legano i piedi dei due. Leo taglia e Jeff prende
  un corpo e lo stende a terra. Poi fanno lo stesso con il secondo.       Freddie dice a Steve di andare a prendere l’auto, per
  caricare i due cadaveri, ma Steve non fa in tempo ad uscire: la sua vita
  finisce in quel momento, con una pallottola che lo prende al cuore. Da dietro
  un autobus sono usciti alcuni uomini, probabilmente si erano nascosti tra i
  sedili. Vedendo che gli Amici erano in tanti, avevano preferito rimanere
  acquattati, ma ora che loro sono solo più quattro (ormai tre), hanno deciso
  di farsi vivi.        Freddie è a terra e spara. Jeff si lancia nel corridoio
  che si apre lì vicino, mentre le pallottole fischiano vicino alla sua testa.        Leo
  si è buttato a terra. Un uomo gli salta addosso, gli passa un braccio intorno
  al collo e lo forza ad alzarsi. Urla:       -
  Fallo secco, Matt!                Ma
  nel momento in cui Matt preme il grilletto, Leo si gira di scatto e l’uomo
  che gli stringe il collo si trova tra Leo e Matt. I colpi esplosi dal suo
  complice lo prendono in pieno. L’uomo emette un suono strozzato, poi crolla a
  terra. Leo si libera, prende la pistola, si volta e spara a Matt, colpendolo
  ad un braccio. 
       Freddie ne ha beccato un altro. Dalla porta del corridoio
  Jeff fa fuoco ed i due uomini che Freddie aveva
  lasciato di guardia agli ingressi rientrano di corsa. Un altro dei Santos
  viene ucciso e l’uomo che Leo ha ferito viene colpito alla schiena da Freddie, mentre cerca di scappare.        C’è
  un rumore di passi di corsa, gli ultimi stanno fuggendo. Freddie
  si rivolge a Jeff ed ai due uomini che sorvegliavano le uscite:       -
  Ammazzate quei bastardi!       I
  tre si slanciano all’inseguimento. Gli altri sono già saliti su una delle
  auto lasciate nel cortile e partono a tutta velocità. Jeff e gli altri due
  sparano, ma l’auto sta già scomparendo oltre il portone. Allora raggiungono Freddie e Leo nel deposito.       Ora
  ci sono sette cadaveri: i due spacciatori, Steve e quattro degli assalitori.        Freddie fa appendere i Santos alla parete di fondo. I
  corpi di Steve e dei due spacciatori vengono portati via.        Domani
  i quattro cadaveri saranno ritrovati, ma l’avvertimento sarà per i Santos,
  non per gli Amici.       Freddie è contento:       -
  Niente male: perdevamo        Poi
  scuote la testa:       -
  Che stronzi! Non ci arrivano proprio a capire che per loro è finita!              Sono
  passate le quattro quando Jeff e Leo arrivano all’albergo.       Salgono
  in camera. Leo chiude la porta e dice, con un tono chiaramente ironico:        -
  Una giornata tranquilla.       -
  In effetti…       -
  Ma me l’avevano detto, chi lavora con te non si annoia…       Leo
  sorride. Jeff invece si finge scazzato.       -
  Mica me le cerco io, le rogne.       -
  Tu non te le cerchi, ma loro ti trovano benissimo!       Jeff
  scoppia a ridere. In realtà lui le rogne se le cerca proprio, ma loro
  collaborano. Non deve faticare mai molto per trovarle.       Intanto
  Leo si sta togliendo la camicia.        -
  Una doccia, voglio fare una doccia. Sono sudato come un maialino. 
       Leo
  si siede sul letto e si sfila le scarpe, le calze ed i pantaloni. Jeff si
  toglie la camicia per non lasciare trapelare il suo disagio, ma si sente la
  gola secca.       -
  Maialino? Di’ pure come un grosso porco!       -
  Ehi, faccia da schiaffi, non sono così grosso!       -
  Più di me, di sicuro. Almeno dieci centimetri.       Leo
  è in piedi e si cala i boxer. La sua arma è in posizione di tiro.        -
  Dieci centimetri in più di cazzo? Non mi lamento del mio arnese, ma devi
  avere un moscerino tra le gambe.       Jeff
  ride, ma c’è uno sforzo nella sua risata. Non per la battuta, non c’è
  cattiveria nel sorriso di Leo, che disarmerebbe chiunque. Ma quel corpo nudo
  lo turba.       Jeff
  sa che deve replicare.       -
  Parlavo di statura, bestia!       Risposta
  penosa, ma a Jeff non è venuto in mente altro.       Leo
  sorride, scuote la testa e dice:       -
  Mi viene spesso duro dopo un’azione. Mi viene spesso duro, devo dire. Ti
  dovrai abituare. Spero che non sia un problema per te. Una volta ho lavorato
  con un mormone. Faceva il killer, ma per lui un cazzo duro era un abominio.
  Per lui si poteva ammazzare, non scopare.        Per
  Jeff l’arma in tiro di Leo non è certo un problema. O lo è? Sì, lo è, ma in
  una direzione opposta a quella del killer mormone. Sarà perché Jeff non fa il
  killer, ma quel vigoroso spadone che si drizza sul ventre di Leo gli fa
  venire l’acquolina in bocca.       -
  Non ti preoccupare. Capita anche a me.       -
  Anche adesso?       Anche
  adesso, ma non è per l’azione. È perché l’uccello di Leo ha esercitato un
  certo influsso e quello di Jeff ha deciso di imitarlo, anche se sa che non
  riuscirà ad arrivare proprio alla stessa altezza.       Jeff
  annuisce, ma non dice nulla. Si rende conto che sono sulla linea di confine o
  forse già oltre. Sa benissimo che non è molto prudente da parte sua, ma è Leo
  che si sta muovendo, con una tranquillità che lo disorienta. Forse perché Leo
  è da più tempo nella banda (da quando? Jeff non lo sa, comunque chiamano Leo
  se hanno qualche cosa da comunicare ad entrambi), ma sembra non avere
  problemi a farsi avanti.        Leo
  gli guarda il pacco e scoppia a ridere:          
  - Sì, potevo risparmiarmi la domanda.        Jeff
  cerca di metterla sul ridere, ben sapendo che il gonfiore dei suoi pantaloni
  è ormai inequivocabile.       -
  Ma no, che pensi? Questa è la situazione a riposo.        Leo
  fa un fischio divertito.       -
  Secondo me stai bluffando, ma adesso ti costringo a tirar giù le carte: vedo.       -
  Non avevo capito che stavamo giocando a poker.       -
  Strip-poker, direi, ma possiamo passare a
  rubamazzetto o a scopa… Però adesso voglio vedere
  le tue carte.       Leo
  sorride. Jeff annuisce, si sfila le scarpe ed abbassa i pantaloni. Leo
  fischietta la musica di “Nove settimane e mezzo”. A Jeff viene da ridere. Leo
  è molto intonato e l’accompagnamento è perfetto. Jeff cerca di ondeggiare un
  po’ con il culo, appoggia le mani sull’elastico degli slip e li cala con
  lentezza. Poi, quando sono a terra, li solleva con un piede e li lancia
  lontano.       -
  Non male, non male. Se ti vedevano, magari prendevano te al posto di quella
  tizia.      Diventavi famoso.        -
  Guarda che all’epoca avevo sì e no dieci anni…       Leo
  ha fatto un passo avanti.       -
  Che ne diresti di vedere se ci viene bene anche la scena successiva allo
  spogliarello?       “No,
  non mi interessa” non è una risposta credibile, visto che l’asta di Jeff è
  dritta come il pennone di una bandiera e dura come un blocco di cemento. E
  Jeff non vede proprio nessun motivo al mondo per non divertirsi un po’ con
  quest’uomo che gli piace un casino. Basta solo mettere i puntini sulle i.
  Ironizza:       -
  Vada, visto che dobbiamo lavorare insieme, non voglio scontentarti.         -
  Sei davvero buono.              Jeff
  annuisce, sorridendo.       -
  Lo so, lo so, me lo dicono tutti.        Poi
  prosegue, serio:          
  - Ma, scherzi a parte, solo con il preservativo. Ed un’altra cosa: non
  mi va di prendermelo in culo.       Leo
  sospira.       -
  Pazienza, lo sapevo che qualche magagna c’era. Fino a: “Solo con il
  preservativo”, era perfetto, concordo in pieno, la parte dopo è un vero
  peccato. Per fortuna io…       Leo
  sorride e conclude:       -
  … sono molto versatile.       Leo
  si è avvicinato. Ora mette le sue mani sulle guance di Jeff. Lo guarda e
  sussurra:       -
  Credo di non essere il primo a dirtelo, ma sei bellissimo.       Jeff
  se lo è già sentito dire, parecchie volte, e di solito non gli dispiace.
  Detto da uno che gli fa sangue, è ancora più piacevole.       Leo
  avvicina la faccia alla sua e lo bacia. Jeff se l’aspettava e non si
  stupisce, l’unica cosa che lo coglie un po’ di sorpresa è che quel bacio è
  molto piacevole. Di solito i baci sulla bocca non gli fanno un grande
  effetto, ma baciare Leo è un’altra cosa. E dire che lo conosce da meno di ventiquattr’ore.        Ora
  i loro due corpi aderiscono e quella carne calda che preme contro la sua è
  una sensazione esaltante, come è l’odore di sudore di Leo, che doveva farsi
  la doccia, ma a quanto pare non la farà. Non subito, almeno. Meglio così: a
  Jeff piace l’odore di sudore fresco del corpo di un maschio. Jeff poggia le due mani sul
  culo di Leo. Si chiede se lo infilzerà. Sì, è quello che ha voglia di fare e
  Leo ci starà, ha detto che è versatile. Leo però lo stringe forte tra le
  braccia, bloccandolo completamente. Gli sorride e lo bacia di nuovo sulla
  bocca. Poi stacca le braccia e, con un movimento rapido, gli infila una gamba
  tra le sue e lo spinge, facendogli perdere l’equilibrio. Ma Leo stesso lo sostiene
  e si lascia scivolare al suolo, per cui a terra finiscono tutti e due, Leo
  sotto, Jeff sopra.       Prima
  che Jeff faccia in tempo a dirgli una parola, Leo lo bacia di nuovo, mentre
  le mani gli accarezzano la testa e poi scendono, molto lentamente, lungo la
  schiena.       Quando
  le loro bocche si separano, Jeff mormora:       -
  Canaglia!       E
  poi bacia Leo. Gli piace, c’è poco da dire, gli piace.       Leo
  si solleva a sedere ed ora sono entrambi seduti, Leo con il culo a terra e la
  gambe appena divaricate, Jeff seduto sulle gambe di Leo, che lo stringe tra
  le braccia.       I
  loro coltelli sono puntati verso l’alto e si sfiorano. Leo solleva un po’
  Jeff, tenendolo ben stretto, poi lo fa scendere e Jeff si trova ad appoggiare
  il culo sull’arma di Leo. È una sensazione maledettamente piacevole. Per un
  attimo Jeff si chiede se Leo non voglia venire meno ai patti e cercare di
  piantargli l’arma in culo, ma si fida di Leo, di uno che conosce da meno di
  un giorno e di cui sa solo che è un criminale.        Leo
  lo bacia ancora. Jeff è un po’ disorientato dalle sensazione forti che quei
  baci gli fanno provare, da questi preliminari che fanno divampare il suo
  desiderio e lo portano al limite estremo. Ora che il suo attrezzo preme
  contro il ventre di Leo, sente che potrebbe venire da un momento all’altro.       Leo
  gli sta accarezzando il culo, glielo sta stringendo tra le mani, ora gli
  accarezza la schiena. Le mani di Jeff scorrono lungo la schiena di Leo. Poi
  Jeff le appoggia sul torace e spinge, con forza. Leo si distende a terra.
  Jeff è sopra di lui, gli morde un capezzolo, glielo succhia un po’, mentre le
  sue mani accarezzano e stringono.       Poi
  le gambe di Jeff scivolano ai lati del corpo di Leo e le sue mani lo voltano.
  Jeff si siede su quel bel culo in cui tra poco entrerà ed accarezza la
  schiena. Leo mugola, un mugolio di piacere. Le mani di Jeff si fanno più
  ardite: pizzicano il culo; passano sotto il corpo e cercano i capezzoli, che
  stringono tra le dita; scorrono sulla faccia di Leo, girata su un lato, e si
  lasciano mordicchiare dai denti. È piacevole stare così, ma c’è una tensione
  troppo forte ed è ora di passare alla tappa successiva.       -
  L’occorrente nel primo cassetto.       Già,
  a questo Jeff non aveva pensato. Scoprire adesso che nessuno dei due aveva un
  preservativo… ci sarebbe stato da mangiarsi le mani! Ma per fortuna Leo è
  attrezzato. Jeff lascia il bel culo su cui poggiava, a malincuore, ma con la
  sicurezza che tornerà tra poco, per fare conoscenza in modo più approfondito.       Nel
  cassetto c’è una confezione, intatta. Jeff la apre, prende una bustina e
  ritorna da Leo. A vederlo così, steso a terra, con le gambe allargate, a Jeff
  viene un’altra voglia. Si china e pianta un bel morso al culo di Leo, poi un
  altro ed un altro ancora. Leo sussulta al primo attacco proditorio, geme al
  secondo ed ancora al terzo, ma è evidente che si arrende completamente non
  cerca di sottrarsi a quella bocca vorace. E Jeff morde ancora: è un bel culo
  forte ed è un piacere affondarci i denti.       Poi
  Jeff lavora un po’ con la lingua. La passa sulla nuca di Leo e poi scende,
  fino a dove incomincia il solco tra le natiche. Poi inumidisce un po’
  l’apertura con le dita bagnate di saliva ed apre la bustina. Leo si volta di
  scatto, facendo scivolare Jeff a terra. Lo bacia a tradimento, gli prende la
  bustina, ne sfila il contenuto, bacia la cappella di Jeff, gliela prende in
  bocca, la risputa fuori, bacia di nuovo la bocca di Jeff, ci infila dentro la
  lingua, poi incomincia ad infilare il preservativo sull’uccello che tra poco
  si aprirà la strada dentro di lui.       Jeff
  lo ha lasciato fare, disorientato. Quando Leo lo ha fatto cadere a terra, ha
  ripetuto:       -
  Canaglia!       Ora
  Jeff è perfettamente attrezzato per l’incursione nel territorio nemico, ma
  Leo lo sta di nuovo baciando sulla bocca, infila la lingua tra le labbra di
  Jeff, gli accarezza il viso con le mani.        Poi
  Leo si ferma, si mette a sedere e lo guarda, sorridendo. Jeff si mette a
  sedere anche lui, spinge con forza Leo, forzandolo a stendersi (ma non
  incontra molta resistenza) e lo rigira sulla pancia. Gli apre un po’ le
  gambe, poggia le mani sul culo e fa pressione verso l’esterno, in modo da
  mettere in evidenza l’apertura che cerca. È un bel buco, circondato da una
  peluria non molto densa. È ancora un po’ umido, ma Jeff ripassa di nuovo con
  le dita bagnate e, prima che Leo si inventi qualche cosa di nuovo, avvicina
  la picca e la introduce. Leo mugola e chiude gli occhi. Jeff avanza ancora,
  introducendo lo spiedo fino in fondo. Leo mugola di nuovo. È piacevole
  lavorare con qualcuno che dimostra la sua partecipazione. Jeff si stende su
  Leo, gli passa la lingua nell’orecchio, gli pizzica di nuovo il culo.        Poi
  Jeff dà inizio alla grande cavalcata. Il destriero collabora e Jeff va per un
  po’ al passo, poi al trotto. Un movimento costante, ben ritmato, che gli
  trasmette sensazioni molto forti, tanto che per due volte deve fermarsi: non
  vuole venire troppo presto. E poi il trotto diventa un galoppo, Jeff spinge a
  fondo, con tutta la sua energia, mentre i gemiti di Leo sembrano
  incoraggiarlo.        La
  cavalcata selvaggia dura a lungo, fino a che Jeff sente la deflagrazione del
  piacere ed ha l’impressione che il cavallo lo scagli lontano. Le sue mani
  stringono con forza il culo di Leo, mentre le ultime spinte si spengono.        È
  stata una grande cavalcata, davvero. È Leo è un’ottima cavalcatura.       -
  Grande, Jeff!       Jeff
  è contento dell’apprezzamento.       Leo
  si solleva di colpo, prendendo di nuovo Jeff di sorpresa e facendolo
  scivolare a terra. Leo si mette su di lui, impedendogli di rialzarsi. Jeff è
  steso sulla schiena, Leo è seduto sulla sua pancia, l’uccello di Jeff è
  schiacciato sotto quel bel culo che ha appena visitato, con reciproca
  soddisfazione.       L’arma
  di Leo è tesa e, rimanendo seduto su Jeff, Leo incomincia ad accarezzarsela,
  mentre non smette di guardare l’uomo che lo ha appena cavalcato.       Leo
  ha davvero un bel cazzo, ma questo Jeff lo aveva già visto. Jeff pensa che
  vorrebbe succhiarglielo, ma è bloccato dal peso del corpo di Leo. Allora
  allunga la mano e prende la salsiccia di carne. Leo lo lascia fare, le sue
  mani mollano la presa e prendono ad accarezzare il corpo di Jeff, a
  torturargli i capezzoli.       Jeff
  si dà da fare con la destra e guarda alternativamente la faccia sorridente di
  Leo ed il suo spiedo, ormai rigido come un paracarro. Jeff si bagna con la
  saliva il palmo della mano sinistra ed accarezza la cappella, facendo gemere
  Leo, due volte.        Leo
  chiude gli occhi ed un gorgoglio gli esce dalla bocca, mentre il seme sgorga
  abbondante, sale in alto e ricade sul torace di Jeff. È Leo stesso a fermare
  la mano di Jeff, quando il contatto diviene intollerabile.       Leo
  chiude gli occhi, li riapre, sorride a Jeff (che bel sorriso), si china su di
  lui e lo bacia ancora (a Jeff sembra di non essere mai stato baciato tanto, a
  parte quand’era bambino: c’era sua zia Charlotte, che Jeff detestava per i
  suoi baci appiccicosi; ma questi sono un’altra cosa), poi dice:       -
  Adesso però ci mettiamo a nanna. È quasi l’alba. La doccia me la faccio
  domani.       In
  effetti il cielo incomincia a schiarirsi in direzione delle montagne.       Si
  sciacquano rapidamente e si stendono ognuno sul suo letto. Leo sprofonda
  subito nel sonno e Jeff ne avverte il respiro divenuto più pesante. Jeff
  rimane un momento sveglio, a guardarlo. È strano, è tutto molto strano.
  Strano che Leo non abbia nascosto in nessun modo il fatto di essere gay, ma
  lo abbia rivelato subito. Strano che abbia rischiato la pelle per salvare un
  bambino. Strano che i suoi baci risveglino in Jeff una sensazione così
  piacevole. Jeff si dice che domani, no, oggi, più tardi, cercherà di mettere
  un po’ ordine nelle sue idee.          
  E si addormenta.  | 
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