Piscio

 

In alcuni racconti il piscio è un elemento del gioco erotico, in altri uno strumento di umiliazione.

 

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A un tratto ho bisogno di pisciare e mi fermo. Mi sbottono i pantaloni, ma la mano di Loup sposta la mia. È lui a tirare fuori l’uccello. Sento una carezza umida avvolgermi la bocca. Piscio, ma non una goccia scende sulle foglie secche. Loup sta bevendo.

E dopo che ha bevuto, mi spinge contro un albero e mi bacia. Quando la sua lingua si apre la strada tra i miei denti, sento il sapore del mio piscio.

 

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Nel gorgo

 

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- Adesso entriamo e ti potrai asciugare, ma prima devo pisciare.

Brian si mette contro un albero e tira fuori l’uccello. Douglas lo raggiunge.

- Buona idea, Brian. Ne ho bisogno anch’io.

Brian ha incominciato a pisciare. Lancia un’occhiata a Douglas e osserva che Douglas ha un magnifico uccello. Alza gli occhi e incontra il sorriso di Douglas. Beffardo? Forse.

 

 

 

Mi avvicino e quando sono davanti a lui, mi prendo il cazzo in mano e incomincio a pisciargli sulla testa. Guardo il piscio che gli scorre sui capelli, gli cola in faccia e sulla nuca.

 

Un porcorso fuori percorso

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Ora posso finalmente pisciare. Gli afferro i capelli con la destra e glieli stringo. Gli faccio male. Non è necessario, non c’è resistenza da parte sua, ma questo non mi basta. Ho voglia di fargli male. Il getto erompe violento e sento la pressione nella vescica allentarsi. È bello pisciargli in bocca. Beve, beve a lungo, ma poi non ce la fa più, tossisce, diventa rosso in viso, tossisce, il piscio gli cola sul mento, sul petto. Io gli lascio un attimo di respiro, estraendo il cazzo e pisciandogli in faccia, poi lo rimetto al suo posto e finisco di svuotare il serbatoio.

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La fine del comandante Caber

 

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Tancrède sta guardando il cazzo di Ferdinando. Pensa che è davvero magnifico. Ci sono alcuni pensieri disturbanti nella sua testa, ma Tancrède li ricaccia indietro: sa di non essere sufficientemente lucido. Guarda Ferdinando, quel corpo possente che lo ha posseduto. Guarda il cazzo, che lentamente ritorna in posizione di riposo. Ha voglia di pisciare. Pensa che anche Ferdinando deve averne voglia. Ride.

- Pisciami addosso.

Ferdinando lo guarda. Esita. Tancrède ride dell’imbarazzo di Ferdinando.

- È un ordine. Pisciami addosso.

Ferdinando esegue. Il getto inonda il torace di Tancrède.

- In faccia, ora.

Ferdinando si prende il cazzo con le mani e dirige il getto verso il viso di Tancrède, che chiude la bocca e gli occhi. Quando Ferdinando ha finito, Tancrède dice:

- Ora vai. Che nessuno entri.

Ferdinando si riveste, si inchina ed esce.

Tancrède rimane disteso sul pavimento. Ha bisogno di pisciare. Lascia che il getto scorra sul pavimento, allargando la pozza che il piscio di Ferdinando ha creato. Intanto si lecca le labbra, per sentire il gusto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so quando lo rivedrò. Non so come farò senza di lui. Mi passo la mano tra i capelli, ancora bagnati del suo piscio. Avvicino la mano al naso. Inspiro. Avverto che il cazzo mi si irrigidisce mentre sento l’odore intenso del suo piscio.

 

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Quando il quarto uomo lo sta inculando, un getto umido prende in pieno il cappuccio che copre il capo di Josquin. L’odore non lascia dubbi: gli stanno pisciando sulla testa. Altri seguono l’esempio del primo. Il cappuccio è intriso di piscio e Josquin respira a fatica.

Quando hanno finito, lo lasciano legato, con il cappuccio grondante di piscio, e se ne vanno, chiudendo la porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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