Il sergente

 

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Mi stendo sulla branda. Non dovrei rimanere qui, se arriva il sergente sono fottuto. Quel figlio di puttana non sopporta che ci prendiamo un momento di pausa, secondo lui dovremmo essere sempre attivi: se non siamo di sentinella, dovremmo metterci a pulire le armi, lucidare gli stivali, spazzare la camerata. Che rottura di coglioni!

E ce l’ha con me in modo particolare, non perde mai un’occasione per rimproverarmi o per punirmi. Perché deve essere così stronzo? Perché è un sergente, probabilmente. Se non sei stronzo non diventi sergente.

Uno di questi giorni l’ammazzo. Durante un’azione gli sparo alla schiena e poi dico che siamo caduti in un’imboscata, che gli indiani lo hanno fatto fuori. Mi piace pensare di sparargli alla schiena. Me lo fa venire duro. Forse perché, se non fosse quel figlio di puttana che è, non sarebbe male. Fisicamente mi piace un casino: un corpo forte e muscoloso, peloso come piace a me, quel viso da duro. Ma di certo non glielo andrò a dire: non ho nessuna intenzione di farmi condannare per sodomia e trovarmi con un nodo al collo. Anche se a volte, quando penso al cappio, mi viene duro. Come mi sta succedendo adesso, ma è normale, sono due mesi che non scopo, da quando Andrew è stato ammazzato in quello scontro. Non so chi cercare, è troppo pericoloso. Così finisce che sono perennemente infoiato. Non mi rimane che andare al cesso e, se non c’è nessuno, cercare di farmi una sega prima che arrivi qualcun altro. Non ce la faccio ad aspettare fino a notte.

Merda! Il sergente! Merda!

Scatto in piedi, sull’attenti, ma è troppo tardi. Mi sa che mi becco quindici giorni di punizione, di più non può darmene, dovrebbe far convocare il tribunale militare, ma non può farlo per così poco. Merda!

- Sempre in ozio, Jameson!

- Mi scusi, signor sergente. Desidera che faccia qualche cosa?

Ghigna e gli leggo negli occhi lo scherno.

- Non desidero, Jameson, non desidero. Ordino. Capisci la differenza? Seguimi.

Si volta, senza dire altro. Lo seguo. Che altro potrei fare? Disobbedirgli sarebbe una cazzata. Guardo le sue spalle possenti, il culo stretto nella divisa. Mi piacerebbe spaccargli quel bel culo.

 

Jameson è un lavativo, un pessimo esempio per tutti i soldati. Sempre a oziare. E dire che non è una mezza sega: è forte come un toro, l’ho visto quando lui e Carmichael hanno spostato quel cannone. E non è neppure un vigliacco. Ma è un lavativo nato, passerebbe le sue giornate a non fare un cazzo, steso sulla branda. Adesso lo sistemo io. In primo luogo voglio divertirmi a vederlo lavorare un po’. E se non ci mette olio di gomito, garantisco che gli faccio venire la voglia.

Dalla camerata passo nel corridoio e poi in cortile. Non controllo che mi segua: so benissimo che non è tanto stupido da non obbedire. Prendo la porta delle prigioni e scendo nei sotterranei. Raggiungo l’ultima cella, quella dove due giorni fa abbiamo ucciso il prigioniero. C’è il solito tanfo. Il pavimento è sporco, macchie di sangue dappertutto.

Ho già fatto preparare l’occorrente: secchio, acqua, stracci e scopa sono nell’angolo. Cercavo qualcuno che facesse il lavoro e chi meglio di Jameson? Così imparerà a poltrire sulla brandina, invece di darsi da fare. I muscoli non gli mancano, che si dia da fare, ‘sto coglione.

- Bene, Jameson. La cella è da pulire. Al lavoro.

Guarda la cella, il pavimento lercio.

- Signorsì!

Prende la scopa ed incomincia a passarla, con scarsi risultati.

- Devi metterti in ginocchio e fregare con gli stracci, Jameson.

- Sì, signor sergente, ma il pavimento è sporco, non vorrei macchiare la divisa…

Come se la divisa di Jameson fosse un esempio di pulizia. Di rado ho visto un soldato più trascurato.

- Mettiti in mutande, allora, Jameson. Muoviti.

 

Sono perplesso, ma so di non potermi permettere esitazioni. Mi tolgo la camicia e i pantaloni e li appoggio sul tavolaccio. Rimango in mutande. Mi inginocchio e incomincio a lavorare: bagno gli stracci nell’acqua e li passo sul pavimento. Frego bene, ma non è facile far andare via le macchie. Meno male che la cella non è molto grande: è lunga, ma stretta. So che il sergente mi sta osservando e il pensiero mi innervosisce. Quell’uomo mi fa paura. E mi piace, un casino. Se penso che siamo soli io e lui in questa cella, che potremmo stenderci sul tavolaccio e… Basta! Mi sta venendo duro e con le mutande non è facile nasconderlo. Devo cercare di pensare ad altro.

Il calcio al culo arriva imprevisto e mi manda a terra. Poco ci manca che non rovesci il secchio. Finisco con la faccia in una macchia. Che stronzo!

- Lavora, Jameson, datti un po’ da fare. Non sei qui per stare con il culo in aria.

- Sì, signor sergente.

Mi rimetto in ginocchio e riprendo a lavorare con più energia. Cerco di pensare ad altro. In questa cella sono stato rinchiuso anch’io, una delle ultime volte ero con Andrew e ci siamo stati cinque giorni. Abbiamo passato il nostro tempo a scopare. Di nuovo! Questo pomeriggio i miei pensieri sembrano andare in un’unica direzione. E non è il momento adatto, né la compagnia giusta. Eppure… penso a quella volta che lui mi ha inculato in piedi, contro la porta. Mi ha fatto un male bestiale, ma è stata una delle migliori scopate della mia vita. E poi…

Non mi rendo conto di essermi quasi fermato, fino a che non sento che mi afferra le mutande. Le sta tagliando con il coltello. Poi con un calcio mi manda a terra. Mi sollevo e lo guardo. Mi sovrasta, il coltello stretto nella mano. Ho paura, ma il cazzo si irrigidisce sempre di più. Ormai è un pezzo di roccia. Ovviamente il sergente lo vede, non può non vederlo. Ride. Lo guardo in faccia. Mi sovrasta ed è davvero inquietante.

 

Questo maiale ce l’ha duro. Non è capace di lavorare, pensa solo a scopare. Magari gli tira perché pensa a qualche fica, ma qui di certo non ne trova. Gli premo lo stivale sul cazzo e sui coglioni. Sussulta. Anche il mio cazzo sta diventando duro.

- Non sei neanche capace a pulire un pavimento, Jameson.

Tolgo il piede.

- Forse dovrei chiederti di farmi un pompino, quello magari lo sai fare.

Non so perché gli ho detto questo, ma la sua risposta è immediata:

- Certo, signore!

Si solleva e si mette in ginocchio davanti a me. Poi mi sbottona i pantaloni e li abbassa fino alle caviglie. Tira giù anche le mutande e mi afferra il cazzo.

Rimango senza fiato. Non mi aspettavo che lo facesse, era una provocazione. Ma non lo fermo. Lo farà davvero?

Avvicina la lingua e incomincia a leccare, mentre le sue dita mi stuzzicano i coglioni. Chiudo gli occhi, per un momento ho la sensazione che la testa mi giri. È troppo forte, è troppo bello. Ci sa fare, cazzo, se ci sa fare, questo finocchio. È bellissimo sentire la sua lingua scivolare lungo il cazzo, dai coglioni fino alla cappella e poi ridiscendere. E le sue mani, le sue mani sanno essere delicate e forti. È bello sentirle intorno ai coglioni.

Non è un soldato, anche se in battaglia non si tira indietro. È un finocchio e qui non c’è posto per i finocchi. Ma di questo mi occuperò dopo. Adesso voglio godermi questa lingua che mi accarezza il cazzo. Ha mollato i coglioni, le sue dita mi stringono il culo. È piacevole, maledettamente piacevole. Strizza un po’, accarezza, pizzica. Cazzo!

Si lecca un dito e lo fa scivolare sul solco. Che cazzo fa? E di colpo mi inghiotte il cazzo, lo prende tutto in bocca, lo bagna di saliva ed è splendido! Cazzo, che goduria! Preme sul culo e… Mi ha infilato un dito in culo! Ma che cazzo pensa? Che io sia un finocchio come lui? Vorrei dirgli di toglierlo, ma non voglio che smetta di succhiare e leccare. È troppo bello. Poi faremo i conti, quando questo finocchio avrà finito.

 

Che meraviglia. Ha un cazzo splendido, sembra un grosso bastone nodoso. E ha un buco del culo stretto: si direbbe che non se lo sia mai preso in culo. Muovo un po’ il dito, mentre con la bocca ci do dentro a succhiare. Lo sento gemere. Gli piace, questo è sicuro. Questo cazzo è un incanto, non riesco a tenerlo tutto in bocca, è troppo grosso ed è rigido come la canna di un fucile. Ogni tanto gli lancio un’occhiata. È in estasi, anche se si controlla. Ogni tanto muovo il dito, stuzzicando. Cazzo, se mi piacerebbe incularlo. È una follia, sto rischiando, ma è evidente che gli piace, è ben contento di farselo succhiare. E non ha detto niente per il dito.

Sta per venire ed io potrò gustare il suo sborro. Ecco, sento che si tende. Grugnisce e il getto mi riempie la bocca: ne ha una quantità enorme, dev’essere un bel po’ che non scopa anche lui. Mi gusto questa bevanda prelibata, fino all’ultima goccia. Gli succhio ancora bene la cappella, per essere sicuro che non ci sia più nulla da spremere. Gli lecco ancora un po’ il cazzo, senza togliere il dito dal culo. Ho il cazzo duro come una lama e il desiderio mi acceca.

Lo guardo in faccia. Ha ancora lo sguardo feroce che mi incute timore e che mi piace, ma posso leggergli negli occhi che ha goduto immensamente. Allora faccio lentamente scivolare il mio dito fuori dal suo culo e gli dico:

- Che ne direbbe di metterci qualche cosa di più grosso, sergente?

È un errore, un errore colossale. Lo capisco immediatamente, dall’espressione confusa sul suo viso, che in un attimo si trasforma in una maschera di rabbia. Il ceffone mi prende in pieno e mi sbilancia. Finisco a terra. Quando mi porto due dita alla guancia, sento che un po’ di sangue cola dal labbro. Mi rialzo e un nuovo ceffone mi prende in pieno. Mi afferra i capelli e grida:

- Che cosa pensi che sia, un finocchio come te?

Mi molla ed io arretro, rimanendo in ginocchio. Metto le mani dietro la schiena, chino il capo. Voglio che capisca che mi sottometto completamente. Spero che questo calmi la sua rabbia. Gli dico:

- Mi spiace, signor sergente. Pensavo… Mi scusi, signor sergente.

Sono nella merda fino al collo, eppure il cazzo è duro da scoppiare. Guardo le sue gambe pelose e quel magnifico palo che ho appena gustato e che lentamente ritorna a riposo. Guardo le sue mani robuste. Questo figlio di puttana mi piace da impazzire e la situazione mi eccita. La paura mi fa questo effetto. Anche quando combattiamo mi capita, spesso, soprattutto nei momenti peggiori.

 

Ha ceduto subito. È ritornato al suo posto, sottomettendosi. E allora perché mi sento insoddisfatto, come se mi avesse deluso? Mi scoccia che non abbia insistito? È questo? Che cazzo ho in testa?

Sono furibondo, ce l’ho con lui e con me. Vorrei ammazzare questo porco fottuto, che se ne sta lì, in ginocchio, con il cazzo duro come una roccia. Guardo quel cazzo e mi chiedo che effetto fa prenderselo in culo, come questo finocchio voleva fare. Ma si è cagato sotto e si è tirato indietro. Lo vorrei ammazzare, scannare come un porco. Umiliarlo. Sì, umiliarlo.

Mi avvicino e quando sono davanti a lui, mi prendo il cazzo in mano e incomincio a pisciargli sulla testa. Guardo il piscio che gli scorre sui capelli, gli cola in faccia e sulla nuca. Ho finito. È stata una bella soddisfazione.

Jameson sputa davanti ai miei piedi e, prima che io riesca a reagire, mi salta addosso. Mi prende del tutto impreparato: non mi aspettavo che reagisse, un soldato non può certo mettere le mani addosso a un sergente, è la corte marziale. Ho i pantaloni calati, alle caviglie, e non posso muovere le gambe liberamente. Mi fa facilmente cadere a pancia in giù sul tavolaccio. Cerco di difendermi, ma mi sta succedendo qualche cosa di strano. So che, anche con le gambe bloccate, potrei avere la meglio su di lui: è forte, ma io lo sono più di lui, potrei schiacciarlo come uno scarafaggio. Ma il mio corpo sembra non voler obbedire alla mia testa: è intorpidito, scoordinato. Di colpo mi sento esausto, privo di forze. Non riesco a difendermi. Nella mia testa c’è un gran vuoto, ma so che cosa mi aspetta.

Me lo infila in culo con un movimento brusco. Mi fa male, un male cane. Urlo e lo sento ridere. Dovrei scuotermi, sbatterlo a terra, ma rimango immobile, disteso su questo tavolaccio, e lascio che mi inculi. Mi dico che non è possibile, che non posso tollerarlo, che devo reagire, ma stringo i pugni e non mi muovo. Lui ha spinto fino in fondo e mi è sembrato che fosse un coltello. Poi però si tira indietro e il dolore si attenua, quasi svanisce.

Ora riprende a spingere, ma non è più così doloroso. No, non è doloroso. Solo un po’. Ma c’è altro, c’è altro. Mi rendo conto che il cazzo mi sta diventando di nuovo duro. Jameson mi fotte in culo e mi diventa duro. Sentire il suo cazzo in culo è una sensazione forte, ogni volta che si ritira, tiro un sospiro di sollievo, ma quando avanza sfondandomi il culo quello che provo è altro. Faccio fatica ad ammetterlo, ma è piacere, sì, puro piacere. Un piacere feroce e fortissimo, forse ancora più di prima, di quando me l’ha succhiato. Mi rendo conto che lo voglio, voglio questo cazzo nel mio culo, voglio che mi fotta. Sì, sì, così. Mi rendo conto di aver parlato ad alta voce, di averlo invitato a darci dentro. Non sono un uomo, sono un finocchio. Ma il piacere è più forte, è l’unica cosa che conta. Gemo, di piacere, piacere puro. Che vergogna! Ma ormai sono oltre la vergogna.

 

Gli piace, cazzo, gli piace! Lo sento gemere, prima mi ha incitato. Gli piace farsi spaccare il culo. Ed io sono ben felice di spaccarglielo. Tutta la tensione di quest’ultima ora mi dà una carica fortissima e dietro ci sono i mesi di angherie che questo tanghero mi ha fatto sopportare. Gli sto spaccando il culo! Che bello! E com’è bello il suo culo, robusto e sodo. Affondo le mani nella carne, tra i peli che gli ricoprono le natiche. Un bel culo vergine, che ora non lo è più, ma si sta prendendo quello che merita, quello che deve aver sempre desiderato, un bel cazzo duro che gli arriva fino in fondo. È una scopata splendida. Lo sento tendersi sotto di me ed io mi avvicino alla conclusione. Il piacere deborda e gli riempio il culo di sborro. Mi affloscio esausto su di lui. Lo sento vulnerabile e di colpo mi sento sopraffare da qualche cosa di nuovo, una specie di tenerezza, per quest’uomo forte e rude che ho appena inculato, che ha ancora il mio cazzo in culo. Gli passo una mano sotto il culo e gli afferro il cazzo. È gonfio e pieno di sangue, anche se non del tutto rigido. Incomincio ad accarezzarlo e lo sento crescere e irrigidirsi. Geme, due volte.

- Sì, sì!

Quasi urla. E il suo corpo si tende ancora, sento il cazzo vibrare e mi riempie la mano di sborro. Lo accompagno fino alla fine, poi ritiro la mano e lecco il suo sborro.

Mi ritiro e mi metto a sedere sul tavolaccio.

E di colpo mi rendo conto di quello che ho fatto. Ho fottuto il sergente. Ho di nuovo paura. Vorrei uscire, ma sono nudo e poi non posso certo sperare di scappargli. Mi alzo ed arretro verso il muro. Il fiato mi manca. Mi ucciderà? Non ho vie di scampo.

 

Non sento più il peso del suo corpo sul mio. E mi spiace. Sono ancora un uomo? Che cosa sono? Un finocchio, nient’altro. Mi ha fottuto, me l’ha messo in culo e mi è piaciuto. Il piacere è stato violentissimo. E quando ha tolto il cazzo, è stato quasi doloroso. E la sua mano, la sua mano! La sua mano sul mio cazzo! Questo bastardo mi ha fatto godere come non avevo mai goduto. Non è possibile, non è possibile. Sono un finocchio, come lui.

Lentamente mi riprendo. Devo ucciderlo. Devo ucciderlo qui, ora, prima che parli, prima che racconti. Alzo la testa e lo guardo. È in piedi, vicino al muro. È chiaramente spaventato.

La sua paura mi restituisce le forze. Mi alzo di scatto. Cerco il coltello con lo sguardo. Se lo scanno, ci sarà un sacco di sangue. Allora finisco di spogliarmi, mentre lo guardo. Siamo nudi tutti e due, il macellaio ed il porco che sta per essere scannato. Prendo il coltello. Ha capito. C’è terrore nel suo sguardo, terrore puro. Mi avvicino, stringendo il coltello nella mano.

Mormora:

- No, signore, no, la prego.

Io avanzo sorridendo, il coltello stretto nella destra.

- La prego, mi dispiace. Non volevo. Ma non sono riuscito a controllarmi, lei mi eccita troppo. La prego.

Indietreggia, ma si trova subito il muro dietro la schiena.

Il suo terrore mi rende tutta la mia rabbia. Rido e sento che la mia risata riecheggia nella cella.

- Stai per crepare, Jameson. Ma prima che crepi, ti taglierò il cazzo ed i coglioni.

E guardo il suo cazzo. È duro, perfettamente teso.

Di colpo ho la gola secca e non riesco a respirare. Deglutisco. Il cuore mi batte forte. Che cazzo mi succede?

Lo guardo in faccia. È spaventato, vorrebbe scappare, ma non c’è nessuna via di fuga. Sorrido e tendo il braccio con il coltello, che ora è a una spanna dal suo ventre. E di nuovo il mio sguardo scivola in basso, verso quel cazzo grosso e teso.

Mi avvicino e lo afferro. Dovrei tagliarglielo, ora. Ma è così caldo, così rigido. Sono di nuovo senza forze, faccio fatica a stare in piedi. Mi ha succhiato il cazzo, prima. Gli è piaciuto. Che cosa si prova a succhiare un cazzo? Che cosa mi sto chiedendo? Ma lui morirà tra poco, tra pochissimo. Non lo racconterà a nessuno. Che cazzo sto pensando? Non posso, Non devo. Sono un uomo, un maschio. Sono…

Sono in ginocchio davanti a lui e guardo il suo cazzo, all’altezza della mia bocca.

 

Per un attimo non capisco. Ma il suo sguardo è chiarissimo. Vuole il mio cazzo. Lentamente muovo il braccio. Ho ancora paura di una reazione violenta. Gli poso una mano sulla testa ed esercito una leggera pressione per avvicinarla a quello che lui desidera. Non c’è nessuna resistenza da parte sua: lascia che gli guidi la testa fino al mio cazzo e apre la bocca. Un po’ incerto sporge la lingua e lecca, mentre il cazzo mi diventa ancora più duro. Gli piace, gli piace un casino, glielo leggo in faccia. E poi mi dà del finocchio. È inesperto, ma volenteroso. Lecca e succhia, inghiotte e sputa fuori, tutto contento di questo bel boccone di carne. Ed io sento che il piacere sale. Premo un po’ sulla sua testa, in modo che inghiotta quasi tutto il cazzo: voglio sentire la sua bocca. Le sue mani si muovono incerte, si appoggiano sulle mie cosce. Ne guido una ad accarezzarmi i coglioni. Vedo che fa fatica a respirare e allento la presa. Mi sfugge un:

- Sì!

Il cazzo gli è diventato di nuovo duro ed è bellissimo vederlo in ginocchio davanti a me che me lo succhia. Il desiderio monta, impetuoso, e non riesco a trattenerlo oltre. Gemo e gli vengo in bocca. Per un momento rimane interdetto, ma poi inghiotte tutto e mi pulisce per bene. È stato perfetto.

E ora? Che intende fare? Si infurierà per avermelo succhiato e mi sbudellerà? O accetterà finalmente la verità? Mi accorgo che la mia mano gli sta accarezzando la testa e mi dico che forse è una follia, che sto stuzzicando la bestia che in questo momento dorme in lui.

Ma non si sottrae alle mie carezze ed io continuo, uso tutte e due le mani, una scende sulle sue spalle. Faccio molto piano.

Lui alza la testa, mi guarda e sorride. Prende il coltello, che aveva lasciato cadere, e per un attimo sento le viscere che mi si contraggono. Si alza e va a posare il coltello sul tavolaccio. Poi prende i pantaloni, ne tira fuori la chiave della cella e chiude la porta a chiave. Non so che cosa significa. Vuole sbudellarmi senza che nessuno possa intervenire? O è soltanto una precauzione alquanto tardiva?

Si volta e mi sorride. E non è un sorriso cattivo.

- Sediamoci sul tavolaccio, Jameson.

Si mette a sedere. Posa il coltello e mi guarda. Ora il suo sorriso è ironico. Mi faccio forza e mi vado a mettere al suo fianco.

 

Jameson non è tranquillo. Non posso dargli torto, pochi minuti fa stavo per macellarlo. Ma non ho più intenzione di farlo. Direi che mi sono chiarito le idee. Di solito uno non si chiarisce le idee succhiando un cazzo, ma per me è stato così. Non è facile accettare la realtà, ma sono un militare: non vivo nei sogni, la verità è questa. E, se devo dire, guardando il corpo di Jameson, il suo bel cazzo e il suo culo, altrettanto bello, devo dire che la verità non mi spiace per niente.

- Non hai niente da temere, Jameson. Non intendo macellarti. Al massimo potrei mettertelo in culo. 

Sì, non mi spiacerebbe.

- Sarebbe un piacere, signor sergente.

Scuoto la testa: come fa ad ammetterlo così tranquillamente? Ma ha ragione, anche per me è stato un piacere, e allora perché nascondermi dietro ad un dito? Lo fisso, poi chino lo sguardo sul mio cazzo che è ancora duro e mi dico che in fondo si può fare una terza volta.

- Dai, stenditi, Jameson, che ti rendo il favore.

Si mette sul tavolaccio, a pancia in giù, e allarga le gambe. Gli guardo il culo. Cazzo! Non credo di aver mai visto niente di più bello. Ci affondo le mani, stringo con forza, poi accarezzo. Abbasso la testa e lo mordo, con decisione. Non so neanch’io che cosa sto facendo, ma è bellissimo affondare i denti in questa carne soda. Mordo più volte, lasciandogli tanti segni rossi. Lui mugola di piacere e si agita leggermente. È una vera troia. Ed io che cosa sono? Lo stesso e va bene così, sì, va bene così.

Con le mani gioco un po’ con le sue chiappe, le stringo, le allargo, le pizzico. E mentre premo vedo il buco del suo culo. È come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. Avvicino la bocca e lo accarezzo con la lingua. Da qualche parte nel mio cervello mi chiedo se non sono impazzito, ma è bellissimo e lo faccio di nuovo e poi ancora. E i suoi mugolii sono una mano che mi accarezza il cazzo e mi strizza delicatamente i coglioni.

Ormai non ce la faccio più ed allora avvicino la cappella all’apertura e la guardo, sbalordito, entrare e sparire all’interno di questo bellissimo culo. La sensazione è di nuovo fortissima, so di non aver mai goduto tanto scopando. Mormoro:

- Jameson!

E quasi mi vergogno di aver detto il suo nome. Mi stendo su di lui e cerco di dominare il desiderio che sale, perché non voglio che finisca troppo in fretta. Poi prendo a muovermi lentamente e lo sento di nuovo gemere. È bellissimo spingere il cazzo dentro il suo culo, fino in fondo, e poi quasi estrarlo. Lo tolgo davvero e poi glielo infilo di nuovo dentro. Geme ancora e mi sembra di impazzire di piacere. Gli pizzico il culo con forza, poi riprendo a spingere e questa volta ci metto più slancio. Lui geme più forte. È una vera troia ed è una meraviglia fotterlo.

Poi non riesco più a contenermi e allora ci do dentro con tutte le mie forze, i suoi gemiti diventano sempre più forti ed io continuo, in un crescendo di piacere, finché qualche cosa esplode dentro di me, proiettandosi fuori nello sborro che gli verso in culo e in un verso che mi sfugge dalla bocca.

Mi affloscio su di lui e penso che poco fa, su questo stesso tavolaccio, lui mi ha fottuto e poi mi ha fatto una sega. E allora mi volto un po’ di lato, senza uscire da lui, e gli afferro il cazzo. È un tizzone ed io lo accarezzo ben volentieri, finché non lo sento vibrare e ne esce un po’ di sborro.

 

Cazzo, che scopata! Ha un cazzo da cavallo e ci sa fare, se ci sa fare! È bellissimo sentirlo ancora in culo. Sono totalmente appagato. Ed esausto: sono venuto tre volte. Rimaniamo a lungo così, molto a lungo. Rimarrei tutta la vita così.

Poi si alza e si riveste, senza dire niente. Io rimango sdraiato e lo fisso. Guardo il suo bel cazzo e quel culo superbo scomparire nelle mutande, il torace villoso che viene coperto dalla camicia. Gli sorrido. Adesso mi dirà che sono pigro e che devo darmi da fare.

- Bene, Jameson. Direi che è stato piacevole per tutti e due e sono sicuro che hai ancora diverse cose da insegnarmi.

Il mio sorriso si allarga:

- Può contarci, signor sergente.

Annuisce.

- Quindi sei in punizione in questa cella per i prossimi quindici giorni.

Mi metto a sedere. Lo guardo stupito.

- Ma, signor sergente…

Lui mi interrompe.

- Intendo imparare tutto quanto mi puoi insegnare, Jameson, e come tu ben sai ciò che abbiamo fatto insieme oggi può portarci direttamente alla corte marziale. Perciò dobbiamo prendere alcune precauzioni. Tu rimani in cella ed io ti verrò a trovare tutti i giorni e le notti, così potremo tranquillamente approfondire la nostra conoscenza, senza rischiare di essere sorpresi da qualche curioso.

Sorrido. La cella non è il massimo, ma quindici giorni senza far niente, tranne scopare con il sergente… è il paradiso!

Apre la porta, mette la chiave dalla parte esterna e prima di chiudere mi dice:

- Va da sé che per quando torno, questa sera, la cella deve essere perfettamente pulita. Chiaro, Jameson?

 

2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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