La fine del comandante Caber

 

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A D.K. e J.J.

 

Jacques Perrod guarda il paesaggio desertico che attraversano. Accanto a lui John, Paul, Bill e Thomas parlano, ma Jacques non partecipa alla conversazione. I suoi pensieri vagano lontano da questo fottuto deserto, dalla guerra, dalla sconfitta. Se arriveranno alla frontiera, potranno rientrare a casa. Jacques vuole tornare in Europa, e dimenticare per sempre questa guerra che ormai è finita.

Hanno combattuto per cinque anni loro, le truppe del capitano Caber, e i loro avversari, i soldati del capitano McDeen. Ognuno dei due eserciti appoggiava una delle fazioni in lotta nella provincia del Mapala, ognuno dei due era finanziato da multinazionali che miravano al controllo di alcuni dei più ricchi giacimenti dell'Africa. Ma alla fine dell’anno scorso il governo è cambiato. Il nuovo regime ha l'appoggio degli USA, l'esercito governativo ha ricevuto fondi e addestramento, mentre loro sono rimasti a secco: ora che c'è un accordo tra il governo e gli USA, le multinazionali otterranno quello che vogliono con altri mezzi.

Per quelli che hanno combattuto esiste solo la fuga. Ormai sono quasi alla frontiera: in un'ora ci arriveranno. Una volta attraversato il confine, potranno avere noie, ma non rischiano più la pelle.

La jeep su cui viaggiano è l'ultima del convoglio. Sono partiti a distanza di venti minuti, lungo piste diverse: un unico convoglio sarebbe stato sicuramente riconosciuto come truppe nemiche in ritirata. Se l'aviazione governativa li avesse avvistati, li avrebbe bombardati. Auto isolate corrono meno rischi: potrebbero essere locali.

Ormai quasi tutti gli altri devono essere arrivati a destinazione. Alla frontiera c'è di sicuro il capitano Caber, che li aspetta. Lui passerà per ultimo, dopo aver controllato che tutti i suoi uomini siano arrivati alla meta.

In questa guerra di merda l'unico aspetto davvero positivo per Jacques è aver conosciuto il capitano Caber. Un uomo con i coglioni, capace, determinato. Ma anche un uomo generoso.

Bill si volta verso di lui e chiede:

- Jacques, sai se...

Bill non finisce la frase. Bill non finirà più nessuna frase. L'auto esplode su una mina, lanciandoli tutti in aria. Ricadono al suolo inerti.

 

C'è un suono, un suono continuo. Un telefono. Jacques apre gli occhi. È intontito. Ha male alla testa e a un braccio. Con fatica si mette in ginocchio. Guarda intorno a sé. La jeep rovesciata, i corpi dei suoi compagni. C'è davvero un telefono che squilla, un cellulare. Proviene dal punto in cui c'è il cadavere di Thomas.

Jacques si alza. Riesce a camminare. Non deve avere nessuna ferita grave. Raggiunge il corpo di Thomas, che giace in una pozza di sangue. Il telefono dev'essere in una delle tasche della giacca militare. Come cazzo può funzionare ancora...

Jacques apre la tasca e prende il telefono. La telefonata proviene da un numero noto. Jacques risponde.

- Sono Perrod.

- Jacques! Dove cazzo siete?

È la voce del comandante Caber. A Jacques fa piacere sentirla.

- Siamo saltati su una mina, comandante. Gli altri devono essere tutti morti. Io mi sono svegliato solo adesso.

Mentre lo dice Jacques guarda l'orologio, ma è rotto. Alza gli occhi al cielo. Dovevano essere le dieci quando sono saltati in aria, erano partiti molto presto. Adesso dev'essere pomeriggio.

- Merda! Sei ferito, Jacques?

- No, niente di grave, direi.

- Avevate preso la pista delle gole dell'Assar?

- Sì, comandante, come aveva detto lei.

- Va bene. Rilevo la tua posizione e vengo a prenderti.

- Comandante, non faccia...

Caber non lo lascia finire.

- Soldato, il comandante sono io e nessuno mi viene a dire che cazzo devo fare. Tieni il telefono acceso, ma silenzioso, e magari mettiti al riparo, così se passano i bastardi non pensano che ci sia un sopravvissuto.

I bastardi sono le truppe di McDeen. Jacques sa che se lo beccano è un uomo morto. La guerra si è conclusa, sono stati tutti sconfitti, ma se si incontrano, si sparano. Cinque anni di guerra gli uni contro gli altri li hanno trasformati in cani rabbiosi.

- Va bene, comandante.

Jacques controlla che i suoi compagni siano tutti morti, poi si mette dietro ad alcune rocce e attende. Verifica la situazione. Non ha nessuna ferita grave, solo piccoli tagli e abrasioni. Può dire di essere stato molto fortunato.

Jacques non è contento che il comandante Caber venga a prenderlo: sa che quell'uomo rischia grosso. È un bersaglio ambito, per i governativi e per gli uomini di McDeen. Ma se qualcuno non lo viene a prendere, per lui è finita.

Circa un'ora dopo sente il rumore di una jeep. Jacques si sporge e guarda. È il comandante Caber, che ferma la jeep vicino al primo cadavere, quello di Bill. Jacques esce da dietro una delle rocce, mentre Caber scende dalla jeep.

- Sono qui, comandante.

Caber annuisce. Lo osserva per vedere se ha ferite significative.

- Tutto a posto?

- Sì, ho avuto culo.

- Aiutami a caricare i corpi sulla jeep e poi andiamo.

Hanno appena preso il corpo di Bill, quando otto uomini armati appaiono.

- Se fate un solo movimento, siete morti.

Caber sibila:

- Merda!

Jacques li ha riconosciuti subito: sono gli uomini di McDeen. Li uccideranno. Caber verrà ammazzato per colpa sua. Jacques sussurra:

- Comandante, io... non sapevo.

Caber ha capito la situazione in un attimo.

- Certo che no. Devono essere arrivati mentre eri svenuto. Hanno visto che eri ancora in vita e hanno deciso di provare a buttare la rete.

Gli uomini sono intorno a loro. Caber viene disarmato, poi gli legano le mani dietro la schiena. Fanno lo stesso con Jacques, poi li portano fino alle loro jeep. A Caber mollano due pugni nello stomaco, poi una ginocchiata ai coglioni e ancora un pugno in faccia, tanto per divertirsi. Dopo li fanno salire. Caber ha un po’ di sangue che gli cola dal naso.

Jacques è angosciato, ma ormai non c'è più niente da fare. Caber è un uomo morto, per colpa sua. Forse l'uomo migliore che abbia mai conosciuto morirà per aver cercato di salvarlo, perché lui non si è accorto di niente.

- Comandante, è colpa mia. Avrei dovuto controllare se c'erano tracce. Avrei...

- Non dire cazzate, Jacques. Non eri nelle condizioni per fare un bel niente. Ti eri appena svegliato dopo essere saltato in aria su una mina.

Il viaggio dura due ore. La base a cui li portano è un vecchio forte della legione straniera lungo la cosiddetta pista nord, molto vicino alla frontiera: gli uomini di McDeen si sono ritirati qui perché anche loro stanno lasciando il paese. Sono tutti a un passo dalla salvezza, ma per lui e per Caber non c'è più salvezza.

Ad attenderli davanti alla porta c'è il capitano McDeen. È un uomo forte, alto come Caber, ma con un fisico molto più massiccio e un viso tondeggiante.

- Sono anni che aspetto questo momento. Il comandante Caber nelle mie mani. Prima di lasciare questo fottuto paese di merda, regolo un po' di conti.

Caber non dice niente. Che cosa potrebbe dire? McDeen lo provoca:

- Non hai niente da dire, Caber?

Caber lo fissa negli occhi. Non mostra nessun segno di paura. Risponde:

- Sì, McDeen. Io sono nelle tue mani. Lascia andare lui, che senso ha ucciderlo? La guerra l'abbiamo persa tutti.

McDeen non dice nulla. Sorride.

- Potrei farlo, se collabori. Dopo che ho finito con te, potrei anche farlo.

Il suo sorriso si allarga. Jacques si chiede se McDeen pensi davvero ciò che sta dicendo.

McDeen fa cenno ai suoi uomini di portarli dentro. Attraversano un ampio locale e li mettono in uno sgabuzzino in cui riescono a malapena a stare seduti. È buio, solo un po' di luce filtra dalle fenditure della porta.

- Comandante, non voglio che mi liberino se ammazzano lei.

- Non dire cazzate, Jacques. Che almeno la mia morte serva a qualche cosa.

Jacques sta malissimo.

- Tanto è tutto un inganno. Ci ammazzerà tutti e due.

Caber sorride.

- Non credo. Non gli spiacerà che ci sia qualcuno che ha visto e può raccontare. Qualcuno dei miei uomini, non dei suoi, a cui magari gli altri potrebbero non credere.

Jacques si sente gelare.

- Che cosa intende dire?

- Che McDeen si divertirà un po' con me e ti farà vedere. Poi ti libererà, in modo che tu possa raccontare quello che mi hanno fatto.

Jacques rabbrividisce. Di che cosa sia capace quel figlio di puttana di McDeen, lo sa benissimo. E Caber è nelle mani di quell'uomo, per colpa sua! Merda!

 

*

 

Dirk Caber sa di essere giunto alla fine della corsa. Si era illuso di averla scampata anche questa volta: in fondo è sempre stato un uomo fortunato. Venticinque anni di guerra hanno lasciato parecchie cicatrici sul suo corpo, ma è sempre riuscito a sopravvivere. Questa volta non sarà così e la sua fine non sarà rapida. Ma forse riuscirà a salvare Jacques. Il suo obiettivo è quello. Si è sempre detto che bisogna porsi obiettivi alla propria portata e anche adesso lo fa.

Sono nello sgabuzzino da diverse ore, quando quattro soldati aprono la porta, li fanno alzare e camminare fino all'ampio locale all'ingresso del forte.

C'è un tavolo in mezzo allo stanzone. Lungo una parete una dozzina di uomini e il comandante McDeen.

- Bene, Caber. Come hai capito, hai perso la guerra.

McDeen ride. Caber potrebbe rispondergli che anche lui ha perso la guerra, ma tace. Se non fosse per Jacques, gli direbbe quello che pensa, ma se esiste una possibilità su mille di salvare Jacques, Caber non vuole perderla per orgoglio.

Due uomini legano Jacques a un anello fissato alla parete. McDeen riprende:

- Adesso, stronzo, se vuoi che lasci andare quel coglione – McDeen fa cenno con la testa a Jacques – devi mostrarti disponibile nei nostri confronti.

McDeen ride. Una nuova pausa.

- Abbiamo bevuto parecchio per festeggiare il tuo arrivo e adesso abbiamo bisogno di pisciare. Se vuoi che liberi il tuo soldato, devi bere il nostro piscio, direttamente alla fonte. La latrina è già piena e dato che dobbiamo gettarci un cadavere, non vogliamo che debordi.

Un'altra risata. Qualcuno dei soldati di McDeen ride.

Caber sa benissimo che il cadavere da gettare nella latrina è il suo, ma risponde con voce ferma:

- Se lo faccio, mi dai la tua parola che lo lasci andare?

Della parola di McDeen ci si può fidare come di un serpente a sonagli, ma Caber sa che a McDeen non spiace l'idea che un soldato di Caber possa raccontare che cosa hanno fatto al comandante Caber. Conta su questo.

- Parola. Devi solo bere il nostro piscio e poi fare a tutti un pompino. A quello che viene dopo pensiamo noi, non occorre che tu collabori.

Un'altra risata fragorosa, che scuote tutto McDeen. 

- Va bene.

Jacques grida:

- Capitano, non lo faccia. No, non voglio.

Caber si volta verso di lui e dice:

- Taci, Jacques. Non dire più una parola fino a che non sarai libero. Chiaro?

Jacques apre la bocca, poi si morde un labbro e china la testa. Gli uomini di Caber sono abituati a obbedire ciecamente al loro comandante e non sarà adesso che Jacques infrangerà questa regola.

Mc Deen fa segno ai suoi uomini.

- Spogliatelo.

Gli abiti di Dirk vengono strappati e tagliati, lasciandolo nudo, con solo qualche brandello di stoffa. Poi gli uomini lo forzano a inginocchiarsi davanti a McDeen.

- Incomincia da me. Ho la vescica che mi scoppia.

Mc Deen ride ancora, poi si abbassa la zip, tira fuori il cazzo e fa un cenno con la testa a Caber. Dirk apre la bocca e McDeen incomincia a pisciare. Dirk beve, cercando di inghiottire tutto il piscio che scende abbondante. A un certo punto però McDeen alza il cazzo, in modo che il getto gli inondi la faccia. Quando ha finito, ride ancora, poi dice:

- Bene, puoi passare al prossimo.

Caber fa per alzarsi, ma McDeen gli intima:

- No, ti muovi in ginocchio.

Caber si sposta rimanendo inginocchiato. Raggiunge uno degli altri uomini, che si abbassa i pantaloni e incomincia a pisciargli in bocca. Uno dopo l'altro, tutti gli uomini di McDeen svuotano la vescica e Dirk beve il loro piscio. Parecchi gli pisciano anche in faccia e sul corpo. Intanto ridono e commentano:

- Ti piace, eh, stronzo?

- È meglio della birra, vero?

- Una bella bevanda calda per dissetarsi in questo fottuto deserto.

- Se vuoi ti facciamo gustare anche la nostra merda.

- Quella adesso no, la mangi dopo, nella latrina.

A Caber non importa nulla. È abituato ad affrontare pericoli, sofferenze, privazioni. Vuole solo salvare Jacques.

Quando ha finito il giro, Dirk è fradicio di piscio.

- Adesso ci fai vedere che cos'altro sai fare con la bocca, pezzo di merda. Vieni qui.

Caber si muove in ginocchio fino a McDeen.

- Su, succhia, stronzo.

Caber guarda il cazzo di McDeen. Non è la prima volta che succhia il cazzo a un uomo: gli piace, parecchio. È la prima volta che viene costretto a farlo e questo non gli piace, ma non ha importanza. Per lui è un compito sgradevole da eseguire. Se va fatto, si fa e i commenti, le risate, gli insulti non hanno nessuna importanza. Caber prende in bocca il cazzo di McDeen e incomincia a lavorarlo con le labbra e la lingua. Il cazzo acquista in fretta consistenza e volume. McDeen grugnisce la sua soddisfazione.

- Bravo succhiacazzi, bravo. Ci sai fare. Si vede che hai esperienza.

Dopo pochi minuti viene.

- Bevi, stronzo, bevi tutto.

Caber inghiotte lo sborro di McDeen. Poi riprende il suo giro. Questa volta ci vuole molto più tempo, anche se diversi soldati ce l'hanno già duro e qualcuno viene in fretta. A tratti a Caber viene da vomitare, ma prosegue con la sua opera: è abituato alla fatica, alla sofferenza, ai disagi.

Quando ha finito è esausto. Lo prendono e lo stendono su un fianco su un tavolaccio al centro della stanza. Il tavolaccio è corto e Caber ha le gambe sospese in aria.

Caber sa che cosa sta per succedere. McDeen si avvicina, ghignando.

- Adesso stai per gustare il cazzo di un maschio, finocchio succhiacazzi. Di un vero maschio, non un frocio come te.

Caber attende, impassibile. McDeen è accanto al tavolo. Lo attira a sé, gli solleva una gamba e lo infilza. L'ingresso è violento: McDeen spinge il cazzo dentro il culo di Caber con decisione, mirando a far male. Il dolore è forte e sul viso di Caber appare una smorfia. McDeen lo fotte con energia e mentre il suo cazzo scava nelle viscere di Caber, gli sibila:

- Ti castrerò, Caber. E poi ti getterò ancora vivo nella latrina, perché tu affoghi nella merda e nel piscio.

Caber non risponde. Il suo silenzio irrita McDeen, che gli stringe i coglioni in una morsa. Caber sussulta. McDeen gli afferra il cazzo e lo stringe.

- Ti viene duro, finocchio. Ti piace.

In effetti la mano di McDeen sta provocando un irrigidirsi del cazzo di Caber.

- Ti taglierò il cazzo pezzo per pezzo, stronzo.

McDeen viene con una serie di spinte decise ed esce, mentre gli afferra e stringe con forza i coglioni.

- Te li spacco, stronzo, te li spacco.

Quando McDeen lascia la presa, Caber tira il fiato. Si aspetta che anche tutti gli altri lo fottano in culo, ma McDeen ordina:

- Preparatevi. Ora di andare.

Gli uomini mugugnano, vorrebbero assistere allo spettacolo che seguirà, qualcuno prova a dire:

- Ci lasci rimanere, comandante.

- Vogliamo fotterlo anche noi…

McDeen risponde a muso duro:

- Fuori dai coglioni, ve l'avevo già detto prima. È ora di partire.

Gli uomini si rivestono.

Caber rimane disteso sul tavolo. Un soldato si avvicina e si fa succhiare il cazzo un'altra volta. Intanto gli uomini passano a preparare i bagagli. Stanno lasciando il forte, anche loro raggiungono la frontiera per andarsene, prima che l'esercito individui la loro base e la bombardi.

McDeen dà gli ultimi ordini. Dice di caricare Jacques su una jeep e di portarlo oltre la frontiera. Ci tiene che possa raccontare a tutti quello che ha visto: il capitano Caber che beve il piscio di una quindicina di uomini, che succhia i loro cazzi, che se lo prende in culo. Caber non sa perché non li fa assistere anche all'ultima fase: la sua castrazione e poi la sua morte per affogamento nella latrina. Avrà modo di scoprirlo.

 

*

 

McDeen guarda i suoi uomini, che hanno raccolto le loro cose e le stanno caricando sulla jeep. Alcuni chiedono ancora di assistere alla fine del capitano Caber, ma lui non li vuole tra i coglioni. Molti non dicono nulla: si sono divertiti abbastanza, hanno solo voglia di partire e di lasciare questo fottuto paese.

- Allora quando arrivate a Njala, liberate questo coglione.

Poi McDeen si rivolge a Jacques:

- Puoi dire che McDeen ha tagliato al tuo comandante il cazzo e i coglioni e poi l'ha gettato nella latrina, facendolo affogare nella merda e nel piscio. Anche se non lo vedrai, ti garantisco che sarà così.

McDeen vede Jacques digrignare i denti, ma l'uomo non dice nulla. Vorrebbe insultarlo, questo è evidente, ma il comandante gli ha detto di tacere fino a quando non sarà libero. McDeen è sempre stato invidioso dell'ascendente che Caber ha sui suoi uomini. McDeen non è stato altrettanto fortunato: i suoi mercenari sono una banda di teste di cazzo, sempre indisciplinati, bisogna forzarli a ubbidire, con punizioni e minacce.

McDeen rientra. Sente che i motori delle due jeep vengono avviati. Una delle due jeep parte.

Si avvicina a Caber, ma in quel momento Jesse Jackman rientra di corsa.

- Scusi, comandante, ho dimenticato lo zaino.

McDeen sibila:

- Testa di cazzo.

Jackman passa nel locale attiguo e ritorna subito con lo zaino. Esce e anche la seconda jeep parte. McDeen aspetta che il rumore del motore svanisca in lontananza. Lui partirà più tardi, dopo aver concluso con Caber. Userà la terza jeep, quella con cui Caber è tornato per recuperare il suo soldato. Che testa di cazzo! Correre un rischio del genere per un soldato!

- Hai fatto una stronzata, Caber. E adesso pagherai.

McDeen prende una corda e blocca la caviglia destra di Caber legandola al tavolo. Ripete l'operazione con l'altra gamba, poi libera le braccia, per legare separatamente i polsi ai due lati del tavolo, finché Caber si trova disteso supino sul tavolaccio, a gambe e braccia larghe.

McDeen lo guarda e ride. Poi si china su di lui e gli afferra il cazzo. Caber si tende: si aspetta che lui lo castri, gliel'ha promesso e sa che lo farà. Glielo taglierà, certamente, un pezzo per volta, ma non ora.

McDeen si china su Caber e la sua bocca inghiotte il cazzo del prigioniero. Ha sempre desiderato farlo, gli piace succhiare il cazzo di un vero maschio e Caber è un maschio con i fiocchi. Non poteva certo farlo davanti ai suoi uomini, ma adesso passa la sua lingua avidamente sulla cappella, mentre la sua mano stringe i coglioni di Caber.

Si aspetta di essere deriso, insultato, ma Caber non dice niente. Il cazzo sa di piscio e dentro la sua bocca cresce in fretta. Il comandante Caber ha davvero un bel cazzo e sarà un piacere tagliarglielo. Ma adesso è un piacere gustarlo. McDeen succhia avidamente, lasciando ogni tanto la presa per passare la lingua lungo l'asta tesa e poi sui coglioni, madidi di sudore e di piscio. È una sensazione bellissima.

Caber tace, anche quando le mani di McDeen gli stringono con forza i coglioni, facendolo sussultare. Glieli spaccherà, prima di tagliarglieli, gliel'ha promesso e lo farà, ma non ora.

Mc Deen riprende in bocca il pezzo di carne che ha lasciato e si rimette a succhiare. Avverte la tensione nel corpo di Caber, ma prima che questi venga, si toglie. Non vuole farlo venire ora.

McDeen raggiunge il suo zaino e tira fuori un oggetto nero di forma cilindrica. È un manganello, ma lui lo usa ad altro scopo. Ghigna di nuovo guardando Caber steso, nudo e impotente, ma con il cazzo duro. Anche a McDeen sta diventando duro, benché sia venuto due volte.

- Adesso te lo becchi in culo, Caber.

McDeen ride e avvicina la punta del manganello al culo di Caber, poi spinge dentro. Caber ha un guizzo, mentre il suo corpo viene penetrato.

Mc Deen si spoglia completamente e afferra il coltello. Osserva il manganello che sporge dal culo di Caber. Dopo lo spingerà a fondo, lacerandogli le viscere, ma prima Caber deve fargli un altro servizio.

Mc Deen sale sul tavolo, prende il cazzo di Caber in mano e si abbassa, finché sente la punta premergli contro il buco del culo. Allora McDeen si ferma un momento e poi si abbassa ancora. Il cazzo di Caber gli entra in culo.

È grosso il cazzo di Caber. È duro. È magnifico. Sentirlo affondare in culo è meraviglioso.

- Quando verrò, ti taglierò il cazzo. Lo terrò dentro di me finché non ti avrò gettato nella merda. Ma non sarà subito. Non ho fretta.

McDeen si abbassa ancora. Adesso questo grosso cazzo in culo gli fa male, parecchio, ma è una sensazione splendida. McDeen si solleva un po' e poi si abbassa, lasciando che il cazzo di Caber lo trafigga completamente. Il dolore è intenso, ma non ha importanza. Mc Deen si afferra il cazzo con la destra e incomincia ad accarezzarlo. Poi il movimento del culo e quello della mano diventano più rapidi.

McDeen urla:

- Tra poco ti castrerò, pezzo di merda. Tra poco.

Il piacere lo travolge e il getto di sborro schizza in alto e ricade sul ventre e sul torace di Caber. McDeen sorride.

In quel momento qualcuno entra nella stanza. È Jesse Jackman, uno dei suoi soldati, quello che aveva dimenticato lo zaino. Che cazzo ci fa? Come può essere qui? Ha in mano una pistola. Prima che McDeen abbia il tempo di dire qualche cosa, Jackman spara. Un colpo al ventre, subito sotto l'ombelico; un secondo colpo più in alto, che spezza lo sterno.

McDeen sente il dolore violento e cade all'indietro sul tavolo. Jackman è su di lui, lo afferra per il collo e lo fa finire a terra. Poi lo prende per le gambe e lo trascina fino alla latrina.

- Jackman... che cazzo... perché?

Jackman non risponde. Si limita a dire:

- Stai per crepare, pezzo di merda.

Quando arrivano di fianco alla latrina, Jackman lo lascia e gli molla un calcio. McDeen cade nel liquame. Cerca di sollevare la testa per respirare, ma Jackman preme con lo stivale costringendolo ad inghiottire. McDeen sprofonda nel nulla.

 

*

 

Jesse Jackman ritorna nella stanza. Prende il coltello che è caduto a terra e incomincia a tagliare le corde che tengono Caber fissato al tavolo.

- Lei non si ricorderà di me, comandante...

Caber lo interrompe:

- Jesse Jackman, Iraq, 2003. Ash Shatrah.

Jesse si ferma e scuote la testa, sorridendo.

- Cazzo, comandante, ma come fa? Sono passati dodici anni.

Jesse riprende a tagliare le corde. Non ha mai conosciuto nessun altro come Caber, un comandante così... Altro che quel pezzo di merda di McDeen, un fottuto porco che badava solo ai soldi e ai propri interessi.

- Eri un ottimo soldato, Jesse. Perché cazzo sei finito qui?

- Potrei farle la stessa domanda, comandante.

- Storia lunga.

- Anche la mia.

Jesse ha finito di tagliare le corde. Caber piega le gambe e, con una smorfia di dolore, si toglie il manganello.

- Mi spiace che abbia subito tutto questo, comandante.

- Senti, Jesse, non sono il tuo comandante. Non lo sono più da dodici anni. Chiamami Dirk e spiegami perché hai fatto questa follia.

Jesse non capisce.

- Quale follia?

- Rischiare la pelle per salvarmi.

- Follia? Scherzi? Mi spiace solo non essere potuto intervenire prima, Dirk, ma non avrei potuto fare niente. Quando stavamo per partire, non ho preso lo zaino, così ho detto agli altri che l’avevo dimenticato dentro e sono tornato a prenderlo.

- Sì, ti ho visto.

- Quando sono uscito di nuovo, ho detto che il comandante mi aveva ordinato di rimanere qui, per gettare il corpo nella latrina. Dovevo stare fuori, ma mi avrebbe chiamato alla fine. Ho assicurato agli altri che avrei fatto in modo di vedere di nascosto e poi gli avrei raccontato tutto. Loro sono partiti. Io ho voluto aspettare un po' prima di intervenire, per evitare che magari tornassero indietro per qualche motivo, ma tenevo sotto controllo la situazione.

Dirk annuisce.

- Ma perché? Perché hai deciso di salvarmi?

Jesse scuote la testa. Come fa il comandante Caber, Dirk, a non capire?

- Dirk, mi sarei fatto ammazzare per salvarti. Il miglior comandante che io abbia mai avuto. McDeen era un bastardo. Quante volte ho avuto voglia di farlo secco! Quando pensavo che stavo combattendo contro le truppe di Caber! Cazzo! Ero dalla parte sbagliata.

- In questa guerra non c'era una parte giusta.

- Ma io sarei voluto stare dalla tua parte.

Caber sorride e annuisce.

- Jesse, grazie per avermi salvato la pelle.

- Mi spiace solo per tutto quello...

Caber ride.

- Jesse, sono venticinque anni che frequento solo militari, in larga maggioranza uomini. E non è la prima volta che bevo piscio o succhio un buon cazzo o me lo prendo in culo. Forse, grazie a te, nemmeno l'ultima. Le altre volte l'ho fatto perché lo volevo, questa volta no, non mi sono certo divertito, ma non è un dramma. Meglio un manganello in culo che un proiettile.

Jesse scuote la testa. La tranquilla sicurezza e la sincerità con cui Caber parla dei suoi gusti lo disorientano. Ma questo è Caber, lo ha sempre saputo. Non ha peli sulla lingua, non mente, non china la testa.

- Comandante... Dirk, anche a me piace, ma non so se lo ammetterei tranquillamente con chiunque.

- Io sono così, Jesse. Ed è il motivo principale per cui alla fine ho lasciato l'esercito, visto che di quello parlavamo. Potevo conquistare città, sconfiggere nemici, salvare uomini, compiere tutte le missioni che mi venivano affidate, ma non nascondevo abbastanza quello che mi piaceva fare. E quando per l'ennesima volta mi hanno richiamato, dopo che avevamo portato a termine con successo una missione quasi suicida, li ho mandati tutti a cagare e ho dato le dimissioni. Dato che combattere è quello che so fare, ho contattato una compagnia militare e sono finito qui. Pessima scelta, Jesse.

- Concordo, Dirk.

Dirk sorride e dice:

- Adesso, dopo tutto quello che mi avete fatto bere, devo pisciare. Dov'è la latrina?

- Ti accompagno, Dirk.

- Prima prendiamo le armi. Non arriverà nessuno, ma non si sa mai.

Jesse sorride. Questo è il comandante Caber: sempre pronto per ogni evenienza, anche quando va a pisciare.

Dirk si mette a tracolla il mitra di McDeen. Jesse ha la sua pistola.

La latrina è poco distante dall'edificio. Nella polvere ci sono le tracce di sangue lasciate dal corpo di McDeen.

Nella fossa, poco profonda, il culo di McDeen emerge dal liquame. Dirk piscia a lungo. Jesse guarda volentieri il piscio che scende nella fossa. Dirk ha un bel cazzo.

Quando ha finito, Dirk osserva:

- Cazzo, avevo la vescica che quasi esplodeva. Mi avete fatto bere tanta di quella roba!

Dirk ride. Jesse sorride.

- Mi dispiace.

- Ti ho già detto che non ha importanza. Nessuna. Ne ho viste di peggio. Quando mi hanno regalato questi due – e con la mano Dirk indica due cicatrici al ventre – ho rischiato davvero di chiudere lì. Mi contorcevo nella polvere, cercando di non gridare. Ma era terribile.

- So come te le sei beccate, Dirk: per salvare due dei tuoi uomini. Avere te come comandante era un'assicurazione sulla vita. Hai salvato anche la mia, nella battaglia di Ash Shatrah, ma forse non te lo ricordi nemmeno.

Dirk scuote la testa.

- Lascia perdere, Jesse. Di sicuro questo stronzo – e con un cenno del mento Dirk indica il cadavere di McDeen – aveva una jeep per andarsene di qui.

- Sì, Dirk. La tua. Quella con cui sei venuto a prendere il tuo soldato.

- Quindi possiamo andarcene.

Dirk ghigna e aggiunge:

- A meno che tu non preferisca rimanere in questo paese.

Per tutta risposta Jesse sorride e piega il braccio destro, chiudendo il pugno, mentre posa la mano sinistra nell'incavo sopra il gomito.

Dirk ride e osserva:

- Credo che sia meglio aspettare ancora un'ora o due, per evitare di ritrovare i tuoi ex-compagni. Potrebbero avere avuto qualche problema con una delle jeep o essersi fermati per altri motivi.

Jesse annuisce.

- Mi sembra una buona idea, Dirk.

- Hai anche un telefono, vero?

- Certo.

- Fammi avvisare i miei uomini.

Jesse prende il cellulare e lo dà a Dirk.

Dirk telefona. Informa di essere stato catturato, ma di essere poi stato liberato. Comunica che arriverà tra alcune ore. Verifica che tutti i suoi ordini siano stati eseguiti (su questo Jesse non ha dubbi e secondo lui neanche Dirk). Dice che Jacques sarà portato a Njala e indica quali uomini dovranno andare a cercarlo: probabilmente qualcuno che non sia conosciuto dai soldati di McDeen o che comunque non si lasci coinvolgere in una rissa. Oltre la frontiera tutti i mercenari dovranno mantenere un basso profilo per evitare di essere arrestati, ma qualche testa calda potrebbe reagire a una provocazione. Aggiunge di informare Jacques che lui è ancora vivo.

Quando Dirk ha finito e gli rende il telefono, Jesse chiede:

- Vuoi mangiare o bere qualche cosa?

- Bere ho bevuto, mi avete offerto a sufficienza, anche se mi sciacquerei volentieri la bocca con un sorso di whisky.

- Niente whisky, comandante. Solo un po' di gin.

- Va bene lo stesso.

Prima di rientrare nello stanzone, Jesse prende lo zaino che ha appoggiato di fianco alla porta. Lo apre e ne estrae una fiaschetta, che porge a Dirk.

Dirk prende e beve.

Jesse guarda Dirk bere. Il comandante Caber gli piace, gli è sempre piaciuto. E adesso, a vederlo nudo, dopo tutto quanto c'è stato prima...

Dirk gli rende la fiaschetta, guardandolo in faccia. Le loro dita si toccano. Dirk sorride.

- Jesse, abbiamo un'ora o due. Che ne diresti di riprendere il discorso incominciato prima? C'era un po' troppa gente per parlare in pace, ma adesso che si sono tolti dai coglioni...

Jesse si rende conto che il cuore ha accelerato i battiti.

- Mi sembra un'ottima idea.

- Io non sono proprio pulito e non credo che qui sia facile lavarsi. Se ti dà fastidio...

- Moltissimo.

E mentre lo dice Jesse lascia cadere la fiaschetta, fa un passo avanti e stringe tra le braccia Dirk. Dirk gli prende la testa tra le mani e si baciano, un bacio appassionato. Le loro lingue si incontrano, si inseguono, si raggiungono, si lasciano di nuovo.

Dirk ha addosso odore di sborro e di piscio. Due odori che a Jesse piacciono.

E dopo che si sono baciati, Jesse si scioglie dall'abbraccio e dice:

- Prima me l'hai succhiato. Adesso tocca a me.

Jesse si inginocchia e prende in bocca il cazzo di Dirk. Lo lavora con la lingua, mentre Dirk gli accarezza la testa e la schiena. È piacevole sentire il cazzo crescere, diventare sempre più grosso e duro. Dirk si china su di lui, le sue mani scorrono lungo la schiena, fino al culo, che sfiorano.

Il cazzo è sempre più grosso e rigido, ora è impossibile tenerlo tutto in bocca. Jesse lo lascia andare e lo contempla, libero e svettante. Sorride. Passa la lingua sui coglioni, sentendo il gusto di piscio, poi risale lungo l'asta e infine raggiunge la cappella. Poi, senza dire niente, Jesse si alza, si toglie in fretta il poco che indossa e si appoggia sul tavolaccio dove Dirk è stato violentato, offrendogli il culo.

Dirk gli morde una natica, poi l'altra, più volte. Infine si inumidisce le dita della destra e le passa intorno all'apertura.

- Hai un preservativo, Jesse?

- Nello zaino, tasca esterna destra, ma muoviti, non ce la faccio più.

Dirk ride mentre prende l'occorrente.

- Le cose fatte in fretta non riescono bene.

Jesse sente la cappella di Dirk appoggiarsi contro l'apertura. Gli sembra che il fiato gli manchi. Dirk entra piano, scivolando un po' per volta. È una sensazione bellissima. Di cazzi in culo Jesse ne ha presi parecchi, ma questo è superlativo, non solo perché è grosso e perché Dirk sa come muoversi, ma perché è quello di Dirk Caber, il mitico comandante Caber.

Le mani di Dirk accarezzano e stringono il corpo di Jesse, mentre il suo cazzo si spinge sempre più a fondo.

E dopo una lunga cavalcata, il ritmo delle spinte diventa sempre più intenso, finché Dirk emette un gemito e si abbandona sul corpo di Jesse. Gli sussurra:

- Mi piaci un casino, Jesse. Ho sempre amato gli uomini snelli, piccoli, con lunghi capelli scuri.

Jesse è una montagna di muscoli ed è rasato a zero (perché di capelli ne ha ben pochi). Grugnisce qualche cosa che forse non è un apprezzamento. Poi dice:

- Invece a me piacciono molto alti, decisamente grossi, senza peli da nessuna parte.

Dirk non è basso, ma è quattro dita meno di Jesse. È muscoloso, ma decisamente più snello di Jesse, e ha capelli, barba e baffi, oltre a una discreta quantità di pelo.

- Siamo fatti l'uno per l'altro.

Ridono tutti e due. Ma intanto le mani di Dirk stanno accarezzando il cazzo di Jesse, che cresce di volume e si irrigidisce.

La voce di Dirk è roca:

- Vuoi mettermelo in culo, Jesse? O che cos'altro? Che cosa preferisci che io faccia?

Metterlo in culo al comandante Caber sarebbe favoloso, ma Dirk si è preso anche quel manganello e deve avergli fatto un male cane.

- Dirk, mi sa che il culo ti fa ancora male.

Dirk ride.

- Sì, ma hai un cazzo minuscolo, per cui non c'è problema.

- Stronzo!

Dirk esce da Jesse e lo spinge bruscamente di lato, per appoggiarsi lui al tavolo. Allarga le gambe e attende.

Jesse guarda il culo di Dirk. L'idea di possederlo è splendida. Jesse inumidisce l'apertura, poi, dopo essersi messo un altro preservativo, avvicina la cappella ed entra, molto piano. Lascia a Dirk il tempo di abituarsi.

- Tutto bene? Vuoi che esca?

- Perché? Sei entrato?

- Stronzo!

Ma le mani di Jesse si muovono in una carezza che dalla testa di Dirk scende fino al culo, per poi risalire.

Jesse contempla il corpo che sta possedendo, poi incomincia a muoversi, con lentezza. Va avanti a lungo, mentre le sue mani percorrono il corpo di Dirk. E infine il piacere deborda e Jesse viene dentro Dirk, che geme e viene insieme a lui. Jesse esce. Guarda il culo di Dirk Caber. L'ha messo in culo al comandante Caber. E se l'è preso in culo da lui. Jesse è felice.

Dirk si solleva. Si mette a sedere contro una parete.

- Mettiti di fianco a me.

Jesse si siede. Dirk scivola fino a poggiare la testa sul ventre di Jesse. Lo guarda, sorridendo. Jesse lo accarezza. Rimangono a lungo così.

Poi Jesse sente che deve dire ciò che ha dentro:

- Quante volte in questi anni ho pensato che sarei voluto essere tra i tuoi uomini. Se mi avessero detto che oggi sarei riuscito a salvare la vita al comandante Caber... cazzo, non ci avrei creduto. Era la cosa più bella che potessi immaginare.

Jesse fa una pausa, poi aggiunge:

- Due ore fa.

- Due ore fa? E adesso? Qual è la cosa più bella che puoi immaginare?

Jesse sorride, sornione.

- Devo proprio dirtelo?

- È un ordine.

- Ma avevi detto che non sei il mio comandante.

- No, però posso spaccarti la faccia lo stesso.

Jesse ride.

- La cosa più bella che posso immaginare adesso è scopare con Dirk Caber.

Dirk sorride, alza un braccio e gli accarezza il viso.

Dopo un momento di silenzio, Jesse chiede:

- Che cosa conti di fare, una volta tornato a casa, Dirk?

- Non combatterò più. Queste guerre del cazzo non hanno senso. Questa è la fine del capitano Caber. Attraversata la frontiera, basta con le armi.

Dirk ride, poi aggiunge:

- Voglio suonare. E comporre musica.

Jesse ride.

- Sì, mi ricordo che suonavi. Una vera tortura per chi non poteva allontanarsi. Noi soldati dicevamo che era un buon modo per tenere lontano i nemici.

- Stronzo! Non capisci niente di musica contemporanea. Sei rimasto a Beethoven, tu, sempre che tu sappia chi è.

Jesse scuote la testa. Poi osserva:

- Non è facile guadagnarsi da vivere con la musica.

- Ho un po' di soldi da parte. E poi... ho un'arma segreta.

- Quale? Ti fai pagare per non suonare?

- Sei proprio stronzo, ma credo di avertelo già detto. No, l'ultima volta che ero in licenza a New York, sono andato in un locale gay per svagarmi un po'. Due che mi hanno visto scopare mi hanno proposto di girare film porno. Lavoravano per la Raging Stallion.

Jesse ride. Dirk riprende:

- Non sto scherzando.

Jesse alza le spalle. È ancora Dirk a parlare:

- E tu che cosa conti di fare?

- Non lo so. Anch'io non ho voglia di ritornare a combattere.

- Non vorrai mica farti mantenere da me? Potresti lavorare anche tu nel porno... se ti prendono.

- Se prendono te, prendono di sicuro anche me.

Ridono ancora. Ma Jesse ha registrato la frase di Dirk “Non vorrai mica farti mantenere da me?” È una porta aperta su un futuro. È ancora presto per dire, ma Jesse vorrebbe provare a costruire qualche cosa con Dirk Caber.

 

Quando infine è ora di partire, Dirk cerca tra gli abiti di McDeen qualche cosa che possa indossare. Né i pantaloni, né le camicie di McDeen gli vanno bene, ma non ha importanza: non deve partecipare a una serata elegante. Prendono le armi, lo zaino di Jesse e i due borsoni di McDeen, poi salgono in auto e partono.

Dirk guida verso la frontiera. Jesse lo guarda, sorridendo.

- Piantala di fissarmi in quel modo, Jesse. Mi distrai.

- E che cosa devo fare, allora?

- Infilami una mano nei pantaloni e poggiami la testa sulla spalla.

Jesse sospira e dice:

- Ubbidisco solo perché sei il comandante. Per oggi ancora.

Jesse però non ubbidisce. Apre i pantaloni di Dirk, si china e prende in bocca il cazzo del comandante. Del suo comandante.

Dirk digrigna i denti e dice:

- Insubordinazione in tempo di guerra. Se continui, ti faccio fucilare.

Ma il suo cazzo si sta irrigidendo in fretta. Quando è duro come una roccia, Jesse lo lascia andare e dice:

- Devo smettere, comandante?

- Se smetti ti faccio fucilare.

 

2016

 

Dirk Caber e Jesse Jackman sono due attori del cinema porno gay. Dirk è anche un compositore. Formano una coppia da anni. Ma ovviamente nulla di ciò che è raccontato di loro in questa storia ha una base nella realtà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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